Lettere al direttore
Una precisazione sulla comunione ai divorziati risposati

Julián Herranz
nel numero 1-2, gennaio-febbraio, di 30Giorni che ella dirige, nella rubrica “Spicchi” (p. 48), nel riquadro “Chiesa/2”, è stata riportata, presa da un articolo apparso su la Repubblica, una delle mie risposte a due diverse domande fattemi circa la comunione eucaristica e i divorziati risposati, in occasione della presentazione dell’istruzione Dignitatis connubii nella Sala stampa vaticana.
La notizia di Repubblica riportata da 30Giorni risulta incompleta e, per tale ragione, può indurre in errore. Alla domanda circa la negazione da parte del sacerdote della comunione in certi casi, ho risposto che: «I divorziati risposati non sono scomunicati, sono nella Chiesa a pieno titolo. Ricevere o meno la comunione è anche legato allo scandalo pubblico che la loro condizione può provocare dentro una specifica comunità cristiana. Se questo scandalo non ci fosse, questi cristiani possono ricevere la comunione». Si sottintende: purché sia stata rimossa la situazione di peccato grave, giacché lo stato di grazia è richiesto a tutti per poter ricevere l’eucaristia.
Questa ultima precisazione – da me fatta nella risposta a una precedente domanda – è stata tralasciata. Le sarei, perciò, grato se volesse pubblicare questo chiarimento, per evitare che si generi confusione nelle coscienze su un argomento di estrema delicatezza.
Il pensiero della Chiesa in merito è stato dettagliatamente espresso nella dichiarazione che il Pontificio Consiglio per i testi legislativi ha pubblicato il 24 giugno 2000 (cfr. L’Osservatore Romano, 7 luglio 2000).
Ringraziandola vivamente fin d’ora della sua cortesia, mi confermo con sensi di cordiale stima di lei, illustrissimo senatore, devotissimo
Julián cardinale Herranz
Città del Vaticano, 9 marzo 2005