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EDITORIALE
tratto dal n. 02 - 2002

Vernon Walters


In Giappone, incaricato direttamente dal presidente Truman, mise il bavaglio al generale MacArthur e recuperò un rapporto discreto nippo-americano. [...] Walters ebbe anche riservatissima parte nei contatti con i vietnamiti alla ricerca di una via d’uscita...


di Giulio Andreotti


Il generale Vernon Walters

Il generale Vernon Walters

Vernon Walters arrivò nel 1944 a Roma come ufficiale addetto al generale Clark e respirò l’aria gioiosa della città liberata. Nella notte i Servizi informarono che stava iniziando lo sbarco in Normandia e Clark si lasciò andare ad una espressione di stizza: le prime pagine dei giornali non sarebbero state più dedicate alla campagna d’Italia.
Vernon andò al Nord come ufficiale di collegamento con l’unità alleata brasiliana, scelto per la conoscenza del portoghese (insieme ad altre sei o sette lingue). Proprio questo prodigioso poliglottismo lo avrebbe visto presente nelle vicende più diverse e incisive del mondo. In Giappone, incaricato direttamente dal presidente Truman, mise il bavaglio al generale MacArthur e recuperò un rapporto discreto nippo-americano. Tornò a Roma per accompagnare come interprete il presidente Eisenhower. Faceva qualcosa di più dell’interpretazione consecutiva, dimostrando anche garbate risorse umoristiche che alleggerivano l’aridità un po’ troppo militare dei colloqui.
Ebbi modo di conoscerlo a fondo – e divenimmo amici – quando, ministro della Difesa per sei anni, mi accompagnò nelle visite a Washington e alle basi del Nord America: dal New England al Texas, dall’Arizona al Colorado. Viaggiavamo in piccoli aerei ed eravamo accolti con un cerimoniale minuziosamente predisposto e sempre eguale persino nel menu del pranzo: cocktail di scampi, bistecca con patatine, gelato di pistacchio. Era prescritto lo smoking e sperai invano che si inventassero stoffe ingualcibili (senza provocare però la disoccupazione del settore dei tessili, come si era visto in un divertente film).
Il generale Walters nelle sue memorie ha riportato con esattezza un episodio. Eravamo appena ripartiti da Colorado Springs quando un lieve filo di fumo circolò in modo inquietante. Il pilota chiese istruzioni ed io ovviamente dissi di operare come avrebbe fatto se fosse solo. Scaricò in mare il carburante superfluo e tornammo indietro. Il comandante dell’aeroporto disse che si era augurato di rivedermi, ma non così presto.
Vernon Walters ebbe anche riservatissima parte nei contatti con i vietnamiti alla ricerca di una via d’uscita. In questa fase arrivò e ripartì da Parigi insieme a Henry Kissinger mimetizzati con strani abbigliamenti. Individuati, avrebbero provocato una protesta diplomatica se Vernon non avesse chiesto complicità al Servizio francese dicendo che era questione di donne.
Altro momento rilevante fu quando il presidente Eisenhower lo mandò dal generale Franco a chiedergli cosa pensasse sarebbe accaduto in Spagna dopo la sua morte. Il Caudillo rispose che Washington non aveva compreso il significato profondo della restaurazione della monarchia. Il re sarebbe stato per i partiti politici il garante della democrazia e per le forze armate la sicurezza che nessuno avrebbe disturbato i militari. Il timore di una ripresa della guerra civile non aveva alcun fondamento. E così, di fatto, fu.
Nella multiforme attività al servizio dello Stato Walters fu anche il più diretto collaboratore di George Bush nella direzione della Cia. Fu una fase nella quale non mi pare che nell’Agenzia ci fossero fughe e tradimenti come in altri tempi è accaduto.
Successivamente, senza alcuna obiezione nella convalida senatoriale, rappresentò gli Stati Uniti come ambasciatore presso le Nazioni Unite e successivamente a Bonn.
Nella sua multiforme attività al servizio dello Stato fu anche il più diretto collaboratore di George Bush nella direzione della Cia. Fu una fase nella quale non mi pare che nell’Agenzia ci fossero fughe e tradimenti come in altri tempi è accaduto. Successivamente, da New York, ci fu di grande aiuto nella vicenda dell’Achille Lauro
Da New York ci fu di grande aiuto nella vicenda dell’Achille Lauro. L’ondata emotiva esplosa laggiù attraverso una spietata campagna televisiva indusse Craxi ad annullare la partecipazione sua (e mia) al summit straordinario che il presidente Reagan aveva indetto per la settimana successiva – con i Paesi Nato, Giappone, Australia ed altri –, alla vigilia del primo contatto con Gorbaciov a Ginevra. Già la Francia si era dissociata per ragioni di principio; e la nostra assenza avrebbe provocato l’impressione di un dissenso nel merito. A parte altri canali, telefonai a Vernon Walters per rappresentargli la situazione. Dopo un paio d’ore mi chiamò chiedendo la disponibilità di Craxi a ricevere un inviato speciale del presidente degli Stati Uniti. Venne, latore di un messaggio di grande simpatia e la tempesta rientrò prontamente. Quando andammo a New York non trovammo che sorrisi. Reagan spiegò che non sapeva se Gorbaciov facesse sul serio, ma non poteva dinanzi alla propria coscienza non sperimentare la possibilità. E per grazia di Dio cominciò il negoziato che portò, tra l’altro, a dimezzare gli arsenali nucleari.
Dopo la missione a Bonn, Walters tornò in patria e si dedicò alla Fondazione con la quale si onora il generale Marshall, autore del famoso Piano di assistenza alla ripresa economica postbellica dell’Europa. La casa del generale doveva divenire un museo, bonificando il terreno adiacente da ogni struttura commerciale. Vernon fece il giro delle capitali, chiedendo la concreta adesione dei governi ed anche delle imprese che dovevano al Piano Marshall la nascita o la rinascita. Ebbe non poche delusioni in proposito, ma il risultato fu buono ed era abbastanza soddisfatto. Me lo disse nell’ultimo incontro a Roma, pochi mesi or sono, mentre tornava da una sessione della Reale Accademia del Marocco di cui era membro. Come mobilità aveva qualche segno di invecchiamento (e si faceva aiutare dal nipote) ma la mente era intatta e la vivacità della sua conversazione sempre affascinante.
È morto il 10 febbraio nella sua casa di Palm Beach dove passava i mesi invernali. A Roma nella chiesa americana di Santa Susanna – nella quale tante volte lui, cattolico esemplare, aveva pregato – l’ambasciata ha fatto celebrare una messa di suffragio. È stato un momento suggestivo di raccoglimento e di memoria.


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