Recensioni
Cronisti di Dio
Giuseppe Costa, La notizia e la religione. Cinquant’anni di giornalismo religioso in Italia, Libreria dell’Ateneo Salesiano, Roma, 1999
Bisogna aspettare il Concilio Vaticano II per giungere a definire un rapporto nuovo tra la Chiesa, il mondo, le religioni, i singoli uomini. Per questo torna quanto mai opportuna la pubblicazione del libro di Giuseppe Costa La notizia e la religione. Cinquant’anni di giornalismo religioso in Italia, edito dalla Libreria dell’Ateneo Salesiano.
Soltanto l’ultimo mezzo secolo, un periodo certamente breve ma ricco di progressi ai fini del sorgere della professione di giornalista religioso, ha visto comparire la figura del “vaticanista”.
L’autore definisce il suo lavoro una raccolta antologica di testi giornalistici a contenuto religioso o comunque riferiti alla religione, ed è molto apprezzabile la cura con cui sono stati selezionati gli scritti raccolti.
Tuttavia ci sembra che le pagine più importanti siano quelle del saggio introduttivo. Sono solo ventuno, intitolate La notizia religiosa, storia, problemi e prospettive, nelle quali vengono ricordati anzitutto i concetti di censura e di libertà di stampa e il ruolo dell’opinione pubblica che ha sostituito i re e i principi di un tempo, come osservava ad Assisi nel 1965 uno dei protagonisti degli anni conciliari, il cardinale König.
È, poi, cercata la definizione del concetto di notizia che è tale solo se provoca un impatto notevole. Naturalmente ha molto rilievo la quantità delle persone coinvolte. A questo proposito viene citata una graduatoria inglese che fissa giornalisticamente l’equivalenza di un europeo a ventotto cinesi e di due minatori gallesi a cento pakistani. Secondo questa logica ci sono anche altri elementi di valutazione; possiamo affermare che una esortazione del papa alla vita eterna non è una notizia per i media mentre lo è, e appetitosa, che una guardia svizzera abbia ucciso in Vaticano il suo comandante appena promosso.
Don Costa ci offre una prosa ricca di penetranti osservazioni come quelle sulla tendenza alla spettacolarizzazione che lascia spesso perplessi perché offre spazio a titoli del genere: Cercando Dio a tempo di rap o Cento suore a tempo di rap. Il fatto è che l’istituzione ecclesiale è passata da una condanna dei media alla grande attenzione, dal fiero sospetto alla fiducia.
In questo saggio c’è una quantità di temi svolti o appena accennati ma tuttavia estremamente chiari. Viene sottolineata l’importanza di notizie sui viaggi dell’attuale Pontefice e in proposito si rileva che l’informazione religiosa radiofonica e televisiva appare un po’ troppo “ufficiale” privilegiando i rapporti di vertice anziché quelli di un giornalismo a base ecclesiale.
Bisogna riconoscere che spesso si incontra un’informazione religiosa mediocre sia su organi cattolici sia sui grandi network dove quasi sempre ha il primo posto la ricerca del sensazionalismo. Quanto ai periodici cattolici segnala che alcuni di essi hanno notorietà e importanza a cominciare dalla Civiltà Cattolica.
Il punto di partenza per un’informazione eticamente e professionalmente accettabile rimane la formazione del giornalista, il quale non si limiterà a descrivere gli eventi e a commentarli, ma dovrà cercare di interpretarli.
Terminato il saggio, il volume offre tre risposte alla domanda su quale approccio sia necessario. Rispondono un teologo, un sociologo e un linguista: padre Bartolomeo Sorge, Roberto Cipriani e Salvatore Claudio Sgroi.
La parte più consistente del volume è costituita dall’antologia cui abbiamo accennato all’inizio. La scelta è stata molto oculata cosicché il complesso degli articoli dà un panorama assai interessante di notizie “religiose” trattate in modo esemplare.
Liliana Piccinini
A spasso tra i media
Il primo numero del bimestrale dell’Associazione cattolica esercenti cinematografici Itinerari mediali, edito da Effatà Editrice
La struttura della rivista, diretta da don Dario Viganò, responsabile della Cei per il cinema, presenta al lettore un ampio spettro informativo che collega argomenti apparentemente distanti. Accanto, infatti, a una ricca sezione dedicata al cinema, con analisi sui principali film in uscita, troviamo approfondimenti sul teatro, l’home video, la musica.
Un discorso a parte meritano, poi, i saggi collocati nella parte introduttiva di Itinerari mediali; scritti da docenti universitari con un linguaggio tecnico, si presentano come riflessioni ad ampio raggio sulla semantica delle comunicazioni sociali, sulle categorie che ne regolano i flussi, sulle dinamiche del mercato audiovisivo, sulla filosofia che ne informa i principi. Rispetto, però, a Il nostro cinema, la precedente pubblicazione curata dall’Acec, la rivista non vuole rivolgersi a una nicchia ristretta di appassionati e addetti ai lavori, ma, aprendosi anche a contributi esterni al mondo della critica cinematografica, intende coinvolgere tutti coloro che quotidianamente fruiscono dei linguaggi audiovisivi, nelle sue differenti forme ed espressioni. Itinerari mediali diventerà, così, nelle intenzioni dei suoi realizzatori, uno strumento per supportare le attività promosse in questi anni dall’Acec, dall’Ancci e dal Centro studi cinematografici: corsi di formazione, retrospettive, percorsi tematici nella storia del cinema, analisi della legislazione nel campo delle comunicazioni sociali. In questo senso, si inscrive anche la scelta di affidare la pubblicazione e la diffusione della rivista a una casa editrice, l’Effatà di Cantalupa, in provincia di Torino, diretta da Gabriella Segarelli, che nel suo catalogo contempla libri incentrati su tematiche tra loro distanti.
Antonio Termenini