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RICOSTRUZIONI
tratto dal n. 04 - 2003

Intervista a Giovanni Sale, storico della Civiltà Cattolica

Quei “criminali” che volevano mettere fine alla guerra


Il fallito attentato ad Hitler del 1944 fu definito dai giornali Usa un atto criminale ad opera di traditori. Anche Churchill liquidò la cosa come una lotta di potere tra generali nemici. Giovanni Sale, storico della Civiltà Cattolica, spiega come fu possibile. Intervista


di Davide Malacaria


A sinistra, il sopralluogo di Hitler e Mussolini presso il  quartier generale del Führer dopo l’attentato del 20 luglio 1944; al centro, il colonnello Claus von Stauffenberg, l’esecutore materiale dell’attentato; a destra, il conte Helmuth James von Moltke, fondatore del circolo culturale Kreisau

A sinistra, il sopralluogo di Hitler e Mussolini presso il quartier generale del Führer dopo l’attentato del 20 luglio 1944; al centro, il colonnello Claus von Stauffenberg, l’esecutore materiale dell’attentato; a destra, il conte Helmuth James von Moltke, fondatore del circolo culturale Kreisau

Una banda di criminali attenta alla vita del Führer. Fortunatamente illeso, il capo di Stato tedesco riesce a sventare il criminale colpo di Stato messo a punto dalla sparuta banda di malavitosi che aveva tentato di assassinarlo. I traditori della patria, prontamente arrestati, saranno giustiziati. Così le cronache dell’epoca raccontavano dell’ennesimo tentativo di eliminare Adolf Hitler, il 20 luglio 1944. Un attentato che, appunto, doveva preludere ad un colpo di Stato che probabilmente avrebbe fatto cessare la Seconda guerra mondiale con un anno di anticipo. Fin qui la cronaca di una delle tante, tragiche vicende che ruotano attorno al sanguinario leader nazista. Che forse non meriterebbe più attenzione di altre tragiche vicende accadute in quegli anni. Se non fosse che a liquidare in questo modo il tentativo di colpo di Stato del 20 luglio non fu la propaganda nazista, ma autorevoli quotidiani americani. Questa una delle rivelazioni contenute in due articoli, apparsi recentemente sulla Civiltà Cattolica, a firma di padre Giovanni Sale, l’autorevole storico gesuita che da anni presta la sua penna alla rivista.

Lei spiega che l’attentato del 1944 fu forse uno dei tentativi più seri di porre fine alla dittatura nazista.
GIOVANNI SALE: Effettivamente è così. Non che non ci furono altri tentativi di eliminare il Führer, che anzi scampò a circa sessanta attentati, tra cui quello, quasi riuscito, del 1938 in una birreria di Monaco. Tutti tentativi vanificati, oltre che dalle precauzioni prese dal Führer (che cambiava all’ultimo momento orari ed appuntamenti), anche da una serie di circostanze fortuite veramente incredibili… come se uno spirito malefico vigilasse sulla sua vita… Ma, a prescindere da questo, è indubbio che il tentativo posto in atto nel 1944 ha i connotati di un vero e proprio colpo di Stato, pianificato con cura e con la partecipazione di un ampio numero di persone.
Quindi questo attentato svela l’esistenza di una resistenza al regime nazista interna alla Germania?
SALE: Forse parlare di resistenza è eccessivo. In Germania certo non mancarono singoli oppositori al regime, come anche qualche gruppo organizzato, si pensi ai ragazzi cattolici della “Rosa bianca” che hanno pagato a caro prezzo i loro eroici volantinaggi presso le univesità… Ma erano fenomeni di poca rilevanza per il regime. Nel caso in esame credo si possa parlare più che di una vera e propria resistenza, di un rifiuto netto delle idee e della prassi del regime. Un rifiuto che si andava coagulando essenzialmente in due ambiti, civile e militare.
Nei suoi articoli accenna a più riprese a tentativi di contattare gli alleati da parte di esponenti di questa dissidenza…
SALE: Venne organizzata una sorta di diplomazia clandestina. Uno dei capi della resistenza civile, Karl Friedrich Goerdeler, nel marzo 1938 si mise in contatto con gli alleati. Ma fu accolto con freddezza. A Londra, il primo consigliere del ministro degli Esteri inglese, Robert Vansittart, lo accusò addirittura di tradimento… Stesso discorso per il tenente colonnello Ulrich von Schwerin, inviato a Londra prima dell’invasione della Polonia per cercare di convincere gli inglesi che l’invasione sarebbe stata sventata se gli inglesi avessero fatto capire a Hitler di essere pronti a difendere la nazione slava. «Solo il pericolo di una guerra su due fronti può trattenere Hitler», questo il messaggio recato dal colonnello. Ma il suo messaggio, anche in questo caso, non fu preso in considerazione. Anni dopo, a partire dal 1942, furono emissari del circolo di Kreisau, anche attraverso uomini di Chiesa, a tentare di spiegare agli alleati che esisteva una dissidenza che odiava il nazismo e che doveva essere scongiurata da parte alleata una affrettata identificazione tra nazismo e popolo tedesco. Ma tale distinzione non fu accettata dagli alleati. Poi, quando nel gennaio del 1943, la Conferenza interalleata di Casablanca pretese dalla nazione tedesca, e non solo dal suo dittatore, una resa totale e incondizionata, tale distinzione non fu più neanche in discussione. Questa presa di posizione lasciava queste sacche di dissidenza senza alcuna sponda.
Pio XII era al corrente dei tentativi di contattare gli alleati?
SALE: In almeno uno fu coinvolto personalmente quando, tra il 1939 e il ’40, l’avvocato Josif Muller, inviato dall’ammiraglio Wilhelm Canaris, capo del controspionaggio e anima della resistenza militare, gli chiese di intercedere presso l’ambasciatore inglese accreditato in Vaticano per far giungere a Londra un messaggio che chiedeva di patteggiare condizioni di pace con un nuovo governo tedesco dopo il rovesciamento di Hitler. Il Papa acconsentì a mettere in contatto la dissidenza tedesca ed il governo inglese. Ma anche questo tentativo fallì. Gli alleati temevano che si trattasse di trappole, ma erano anche accecati dal nazionalismo imperante all’epoca, che faceva di questi personaggi dei traditori della propria patria. E certamente su queste vicende ha pesato quell’identificazione tra nazisti e popolo tedesco che fu veramente disastrosa.
Diceva prima della dissidenza civile…
SALE: Questa si coagulò attorno al circolo di Kreisau, che potremmo definire un circolo culturale, cui aderivano alti esponenti della società civile tedesca, di estrazione diversa. Il nucleo principale era formato da aristocratici, da sindacalisti cattolici ed ex esponenti del disciolto Zentrum, partito di ispirazione cristiana, da autorevoli esponenti della Chiesa luterana e intellettuali e sindacalisti di sinistra. Vi aderivano anche religiosi e sacerdoti. Ma, oltre ai membri effettivi, attorno al circolo ruotavano diverse personalità tra cui il vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, come anche altri esponenti di spicco della cattolicità tedesca.
Che attività svolgevano?
SALE: Ovviamente non avevano molta libertà di movimento… si riunivano per delle conferenze private, dove si dibatteva e si progettava il futuro della Germania, un futuro ovviamente senza Hitler… Fondatore di questo circolo fu il conte Helmut James von Moltke, figura di alto spessore morale e spirituale. Come altri aristocratici aderenti al circolo, vedeva nel rovesciamento del regime non solo l’unica possibilità di salvezza della Germania, il riscatto della nazione dalla degradazione nazista, ma anche, a livello personale, un modo per salvarsi l’anima. Una possibilità di portare seriamente un colpo al cuore del regime fu data dall’avvenuta convergenza tra il circolo di Kreisau e la dissidenza militare. Ai cospiratori si unì Claus Schenk von Stauffenberg, che apparteneva allo stretto ambito di collaboratori del Führer. Era la prima volta che un complotto poteva contare su un contatto tanto ravvicinato. Il piano, ideato all’interno del circolo, subì un’accelerazione dopo che, per ragioni di ufficio, von Stauffenberg venne a sapere di un ordine che disponeva «per 40 o 42mila ebrei ungheresi il “trattamento speciale” di Auschwitz».
Le gerarchie ecclesiastiche erano a conoscenza del tentativo di colpo di Stato?
SALE: Dai diari di Moltke sappiamo che «autorevoli vescovi erano vicini alla resistenza». Sappiamo che nel gennaio 1943 von Moltke, a Monaco per incontrare i padri Augustinus Rosch, Lothar König e Alfred Delp (gesuiti aderenti al circolo di Kreisau, l’ultimo dei quali fu ucciso dopo il fallito attentato) e l’avvocato Muller, l’uomo di collegamento con il Vaticano, parlò del piano con il cardinale Michael Faulhaber che tacitamente acconsentì. Non sappiamo se ne fosse a conoscenza anche von Preysing, ma è molto probabile, data l’assidua frequentazione tra i due.
Come si concretizzò il piano?
SALE: Il 20 luglio del 1944 von Stauffenberg riuscì a portare una valigia contenente due cariche esplosive all’interno della “tana del lupo” a Rastenburg, in cui Hitler si doveva incontrare con i suoi ufficiali. Ma, una volta all’interno, forse per un contrattempo, Stauffenberg riuscì ad innescare solo una delle due cariche. La valigia poi fu posta sì vicino ad Hitler, ma presso una colonna che ne attutì la forza esplosiva. Insomma ancora una volta una serie di circostanze fortunate aveva preservato la vita del Führer che ne uscì indenne. Contemporaneamente iniziarono le operazioni per attuare il colpo di Stato. Ma gli ordini di Hitler precedettero quelli dei congiurati, e i suoi fedelissimi riuscirono ben presto a sventarlo. La notte stessa, i capi della congiura, riuniti nell’Oberkommando der Wehrmacht a Berlino, furono arrestati. Nel discorso che Hitler rivolse alla nazione la sera del fallito attentato, spiegò che un piccolo gruppo di ufficiali ambiziosi aveva tentato di eliminarlo, ma che la “provvidenza” lo aveva impedito.
Furono uccisi?
SALE: Tutte le fasi del processo e della condanna a morte furono filmate, per espressa volontà del Führer che volle, tra l’altro, che fossero uccisi “come maiali”. Furono giustiziati appesi a ganci da macello e i filmati furono inviati al dittatore che li guardava e riguardava con i suoi ufficiali.
Quale fu la reazione internazionale?
SALE: Nel mondo si diffuse l’interpretazione che della congiura diede lo stesso Hitler. Il New York Times, registrando gli avvenimenti, scrisse che questo attentato «faceva pensare più all’atmosfera di un cupo mondo criminale» che a quanto si poteva attendere da «un normale corpo di ufficiali di uno Stato civile», e si scandalizzava del fatto che per un anno quegli ufficiali avessero tramato «contro il comandante supremo delle forze armate» ricorrendo, tra l’altro, «alla bomba, arma tipica della malavita». Un altro importante giornale degli Stati Uniti, The Herald Tribune, commentava: «In generale agli americani non dispiacerà che la bomba abbia risparmiato Hitler e che ora egli si liberi personalmente dei suoi generali. D’altronde gli americani non hanno nulla da spartire con gli aristocratici, in particolare con quelli che onorano i colpi di pugnale». Winston Churchill, in un messaggio inviato alla Camera dei Comuni il 2 agosto 1944, commentava l’episodio come «una lotta di potere tra i generali del Terzo Reich».
Gli alleati all’epoca erano già a conoscenza della soluzione finale contro gli ebrei…
SALE: Sì, da più di un anno… Ma qui credo siamo di fronte a un ulteriore abbaglio dettato dall’esasperato nazionalismo e dalla sottovalutazione dell’evento…
Una santa messa nel  campo di concentramento di Dachau; sotto, padre Alfred  Delp, uno dei padri gesuiti aderenti al circolo di Kreisau e ucciso dopo il fallito attentato 
al Führer

Una santa messa nel campo di concentramento di Dachau; sotto, padre Alfred Delp, uno dei padri gesuiti aderenti al circolo di Kreisau e ucciso dopo il fallito attentato al Führer

Quale fu la portata della repressione a seguito dell’attentato del 20 luglio?
SALE: La Gestapo scoprì presto che non si trattava di un manipolo di congiurati. Furono arrestate migliaia di persone, molte delle quali furono uccise. Tra queste molte erano cattoliche. L’arcivescovo di Friburgo, monsignor Konrad Grober, in una nota inviata in quei giorni al nunzio apostolico di Berlino, scrive di una cinquantina di arresti solo nella sua città, specificando che si trattava di «personalità note sia al Santo Padre che a lei»…
Lei scrive che dopo il 20 luglio la repressione contro i cattolici incrudelì.
SALE: Non che in precedenza la persecuzione non ci fosse. Padre Delp in una nota conservata nell’archivio dell’Oss (Servizio segreto angloamericano), scriveva che fin dal 1940 ai gesuiti fu imposto di indossare la sigla “nzv”, inaffidabile come gli ebrei. E che, dal 1942, iniziarono ad essere inviati ai campi di concentramento. Ma dopo il 20 luglio la determinazione di farla finita con la Chiesa aumentò. I religiosi e i sacerdoti che conobbero l’orrore dei campi di sterminio furono tanti. Un fatto ignorato dalla pubblicistica ufficiale. In base a dei documenti inediti, ho potuto apprendere che quando gli americani liberarono Dachau trovarono 326 sacerdoti cattolici…
Se il colpo di Stato fosse riuscito, forse la guerra sarebbe finita prima…
SALE: Già, si sarebbero risparmiate centinaia di migliaia di vite umane. È solo dal ’44 che la Germania comincia a subire i bombardamenti a tappeto ad opera delle forze angloamericane. Forse non avremmo conosciuto la devastazione di Dresda e le tempeste di fuoco che decimarono la popolazione tedesca. E si sarebbero risparmiate anche le vite di soldati alleati e russi che nel ’44 continuarono a morire sui vari fronti della guerra… Senza contare le camere a gas, che hanno continuato il loro orrendo compito fino al termine della guerra.
Perché gli avvenimenti del 20 luglio sono rimasti nell’oblio per tanto tempo?
SALE: Dopo la guerra agli alleati conveniva l’interpretazione che vedeva gli avvenimenti del 20 luglio frutto di una congiura di pochi ufficiali ambiziosi. E ciò perché serviva ad avvalorare la tesi (sostenuta innanzitutto dalla propaganda nazista) che durante il nazismo non c’era stata in Germania nessuna forma di resistenza e di opposizione al regime, per cui tutti i tedeschi erano da considerare nazisti e quindi da trattare allo stesso modo. Un errore. Di cui la storia ha fatto giustizia.


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