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LA SANITÀ A ROMA E NEL LAZIO
tratto dal n. 04/05 - 2001

Terza età in primo piano


Le case di riposo sono un capitolo a parte, eppure strategico, del Sistema sanitario nazionale di Davide Malacaria


di Davide Malacaria


Le case di riposo costituiscono un capitolo a parte della sanità, con problemi propri e particolari. Di queste, la maggior parte è gestita dagli ordini religiosi. Ma ormai una parte considerevole è affidata ai privati. L’Anaste (Associazione nazionale strutture per la terza età) rappresenta privati che gestiscono più di 1.400 residenze in Italia, per un totale di 60mila posti. A spiegare i problemi di queste strutture è il professor Alberto De Santis, presidente dell’Associazione, nonché presidente europeo della Echo (Confederazione europea delle case di cura per anziani).

Quali tipologie di pazienti si trovano nelle vostre strutture?
Alberto De Santis: Persone che non hanno una rete protettiva familiare oppure che, pur avendola, non sono assistibili a domicilio a causa delle loro condizioni psicofisiche oppure perché affetti da patologie gravi croniche e invalidanti che necessitano di un’assistenza professionale e continuativa.
L’offerta di servizi di assistenza residenziale oggi disponibile nel Lazio è tale da soddisfare la domanda?
De Santis: Non ancora. La Regione ha programmato di realizzare ottomila posti, di cui 3.600 già realizzati ed altri 1.230 da realizzarsi attraverso la riconversione delle vecchie lungodegenze in Rsa (Residenze sanitarie assistenziali). Mancano ancora circa 3.200 posti. Ma anche la distribuzione è difforme: alcune Asl hanno posti in eccedenza mentre altre ne hanno in numero insufficiente. Situazione che si riscontra anche a livello provinciale, con un deficit maggiore per quanto riguarda Latina e Rieti.
Cosa occorre per migliorare il livello qualitativo dell’assistenza residenziale nel Lazio?
De Santis: Ridurre al minimo indispensabile il numero dei posti-letto in lungodegenza, aumentare la formazione professionale del personale addetto, adeguare costantemente il contributo della Regione in base al costo della vita e del lavoro e, insieme, ridurre i tempi di erogazione di questi contributi, dal momento che i tempi di attesa attualmente sono così lunghi da mettere in seria difficoltà le imprese che gestiscono queste strutture. Più nello specifico, la nostra Associazione si è fatta promotrice di un progetto per la realizzazione anche nel Lazio di “case protette”, strutture di nuova concezione che, tra l’altro, alleggerirebbero i costi sanitari della Regione.
Che rapporto hanno queste strutture con il mondo sanitario?
De Santis: Purtroppo non ottimo. Il fatto è che queste strutture sono considerate come un qualcosa di inferiore. E questo a volte crea problemi. È necessario sensibilizzare l’ambiente ospedaliero sull’importanza delle Rsa e delle case di riposo. Anche perché l’innalzamento dell’età media produce una domanda sempre maggiore di strutture come queste. o


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