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MOSTRE
tratto dal n. 10 - 2001

La catalogna in Vaticano

Tornando alle nostre origini


La mostra itinerante “Germinabit. L’espressione religiosa in lingua catalana nel XX secolo”, ha avuto come prima sede il Palazzo della Cancelleria a Roma. Una scelta non casuale considerando la tradizione di romanità della Chiesa catalana. In queste pagine pubblichiamo gli interventi, fatti il giorno dell’inaugurazione, dal presidente della Generalitat di Catalogna, dall’arcivescovo di Barcellona e da quello di Tarragona


di Jordi Pujol


L’inaugurazione della mostra al Palazzo della Cancelleria, a Roma, il 14 settembre 2001; da sinistra, l’arcivescovo di Tarragona Lluís Martínez Sistach, il cardinale Paul Poupard (presidente del Pontificio Consiglio della cultura), l’arcivescovo di Barcellona Ricardo María Carles Gordó, il presidente Jordi Pujol, il cardinale Zenon Grocholewski (prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica)

L’inaugurazione della mostra al Palazzo della Cancelleria, a Roma, il 14 settembre 2001; da sinistra, l’arcivescovo di Tarragona Lluís Martínez Sistach, il cardinale Paul Poupard (presidente del Pontificio Consiglio della cultura), l’arcivescovo di Barcellona Ricardo María Carles Gordó, il presidente Jordi Pujol, il cardinale Zenon Grocholewski (prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica)

Quattro mesi fa presentavamo a Barcellona, presso il palazzo della Generalitat, il terzo e ultimo volume del Dizionario di storia ecclesiastica della Catalogna, in una cerimonia alla quale era presente una buona parte dei vescovi delle otto diocesi con sede in Catalogna. Oggi, in un atto che ha una chiara continuità con quello di giugno, ci riuniamo in questo palazzo rinascimentale romano per inaugurare l’esposizione “Germinabit”, la cui principale finalità è quella di evidenziare il dinamismo della Chiesa cattolica in Catalogna durante il XX secolo.
Di fatto, il Dizionario è stato il contributo della Generalitat di Catalogna al Concilio provinciale tarragonese del 1995, che rappresenta la ripresa di una ricca e antica tradizione conciliare. E l’esposizione “Germinabit. L’espressione religiosa in lingua catalana nel XX secolo” è un’iniziativa che integra, dal punto di vista didattico, l’opera storica. Si trattava di un’idea dei responsabili delle quattro biblioteche organizzatrici: quella dell’abbazia di Montserrat, la Biblioteca Balmes, la Biblioteca Borja di Sant Cugat del Vallès e la Biblioteca pubblica episcopale del seminario di Barcellona, quando decisero di chiedere l’appoggio della Generalitat di Catalogna per portare avanti questa iniziativa.
Il governo della Generalitat rispose affermativamente alla loro richiesta. Era una risposta che rientrava nella linea di collaborazione che il nostro governo, fin dal suo ripristino, avvenuto nel 1977 nell’ambito della transizione politica spagnola, ha cercato di mantenere con la Chiesa cattolica in Catalogna.
La Catalogna non esisterebbe come popolo senza il ruolo importantissimo avuto dal cristianesimo e dalla Chiesa. I vescovi catalani l’hanno ricordato nel 1986 in un documento collettivo intitolato Radici cristiane della Catalogna. L’hanno ricordato alla Catalogna e l’hanno ricordato alla stessa Chiesa.
Queste radici risalgono a più di 1200 anni fa. Durante tutti questi secoli la Catalogna ha configurato e difeso la propria identità ogni volta che è stato necessario. Come vi dicevo, i valori difesi dalla Chiesa vi hanno contribuito enormemente.
Questo contributo ha avuto una particolare importanza nel XX secolo. È stato un secolo di rinascita della Catalogna, dopo un lungo periodo di decadenza e spesso di persecuzione.
Un secolo caratterizzato dalla creatività, in tutti gli ordini, da quello economico a quello artistico o culturale. È stato un secolo di recupero catalano. Ma anche un secolo di sconvolgimenti, di conflitti, di tensioni. In tutto questo tempo la Chiesa ha accompagnato con sollecitudine il popolo catalano, nei momenti buoni e in quelli brutti, in epoche di splendore e in tempo di persecuzione. Di persecuzione della Catalogna o anche della Chiesa. Grandi ecclesiastici come il vescovo Torres i Bages o i cardinali Vidal i Barraquer, Albareda e Vives i Tutó, movimenti apostolici, di rinnovamento liturgico, di pietà popolare, fecero sì che la Chiesa fosse sempre presente.
La Catalogna è un Paese che ha sempre voluto fondare la propria identità non su questioni etniche o strettamente politiche, bensì sulla cultura. Sulla cultura, sulla lingua, sull’arte, sul diritto. Per questo ci riconosciamo tanto nelle parole di papa Giovanni Paolo II, quando nel 1980 parlò all’Unesco del diritto dei popoli alla propria cultura e alla propria lingua, o quando lo ripeté a Tokyo nel 1981, o quando parlò dei diritti e dei doveri delle nazioni nel 1989, o alle Nazioni Unite nel 1995. Quando parla della necessità che esistano ponti tra le lingue, quando parla di identità e di dialogo, che vuol dire, secondo il Santo Padre, libertà e solidarietà. E quando parla di rispetto per le minoranze.
Oggi la Catalogna si trova in una fase di progresso economico e sociale, e sta ottenendo un riconoscimento di cui non godeva da secoli. Un riconoscimento politico e culturale, ed evidentemente linguistico. Vi convivono pacificamente e positivamente due lingue: quella originaria della Catalogna, il catalano, che le conferisce una personalità propria, è ufficiale insieme al castigliano (a sua volta, soprattutto a partire dall’immigrazione del XX secolo, lingua familiare di una parte dei cittadini della Catalogna). E uno dei motivi di autostima per i catalani è proprio la capacità che hanno avuto di integrare tanta gente venuta da fuori e di raggiungere un buon livello di convivenza. A tutto questo ha contribuito anche la Chiesa. E vi ha contribuito in grande misura. E noi le siamo molto grati. A questo proposito, non dimentichiamo che oggi tutta la nostra società si trova ad affrontare una sfida analoga con i nuovi movimenti migratori. Ci auguriamo di essere in grado, tutti insieme, di saperla vincere anche questa volta.
Ho perciò molti motivi, in qualità di presidente del governo della Catalogna, di essere felice presenziando l’inaugurazione di questa esposizione. Perché è un riconoscimento dell’operato della Chiesa in tutto il XX secolo.
Un riconoscimento e anche un gesto di affermazione. L’esposizione non mostra solo pubblicazioni e opere artistiche, ma rende omaggio pure al tessuto ecclesiale sorto in Catalogna durante il Novecento, sotto forma di istituzioni di ogni tipo che hanno portato avanti un gran numero di progetti educativi, culturali, benefici o sociali. E questo riconoscimento, questo gesto di affermazione, si farà in tutte le diocesi catalane; ma è bene che cominci a Roma, per seguire la tradizione di romanità della Chiesa catalana.
Non vi parlerò dettagliatamente di tutta l’esposizione, del suo contenuto, delle pubblicazioni o delle opere d’arte. Essa parla da sola. In fin dei conti è un chiaro esempio di fusione tra fede e cultura, tra arte e lingua, tra religiosità e capacità creativa.
Invece, per finire, voglio esprimere un desiderio. Viviamo un’epoca in cui i valori dello spirito, in generale, sono messi alla prova. Viviamo un’epoca, per così dire, di stanchezza delle nostre società.
La stessa cosa, più o meno, succede in tutta Europa. E questo è grave, perché abbiamo bisogno di una certa tensione morale, di alcuni valori solidi, di qualcosa su cui basare la nostra fiducia e la nostra speranza.
Tutta la storia europea ci ricorda che questi valori, in gran parte, ci sono stati dati dal cristianesimo. È stato così in Catalogna, è stato così in Spagna, è stato così in Europa. Con questa esposizione esprimiamo il desiderio e la fiducia che sia sempre così. E sarà così nella misura in cui tutti noi sapremo proporcelo. Dio non ci dà mai le cose bell’e fatte.
Mi resta solo da ringraziare sinceramente tutte le istituzioni organizzatrici, cominciando dalle quattro biblioteche per l’iniziativa che hanno avuto, e i direttori del Dizionario di storia ecclesiastica della Catalogna per la loro tenacia. E in modo speciale voglio ringraziare l’arcivescovo Agostino Cacciavillan e l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente e segretario, rispettivamente, dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, per la loro sensibilità. E, ovviamente, tutte le persone che per mesi hanno lavorato con entusiasmo per far sì che oggi “Germinabit” sia una realtà.


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