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MOLUCCHE
tratto dal n. 10 - 2001

Il viaggio missionario di san Francesco Saverio nelle Molucche

Tra i pescatori di perle, perché trovassero la perla preziosa


Il viaggio missionario di san Francesco Saverio nelle Molucche


di Lorenzo Cappelletti



Ja’far Umar Thalib, leader del movimento islamico indonesiano “Laskar Jihad“

Ja’far Umar Thalib, leader del movimento islamico indonesiano “Laskar Jihad“

Le Molucche sono quelle miriadi di isole strette fra la grande Celebes, dall’aspetto di formichiere, e la propaggine occidentale, quasi una testa di tartaruga, della Nuova Guinea. Il cristianesimo arrivò qui con le navi portoghesi all’inizio del ’500. Ma si era trattato di un’esportazione occasionale legata a una importazione ben più remunerativa agli occhi di quei circumnavigatori: le spezie, da offrire ai loro clienti europei perché si togliessero qualche sfizio. Era stato un fatto commerciale, non una missione. Il primo vero padre, “il padre santo” che ebbero questi cristiani lontanissimi fu don Francisco de Jasu y Xavier, san Francesco Saverio. Non a caso quello che lo qualifica «come il più grande di tutti i missionari dell’età moderna» – si legge nello Jedin (VI, 725) – non è tanto il numero delle conversioni, o i miracoli, o la glossolalia, quanto la sua «forza di attrazione» (VI, 726).
Quando si imbarcò da Lisbona, il 7 aprile del 1541, alla volta delle Indie orientali aveva già dismesso quel nome nobiliare altisonante. Era ormai diventato al seguito di Ignazio di Loyola un semplice compagno di Gesù, armato ora solo del breviario e del rosario. Più di un anno dopo (e non era portato per il mare) arrivò a Goa sulla costa occidentale dell’India. Anche lì i cristiani di rito latino, sia portoghesi che indiani, erano numerosi, senza contare quelli che cristiani lo erano già da secoli, forse da epoca apostolica, i cristiani di San Tommaso. Ma tutti dovevano sottostare innanzitutto alle ragioni del dominio commerciale. Il lavoro dunque non mancava per un missionario cattolico degno di questo nome.
Negli anni successivi il suo lavoro si estende ai pescatori pagani della costa meridionale dell’India. Poi, fra il 1546 e il 1547, passando per l’emporio commerciale di Malacca, visita le Molucche. Qui, spingendosi a nord fino agli estremi confini dei possedimenti portoghesi, fra i cacciatori di teste, nonostante molti risultassero refrattari alle sue parole, Francesco attesta di aver goduto le più intime consolazioni, fino a sentirsi inaridire gli occhi per aver pianto troppo dalla gioia.
È di ritorno da questo viaggio che a Malacca incontra un omicida, profugo dal Giappone che per primo gli parla delle sconosciute isole giapponesi dove, in compagnia di costui che nel frattempo aveva ricevuto il battesimo, si recherà nell’estate del 1548. Qui si tratterrà per ben tre anni e getterà le fondamenta di una cristianità fiorente, che neanche le più dure persecuzioni dei decenni successivi avrebbero potuto sradicare.
Dal Giappone alla Cina, o meglio alle soglie della Cina, nell’isola di Sancian, dove, tradito da chi lo avrebbe dovuto accompagnare a Canton, morirà di polmonite la mattina del 3 dicembre 1552.
Pio XI volle dare due patroni alle missioni nel 1927: Marie Françoise Thérèse Martin che si era fatta santa Teresa di Gesù Bambino attraverso una piccola via nel chiuso del Carmelo di Lisieux, pieno solo di piccinerie se non fosse stato per la carità che Gesù operava; e Francisco de Jasu y Xavier, legato papale per tutte le terre situate ad oriente del capo di Buona Speranza, cioè per metà del mondo, che aveva attraversato i mari rincorrendo pescatori e cercatori di perle perché trovassero finalmente la perla preziosa. L’una e l’altro morirono dispiaciuti di non aver potuto fare di più. A estendere i confini della loro missione ci ha pensato il Signore.

Lorenzo Cappelletti



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