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ISLAM
tratto dal n. 09 - 2004

È il momento di distinguere


«Non bisogna perdere la distinzione tra il popolo dei credenti e chi strumentalizza il linguaggio religioso». Incontro con il rettore dell’Università islamica Al-Azhar


di Gianni Valente


Alcuni studenti a lezione all’Università Al-Azhar

Alcuni studenti a lezione all’Università Al-Azhar

«Chi commette atti come il massacro di Beslan non può dirsi musulmano. Simili azioni non possono essere attribuite all’islam e vanno condannate sul piano religioso, politico e culturale». Ahmad al-Tayyib, rettore dell’Università Al-Azhar, a Il Cairo (400mila studenti provenienti da 92 Paesi, la più prestigiosa istituzione culturale dell’islam sunnita), all’incontro di Milano ha partecipato alla tavola rotonda sul tema “Disarmare il terrore. Un ruolo per i credenti”. Non si direbbe un estremista. Quando era muftì d’Egitto si dimise dall’incarico per non dover dare il proprio consenso ai numerosi editti di condanna a morte che gli venivano sollecitati. Eppure anche lui ha avuto in passato espressioni di comprensione per gli attentati suicidi compiuti da palestinesi «contro obiettivi dell’occupante israeliano». Incontrando la stampa, gli sta a cuore soprattutto contestare l’equazione tra terrorismo, fanatismo e fede islamica invalsa sui media occidentali: «Mi auguro che non ci siano dubbi nei confronti dell’islam in quanto religione. Da uomo del Medio Oriente mi piacerebbe che la stampa occidentale fosse obiettiva, ad esempio nel valutare le ragioni e le conseguenze del conflitto tra palestinesi e israeliani. Invece noto un allineamento generale, si giudica tutto in modo unilaterale».

Cosa fanno i leader musulmani per sconfessare i terroristi che dicono di agire in nome dell’islam?
AHMAD AL-TAYYIB: L’islam è la religione della pace. È l’unica religione che indica i principi morali nel modo di trattare i nemici. Anche durante una guerra, vieta ai vincitori l’uccisione di bambini, donne, anziani, e di tutti coloro che non hanno partecipato concretamente ai combattimenti. Vieta di dare il colpo di grazia al nemico ferito. È vietato perfino estirpare gli alberi e saccheggiare gli orti del nemico. Se una religione vieta di sradicare alberi, figuriamoci se può permettere di andare a terrorizzare e uccidere persone innocenti. Per noi sono cose talmente scontate che ci sentiamo imbarazzati quando ci vengono a chiedere come mai l’islam giustifica il terrore. Ma allo stesso tempo, e mi scuso per la franchezza, mi sembra che si faccia confusione tra cose diverse. Un conto è il terrorismo che colpisce innocenti, un conto è affibbiare l’etichetta di terrorismo a quella che è solo una reazione di autodifesa per proteggersi da qualcosa, come nel caso della resistenza nei confronti di forze d’occupazione. Terrei sempre chiara questa distinzione. I francesi che hanno compiuto azioni simili quando c’era l’occupazione nazista vengono considerati come eroi, non come terroristi.
Sopra, il corteo dei delegati del convegno “Religioni e culture. Il coraggio di un nuovo umanesimo”, procede verso  piazza del Duomo per la cerimonia conclusiva,  Milano  7 settembre 2004. Sotto, la cerimonia conclusiva del convegno

Sopra, il corteo dei delegati del convegno “Religioni e culture. Il coraggio di un nuovo umanesimo”, procede verso piazza del Duomo per la cerimonia conclusiva, Milano 7 settembre 2004. Sotto, la cerimonia conclusiva del convegno

Questa distinzione va tenuta presente anche rispetto ai kamikaze palestinesi?
AL-TAYYIB: I palestinesi sono un popolo che non ha niente. Povera gente che viene uccisa ogni giorno. Dall’inizio dell’intifada, il numero dei bambini palestinesi uccisi è più di tre volte superiore al numero dei bimbi israeliani, ma dei primi non si parla mai. Mi addolora vedere che tutti i Paesi, compresi quelli arabi, stanno a guardare. I palestinesi sono come un uomo che tira sassi a un aereo da guerra. Nella disperazione ricorrono a mezzi estremi per opporsi all’occupazione.
Sta di fatto che dopo l’11 settembre e gli attentati di Madrid, in Occidente il terrorismo è sinonimo di fondamentalismo islamico…
AL-TAYYIB: La domanda su cosa pensiamo del terrorismo è una domanda inutile. Noi abbiamo pagato per primi il fondamentalismo, e a caro prezzo. In Egitto hanno ucciso il presidente Sadat. Poi Mubarak è stato il primo a dare l’allarme, in un’epoca in cui nei Paesi occidentali si dava diritto d’asilo ai fondamentalisti, che così potevano insanguinare il Medio Oriente con le loro azioni preparate in Occidente. Io abito a Luxor. La moschea di Luxor è a pochi metri da casa mia. Ancora oggi tra gli abitanti della zona molti sono in cura dagli psichiatri per lo shock che hanno avuto il giorno dell’attentato.
Come spiega che c’è chi istiga ad azioni terroristiche citando versetti del Corano?
AL-TAYYIB: Anche i crociati sono andati a uccidere musulmani in nome di Dio. Papa Urbano II parlava a nome del Vangelo quando chiamava a combattere contro i miscredenti. E lo stesso si può dire per l’Irlanda, dove si strumentalizza la religione per giustificare gli attentati. Ma non per questo diciamo che il cristianesimo è la religione del terrorismo. Voglio dire che è facilissimo sfruttare la religione per altri scopi. Ma non bisogna perdere la distinzione tra il popolo dei credenti e chi invece strumentalizza il linguaggio religioso. Speriamo che la stessa consapevolezza non venga meno anche tra i nostri fratelli in Occidente.


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