Recensioni
Alba e tramonto socialista

Gaetano Arfè, I socialisti del mio secolo, Piero Lacaita Editore, Manduria-Bari-Roma 2002, 705 pp., euro 20
L’autore dei saggi è Gaetano Arfè, storico, pubblicista e politico militante proprio nelle fila del Partito socialista, fino alla rottura con l’allora segretario Bettino Craxi, criticato da Arfè per la sua gestione del Psi eccessivamente personalistica. Il taglio storiografico fornito da Arfè è quello di uno storico che si è formato alla scuola crociana, ma che poi è approdato al pensiero della sinistra libertaria dopo le approfondite letture degli scritti di Gramsci e di Salvemini. Da quest’ultimo mutua la concezione di un meridionalismo concepito in termini solo assistenziali e le posizioni anticomuniste che sotto la segreteria Craxi si facevano sempre più consistenti. L’approccio è appassionato, militante, di chi non teme di prendere posizione su questo o quel personaggio; del resto Arfè non ha mai rinunciato a far sentire la propria voce, anche critica ma sempre libera, nel dibattito politico-culturale degli anni Novanta, fino ad oggi.
Tra i più recenti saggi occorre segnalare quello dedicato a Pietro Nenni, di cui l’autore segnala le contraddizioni, ma, allo stesso tempo, sottolinea le ampie vedute politiche, capaci di andare al di là del contingente. Un personaggio molto al di sopra, moralmente e politicamente, degli attuali esponenti di spicco della sinistra italiana che si chiudono, secondo Arfè, troppo spesso in se stessi, in inutili elucubrazioni teoriche, evitando il contatto con la gente, la necessità del dialogo e del confronto. Oltre che con Nenni, Arfè collaborò soprattutto con Francesco De Martino, il “professore” del socialismo, scomparso nel novembre scorso. Nel giudizio sulla stagione craxiana che De Martino «visse con grande dignità e senza rotture» (E. Macaluso), il “professore” fu severo, da posizioni però sempre di coerenza intellettuale e politica, anche in scelte forse oggi ritenute da qualcuno sbagliate.
Altri tempi, altri uomini, un’altra Italia.
I saggi biografici de I socialisti del mio secolo raccolti in 700 pagine da Arfè, scritti tra il 1958 e il 2001, rappresentano nel complesso un ricco e suggestivo spaccato delle vicende italiane ed europee tra Ottocento e Novecento; un album di famiglia interessante per comprendere, in questo passaggio d’epoca, una stagione politica di storia recente, ormai tramontata, in un significativo confronto con l’oggi, con l’adesso.
Walter Montini
Un divorzio subìto

Gabriella Valli, Dalla parte di Medea, Pagine, Roma 2002, 235 pp., euro 15
Diario intimo e morale di un cammino travagliato, di una fase difficile e complicata, mai accettata, della propria vita familiare; ricognizione emotiva di una situazione personale vissuta con dimensioni anche drammatiche, coi toni di quella drammaticità che definirei teatrale, che si percepisce sulla pelle, la si avverte nel corso della lettura delle oltre 230 pagine del libro.
Una storia che inizia nel 1990; la vicenda tutta personale di una lotta disperata e disperante, condotta sul versante giudiziario, certamente, ma soprattutto spirituale, etico; di una donna contro un uomo che l’ha abbandonata, contro il mondo; la difesa, a tratti impossibile, del matrimonio, lo sforzo di salvaguardarlo come “istituto totalizzante dell’essere”, della sua sacralità, e della famiglia.
La Valli raccoglie con mani tremebonde tutta la corrispondenza, le lettere inviate al marito, ai figli, agli avvocati, ai tribunali, alla psicologa, al giornali, ad amici... addirittura al Papa: ogni lettera è un carico di drammi, di pene, di sconforto.
La lettura del libro non è delle più semplici e serene (già lo si coglie nella drammatica introduzione di Plinio Perilli). Se si volesse rappresentare lo scritto con un’opera d’arte, con un quadro, ben si adatterebbe L’urlo di Munch; la copertina riporta una Figura tra le rocce di Salvador Dalì, la rappresentazione di una donna quasi crocifissa che comunque efficacemente introduce nella riflessione sui contenuti specifici del libro.
Walter Montini
L’Italia svenduta

Gianluigi Da Rold (a cura di), L’Italia svenduta, intervista con Lorenzo Necci, Bietti, Milano 2002, 156 pp., euro 16
Lorenzo Necci è stato uno dei più importanti manager di Stato: presidente di Enichem e di Enimont, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato e della Tav; presidente onorario delle Ferrovie mondiali. Rientrato nella imprenditoria privata, oggi si occupa di logistica e di trasporti.
L’Italia svenduta (edito nella collana Documenti Bietti per la storia) è un libro-intervista che si legge velocemente: ti prende, ti porta ad una riflessione e ad un confronto con gli avvenimenti di quegli anni, spesso giunti al lettore intossicati o vissuti disinformati. Una ricostruzione dei fatti non partigiana, con aspetti inediti e risvolti poco conosciuti e poco visibili; un’analisi lucida, a tratti impietosa; una lunga cavalcata su fatti e avvenimenti italiani, condotta su diversi piani, dal versante dell’economia sociale a quello della finanza, della grande industria, nel contesto del fenomeno giudiziario di mani pulite che liquidava o inceneriva, a torto e a ragione e con sospetta velocità, buona parte della classe dirigente nazionale e dell’industria del Paese «senza che ci fosse un disegno alternativo, una classe dirigente nuova e migliore, una politica in grado di prendere in mano un Paese volutamente portato allo sbando prima dell’ingresso in Europa» (p.19).
Grande manager accusato e assolto per ben quaranta volte in quaranta procedimenti diversi, Necci ricostruisce uno spaccato inedito della nostra storia. Ad un certo punto, all’intervistatore che, citando due libri scritti da Necci nel 1991 e nel 1994 nei quali tratteggiava le linee strategiche della nuova Italia in Europa, chiede se non siano stati in un certo qual senso, dei libri premonitori Necci risponde (p.68): «In quei libri venivano indicate sostanzialmente quattro emergenze per un’Italia del 2000. L’emergenza morale, quella istituzionale, quella infrastrutturale e quella della competitività. Nessuno se ne è dato carico mentre le forze che avevano capito il nuovo corso della storia portavano a compimento, a un costo molto basso, il nuovo disegno di conquista del Paese e della sua economia. La resistenza è stata uguale a zero, mentre lo zelo nell’aiutare i vincitori è stato eccezionale. I magistrati sono entrati nel sistema con grande facilità, perché il problema morale era vero e molti fornivano le informazioni». E ancora: «Se oggi riscrivesse quei libri» chiede Da Rold «che cosa cambierebbe?». Risposta di Necci: «Nulla. Solo le date. Balladour, già presidente del Consiglio francese, ebbe a dire a quell’epoca: “Gli italiani, nella loro follia moralizzatrice, stanno tagliando le loro querce più grandi”».
La storia un giorno dirà chi ha avuto ragione.
In appendice al libro, la “memoria difensiva” di Necci, l’“esposto circa le anomalie e le palesi illegittimità dell’indagine a cui è stato sottoposto” (pp.73-108), un documento storico di rilevante importanza per la comprensione da parte dell’opinione pubblica italiana degli avvenimenti descritti nell’intervista.
Una seconda appendice, pure interessante, riguarda le “Linee di un programma di governo all’interno del governo di programma. Ovvero, come consentire alcune realizzazioni visibili nel settore economico e sociale del Paese” (pp. 111-148): una sorta di “decalogo per una politica industriale italiana” nel nuovo contesto europeo e internazionale.
Walter Montini
Una storia di ordinaria santità

Marco Invernizzi, Il beato Contardo Ferrini (1859-1902): il rigore della ricerca, il coraggio della fede, Piemme, Casale Monferrato 2002 ,157 pp., euro 9,90
Giovanni Ricciardi