Tratto da ne scelse dodici

San Marco




SAN MARCO
«Noi dobbiamo ora aggiungere a quanto di lui [Papia] abbiamo già citato, una testimonianza che egli riporta a proposito del Vangelo scritto da Marco: “E diceva il presbitero: Marco, interprete di Pietro, scrisse con esattezza le cose che ricordava, ma non in ordine ciò che il Signore aveva detto e fatto. Egli infatti non aveva udito il Signore né lo aveva seguito, ma più tardi, come ho detto, aveva accompagnato Pietro. Egli dava gli insegnamenti secondo i bisogni, ma non come se facesse una raccolta sistematica dei discorsi del Signore. Cosicché Marco non sbagliò in nulla, avendo scritto alcune cose così come le ricordava. Di una sola cosa, infatti, egli si dava pensiero nei suoi scritti: non tralasciare niente di ciò che aveva udito e non dire niente di falso”» (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, III, 39, 14-15). Le parole di Papia di Ierapoli, che visse tra la fine del I e la prima metà del II secolo, si riferiscono alla predicazione di Pietro a Roma e al Vangelo da lui dettato: quel Vangelo di Marco che il famoso 7Q5, il frammento papiraceo in lingua greca scoperto nelle grotte di Qumran, consentirebbe ora di datare a prima dell’anno 50. Della vita di Marco si conosce qualcosa soprattutto grazie ai rapporti che ebbe con Paolo e Pietro. Alcuni studiosi hanno riconosciuto in lui il giovanetto che nel Getsemani, dopo l’arresto di Gesù, fuggì: «Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo» (Mc 14, 51-52). I Vangeli e gli Atti degli Apostoli lo chiamano talvolta con il nome di Marco, talvolta con quello di Giovanni, talvolta con entrambi. Fu cugino, o meglio nipote, di Barnaba, insieme al quale accompagnò Paolo, verso il 45, nella prima parte del suo primo viaggio missionario che, dopo un soggiorno a Cipro, toccò varie città dell’Asia Minore, ma a un certo punto ritornò indietro. Verso il 51, non voluto da Paolo per un nuovo viaggio missionario, accompagnò Barnaba a Cipro. Lo si ritrova poi insieme a Pietro, probabilmente a Roma, verso il 60 (1Pt 5, 13; la lettera di Pietro è scritta da Babilonia, nome che gli esegeti hanno interpretato come indicante Roma, ma esso corrisponde anche a quello di un villaggio presso Alessandria d’Egitto); da quanto si deduce dalle lettere di Paolo, nel 61 Marco è con lui, mentre negli anni successivi, quando Paolo è prigioniero a Roma per la seconda volta, è con Timoteo a Efeso e Paolo chiede che venga a Roma. Una tradizione antica, fin dal II secolo, fa di Marco il fondatore della chiesa di Alessandria d’Egitto; così la riporta Eusebio: «Narrano che Marco, inviato in Egitto, fu il primo a predicarvi il Vangelo che mise poi anche per iscritto, e anche a fondarvi delle Chiese proprio ad Alessandria» (Storia ecclesiastica, II, 16, 1). E altrove colloca questi avvenimenti nei primi anni dell’imperatore Claudio, verso il 42-43, e la prima successione a Marco nell’episcopato ad Alessandria nel 62: ma queste date non si adattano a quelle che sembrano dedursi dalle lettere di Pietro e di Paolo. Secondo gli Atti apocrifi di Marco, l’evangelista morì martire a Bucoli, un villaggio vicino ad Alessandria, ripetutamente trascinato per le strade dai pagani legato con funi al collo, quindi, da morto, parzialmente bruciato dopo essere stato, forse, decapitato. L’anno del martirio rimane discusso, e viene generalmente indicato nel 68, anche se il Chronicon paschale colloca questo avvenimento durante il regno di Traiano (98-117). Una tarda tradizione riportata da Paolo Diacono nell’VIII secolo fa di Marco l’evangelizzatore della zona di Aquileia, ma si tratta di una notizia che la critica storica ha dimostrato leggendaria. Il sepolcro di Marco a Bucoli è noto, dall’inizio del V secolo (ma altre fonti retrodaterebbero questa notizia almeno all’inizio del IV secolo), come meta di pellegrinaggi. Verso la metà del V secolo le reliquie di Marco vengono trasferite, sempre ad Alessandria, nella chiesa del Canopo, da dove, il 31 gennaio 828, le avrebbero portate a Venezia i due mercanti veneziani Buono da Malamocco e Rustico da Torcello. La presenza di Marco a Venezia e di una basilica a lui dedicata è testimoniata da un documento dell’829, il testamento di Giustiniano Particiaco, sull’interpretazione del quale si è molto discusso. Fatto sta che la presenza delle reliquie attribuite a Marco è certa alla fine dell’XI secolo: esse furono viste durante la costruzione della nuova Basilica, che inglobò e ingrandì la precedente, e che, consacrata nel 1094, fu anch’essa intitolata a Marco. Il suo corpo in quell’anno fu deposto solennemente in un’urna marmorea nella cripta. Notizie problematiche si hanno sulla reliquia del capo dell’evangelista: nominato in Egitto nell’836, nel 1010, nel 1088 e verso il 1240, nel 1419 esso sembra essere ancora nella chiesa di San Giorgio ad Alessandria, e Venezia discute se recuperarlo, dubitando però della sua autenticità. Di certo queste notizie sono in contrasto con quanto emerse dalla ricognizione compiuta su iniziativa del patriarca di Venezia Bonsignori il 6 maggio 1811, che rivelò la presenza di un corpo completo del capo. Una successiva ricognizione avvenne sotto il patriarca Monico, nel 1835, quando l’urna marmorea fu posta sotto la mensa dell’altare maggiore nel presbiterio. Infine, un’ultima ricognizione si deve, il 24 novembre 1957, al patriarca Roncalli, il futuro papa Giovanni XXIII.


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