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MOSTRE
tratto dal n. 10 - 2005

Una finestra sul Mistero


Una mostra dedicata ai miracoli eucaristici nella Basilica di San Carlo al Corso a Roma


di Giovanni Ricciardi


La copertina del catalogo della mostra 
I miracoli eucaristici e le radici cristiane dell’Europa, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2005, 527 pp., euro 30,00

La copertina del catalogo della mostra I miracoli eucaristici e le radici cristiane dell’Europa, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2005, 527 pp., euro 30,00

Ad firmandum cor sincerum sola fides sufficit. Le parole del Pange lingua di san Tommaso d’Aquino sono dirette e semplici: per un cuore che si affida, basta la fede a donare la certezza che, sotto le specie del pane e del vino, è presente Gesù. Eppure, a questa semplicità di fede sembra quasi fare da contrappunto il dubbio dell’altro Tommaso, l’apostolo, che voleva vedere e toccare Gesù per credere. Ma anche la domanda dell’incredulo trova risposta: il Signore permette a Tommaso di toccare con mano la realtà del suo corpo risorto.
Così è stato anche per la presenza eucaristica nella storia della Chiesa: la fede della Chiesa ha sempre riconosciuto la presenza reale di Gesù nel Sacramento: ma, in alcune particolari circostanze, il Signore ha donato di sperimentare sensibilmente la realtà della sua presenza nel pane e nel vino consacrati. Sono i miracoli eucaristici, dai più famosi, come quelli di Bolsena e Lanciano, ai meno noti. Al termine dell’Anno dell’Eucaristia, una bella mostra (I miracoli eucaristici, 15 ottobre-13 novembre 2005), allestita nei sotterranei recentemente ristrutturati della Basilica di San Carlo al Corso a Roma, ha voluto raccogliere e documentare tutti questi eventi miracolosi, circa ottanta, avvenuti nelle diverse parti del mondo e in varie epoche della storia: dal più antico, compiutosi a Roma nel 595, alla presenza di papa Gregorio Magno, al più recente, del 2001, nella lontana India, proprio là dove l’apostolo Tommaso era giunto, duemila anni fa, per annunciare il Vangelo. Ogni miracolo è illustrato con immagini, documenti, testimonianze e commentato con passi tratti da padri e dottori della Chiesa, santi e beati dell’epoca moderna, brani di encicliche e discorsi degli ultimi papi. Il percorso della mostra comprende anche immagini e citazioni del Catechismo adatte ai più piccoli.
Incredulità, dubbio, riparazione di un oltraggio, sovrabbondante risposta alla fede di qualcuno: i motivi ricorrenti alla base dei prodigi eucaristici sono quasi sempre simili, dall’Italia alle Americhe, dal Belgio alla lontana isola di Réunion, nell’Africa australe, passando per tutte le epoche e attraversando ogni clima. Qualche volta sono così straordinari da risaltare nella loro unicità. Come quello che avvenne a Tumaco, in Colombia, il 31 gennaio 1906. Sulla costa occidentale del Pacifico la terra aveva tremato spaventosamente alle 10 del mattino. Gli abitanti del paese erano corsi in chiesa per chiedere ai missionari di organizzare subito una processione. Il parroco, padre Gerardo Larrondo de San José, vide immediatamente che la situazione era gravissima. Il mare ingrossava a vista d’occhio e in pochi minuti l’onda di maremoto avrebbe travolto tutto, come nello tsunami dello scorso dicembre. Corse al tabernacolo, consumò tutte le particole contenute nella pisside, prese l’ostensorio, vi pose l’ostia grande e mosse, di filato, i passi verso il mare: «Andiamo, figli miei, andiamo tutti alla spiaggia e che Dio abbia pietà di noi». Il miracolo ebbe una risonanza straordinaria. Quando l’onda, alta quindici metri, fu sul punto di rovesciare sulla terraferma la sua spaventosa forza d’urto, il prete alzò il Santissimo Sacramento. Il moto dell’acqua rallentò, l’onda giunse a sfiorare l’ostensorio, quasi per baciarlo, abbracciò il sacerdote fino alla cintola e si ritirò verso il mare, come il lupo ammansito da Francesco. Un fatto davvero incredibile, se non fosse stato vissuto e testimoniato dal popolo di un intero paese mentre il maremoto devastava le coste dell’America per centinaia di miglia.
Le parole di sant’Antonio da Padova, poste su un altro pannello, sembrano quasi un commento a questo evento eccezionale: «Ogni giorno, noi sacerdoti offriamo Gesù Cristo nel Sacramento dell’altare a Dio Padre, affinché ci ottenga il perdono delle nostre colpe. Noi sacerdoti facciamo quello che fa una donna quando il marito adirato vuole percuoterla: ella prende fra le braccia il suo bambino, lo solleva in alto e, presentandolo al padre irato, grida: “Batti, percuoti questo innocente”! Il fanciulletto, scoppiato in lacrime, implora pietà per la mamma. Il padre, commosso dalle lacrime del figlio che tenerissimamente ama, perdona alla moglie… Così, nel Sacrificio dell’altare al Padre celeste, adirato con noi per le nostre iniquità, noi presentiamo Gesù Cristo, figlio suo, come pegno di riconciliazione, fiduciosi che, se non per noi, almeno per lui, che gli è tanto caro, ci risparmi i meritati castighi e ci sia largo di perdono, memore delle sue lacrime, dei suoi affanni, dei suoi patimenti».
In bella mostra, nel percorso di San Carlo, la riproduzione dell’affresco di Girolamo Tessari, che illustra il miracolo eucaristico del Santo di Padova; la mula dell’eretico Bonovillo, tenuta per tre giorni senza cibo, rifiuta il foraggio del suo padrone e si inginocchia dinanzi all’Eucaristia. Correva l’anno 1227 e, nella Piazza Grande di Rimini, Antonio aveva accettato la scommessa propostagli dall’avversario, per dimostrare ai catari la verità della presenza reale di Gesù Cristo nell’ostia consacrata. «Ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra» dinanzi a Gesù, scrive san Paolo. Antonio, facendo proprie quelle parole, si era rivolto in modo imperioso all’animale che aveva dinanzi: «In virtù e in nome del tuo Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo nelle mie mani, ti dico e ti ordino: avanza prontamente e rendi omaggio al Signore con il rispetto dovuto».
Antonio aveva imparato da Francesco la devozione profonda all’Eucaristia. E Francesco gli aveva insegnato a estenderla anche ai sacerdoti, che portano, per così dire, nelle loro mani questo Mistero: «Vi prego di supplicare umilmente ma con insistenza gli uomini di Chiesa, perché onorino più di ogni altra cosa al mondo il Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, il suo Nome e le parole con le quali viene consacrato il suo Corpo. Anche se i sacerdoti peccano, non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio».
Qui sopra, un’immagine della mostra

Qui sopra, un’immagine della mostra

Il primo miracolo eucaristico nella storia avvenne in San Pietro, una domenica dell’anno 595, mentre papa Gregorio Magno celebrava la messa. Una delle nobildonne romane, che avevano preparato il pane per la celebrazione, prese a ridere sonoramente al momento della comunione: «Quella frazione di pane l’ho portata io da casa. L’ho impastata con le mie mani, e lei me la offre come il Corpo di Cristo?». Il Papa le rifiutò la comunione e chiese ai fedeli di pregare per chi dubita della presenza reale. Quel pane, anche nelle sue apparenze, si mutò in carne e sangue, e la donna si prostrò per adorarlo. A commento, i pannelli della mostra citano, con scelta felice, le parole dell’enciclica Mysterium fidei di Paolo VI: «Ben altro è il modo, veramente sublime, con cui Cristo è presente alla Sua Chiesa nel sacramento dell’Eucaristia, che perciò è tra gli altri sacramenti “più soave per la devozione, più bello per l’intelligenza, più santo per il contenuto”; contiene infatti lo stesso Cristo ed è “quasi la perfezione della vita spirituale e il fine di tutti i sacramenti”. Tale presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali”, ma per antonomasia, perché è anche corporale e sostanziale, e in forza di essa Cristo, uomo-Dio, tutto intero si fa presente. Cristo non si fa presente in questo sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel Corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel Suo Sangue; conversione singolare e mirabile che la Chiesa cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione».
Per concludere, rimandiamo per questo al volume che raccoglie contenuti e immagini della mostra, pubblicato dalle Edizioni Studio Domenicano, a cura di Sergio Meloni e dell’Istituto San Clemente I Papa e Martire. Vi si accenna, tra l’altro, anche a quei mistici che si sono nutriti, per anni, della sola Eucaristia. Sono casi eccezionali. Ma vi è un miracolo, tra i tanti, connesso al primo precetto generale della Chiesa di partecipare alla messa alla domenica. In un giorno d’inverno del 1300, l’anno del primo Giubileo, sulla strada che porta a Santiago de Compostela, il vento e la neve rendevano quasi impossibile raggiungere la chiesa di un monastero che sorge sulla cima del monte Cebreiro, in Galizia. Il monaco benedettino che stava iniziando la messa pensava che nessuno avrebbe osato sfidare le intemperie per salire fin lassù, in quella domenica così inclemente. E quando un contadino, che aveva percorso vari chilometri in mezzo alla tormenta, fece la sua comparsa in fondo alla chiesa vuota, scrollandosi di dosso la neve e tremando dal freddo, il sacerdote rise in cuor suo della buona volontà di quell’uomo che non voleva a tutti i costi mancare alla messa domenicale. Così, testimoni del miracolo furono soltanto in due: il primo ottenne misericordia per la sua superbia; il secondo, il premio per aver obbedito umilmente al precetto della Chiesa.


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