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DIPLOMAZIA
tratto dal n. 04 - 2004

CONVEGNI. Rivitalizzare il diritto internazionale per contrastare il terrorismo

Multilateralismo dell’Onu o coalizione dei volenterosi?


La giusta reazione al terrorismo può diventare una guerra senza fine? In un incontro a Roma all’Università Gregoriana, la posizione francese e quella statunitense si sono confrontate apertamente


di Giovanni Cubeddu


Per una buona metà dei lavori l’ambasciatore francese presso la Santa Sede Pierre Morel si è trovato a presiedere una conferenza voluta e organizzata dal suo omologo statunitense Jim Nicholson, e ha onorato l’ospitalità non mancando di esprimere con finezza la differente impostazione di Parigi sul tema prescelto, Rivitalizzare il diritto internazionale per contrastare la sfida del terrorismo (Revitalizing International Law to meet the Challenge of Terrorism).
Nella foto in alto, Jim Nicholsoni; in basso, Pierre Morel

Nella foto in alto, Jim Nicholsoni; in basso, Pierre Morel

L’incontro si è tenuto all’Università Gregoriana, a Roma, il 22 aprile, e non è sfuggito ai presenti il tentativo di dare corpo visivamente all’auspicato rapprochement delle posizioni di Washington e Parigi (il convegno ha avuto come moderatore l’ambasciatrice polacca presso la Santa Sede, Hanna Suchocka).
L’ambasciatore Nicholson ha cercato conforto nella relazione del padre Thomas Williams, preside della facoltà di Teologia del Collegio Pontificio Regina Apostolorum, per far intendere che vi potrebbe essere nel prossimo futuro un’evoluzione del magistero pontificio teoricamente più in linea con l’interpretazione neoconservatrice sulla “guerra giusta”. Altri due relatori provenienti da Washington – Joseph Mc Millan, della National Defense University, e David Rivkin, consulente legale della Casa bianca – non hanno mancato di rilevare che il diritto internazionale affida agli Stati la tutela pressoché illimitata dei diritti dei propri cittadini e che «nessun governo può restare inerte se ha i mezzi per prevenire un attacco contro il proprio popolo». Nel dettaglio, il contributo di Mc Millan era dedicato alla «legittima difesa in un’era di terrorismo apocalittico», e sottolineava che il terrorismo religioso «assume una dimensione trascendente e i suoi perpetratori sono perciò sciolti dai limiti politici, morali o pratici che possono vincolare gli altri terroristi». Infine, ha ribadito Mc Millan, questi terroristi sono «nemici di tutto il genere umano».
Più complesso e realista l’intervento di Giovanni Barberini, internazionalista e consulente della Farnesina, che ha ricordato, tra l’altro, l’esistenza di una reciprocità della violenza, per cui «la reazione, giusta, al terrorismo può rischiare di diventare una guerra senza fine, e ne abbiamo esempi». La volontà politica degli Stati è essenziale, al punto che, senza questa, il diritto internazionale e l’Onu non funzionano. Difatti, secondo Barberini, non va dimenticato che, anche prima dell’Atto finale di Helsinki del 1975, non difettavano gli strumenti giuridici per la protezione dei diritti umani, ma fu soltanto con la convergenza d’interessi tra i due blocchi che le regole divennero effettive e quell’Atto ha tuttora la valenza simbolica che conosciamo.
La relazione, poi, di Philippe Meunier (esperto di antiterrorismo del Quai d’Orsay, il Ministero degli Affari esteri francese), dedicata alla cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo, è stata un chiaro atto di fiducia nelle Nazioni Unite rispetto alle dottrine dell’unilateralismo, seppure ipoteticamente “giustificato”.
All’ambasciatore Nicholson, che pure ha ribadito le sue posizioni, il merito di avere voluto un confronto così aperto su temi cruciali. A partire da quel “bene comune”, citato da padre Williams in apertura secondo la Gaudium et spes, paragrafo 74: «L’insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani… il conseguimento più pieno della loro perfezione».


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