Tratto da ne scelse dodici

San Filippo




SAN FILIPPO
Filippo, il quinto nella lista degli apostoli, originario di Betsaida, probabilmente parlava il greco. È lui l’apostolo al quale si rivolge Gesù nel miracolo della prima moltiplicazione dei pani e dei pesci (Gv 6, 5-13); e questo episodio rimarrà caratteristica iconografica (in alternanza alla croce, che indica la modalità del suo martirio) nelle rappresentazioni artistiche della sua figura. La tradizione letteraria più sicura gli attribuisce l’evangelizzazione della Frigia, mentre il Breviario Romano e alcuni martirologi vi aggiungono anche quella della Scizia e della Lidia. In Frigia visse gli ultimi anni della sua vita, a Ierapoli, dove ebbe la sepoltura. Ne è testimonianza precisa un passo di Policrate, vescovo di Efeso nella seconda metà del II secolo, che nella lettera al papa Vittore scrive: «Filippo, uno dei dodici apostoli, riposa a Hierapolis con due sue figlie che si serbarono vergini tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, è sepolta a Efeso» (il passo è riportato da Eusebio, Storia ecclesiastica, III, 31, 3). E a conforto di questa notizia, anche i dati archeologici hanno mostrato in questa città le tracce del suo culto fin dalla prima epoca cristiana: infatti un’iscrizione dell’antica necropoli di Ierapoli accenna a una chiesa dedicata all’apostolo Filippo. La sua morte avvenne per martirio, al tempo dell’imperatore Domiziano (81-96), mediante la stessa pena alla quale era stato condannato, molti anni prima, Pietro, e cioè la crocifissione inverso capite (a testa in giù), in età sicuramente molto avanzata, che fonti più tarde fissano a ottantasette anni. Dal VI secolo appare come data del suo martirio, unitamente all’apostolo Giacomo il Minore, il giorno 1° di maggio: ma si tratta in realtà del giorno della dedicazione della chiesa dei Santi Apostoli a Roma, di cui papa Pelagio I (556-561) avviò la costruzione in occasione della traslazione dei corpi dei due apostoli (o almeno di una significativa parte di essi) da Costantinopoli, presumibilmente nel 560, e che papa Giovanni III (561-574) completò forse con l’aiuto economico del viceré bizantino Narsete. Si deve dedurre dunque una precedente traslazione delle reliquie di Filippo da Ierapoli a Costantinopoli, della quale però nessuna documentazione è rimasta. La tradizione della presenza di significative reliquie di Filippo a Roma è stata confermata da una ricognizione avvenuta nel 1873. Fino a quella data si conservava nella Basilica dei Santi Apostoli un reliquiario contenente, quasi intatto, il suo piede destro (e un altro reliquiario conteneva il femore di Giacomo il Minore), mentre i corpi dei due apostoli erano venerati sotto l’altare centrale. Nello scavare al di sotto di questo, nel gennaio 1873, venne alla luce un conglomerato di calce e mattoni: demolito questo, apparvero in piano due lastre di marmo frigio, unite esattamente fra di loro, che portavano scolpita a rilievo una croce greca (con i bracci uguali), e sotto di esse, perpendicolarmente sotto l’altare, un loculo, nel quale in particolare era una cassetta con alcune ossa, la maggior parte delle quali nello stato di frammenti o di scaglie, alcuni denti e molta sostanza impastata formata da disfacimento di materiale osseo; e inoltre residui di tessuto che in seguito, analizzati, si rivelarono lana con una preziosa coloritura con porpora. Le analisi sui reperti vennero compiute a opera di una commissione scientifica della quale erano parte anatomopatologi, fisici, chimici e archeologi (tra gli altri, Angelo Secchi, Giovanni Battista De Rossi e Pietro Ercole Visconti), e ne venne redatta e pubblicata una dettagliata relazione. Si poté constatare che le reliquie appartenevano a due distinti individui adulti di sesso maschile: a uno, di corporatura più gracile, le ossa conservatesi integre (in particolare parti di una scapola, di un femore e del cranio) e anche il piede conservato nel reliquiario e attribuito a Filippo; a un secondo invece, di corporatura più robusta, in particolare un molare (si veda più avanti a proposito di Giacomo il Minore). Non fu invece possibile distinguere fra i due individui tutto il resto dei frammenti, a causa del loro stato di disfacimento. Il contesto archeologico rimandava senza dubbi al VI secolo, e dunque all’edificio costruito da Pelagio I e Giovanni III; dalla ricognizione venne confermata quindi l’esattezza della notizia relativa alla traslazione del 560. La quantità delle reliquie fa ritenere che parte di esse si sia dispersa nelle traslazioni (che furono almeno due per ciascun apostolo) dall’Oriente a Roma. Nel 1879, dopo un certo periodo di esposizione alla venerazione dei fedeli, le reliquie rinvenute sotto l’altare furono deposte in un’arca di bronzo all’interno di un sarcofago di marmo collocato nella cripta della chiesa, al di sotto del luogo dove erano state trovate. La reliquia del piede fu invece lasciata al di fuori, all’interno di un reliquiario, attualmente non esposto ai fedeli.


Español English Français Deutsch Português