Rubriche
tratto dal n.02 - 2007


Noi la farem vendetta


Paolo Nori, Noi la farem vendetta, Feltrinelli, Milano 2006, 194 pp., euro 15,00

Paolo Nori, Noi la farem vendetta, Feltrinelli, Milano 2006, 194 pp., euro 15,00

Sappia il lettore che non si trova davanti alla lettura di un romanzo “normale”. Il raccontare di Paolo Nori è un po’ strano. Sono tutti quadretti di situazioni, anche tre o quattro per pagina, scritti così come viene, con il linguaggio della gente comune che incontri per strada, punteggiatura compresa. Esempio: «Quando si va a Reggio Emilia ci si va con un treno che poco prima di arrivare si vede sulla sinistra il tendone bianco e rosso di un circo si resta incantati. E ogni fermata che si arriva l’altoparlante nel treno dice Si informano i signori viaggiatori che il treno sta viaggiando in orario». O ancora: «Andare in intercity a Milano partire al mattino c’è della gente che fanno otto o dieci telefonate di lavoro nel corridoio parlano soprattutto con un certo Elio che domani si devono vedere per fare un punto». E così, in una forma insolita, risulta un quadro narrativo dei fatti avvenuti nella piazza dei Teatri a Reggio Emilia, il 7 luglio del 1960; nella “rossa” Emilia che assiste allo svolgersi e al susseguirsi di molti eventi politici, sociali, personali. Nori ricostruisce il verificarsi dei tragici fatti di quel 7 luglio di 47 anni fa attraverso le testimonianze, le dichiarazioni, le sentenze, i rapporti della polizia e le deposizioni rese all’epoca da testimoni, e che vengono riportati nel libro Noi la farem vendetta nella loro crudezza e brutalità. È anche un libro sulle cose che scompaiono, sulla memoria e su come viene coltivata in certe comunità.




Cattolici e politica


Pierluigi Castagnetti – Savino Pezzotta, Come esserci. I credenti nella nuova fase della politica secolarizzata, Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2006, 102 pp., euro13,00

Pierluigi Castagnetti – Savino Pezzotta, Come esserci. I credenti nella nuova fase della politica secolarizzata, Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2006, 102 pp., euro13,00

Come esserci è, in sostanza, la raccolta di alcuni articoli di Pierluigi Castagnetti e di Savino Pezzotta apparsi su alcuni quotidiani negli ultimi mesi.
Si ha la sensazione che sia in atto una deriva pragmatica, eccessiva e inquietante. Non solo i valori della tradizione cristiana, ma gli stessi valori di quella tradizione laica che connotano la prima parte della Costituzione, nei quali per decenni si è riconosciuta la stragrande maggioranza degli italiani, vengono oggi – nei fatti, anche se ancora non si osa teorizzarlo – messi in discussione. In questo senso si avvertono i segni di una secolarizzazione radicale, che pretende di portare l’esperienza politica su un piano di totale neutralità valoriale e, dunque, di separazione e di sempre maggiore distanza dalla condizione esistenziale degli uomini. Il nostro tempo pone domande nuove per i credenti, a partire dal «come esserci» dentro il tempo difficile e interessante che stiamo vivendo. Si avverte la necessità di una nuova stagione per i credenti, dopo quella dell’unità politica e quella della diaspora in diversi partiti e schieramenti. Proprio la fine delle ideologie e l’allargamento del mondo rendono, infatti, urgente la necessità di ripensare categorie e forse anche modalità organizzative della politica. Entrambe le coalizioni che danno vita al bipolarismo del nostro sistema politico soffrono delle stesse difficoltà: eccessiva frantumazione, povertà di visione e di pensiero, carenza di meccanismi selettivi dei ceti dirigenti.
Attorno a questi argomenti ragionano i due autori. In particolare Castagnetti, attuale vice presidente della Camera dei deputati, già segretario del Ppi, delinea il ritratto di quattro maestri dell’impegno politico dei cattolici italiani: Ermanno Gorrieri, il riformista cristiano; Amintore Fanfani, un intellettuale che riformò l’economia e la politica; Aldo Moro e Alcide De Gasperi.
In appendice vengono riportati i contributi di Pezzotta, già segretario nazionale della Cisl, e Castagnetti al dibattito sul Partito Democratico e i cristiani italiani: articoli, interventi a convegni, interviste. Due i contributi originali degli autori: appunti di Savino Pezzotta su Cattolici e politica oggi, e Con Dio e con Cesare in questo tempo nuovo e secolarizzato, di Pierluigi Castagnetti.




Il governo della capitale


Grazia Pagnotta, 
Sindaci a Roma, Donzelli, Roma 2006, 184 pp., euro12,90

Grazia Pagnotta, Sindaci a Roma, Donzelli, Roma 2006, 184 pp., euro12,90

Il presupposto di questo libro – che ripercorre le vicende legate ai sindaci di Roma e al “governo della capitale” dal dopoguerra a oggi – è che «il processo politico-amministrativo è una componente rilevante della storia della città così considerata», e che «il binomio città e politica nella storia urbana è ineludibile». Sindaci a Roma, di Grazia Pagnotta, è un libro che ripercorre dunque l’azione amministrativa di un sessantennio, da Filippo Andrea Doria Pamphili (“il sindaco principe”) a Walter Veltroni (“il sindaco della comunità”), e così facendo getta uno sguardo sulla storia di Roma, sulle sue vicende, sui suoi cambiamenti a cominciare da quelli che hanno riguardato e riguardano il tessuto urbanistico, «le vicende urbanistiche sono centrali nella storia delle città [...] Roma ha avuto un percorso urbanistico sofferto e difficile».
Nell’arco di questi sessant’anni Grazia Pagnotta non solo ripercorre l’attività delle giunte centriste (dal 1947 al 1962), quella degli anni del centrosinistra (1962-76), della sinistra (1976-85), del pentapartito (1985-93) e progressiste (1993-2006), ma individua diverse “idee” di Roma: dopo l’idea di «capitale dell’impero fascista», quella della «capitale tranquilla, centro esclusivamente politico, città burocratica e non industriale» voluta dalle classi dirigenti postunitarie e in qualche modo mantenuta tale dalla Dc, in contrapposizione all’idea di “capitale industriale” coltivata dal Pci. E ancora alla fine degli anni Sessanta «si fece avanti confusa l’idea di metropoli democratica», e negli anni Settanta «l’idea di metropoli ricomposta dalla sua contrapposizione centro-periferia», che Petroselli cercò di affermare, seguita dall’idea di «modernizzazione dei socialisti, che si sarebbe rivelata nel decennio successivo prima di tutto trasformazione dei poteri economici che agiscono sulla città, e comunque degradata nella concretezza del malgoverno di Tangentopoli. Infine si arriva ad oggi, dopo la svolta del 1993 e dopo le giunte del “sindaco verde” Rutelli, a «l’idea di una città come comunità, dell’ultimo sindaco». Un’idea, quest’ultima, che nel libro non è solo enunciata, perchè ad accompagnarla sono dati e cifre che ormai da qualche anno sono la “prova” di ciò che è diventato il «modello Roma». Un’amministrazione che rispetto alla precedente ha, per la Pagnotta, continuità ma anche differenza, a cominciare dalla scelta di una forte «politica dell’inclusione [...]. Insieme a un’attenzione per tutto ciò, temi e strumenti, che riguarda la solidarietà, l’equità, la giustizia». E poi c’è la capacità di mettere in cantiere iniziative che delineano «una politica dell’immateriale con una forte componente simbolica» e «che parlano a tutti i cittadini, andando oltre le appartenenze di schieramento politico, culturali, sociali, di nazionalità, formando così una comunità».
Nel complesso, si ha nitida la sensazione, leggendo queste pagine, di una città che cresce, che cambia, che alla sua storia e alla sua tradizione, accompagna la capacità di essere moderna, di aprirsi al nuovo. Una città lontana anni luce da quella, ad esempio, dell’immediato dopoguerra, con il comune privo di fondi, con il tunnel del Tritone pieno di sfollati che ci dormivano, con gli acquedotti ancora interrotti dalle esplosioni belliche, con i razionamenti e la borsa nera, con gravissime questioni sociali, a cominciare dai nuovi insediamenti privi d’acqua, gas, luce e fogne (p. 20).
Una città lontana da quella degli anni Cinquanta, quando «nell’assenza di un’adeguata legislazione, di una politica statale e comunale e di finanziamenti, l’edificazione [...] fu diretta dagli interessi della proprietà fondiaria e delle grandi società immobiliari».
Una città lontana da quella descritta nel 1955 dalla famosa inchiesta dell’Espresso di Manlio Cancogni, Capitale corrotta, nazione infetta, da quella che spinse il vicariato di Roma e don Luigi Di Liegro nel 1974 a organizzare il convegno sui “Mali di Roma”, da quella degradata che fece pubblicare nel 1975 a Moravia Contro Roma, una raccolta di opinioni di alcuni intellettuali che investiva nell’identità complessiva della città.
Ecco i sindaci di giunte di sinistra: Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli, Ugo Vetere. E ancora i sindaci Nicola Signorello, Giubilo e Franco Carraro, fino alla “svolta del 1993”, già citata. Ancora, a proposito dell’attuale amministrazione, le ultime pagine sono dedicate al nuovo piano regolatore, che «si colloca con un ruolo innovativo nell’urbanistica italiana, per l’adozione dei tre principi della compensazione perequativa, della sostenibilità ambientale e della sussidiarietà, con l’attribuzione ai municipi di operazioni importanti».


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