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IL VIAGGIO DEL PAPA IN...
tratto dal n. 03 - 2001

DIPLOMAZIA. Intervista con Ghennadi Uranov

Ma a Mosca siamo preoccupati…


L’intraprendenza di Wojtyla verso l’Est vista dall’ex ambasciatore russo presso la Santa Sede


di Giovanni Cubeddu


Adesso di Ghennadi Uranov si attende un libro di memorie che, lasciato l’incarico di rappresentante della Russia presso la Santa Sede e tornato a Mosca, avrà il tempo di scrivere. Probabilmente con lo stesso stile elegante ed efficace che i più gli riconoscono di aver mostrato da quando nel novembre ’96 fu scelto dal suo governo quale ambasciatore straordinario e plenipotenziario con sede a via della Conciliazione. La sua conoscenza dell’italiano, della Segreteria di Stato e di monsignor Agostino Casaroli – già a tempo pieno impegnato con la Ostpolitik – lo avranno probabilmente aiutato a battere i concorrenti, complice un curriculum di tutto rispetto, da dove peraltro si vede che già nel ’67 il giovane Uranov era a Roma come consigliere dell’ambasciata dell’Urss, fino al ’72. L’amore per l’Italia è iýiziato allora. Vi è tornato dal ’75 al ’78 come ministro-consigliere, infine nel ’96. «Criticare l’errore ma non l’errante» era il sintetico slogan di uno dei principi-guida della Segreteria di Stato nell’approccio all’Urss, ed Uranov lo ricorda ancora bene. «Era una posizione abbastanza saggia, però da noi si capiva bene che criticando gli errori si criticavano anche gli erranti!» commenta ironico. «Ma l’importante era allora di far sì che si evidenziasse quello che ci univa e non quello che ci separava. Erano tante le divisioni tra l’Est e l’Ovest, tra l’ortodossia ed il cattolicesimo, tra l’Unione Sovietica e la Santa Sede, e durante la guerra fredda l’attività di monsignor Casaroli, verso la fine degli anni Sessanta e poi negli anni Settanta, fu molto positiva, ha contribuito al disgelo prima e alla fine della guerra fredda poi. Fatti che noi abbiamo apprezzato, malgrado tutte le critiche… giuste o meno questo lo dirà la storia». Con Uranov arriviamo subito a parlare di attualità, che oggi è il viaggio del Papa in Ucraina e l’aspettativa (vera o virtuale) su una nuova fase nei rapporti tra cattolici ed ortodossi.

Quando ha iniziato, come ambasciatore presso la Santa Sede, che direttive ha avuto dal suo governo?
GHENNADI URANOV: Di far sì che i rapporti tra la Santa Sede e Mosca migliorassero. E la strada principale, secondo la nostra opinione, era il dialogo politico, non religioso. Ovvero, scambiarci opinioni sulle questioni più difficili del nostro tempo. Su queste basi sono riuscito a far funzionare il meccanismo delle regolari consultazioni tra la Segreteria di Stato e il nostro Ministero degli Affari esteri a livello dei viceministri. Consultazioni corpose e regolari che hanno agevolato poi i contatti a livello supremo. E come ambasciatore sono stato lieto che durante il mio mandato i due presidenti della Russia, Eltsin e Putin, abbiano incontrato il Santo Padre.
Altri sono invece i problemi dei rapporti diretti tra le due Chiese, la cattolica e l’ortodossa, da secoli. Trovare le soluzioni non è possibile in pochi giorni, in pochi mesi e neanche in pochi anni. Si parla talvolta di un possibile incontro fra il Santo Padre ed il patriarca Alessio II. Però la situazione in Ucraina della Chiesa uniate, dopo la formazione dello Stato indipendente dell’Ucraina, ha creato difficoltà per il momento non ancora eliminate. Questo reca grave pregiudizio nei rapporti tra la Santa Sede come Sede centrale di una religione mondiale e la Chiesa ortodossa russa.
Come diplomatico come giudica il fatto che nonostante queste difficoltà il Papa voglia andare comunque in Ucraina?
URANOV: Dal punto di vista diplomatico e politico questo viaggio è una scelta propria di uno Stato sovrano quale il Vaticano. Non ci vediamo nessuna difficoltà. Durante il suo soggiorno a Roma Putin ha detto che l’atteso viaggio del Santo Padre a Mosca deve maturare, ma quando il Santo Padre dirà di essere pronto, il governo russo, non lo stesso giorno, non la stessa ora, non lo stesso minuto, ma immediatamente dirà di sì.
Il problema è che per andare in un Paese come il nostro si deve avere il visto non solo del governo ma anche della Chiesa, che è la più importante tra le altre Chiese ortodosse. Per l’Ucraina c’è l’invito di Kuchma e della Chiesa cattolica uniate, però non c’è quello della Chiesa ortodossa che dipende dal Patriarcato di Mosca. Dunque, c’è divisione. E dal punto di vista religioso questo viaggio di Wojtyla desta preoccupazione a Mosca, sia al Patriarcato che al governo. Dipende con chi il Santo Padre avrà i contatti in Ucraina: se si trattasse solo dei contatti con il presidente è cosa sua, niente da aggiungere, però se si parla dei contatti con frazioni della Chiesa ortodossa contrapposte tra di loro è già un altro discorso, non tanto facile.
>n Ucraina c’è divisione all’interno degli stessi ortodossi…
URANOV: Prima il Vaticano si asteneva dall’avere contatti con gli ortodossi che non appartenevano al Patriarcato di Mosca, adesso non si sa esattamente quale sarà il programma, quale saranno i contatti. E questo desta preoccupazione. Tanto più che la popolazione dell’Ucraina è per metà e oltre russa, e di questi russi molti sono ortodossi.
Dato che il patriarca Alessio II non manca di esprimersi molto nettamente nei confronti della Santa Sede, come si trova la diplomazia russa in questa sottile linea di equilibrio?
URANOV: È una situazione non tanto facile. Però in linea di massima la posizione del Patriarca rimane sempre la stessa. Lui è favorevole ad incontrare il Santo Padre per favorire questo “ecumenismo mondiale”. Però precisa che per organizzare l’incontro e tanto più per permettere la visita del Santo Padre in Russia occorre che le condizioni maturino. E una di queste condizioni è proprio la situazione in Ucraina.
Çl presidente Putin sembra intenzionato a favorire per quanto può tale dialogo. Sente tutta l’importanza politica del Patriarcato, ma d’altra parte si avvantaggerebbe dall’ospitare il Papa a Mosca.
URANOV: Sembra interessato, però ha spiegato bene la situazione ricordando la posizione della Chiesa ortodossa russa, che è una istituzione molto importante per il popolo, per il Paese intero sulla via del suo risorgimento. Putin sa bene che la Chiesa ortodossa ha certi timori di avere visite così importanti senza prepararle bene.
Nell’ultimo concistoro ci sono state creazioni di cardinali europei (tra cui due ucraini) che sono state interpretate come un’avanzata della Chiesa cattolica verso l’Est ortodosso.
URANOV: Anche questo desta un po’ di preoccupazione. Si parla sempre di nuova evangelizzazione del mondo e l’Europa dell’est è oggetto di questa politica globale della Santa Sede. E fa discutere anche il proselitismo. Il fatto è che nel dialogo tra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica ci sono diverse difficoltà. L’ultimo incontro avvenuto negli Stati Uniti non ha avuto successo ed è anzi diventato un’occasione di nuovi scontri con tutta l’Ortodossia, non solo con quella russa. Credo ci possano essere delle nuove vie di comprensione tra la Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica più a livello di popoli, a livello delle Chiese locali, dove c’è uno scambio attivo ed un interesse reciproco vero. Lì il clima dei rapporti è abbastanza buono.
Lei come ha vissuto i giorni del cosiddetto intervento umanitario in Kosovo?
URANOV: È stata una dura prova non soltanto per le sfere politiche e militari del mondo occidentale e del mondo orientale ma anche per le Chiese. Da diversi punti di vista si possono giudicare i risultati di questo gesto che noi non consideriamo umanitario, e che è stato da noi qualificato come intervento di aggressione. Mi sembra che anche la Santa Sede sia stata molto dura nel giudizio su questa azione della Nato. Ho vissuto quei giorni con molta angoscia sia per i risultati dell’intervento “umanitario” che per la salvezza delle relazioni nel campo ecumenico. Preoccupazioni che si sono rivelate fondate. Vi è chi ha agito non certo per aiutare la vera unità dei cristiani, in quei giorni. Giorni che hanno però portato riflessioni, preoccupazioni e nello stesso tempo la speranza che superando quella crisi si potesse trovare una soluzione comune sia politica che religiosa. Perché i contatti di quei giorni tra le Chiese erano abbastanza promettenti, e comunque assolutamente necessari. Parlo anche dei contatti diretti tra la Santa Sede e il governo russo – molto positivi, con telefonate dirette del ministro degli Esteri Ivanov, che è anche venuto in Vaticano – e fra la Santa Sede e la Chiesa ortodossa. Dunque non si può dipingere la situazione in modo monocolore.
Dal suo punto vista di diplomatico presso la Santa Sede, che cosa significherà la presidenza Bush?
URANOV: Beh, lei sa che la nostra reazione alla sua elezione è stata piuttosto… varia. Ma si deve aspettare, perché le prime dichiarazioni sono sempre le prime dichiarazioni. Personalmente credo che noi russi siamo piuttosto ottimisti. Penso all’epoca di Nixon, quando a Mosca vi è stata inizialmente una grande paura del Nixon conosciuto come il grande antisovietico dell’epoca, l’uomo di volontà ferrea e così via… Poi, quando lui ha studiato la situazione reale nell’arena mondiale abbiamo avuto quei trattati russo-americani ed internazionali sugli armamenti che sono in vigore fino ad oggi. Era un repubblicano, Richard Nixon. Aggiungo che noi a Mosca siamo piuttosto ottimisti anche circa il triangolo nuova Amministrazione americana-Vaticano-Russia.
Sul grande tema della riduzione degli armamenti, se, come negli anni Settanta, la Santa Sede si mostrerà pronta alla collaborazione con Russia e Stati Uniti, l’accetterete come partner?
URANOV: Per parte nostra è sicuro, anzi sicurissimo, è sempre stato così. Ma speriamo che anche l’amministrazione americana, dopo aver riconosciuto la reale situazione, abbia una visione più chiara di quella conclamata in campagna elettorale. La signora Condolezza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale, conosce abbastanza bene la realtà russa, speriamo che lei sia un fattore positivo…
Torniamo in Vaticano. Nel concistoro speciale di maggio si parlerà del primato del papa, guardando al grande e delicato tema dell’unità dei cristiani.
URANOV: Nell’ultimo discorso pronunciato dal cardinale Casaroli al primato del papa ci si riferiva in modo piuttosto preoccupante per la Chiesa ortodossa. Al contrario di alcune più recenti dichiarazioni del cardinale Etchegaray. Fa nascere qualche preoccupazione nel mondo ortodosso il papa come «primo prete della Chiesa mondiale cristiana», tanto più che noi russi siamo divisi da Roma prima che venisse dichiarato il primato del papa. E il primato non diminuisce questa divisione.
Forse una delle idee guida è che, unificandosi l’Europa politicamente, possa riunirsi anche la famiglia cristiana.
îRANOV: Si deve aspettare questo concistoro speciale per vederci un po’ più chiaro. Anche nell’ambito della Chiesa cattolica ci sono diverse posizioni, e la posizione del Santo Padre sembra quella che vuole essere, direi, la più globale.
L’ultima cosa che le vorrei chiedere è un aneddoto e un ricordo personale degli incontri che ha avuto con il Papa.
URANOV: In primis mi è sembrato di grande importanza che, essendo uomo del mondo intero e della globalizzazione, il Santo Padre sia nello stesso tempo un uomo vivo – malgrado le sofferenze, le malattie –. Gli incontri con lui, sia personali che nell’ambito delle udienze con le varie delegazioni russe, mi hanno dato sempre l’impressione di avere davanti un uomo ricco di esperienze mondiali che nello stesso tempo è molto interessato a conoscere bene la vita dei singoli uomini.
Secondo, lui è sempre stato molto legato alla cultura russa, riconosce, dice sempre, che essa è uno dei fattori più salienti del mondo attuale e che occorre che si sviluppi e s’incorpori nei processi mondiali. E lo dice in un modo veramente semplice, umano. Di tanto in tanto lo dice anche in russo: questo mi piace molto. Io quando lo salutavo in occasione dell’anno nuovo, mi congratulavo con lui in russo e lui mi rispondeva in russo.
dnche Gorbaciov racconta che nel suo primo incontro col Papa hanno parlato a quattr’occhi in russo…
URANOV: Sì, però quando uno si prepara è una cosa, quando si fa così all’improvviso un’altra…


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