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CONCISTORO
tratto dal n. 04/05 - 2001

Vescovi e papa, un rapporto diretto


I vescovi in visita ad limina abbiano modo di confrontarsi più direttamente col Papa, anche attraverso un incontro collegiale con lui. Intervista con il cardinale Francis Eugene George, arcivescovo di Chicago


di Gianni Cardinale


Il cardinale Francis Eugene George, 64 anni, è il primo nativo di Chicago a ricoprire la carica di arcivescovo di questa metropoli statunitense. Entrato nella Congregazione degli Oblati Missionari di Maria Immacolata nel ’57, ne è vicario generale dal ’74 all’86. Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Yakima nel ’90, e nel ’96 è promosso arcivescovo di Portland in Oregon. Meno di un anno dopo è nominato ottavo arcivescovo di Chicago, dove succede al compianto cardinale Joseph Bernardin, prematuramente scomparso. Nel ’98 riceve la porpora. È membro delle Congregazioni per le Chiese orientali, per il culto divino, per l’evangelizzazione dei popoli, per i religiosi; del Pontificio Consiglio «Cor Unum» e della Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa.

Eminenza, uno dei temi più attesi di questo Concistoro straordinario era quello della collegialità...

FRANCIS EUGENE GEORGE: È necessario ripensare e rafforzare gli strumenti della collegialità che già esistono. Penso al funzionamento delle conferenze episcopali, ad esempio, o a quello del Sinodo, o alle modalità delle visite ad limina. In quest’ultimo caso si dovrebbe essere sicuri che i vescovi di un Paese che vengono qui a Roma abbiano modo di confrontarsi più direttamente col Papa, anche attraverso un incontro collegiale con lui.
È possibile che possa essere aumentato il “potere” delle conferenze episcopali o dei sinodi?
GEORGE: Si tratta di due realtà diverse. Le conferenze episcopali non fanno parte della costituzione divina della Chiesa, così come non ne fanno parte i cardinali. Quindi non si può aumentare il loro potere a danno dei singoli vescovi che invece fanno parte della costituzione divina della Chiesa. Per quanto riguarda i sinodi invece, essendo cum Petro, qualcosa può cambiare, specialmente nella loro preparazione. La difficoltà maggiore è che molti vescovi non partecipandovi non si sentono coinvolti, e quindi si dovrebbe fare qualcosa per renderli più partecipi, anche se non è ancora chiaro come questo può avvenire. La celebrazione del Sinodo poi non dovrebbe ridursi ad una serie di interventi in libertà, e dovrebbero aumentare i momenti di dibattito, in cui ci può essere un autentico scambio di idee, anche se capisco che qualcuno preferisca parlare senza correre il rischio di un contraddittorio.
Si attendevano anche interventi critici nei confronti dell’eccessivo potere della Curia romana...
GEORGE: Si è parlato della necessità dell’unità della Curia romana, della necessità di una collegialità al suo interno, per meglio servire l’ufficio di Pietro.
Un tema all’ordine del giorno era quello della globalizzazione.
GEORGE: Si è parlato della globalizzazione economica con gli effetti negativi che essa può portare in campo economico, nel senso di una maggiore ingiustizia sociale soprattutto nei Paesi più poveri. Ma soprattutto si è parlato degli effetti culturali della globalizzazione e della difficoltà di proclamare chi è Cristo in questo mondo globalizzato, in cui prevalgono indifferentismo e relativismo religioso.
Altro tema all’ordine del giorno era la difficoltà nel mondo cristiano di oggi di accettare alcune norme morali. Un problema è ad esempio quello della pastorale dei divorziati risposati. A tale riguardo il cardinale Joseph Ratzinger ha più volte espresso il dubbio se «veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale», vista la scristianizzazione dilagante di oggi...
GEORGE: Di questo non si è parlato esplicitamente, ma è una questione allo studio dei canonisti. È indubbiamente un argomento da approfondire. Succede che giovani coppie quando decidono di sposarsi in chiesa dichiarino formalmente di accettare tutto quello che la Chiesa insegna sul matrimonio, ma non sempre sono veramente coscienti di quello che stanno facendo...
La questione del primato di Pietro non era all’ordine del giorno. Eppure sembra che se ne sia parlato...
GEORGE: Sì, e chi ne ha parlato ha chiesto che il primato di Pietro sia mantenuto e rafforzato, e che sia offerto alle altre Chiese come un dono della Chiesa cattolica.
Pare difficile conciliare questo auspicato rafforzamento del primato di Pietro con le aperture che pure si stanno proclamando nei confronti del mondo ortodosso...
GEORGE: Sì, però si deve ricordare che non si tratta solo di problemi di strutture, ma di questioni che afferiscono alla fede apostolica, e il primato di Pietro appartiene alla fede apostolica. Senza l’ufficio petrino è difficile che si riesca a rafforzare l’unità della Chiesa.



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