Credenze degli Ofiti
"Preferiscono il Serpente a Cristo stesso".
Antichi testi che parlano della gnosi
Traduzione di Lorenzo Bianchi
A destra, pagine di uno dei codici copti (II secolo d.C.) rinvenuti a Nag Hammadi, contenenti testi a carattere gnostico
Ma tutto l’inganno e la teoria di tale errore scaturisce da quanto segue. Dicono infatti che dal sommo primo Eone ne sono nati molti altri inferiori; e che tuttavia a tutti questi è superiore un Eone il cui nome è Jaldabaoth. Dicono che questo è stato concepito da un altro Eone in mezzo a quelli inferiori: in seguito, avendo voluto cercare di salire tra le cose superiori, per la pesantezza della materia frammista a lui non ha potuto riuscirvi, e abbandonato nel mezzo [tra le cose inferiori e quelle superiori] si è esteso tutto e così ha fatto il cielo.
Jaldabaoth tuttavia è disceso nel mondo inferiore e ha generato sette figli, ai quali ha precluso, con la [sua] dilatazione, le cose superiori, in modo che gli angeli, non potendo sapere le cose superiori, pensino che lui sia il solo dio. Dicono quindi che quelle virtù e gli angeli inferiori hanno generato l’uomo; e questo, perché è formato dalle virtù più deboli e mediocri, giace quasi come un verme strisciante; ma quell’Eone dal quale viene Jaldabaoth, mosso dall’invidia, ha immesso nell’uomo come una scintilla, spinto dalla quale conosca per esperienza e possa capire le cose superiori.
Così di converso questo Jaldabaoth, indignatosi, ha emanato da se stesso la virtù e l’immagine del serpente: e questa virtù è stata nel paradiso, cioè è stato quel serpente al quale Eva ha creduto come se fosse il figlio di Dio. Ha colto, dicono, il frutto dall’albero e perciò ha dato in più al genere umano la conoscenza del bene e del male. Dicono ancora che Cristo non è stato nella sostanza di carne, e non bisogna sperare assolutamente nella salvezza della carne».
(Ps. Tertulliano, Libellus adversus omnes haereses II, 1-4. Traduzione di Lorenzo Bianchi)
«Ho già raccolto molti loro scritti, nei quali esortano a distruggere le opere di Istera. Chiamano Istera il creatore del cielo e della terra, e affermano che non si possono salvare altrimenti se non passando attraverso tutte le cose, come disse anche Carpocrate. E in ciascuno dei peccati o delle turpi azioni è presente un angelo e mentre le compie osa attribuire a lui le azioni audaci e impure e ciò che è in quell’azione lo esprimono con il nome dell’angelo, dicendo: “O angelo, io abuso dell’opera tua; o Potenza, io compio la tua operazione!”. E la scienza perfetta consiste appunto nell’intraprendere senza timore azioni tali che non è lecito neanche nominarle».
(Ireneo di Lione, Adversus haereses I, 31, 1.
Traduzione di Enzo Bellini, in Ireneo di Lione,
Contro le eresie e gli altri scritti, Jaca Book, Milano 1981)