La Nubia cristiana

La presenza della Chiesa in Sudan risale al IV secolo

di Lorenzo Cappelletti

Un’icona copta del VI secolo

Si parla frequentemente, di recente, di nuova evangelizzazione e di radici cristiane dell’Europa, e si parla del territorio europeo, insieme alle regioni del bacino mediterraneo, come dell’ambito di più antica evangelizzazione. Ci si scorda che il cristianesimo fin dai primissimi secoli, mentre era relativamente o affatto diffuso nel cuore dell’Europa, aveva raggiunto non solo l’Armenia e la Mesopotamia, ma anche remote regioni a oriente del mar Caspio, spesso grazie a comunità nestoriane e giacobite. E inoltre aveva risalito il Nilo, fino almeno a Philae, un’isola sul medio corso di questo fiume, in territorio nubiano settentrionale, dove è attestata già una sede episcopale nel IV secolo. A partire dal secolo VI, poi, altre chiese e sedi episcopali, in questo caso spesso di tendenza monofisita, si vengono costituendo anche in zone centrali e meridionali della Nubia (l’attuale Sudan), che vanta dunque non solo radici cristiane, ma il sangue dei martiri che le irrora, come si può leggere nel libro di padre Renato Kizito Sesana.
Si tratta di nozioni accessibili, che si possono rintracciare sulle carte geografiche di un manuale diffusissimo come La Storia della Chiesa di Joseph Lortz o in diverse carte, e schede di commento corrispondenti, dell’Atlante universale di Storia della Chiesa curato da Hubert Jedin e altri. Naturalmente risulta difficile a volte localizzare tali chiese. Ma è quanto è sempre avvenuto, anche in Occidente e in Europa. Ricordo un libro di padre Jiry Vesely, di qualche anno fa, sull’evangelizzazione di Cirillo e Metodio fra Moravi, Bulgari e Cechi, intitolato Scrivere sull’acqua. Anche oggi può capitare di vedere “scrivere sull’acqua” da un ignoto catechista africano, cosicché qualcuno possa rinascere da acqua e da Spirito, che è la cosa che conta.