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FRANCIA
tratto dal n. 06 - 2005

A cento anni dalla legge che sancì la separazione tra Chiesa e Stato

Elogio della «sana laicità»


Il cardinale francese Jean-Louis Tauran ripercorre la storia dei rapporti tra Stato e Chiesa in Francia dal 1905 a oggi: la promulgazione della legge anticlericale e laicista che suscitò polemiche e scontri e la sua applicazione più ragionevole che ha permesso alla Chiesa di vivere in pace. Intervista


di Gianni Cardinale


La coccarda e le bandiere francesi sulla Cattedrale di Notre Dame a Parigi

La coccarda e le bandiere francesi sulla Cattedrale di Notre Dame a Parigi

Tra gli anniversari più importanti di questo 2005 un posto particolare lo occupa certamente il centenario della legge che sancì nel 1905 la separazione tra Stato e Chiesa in Francia. Tanto che uno degli ultimi documenti del pontificato di Giovanni Paolo II è stato proprio una sua lettera sull’argomento inviata lo scorso 13 febbraio al presidente e a tutti i vescovi dell’episcopato transalpino.
Per ricordare gli avvenimenti di cento anni fa e le loro ripercussioni sulla Francia di oggi 30Giorni ha chiesto un colloquio con il cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Tauran è francese e prima di ricevere la porpora è stato per tredici anni alla guida della diplomazia della Santa Sede. Lo incontriamo nel suo ufficio alla Biblioteca Vaticana, reduce da un viaggio in Francia che lo ha rinfrancato spiritualmente: «Ho incontrato un nutrito gruppo di seminaristi del sud della Francia veramente splendidi: vivono con gioia la loro vocazione e hanno una pietà eucaristica semplice e profonda. Sono stato poi a Le Puy come inviato pontificio e ho guidato la processione del Corpus Domini per le vie della cittadina: era quarant’anni che non accadeva…». Proprio prendendo spunto dal suo viaggio in patria, è inevitabile che una parte del colloquio verterà sul referendum transalpino che a fine maggio ha bocciato la cosiddetta Costituzione europea.
Prima di entrare nel vivo dell’intervista il porporato dedica un ricordo commosso a Giovanni Paolo II: «Era un Papa che riconosceva al cattolicesimo francese una grande influenza su tutta la Chiesa cattolica. Lui personalmente leggeva molto le opere teologiche, filosofiche e letterarie francesi. E inoltre ricordo che più volte mi parlava della sua grande amicizia col cardinale Gabriel-Marie Garrone, che fu arcivescovo di Tolosa e poi prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica: me ne parlava sempre con ammirazione».

Giovanni Paolo II ha scritto una lettera ai vescovi francesi per i cento anni della legge del 1905, definendola «un evento doloroso e traumatizzante». In che senso?
JEAN-LOUIS TAURAN: Questa legge venne percepita come una aggressione nei confronti della Chiesa cattolica, nella misura in cui ha spogliato la Chiesa di tutte le sue proprietà e ha tentato di organizzarla secondo un modello politico democratico, chiedendo la formazione delle cosiddette “Associazioni cultuali” composte da laici a cui anche i vescovi avrebbero dovuto essere subordinati. Fu un provvedimento gravissimo che però si iscriveva in una storia che era cominciata durante la Rivoluzione, con la costituzione civile del clero del 1790, e che era continuata negli ultimi decenni dell’Ottocento con una imponente legislazione anticlericale: soppressione del riposo domenicale, soppressione delle scuole cattoliche, soppressione degli ordini religiosi. Non solo. Émile Combes – che era un ex seminarista e aveva una particolare acredine verso la Chiesa – pretendeva nominare i vescovi da solo, senza il papa! Quando poi il socialista Jean Jaurès chiese a Jules Ferry, il grande architetto della laicizzazione del sistema scolastico francese, quale fosse il suo programma, la risposta fu illuminante: organizzare l’umanità senza Dio. Ferry parlò anche della grande diocesi del libero pensiero. La laicità diventa una ideologia di ricambio. Sempre Ferry disse: abbiamo promesso la neutralità religiosa, ma non abbiamo promesso la neutralità filosofica né quella politica. Era laicismo e non quella sana laicità, come la definì Pio XII, che la Chiesa non può che appoggiare.
Ma cosa fece precipitare la situazione?
TAURAN: Il presidente Émile François Loubet nell’aprile 1904 venne a Roma in visita ufficiale e si recò al Quirinale per incontrare il re, e allora il Papa – essendo la Questione romana ancora non risolta – non volle riceverlo in Vaticano. Poi quando la Santa Sede convocò a Roma due vescovi francesi che avevano problemi nelle loro diocesi e che erano sospettati di essere troppo filogovernativi, allora Parigi decise di rompere le relazioni diplomatiche. Era il 30 luglio 1904. Nel novembre successivo fu presentato dal governo Combes il progetto di legge molto restrittivo sulla separazione che sarebbe stato approvato, in forma più accettabile su proposta di Aristide Briand, il 9 dicembre 1905 dal governo guidato da Émile Rouvier.
La legge del 1905 provocò anche scontri violenti tra polizia e fedeli…
TAURAN: Sì, soprattutto quando i funzionari statali volevano penetrare nelle chiese per inventariare i beni da incamerare. Ci furono scontri, feriti e ci scappò anche un morto. A questo punto, per fortuna, lo Stato capì – come disse Georges Clemenceau, che era più dialogante – che un candelabro non vale una vita umana...
Le Monde ha titolato che Giovanni Paolo II avrebbe elogiato la legge del 1905…
TAURAN: Non c’è stato nessun elogio, né ci poteva essere. Ma c’è stato il riconoscimento che questa legge ha comunque permesso alla Chiesa di vivere in pace, nella misura in cui, però, essa non è stata mai applicata alla lettera: c’è stata infatti una giurisprudenza che fin dal 1906 ne ha dato un’interpretazione molto larga. E il giudizio positivo di Giovanni Paolo II riguardava questo aspetto, non certo la legge in sé...
Quali erano i contenuti più importanti della legge?
TAURAN: La legge del 1905 prevedeva l’abolizione unilaterale del Concordato napoleonico del 1801. Stabiliva che la Repubblica non riconosce e non finanzia nessun culto, considerando la religione solo nella sua dimensione cultuale e non in quella sociale. Stabiliva inoltre che i beni della Chiesa erano incamerati dallo Stato, mentre gli edifici del culto venivano affidati gratuitamente a delle Associazioni cultuali elette democraticamente dai fedeli. E fu specialmente contro questo ultimo punto che il Papa reagì: la Chiesa cattolica non è una società democratica, e il vescovo non può essere di fatto estromesso dalla guida della Chiesa locale. È per questo che san Pio X, nell’enciclica Vehementer nos del febbraio 1906, parlò del laicismo, che è un vero apartheid religioso, come “la peste” del nostro tempo. E i cattolici la considerarono come una mostruosa ingiustizia.
La netta separazione tra Stato e Chiesa ha avuto anche dei riflessi positivi, nel senso che ha in qualche modo purificato la Chiesa francese, distogliendola da tentazioni di natura mondana?
TAURAN: Sì, questa legge paradossalmente ha reso la Chiesa più evangelica, perché più povera e più vicina alla gente semplice. Non solo, il non essere più finanziata dallo Stato le ha dato anche una maggiore libertà di parola. I fedeli cattolici poi si sono stretti intorno alla loro Chiesa e sono stati particolarmente generosi. E questo era avvenuto già con le leggi anticlericali emesse precedentemente. Tanto che nel 1903 il laicissimo Ferdinand Buisson, ispettore generale dell’insegnamento primario, disse: abbiamo tolto alla Chiesa tutto quello che faceva la sua forza: titoli, privilegi, ricchezze, onori, monopoli, ma gode di una popolarità più grande di prima. C’era ancora un popolo cristiano che reagì e si strinse con affetto in difesa della propria Chiesa.
Eminenza, lei prima accennava al fatto che questa legge del 1905 in realtà non è stata mai applicata rigidamente…
TAURAN: In effetti quello che è avvenuto dopo è una giungla legislativa di aggiunte e di interpretazioni. Per questo c’è il timore che rimettere in discussione la legge significhi riaprire un vaso di Pandora. Molti dicono che sia meglio conservare la legge attuale, senza darne una lettura fondamentalista, ma interpretandola alla luce delle disposizioni che hanno orientato per un secolo la sua applicazione.
La legge poi non è stata applicata in tutto il Paese…
TAURAN: La Francia non fa niente come gli altri! È un Paese particolare. Nei territori della Repubblica esistono almeno quattro regimi giuridici che regolano i culti. La laicità repubblicana secondo la legge del 1905 si applica infatti in tutto il territorio francese con tre eccezioni. In Alsazia e nella Mosella – che nel 1905 facevano parte del Reich tedesco e che vennero riannesse alla Francia dopo la Prima guerra mondiale – si applica ancora il Concordato napoleonico del 1801 in base al quale è il presidente di una Repubblica laica, come erede dell’imperatore, a nominare i vescovi di Strasburgo e Metz. Nel dipartimento della Guyana il cattolicesimo è religione ufficiale, secondo un’ordinanza reale del 1828. Per quanto riguarda poi i possedimenti d’oltremare dell’Atlantico e del Pacifico, abbiamo uno statuto di diritto pubblico secondo quanto stabilito dai decreti del 1939. A questo si deve aggiungere che dal 2002 esiste una Commissione di dialogo governo-Chiesa, presieduta dal primo ministro e dal nunzio apostolico, per risolvere i problemi della Chiesa in Francia. Come si vede, una situazione molto sui generis. Come ho già detto in altre occasioni, forse si deve separare la Chiesa dallo Stato, ma mai si potrà separare la Chiesa dalla società. Secondo me, poi, sarebbe meglio parlare non tanto di separazione, quanto di distinzione tra Chiesa e Stato.
Negli anni Venti comunque tra Santa Sede e Francia fu possibile una conciliazione. Chi cedette, Roma o Parigi?
TAURAN: Nessuno dei due. Fu un compromesso. Reso possibile anche da un fatto importante accaduto nella Prima guerra mondiale: la fraternizzazione che avvenne nelle trincee tra i soldati, i sacerdoti e i seminaristi, anche loro chiamati al fronte. I giovani francesi, che erano stati educati nelle scuole laiche dello Stato a considerare i preti come dei profittatori, scoprirono che la realtà era diversa dalla propaganda laicista. Sul fronte morirono 1.800 preti, 1.500 religiosi e 1.300 seminaristi. A questo si aggiunse la consapevolezza del governo che la Chiesa viveva, per così dire, in uno Stato di non diritto. Così, dopo trattative che durarono dal 1921 al 1924, si arrivò ai cosiddetti accordi Briand-Cerretti in base ai quali gli edifici di culto vennero affidati non più ad Associazioni di laici elette democraticamente ma ad Associazioni diocesane presiedute dal vescovo. Papa Pio XI per essere sicuro che la Francia rispettasse questo tipo di impegni chiese una legge sulla libertà religiosa, ma lo Stato francese non accettò. E così si optò per una serie di documenti di diverso valore giuridico.
Una cartolina postale celebra la legge del 1905 sui rapporti tra Stato e Chiesa in Francia

Una cartolina postale celebra la legge del 1905 sui rapporti tra Stato e Chiesa in Francia

In cosa consistono quindi gli accordi firmati dall’allora primo ministro Briand e dall’arcivescovo Bonaventura Cerretti, inviato speciale della Santa Sede?
TAURAN: Abbiamo un promemoria sul ristabilimento delle relazioni diplomatiche del 1921, per cui Cerretti divenne nunzio a Parigi. Sempre nel 1921 abbiamo un altro promemoria sulla nomina dei vescovi e poi uno scambio di lettere tra il ministro degli Esteri e il nunzio apostolico a proposito della Facoltà teologica di Strasburgo e delle Associazioni diocesane. E poi c’è un’intesa verbale sulla procedura per garantire il valore giuridico di questi accordi. La Santa Sede manifestò la ratifica di questi accordi con l’enciclica Maximam gravissimamque del gennaio 1924, mentre lo Stato francese produsse un parere del Consiglio di Stato.
Gli accordi Briand-Cerretti del 1924 furono all’epoca secretati. Perché? Sono e rimarranno ancora segreti?
TAURAN: C’è un progetto per pubblicarli ma non so a che punto sia. A questo proposito c’è da tener presente la querelle giuridica che fa da sottofondo a questi accordi. C’è chi li ritiene dei veri accordi internazionali e chi invece non li ritiene tali. Anche in Francia c’è una scuola di pensiero che ritiene si tratti di accordi internazionali e che quindi debbano essere pubblicati nella raccolta ufficiale dei trattati.
Il problema quindi non è tanto se pubblicarli o meno. Ma dove…
TAURAN: In un certo senso sì.
Il centenario potrebbe essere un’occasione per farlo…
TAURAN: Certamente. Il problema è se la Francia accetterà di inserire questi accordi nella Raccolta ufficiale dei trattati internazionali. Da parte della Santa Sede ovviamente non ci sarebbero problemi per la pubblicazione.
La Francia è l’unico Paese europeo che nella Costituzione sottolinea la propria laicità. Eppure il suo attuale presidente, Jacques Chirac, è venuto a Roma per prendere possesso del titolo di primo canonico onorario del Capitolo lateranense, titolo che spettava ai re dell’ancien régime. Non le sembra un po’ strano?
TAURAN: È un fatto stranissimo, ma rispecchia molto bene il carattere paradossale delle relazioni tra Chiesa e Stato in Francia. Di un Paese di tradizione cattolica molto radicata in cui le idee della Rivoluzione del 1789 hanno avuto un impatto formidabile.
Il predecessore di Chirac all’Eliseo, François Mitterrand, non prese mai possesso del titolo lateranense…
TAURAN: Né ha mai chiesto una visita ufficiale in Vaticano.
Eppure aveva avuto una formazione cattolica…
TAURAN: Il presidente Mitterrand era battezzato e aveva ricevuto dalla famiglia un’educazione cristiana. In gioventù era un cattolico devoto e non si vergognava di mostrarlo. Dopo, questa fede si è affievolita. Ma lui ha avuto sempre una nostalgia e una passione per le questioni ultime della vita. Era amico di Jean Guitton e con lui ebbe molti colloqui sulla morte che sentiva vicina. Quando diede le disposizioni per i suoi funerali, gli chiesero se li voleva laici o in chiesa. Rispose: «Si può pensare a una cerimonia religiosa». «Si può pensare»...: una formula molto mitterrandiana. Ricordo che proprio ai funerali solenni a Notre Dame, dove rappresentavo la Santa Sede, il cardinale Jean-Marie Lustiger nell’omelia fece un collage di citazioni del presidente che dimostravano la sua fede cristiana anche se spesso in modo implicito. È stato un personaggio singolare. Lo dimostra anche un episodio che non conoscevo – ma che non mi ha sorpreso più di tanto – e che è stato riportato dalla Radio Vaticana.
E cioè?
TAURAN: Nel notiziario dello scorso 13 marzo sono stati raccontati due episodi avvenuti prima della sua morte. Dapprima «una visita al monastero di Santa Caterina sul Sinai, ove confesserà di aver lasciato lì il meglio di sé stesso». E poi «una devozione inaspettata per santa Teresa di Lisieux: portate in processione le reliquie a Parigi e passando il corteo sotto il suo appartamento, Mitterrand chiederà che si fermi, scenderà a fatica, sosterà in silenzio nella macchina, ponendo la sua mano sull’urna». Sono episodi, come ha sottolineato giustamente la stessa Radio Vaticana, che «dicono molto della complessità del personaggio».
Torniamo alla legge del 1905. È possibile una sua revisione, anche alla luce del crescente numero di fedeli islamici presenti nell’Esagono? Per il ministro Nicolas Sarkozy c’è questa possibilità. E lo ha scritto nel suo ultimo libro La République, les religions, l’espérance.
TAURAN: Non vivo più da molti anni in Francia, comunque mi sembrerebbe strano che una legge che ha cento anni sia così perfetta da non poter essere ritoccata. Però sia Sarkozy sia i vescovi cattolici avvertono il pericolo di riaprire un dibattito sulle relazioni tra Stato e Chiesa che potrebbe far rinascere rigurgiti di laicismo e anticlericalismo. Allora molti dicono: lasciamo la legge così com’è e completiamola alla luce della giurisprudenza del secolo passato. Credo che questa sia la soluzione gradita alla maggioranza dei vescovi. Si deve evitare che questa legge possa essere interpretata in modo fondamentalista, visto che per fortuna mai è stato così.
Una domanda sul libro di Sarkozy, visto che Le Figaro ha raccontato di una sua visita in Vaticano per presentarlo al cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, all’arcivescovo Giovanni Lajolo e a lei…
TAURAN: Sì, nell’occasione il ministro ci ha donato una copia del suo libro. Nella mia ha scritto la dedica: «Votre ami tout simplement». Quello che mi è piaciuto di questo libro è che è stato scritto da un ministro che non ha paura di parlare di religione, affermando che i cristiani non devono vergognarsi della loro fede e non devono avere nessun complesso di inferiorità. È interessante poi la definizione di laicità che si trova nel libro: «Credo in una laicità positiva, in una laicità cioè che garantisce il diritto di vivere la propria religione come un diritto fondamentale della persona. La laicità non è la nemica delle religioni, al contrario la laicità è la garanzia per ognuno di noi di credere e vivere la propria fede».
Questa definizione di laicità potrebbe avere delle ripercussioni pratiche, come il finanziamento statale a organismi religiosi…
TAURAN: Sarkozy certamente sul problema del finanziamento delle chiese, delle moschee e delle sinagoghe esprime, diciamo così, un pensiero eterodosso rispetto alla grande maggioranza del mondo politico francese. Tornando al libro, ripeto che la cosa che più mi è piaciuta è che Sarkozy ha avuto il coraggio di scrivere un libro sulla religione e di affermare di essere un credente. Poi, certo, ci sono nel volume alcune affermazioni che andrebbero sfumate o precisate.
Questo discutere di religione dipende dalla massiccia presenza islamica?
TAURAN: Un altro paradosso francese è che davvero questa discussione sulla religione è dovuta all’islam. Sono stati i musulmani che hanno costretto i governanti a porsi il problema del ruolo della religione nella società di oggi, quando per anni la filosofia dominante era: si può fare tutto, compreso essere cattolico, ma soprattutto che non si veda. Questa è la risposta che si è sentito dare uno studente universitario francese da un suo compagno di studi agnostico.
Il dibattito è esploso in polemiche lo scorso anno, quando è stata approvata la legge in cui si proibisce la manifestazione ostentata di simboli religiosi, emanata, in pratica, per vietare l’uso del velo a scuola da parte delle ragazze islamiche…
TAURAN: Mi sembra che l’applicazione della legge sia stata più pacifica di quanto si potesse pensare. Un po’ come quella della legge del 1905. Capisco che per chi vive fuori della Francia risulta un po’ strano che si debba legiferare per un caso del genere. Ma in Francia si legifera molto...
A proposito di islam, lo considera un problema prioritario per la società occidentale e per la Chiesa?
TAURAN: Prima di tutto credo che non si debba parlare di un islam unico, non si debba considerarlo come un blocco monolitico. La realtà invece mostra un islam plurale: ci sono parecchi islam. Io, ad esempio, ho svolto la mia missione per molti anni in Libano dove ho conosciuto degli islamici con i quali mi sentivo perfettamente in sintonia, e altri invece con i quali i rapporti erano più problematici. Lo scorso anno poi sono stato in Qatar a un incontro di dialogo islamo-cristiano organizzato dall’emiro, il quale ha proposto che l’appuntamento successivo fosse a tre, con la partecipazione anche di esponenti dell’ebraismo; la reazione dei suoi correligionari è stata glaciale. Esistono diversi islam. E questo è anche una difficoltà per il dialogo: trovare un interlocutore rappresentativo con cui parlare. Certo, l’islam è un fatto. Siamo per così dire condannati a dialogare col mondo musulmano. Perché è il dialogo la chiave di ogni soluzione duratura. Purtroppo in Occidente ha molta fortuna l’equazione islam uguale terrorismo. Ma questo non è vero. Credo che la maggioranza del mondo musulmano non vede l’ora di potersi sbarazzare di queste frange terroristiche che tradiscono il vero messaggio islamico. Ma la strada è ancora lunga.
Nella pubblicistica odierna spesso si contrappone un modello francese, ostile al fatto religioso, a un modello statunitense, più rispettoso della fede e delle istituzioni ecclesiastiche. Condivide queste impressioni?
TAURAN: Questa realtà è il frutto della storia. Negli Stati Uniti il fatto religioso fa parte del paesaggio. Mesi fa sono rimasto impressionato da un sondaggio in base al quale l’85% degli americani afferma di considerare importante la preghiera quotidiana. Questa religiosità è un fatto positivo a patto che non si trasformi in fondamentalismo e proselitismo.
Il panorama politico statunitense è stato dominato negli ultimi anni dal fenomeno dei cosiddetti neoconservatori, i neocons, al cui interno si trovano alcune influenti personalità della Chiesa americana, tanto che alcuni parlano di teocons. Ritiene che questo movimento cultural-politico sia esportabile anche in Europa?
TAURAN: Credo di no. Per quello che ho detto prima. Quello che mi preoccupa è comunque il fatto che in Europa manchino dei cattolici coerenti nelle strutture governative e amministrative. Manchiamo di cristiani che abbiano come vocazione il servizio della res publica. Questa è la grande lacuna del nostro continente. Sarei curioso di sapere quanti sono quei politici che si dichiarano cristiani e che, per esempio, quando partecipano a riunioni o raduni di domenica, sentono la necessità di partecipare alla santa messa.
Il cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa

Il cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa

In un intervento al Pontificio Seminario Francese dello scorso novembre, lei affermava che trasmettere la fede oggi non deve avere niente a che fare con “la propaganda o il proselitismo”. Che intendeva dire?
TAURAN: A volte si avverte il rischio che la missione evangelizzatrice della Chiesa sia, o sia considerata, una propaganda o un proselitismo. Come Gesù dobbiamo proporre quella che crediamo essere l’unica Buona Notizia per l’uomo di tutti i tempi. La discrezione e il rispetto che dobbiamo avere per chi non crede va di pari passo con la condivisione e la testimonianza. La gente non attende prediche o proclami. Ma è interessata invece a quei cristiani che testimoniano la loro fede con la loro vita quotidiana.
Eminenza, una domanda dettata dall’attualità. A fine maggio il popolo francese con un referendum ha bocciato clamorosamente il progetto di Trattato costituzionale europeo in corso di ratifica da parte dei venticinque Paesi dell’Unione. Come valuta questo fatto?
TAURAN: Penso che i francesi non abbiano letto il testo del Trattato e quindi non fossero in grado di valutare bene la posta in gioco. Difatti ben pochi sarebbero in grado di dare una definizione d’Europa. E quindi c’è stato un riflesso di paura. Ma l’Europa continua; dobbiamo ricordarci che sono i popoli che fanno l’Europa, non le istituzioni. Anche se, come qualcuno mi ha fatto notare, per alcuni anni l’Europa vivrà nel quadro degli Accordi di Nizza e l’Europa dell’euro sarà la sola in funzione, e quindi l’Europa politica rimarrà, almeno per il futuro prossimo, solo allo stadio di progetto. Ma, torno a dire, il lavoro per una Europa più unita deve continuare, dato che «l’Europa è uno spazio privilegiato della speranza umana», come afferma il Preambolo del Trattato.
Quel Preambolo che sembra non essere piaciuto molto alla Santa Sede…
TAURAN: Certo, per noi cristiani nel testo del Trattato ci sono gravi lacune, come l’assenza del riferimento alle radici cristiane. Poi, gli articoli relativi alla vita, ai diritti della famiglia e alla discriminazione meriterebbero un’altra formulazione. Ma non dobbiamo dimenticare che con il Trattato per la prima volta il diritto primario dell’Unione europea prevede un dialogo istituzionale con le Chiese. E non è poco.
Un’ultima domanda. Che significato può avere per l’Europa l’elezione al papato del cardinale Joseph Ratzinger?
TAURAN: Il nostro papa Benedetto XVI, nel suo libro Una svolta per l’Europa, dimostra che in nessuna fase della sua storia il nostro continente è vissuto senza portare lo sguardo verso il sacro. E così, grazie alla coabitazione con Dio, l’Europa è riuscita più o meno a insegnare agli uomini a coabitare tra di loro. Mi sembra che la Chiesa di oggi, sotto la guida di un Papa profondamente europeo – si chiama Benedetto! –, possa dare il proprio contributo all’affermarsi di una Europa dove popoli e cittadini possano guardare al futuro con fiducia, sotto lo sguardo di Dio.


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