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PAPI BEATI
tratto dal n. 03 - 2001

Giovanni XXII: è stato il più moderno nella tradizione


Ripubblichiamo l’articolo su papa Roncalli che il nostro direttore ha scritto per Il Giorno del 25 marzo. Del Papa beatificato lo scorso 3 settembre si è tornati a parlare dopo che una ricognizione sulle sue spoglie mortali ne ha rilevato uno straordinario stato di conservazione


di Giulio Andreotti


Quando, il 3 settembre dello scorso anno, papa Roncalli è stato proclamato beato, nessuno si è meravigliato di vederlo chiamare dalla stampa mondiale il “Papa buono”. In effetti, rimane di lui la memoria di un sorriso composto e illuminato.
Lo avevo conosciuto negli anni Cinquanta, quando era patriarca di Venezia. Lo avevo rivisto a Roma, alla vigilia del conclave, e lo rividi ulteriormente alcune volte, da Papa. E sempre mi ha colpito la sua capacità di analizzare situazioni, la volontà molto ferma, ma allo stesso tempo il desiderio di convincere.
Tutti gli siamo grati per aver preso in mano la bandiera della pace, che fino a quel momento era stata tenuta da Stalin, con la creazione “dei partigiani della pace”, che facevano un monopolio di carattere internazionale di questo valore. Non a caso, quando scrisse l’enciclica Pacem in terris, tramite un giornalista americano ne mandò un testo a Kruscev, che scrisse, di suo pugno, “per accettazione”.
Vorrei ricordare in modo particolare un momento: era la settimana delle Olimpiadi di Roma, e il Papa aveva voluto ricevere i capi delegazione dei comitati olimpici. Il capo delegazione americano aveva accanto a sé una figlia disabile in carrozzella, bellissima, avrà avuto forse vent’anni. Il Papa, quando fu il turno di questo personaggio, si avvicinò. Poi si rivolse alla ragazza e le disse, con assoluta spontaneità: «In questo momento vorrei essere Gesù e poterti dire, alzati e cammina».
Era un po’ la sintesi di una personalità che rimane viva, che – attraverso il Concilio – ha avviato una revisione di carattere un po’ storico e culturale, e anche di vecchie interpretazioni. Ma nello stesso tempo è stato di una severità sia teologica sia pastorale veramente unica.
Ritengo che quella di papa Giovanni XXIII sia veramente una delle figure che non sarà cancellata, e che ha rappresentato un momento di grande transizione, avendo allo stesso tempo un rispetto enorme per la tradizione, ma non spaventandosi mai per le novità.
Non a caso lui, da giovane, aveva fatto parte di quel gruppo di sacerdoti che si era entusiasmato alla modernità, tanto da essere perfino sospettato di modernismo: lui stesso sovente lo ricordava. Se la cavò perché fu chiamato dall’allora vescovo di Bergamo, monsignor Radini Tedeschi, a far da suo segretario. Quelli che rimasero invece a Roma ebbero delle noie.
Il più noto del gruppo era Ernesto Buonaiuti, che rimane una figura eccezionale. Quando il regime fascista chiese il giuramento di fedeltà ai professori universitari, su 1300 docenti, solo 11 si rifiutarono e perdettero la cattedra: uno di questi era Buonaiuti. Fu ufficialmente “scomunicato”, ma verso di lui Giovanni XXIII conservò sempre un atteggiamento di comprensione e affetto.
Anzi, io spero che la posizione di Buonaiuti possa essere rivista, sia pure ora per allora. E a questo aiuterà notevolmente la testimonianza di quelle che furono le tante attenzioni che il Papa ebbe verso questa figura di grande patriota e uomo di cultura vera.


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