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LIBRI
tratto dal n. 07/08 - 2004

Persuadere e non imporre


Il presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia ha presentato a Madrid l’edizione in spagnolo del Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche. Uno strumento attuale per il dialogo


del cardinale Alfonso López Trujillo


Con gioia sono venuto a Madrid, come in tante altre occasioni – sempre persuaso dell’importanza che ha la Spagna, con la sua gamma di valori e la sua proverbiale capacità di accoglienza – per il lancio del nostro Lexicon su termini ambigui e discussi relativi alla famiglia, alla vita e alle questioni etiche.
Il cardinale Alfonso López Trujillo  al suo arrivo al Rizal park di Manila dove  ha celebrato la santa messa  in qualità di legato pontificio per il IV Incontro mondiale delle famiglie, il 26 gennaio 2003

Il cardinale Alfonso López Trujillo al suo arrivo al Rizal park di Manila dove ha celebrato la santa messa in qualità di legato pontificio per il IV Incontro mondiale delle famiglie, il 26 gennaio 2003

Si è trattato di un lancio significativo, che ha riunito, nel cuore della Spagna, un nutrito uditorio, scelto e impegnato. È rilevante che si possano raggiungere tante nazioni dell’America di lingua spagnola con questa importante opera, per la cui realizzazione si sono dati appuntamento molti specialisti del mondo, di diversi continenti, sviluppando una serie di temi decisivi per il futuro, il quale dipende dal modo in cui vengono trattati quelli che sono i pilastri fondamentali per tutta la società: la famiglia e la vita. Gli autori di quasi un centinaio di articoli o voci sono in larga parte spagnoli e latinoamericani, di riconosciuto prestigio.
Grazie alle Ediciones Palabra è stato possibile intraprendere un lavoro complesso e delicato, ed è questa prestigiosa casa editrice che lo ha compiuto con competenza, serietà e speranza.
Abbiamo potuto contare su un generoso coordinatore, del calibro del professor José Luis Gutiérrez García, il quale ha offerto la sua competenza senza altro incentivo che quello di lottare per la verità; su una quotata équipe di traduttori, per un lavoro esigente, presieduta da don Pablo Cervera Barranco; e sull’impulso della signora Belén Martín Cabiedes, con­sigliere­ delegato delle Ediciones Palabra, come pure sui suoi assistenti, che hanno affrontato con decisione un progetto difficile e costoso. Tutte queste persone meritano la gratitudine del nostro dicastero.
Mi propongo di mettere in risalto soltanto alcuni aspetti di un’opera che si sta traducendo in diverse lingue e arricchendo rispetto all’originale edizione italiana. È in procinto di essere pubblicata l’edizione francese. L’aspetto che desidero mettere in evidenza è il seguente: non si tratta di un volume polemico, qualificabile con definizioni che appartengono al campo politico (come destra o sinistra, conservatore o progressista), ma di uno sforzo comune compiuto nella ricerca appassionata della verità, la quale non può essere alterata per mezzo di ambiguità. È meritevole l’onesto esercizio della ragione attirata dallo splendore della verità. Si tratta di una sola verità affrontata in diversi modi, che vola, come dice Giovanni Paolo II, sulle ali della ragione e della fede. Una verità che è capace di illuminare tutti, credenti e non credenti, di diverse religioni e culture. Non esiste una pluralità di verità, con diversi pesi e misure. Non si tratta di una verità, come alcuni rimproverano, cosiddetta “cattolica” che si pretende di imporre. La verità non è una sorta di proprietà privata.
Per esempio, riguardo alla famiglia, occorre sottolineare che questa è patrimonio dell’umanità, in ogni secolo, popolo o cultura. I suoi valori fondamentali poterono essere riconosciuti da Aristotele, 350 anni prima di Cristo, nella Etica Nicomachea, così come oggi sono riconosciuti nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Occorre dire lo stesso circa il diritto alla vita, il più fondamentale tra i diritti, che si esprime con maggiore rigore nell’articolo 3 della citata Dichiarazione universale.
Per questo Giovanni Paolo II, nel suo celebre Discorso alle Nazioni Unite, invitava non all’imposizione, bensì alla persuasione, che è sempre possibile nella ricerca di una grammatica fondamentale condivisa, la quale sostiene la possibilità di dialogo tra tutti gli uomini e tutti i popoli. L’imposizione è la grande tentazione delle ideologie, con la loro inevitabile tendenza al totalitarismo. La persuasione è uno sforzo nobile e rispettoso che non accetta una “verità politica”, una volontà arbitraria di una maggioranza, di per sé contingente, sotto la qualifica di “democrazia”. La verità ha la sua forza, la sua attrattiva e non deve essere confusa con l’impero del potere o della forza. Credere nella possibilità dell’accesso alla verità, senza costrizioni, è qualcosa che procede dalla dignità umana. È necessaria una rinnovata fiducia nella obiettività della verità, che può essere accolta da tutti, nel vasto dominio di materie che questo voluminoso libro contempla.
Altra cosa è che questa unica verità, alla luce della fede, si chiarisce più profondamente e rende degno l’uomo che si apre personalmente all’incontro con il Verbo incarnato, l’unico capace di essere totalmente chiave per il mistero dell’uomo. Si sbagliano, ad esempio, coloro che credono che esista soltanto una verità “cattolica” sul matrimonio o sull’aborto, in taluni progetti in discussione in diversi luoghi, e che impegni soltanto i cattolici.
La verità deve essere ricercata con amore, passione, sacrificio, con una adeguata informazione e con una preparazione esigente. È singolare come un mondo che si specializza sempre più e che non accetterebbe che un intervento al cervello fosse eseguito da un barbiere, permetta invece che su temi particolarmente difficili sia accolta l’opinione di persone carenti di preparazione e di competenza.
Molti sono letteralmente sopraffatti, nella loro ingenuità e incompetenza, dalla manipolazione del linguaggio, da una ambiguità voluta, provocata e permessa, imposta attraverso un linguaggio orwelliano, dove i termini significano esattamente l’opposto di ciò che normalmente indicano. Esistono formule, ampiamente diffuse, che mostrano come i termini non siano propriamente innocenti. Così è diventata famosa l’espressione “interruzione volontaria della gravidanza” per fare riferimento all’aborto, poiché l’uso del termine schietto potrebbe risultare “scioccante” e repulsivo. Sono tanti, ed il Lexicon li indica ampiamente, i casi simili in cui ci si imbatte in una manipolazione del linguaggio, già denunciata a suo tempo da Heidegger.
Tale manipolazione non è assente in certi fori mondiali, nei parlamenti, nei simposi, nei congressi, ecc. Persone competenti in altri campi, che, ad esempio, sono ben formate e informate nelle loro professioni, sono, ripeto, sopraffatte nella loro buona fede quando vengono offerti loro termini e formule che suonano bene, ma che portano con sé un carico di severe conseguenze che esse non sospettano. È questo il caso di espressioni come “diritti sessuali”, “diritti riproduttivi”, “qualità della vita”, “pro choice (che significherebbe un esercizio della libertà di scelta e che indica, invece, l’accettazione dell’aborto), e tante altre. Si raggiunge il colmo quando nella confusione concettuale sono introdotte silenziosamente nuove definizioni (capricciose e arbitrarie), a volte accettate nei dizionari, relative ad esempio al matrimonio, all’aborto, agli stessi diritti dell’uomo, allo statuto dell’embrione, ecc.
Il Lexicon, come strumento di dialogo, è di grande utilità per i politici e per i parlamentari, al fine di approfondire le implicazioni che comportano progetti pieni di ambiguità e che specialisti della materia sono in grado di chiarire. Abbiamo realizzato, con i politici e i legislatori, tre incontri continentali in America Latina e due in Europa, ed è stato possibile dimostrare la necessità di una trattazione più seria e con una adeguata informazione. Altrimenti essi sono vittime di un positivismo giuridico o dell’esigenza di una stretta obbedienza, e ricadono sotto la disciplina (arbitraria) dei partiti, e tutto in nome della democrazia, della modernità; in tal modo non si rendono esattamente conto di ciò che comporta l’assunzione di certi progetti.
Il positivismo giuridico sostiene che la legge è buona perché è legge, perché è stata approvata dalla maggioranza, o da un consenso, e non per ciò che essa ha in sé, ontologicamente, per il bene che può fare all’uomo, visto nella sua integrità, per il bene comune della società. Ciò, inoltre, esige di interpellare la coscienza dei protagonisti, la quale non è sostituibile (né da parte delle destre, né delle sinistre) con la ferrea e spersonalizzante disciplina di partito. Pensando all’America Latina, ai suoi parlamenti e all’attuale avvicendarsi di tanti progetti relativi alla famiglia e alla vita, il Lexicon può essere uno strumento di dialogo liberatore.


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