Rubriche
tratto dal n.07/08 - 1999


Montini nel ’47:

«Noi siamo accusati di immoralità e di tradire i princìpi, come se non si difendessero i princìpi se non con la violenza»


Maritain e Paolo VI

Maritain e Paolo VI

«Pace e guerra sono – nel 1947 – opzioni possibili. Quando si comincia ad accusare l’Osservatore e la Segreteria di Stato di cedimenti terzaforzistici. Maritain interpella Montini che precisa: “Quando noi difendiamo la pace, noi siamo accusati di immoralità e di tradire i princìpi, come se non si difendessero i princìpi se non con la violenza”. L’ambasciatore trae dall’incontro col sostituto conferma della sua tesi: altro è il piano ideologico (e rimane la condanna dell’ateismo marxista e del materialismo dialettico) altro quello politico-statuale, “ove la soluzione dei conflitti di interesse e d’ambizione deve essere cercata esclusivamente nella pace e non nella guerra. Dare una priorità assoluta alla pace è agli occhi del Vaticano una regola morale primordiale e non un elemento occasionale d’una politica di appeasement”. [...] Quando Myron Taylor (rappresentante del presidente Usa presso Pio XII, ndr) visita il Pontefice, Maritain conferma che il Vaticano manterrà in caso di guerra (tra potenze occidentali e Unione Sovietica, ndr) “une attitude de neutralité, au-dessus des parties”». Interessante brano della relazione del professor Giorgio Rumi tenuta alle Giornate di studio su «Montini, Journet, Maritain: une famille d’esprit» che si sono celebrate il 4 e 5 giugno a Molsheim, vicino Strasburgo, su iniziativa congiunta dell’Istituto Paolo VI di Brescia, del Cercle d’Études Jacques et Raïssa Maritain e della Fondation Charles Journet. La relazione, pubblicata sull’Osservatore Romano del 6 giugno, trattava dei rapporti tra Maritain e Montini nell’immediato dopoguerra quando erano, rispettivamente, ambasciatore di Francia presso la Santa Sede e sostituto alla Segreteria di Stato.




Santa Sede.

Lettera alle conferenze episcopali: riducete i documenti


Lucas Moreira Neves

Lucas Moreira Neves

Si auspica che vengano ridotti i documenti emanati dalle commissioni episcopali sia per evitarne l’eccessiva proliferazione sia per la difficoltà, riscontrata da molte parti, di stabilirne il grado di autorevolezza». È uno dei punti (il decimo per la precisione) della lettera che la Congregazione per i vescovi ha mandato ai presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo. Il testo della missiva, firmata dal cardinale prefetto Lucas Moreira Neves, è stato pubblicato sull’Osservatore Romano del 20 giugno.
La lettera riguarda in modo particolare l’oggetto e la procedura per l’approvazione delle dichiarazioni dottrinali aventi valore di Magistero autentico, eventualità ammessa dal motu proprio Apostolos suos (AS) dello scorso anno. Riguardo alla procedura, la lettera ribadisce il fatto che queste dichiarazioni dottrinali per essere valide devono essere approvate dall’unanimità dei vescovi; diversamente è necessaria la maggioranza dei due terzi unita alla recognitio della Santa Sede. Riguardo all’oggetto delle dichiarazioni dottrinali, la lettera specifica: «Alla luce del motu proprio Ad tuendam fidem [...] possono essere ribadite, ma non essere sottoposte a votazione né le dichiarazioni dottrinali o parti di esse che riguardano “tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con magistero ordinario ed universale, propone a credere come divinamente rivelato”; né “le verità circa la dottrina che riguarda la fede ed i costumi, proposte dalla Chiesa in modo definitivo”; né “gli insegnamenti che il romano pontefice o il collegio episcopale propongono quando esercitano il loro Magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo”».
Nella lettera poi si ricorda che «la disciplina universale vigente e la normativa specifica per le dichiarazioni dottrinali (AS 22) non prevedono che gli atti magisteriali e gli atti legislativi possano essere posti da più conferenze con una loro azione congiunta o dalle riunioni internazionali di esse».




Cardinale Fagiolo:

«E poi non è che il papa svolga meglio la sua funzione quando gode di salute perfetta...»


La cappella dei Papi nelle catacombe di San Callisto a Roma

La cappella dei Papi nelle catacombe di San Callisto a Roma

«Il desiderio melioris vitae degli antichi, che per i titolari degli uffici ecclesiastici potrebbe anche essere ammesso come causa giusta, non può essere valido per il papa. Il padre non abbandona mai la famiglia, che vuole che resti con lui anche se si ammala. E poi non è che il papa svolga meglio la sua funzione quando gode di salute perfetta. Il martirio di tanti papi ha illuminato il ministero petrino». Così il cardinale Vincenzo Fagiolo in una intervista al Tempo del 17 giugno concessa per commentare l’ipotesi di dimissioni del Papa per motivi di salute, ipotesi rilanciata, questa volta, da un articolo di Tad Szulc, biografo di Wojtyla, pubblicato sul Los Angeles Times.




Eltsin:

«Non è cristiano mettere in bella mostra il corpo di un uomo morto parecchio tempo fa»


La salma di Lenin

La salma di Lenin

«Lenin al mausoleo è un simbolo storico del nostro passato. D’altra parte sono d’accordo con il patriarca Alessio II: non è umano, non è cristiano mettere in bella mostra il corpo di un uomo morto parecchio tempo fa». Dichiarazione del presidente russo Boris Eltsin contenuta in una intervista pubblicata da Izvestija e dal Corriere della Sera il 6 luglio.




Paolo VI:

«Il primo titolo della nostra missione e della nostra autorità è quello di essere vescovo di Roma»


«Assumendo questa altissima e formidabile successione, che dall’apostolo Pietro ci deriva, avvertiamo e vogliamo mettere in evidenza alla nostra coscienza, come a voi, figli e fratelli, e a quanti in quest’ora trepida e solenne ci osservano, che il primo titolo della nostra missione e della nostra autorità è quello di essere vescovo di Roma. Noi vogliamo far tacere, in questo momento, gli echi immensi che da questo nome fatidico di Roma subito risuonano nel nostro spirito, riservandoci ad altre occasioni di ascoltarne le misteriose e meravigliose risonanze, per avvicinarci subito a questa dolcissima e tremenda realtà, la prima che ci distacca da quanto era nostro, e che prima ci vincola a un concreto dovere, e cioè la cura pastorale di questa Alma Città, di questa Chiesa romana, che per essere omnium ecclesiarum caput et mater ha più di tutte la vocazione al primato della fedeltà e della perfezione della vita cristiana» (dalla prima udienza di Paolo VI al clero romano, 24 giugno 1963).
«I romani d’una volta, nella festa odierna, usavano venire a San Pietro per ascoltare l’antico inno di san Paolino d’Aquileia (del nono secolo), che celebrava la gloria spirituale dell’Urbe con la famosa apostrofe: “O Roma felix!”, o Roma felice, perché imporporata dal sangue dei martiri, tra i quali i più eccelsi i due principi degli Apostoli, Pietro e Paolo, e perché per loro merito sei diventata splendida in tutto il mondo. [...] O felice te, o Roma! Questo è ancora vero, se si vuol credere alla storia, sempre viva nei pensieri eruditi e nei cuori fedeli» (dall’Angelus del 29 giugno 1972, festa dei santi patroni Pietro e Paolo).
Due brani scelti da Avvenire del 22 giugno per presentare il volume Paolo VI. Al Popolo di Dio che è in Roma, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana a cura di don Virgilio Levi e presentato nel Palazzo Laterano il giorno prima.




L’Osservatore Romano:

Don Milani, i metodi e la grazia


«Diciamo piuttosto che l’avere metodi migliori è inefficace quando si ha meno grazia e che l’unico vero problema è quello di stare in grazia di Dio». Così don Lorenzo Milani scriveva nel 1955 ad un suo amico sacerdote. Il brano è stato riproposto dall’Osservatore Romano di sabato 26 giugno in un articolo commemorativo a trentadue anni dalla morte del priore di Barbiana, avvenuta il 26 giugno 1967. L’articolo del quotidiano della Santa Sede attinge spunti e giudizi da un libro (Don Lorenzo Milani, Libreria Editrice Fiorentina, 1997) pubblicato da un gruppo di suoi ex allievi, che raccoglie testimonianze di persone che hanno conosciuto il sacerdote fiorentino, autore di Lettere a una professoressa, quando era cappellano della parrocchia di San Donato, a Calenzano.




Provocazioni.

Scalfari, il patetico scontro cattolici-laici sulla famiglia e la religiosità spettacolo di se stessa


Eugenio Scalfari

Eugenio Scalfari

Due editoriali di grande realismo sulla condizione umana di questa fine millennio. Li ha firmati Eugenio Scalfari su la Repubblica dell’11 e del 18 luglio. Nel primo editoriale (titolato Il falco che restò senza falconiere) l’anziano giornalista scrive: «...è patetico lo scontro tra cattolici e laici sulla politica della famiglia: esso avviene “come se” la società fosse ancora composta di famiglie che producono e trasmettono valori. Ce ne sono per fortuna, ma diminuiscono col passare del tempo. La “forma famiglia” è diventata altra cosa, la figura paterna si è spenta anche se il genitore si esercita anche lui con pannolini e pannoloni, la comunicazione ha cessato di esistere. Gusci vuoti che galleggiano con funzioni di dormitorio e di reperibilità anagrafica». Nell’editoriale del 18 luglio (titolato Che fine hanno fatto le nostre speranze?) Scalfari denuncia, tra l’altro, il fiorire «d’una religiosità sempre meno interiore e sempre più affidata allo spettacolo di se stessa».




L’Osservatore Romano:

«Il crescente e ingiustificato oblio» di Cesare Pavese


Un sincero anelito spirituale: con questo titolo L’Osservatore Romano del 7 luglio ha recensito il volume di Vincenzo Arnone Tra l’Assurdo e l’Assoluto (Edizioni Messaggero, Padova) dedicato alla figura di Cesare Pavese di cui si lamenta «il crescente e ingiustificato oblio». Una recensione che suona quasi come una riabilitazione dello scrittore morto suicida il 27 agosto 1950.





Un contadino brasiliano nella sua casa in una foto di Sebastião Salgado. Stando al nuovo Annuarium statisticum Ecclesiae il Paese con il maggior numero di cattolici resta il Brasile

Un contadino brasiliano nella sua casa in una foto di Sebastião Salgado. Stando al nuovo Annuarium statisticum Ecclesiae il Paese con il maggior numero di cattolici resta il Brasile

Cattolici in cifre
Nuovo annuario statistico della Chiesa

A giugno, come accade usualmente, viene pubblicato l’Annuarium statisticum Ecclesiae con i dati aggiornati al 31 dicembre di due anni prima. Quest’anno è toccato quindi al 1997. Da questa nuova edizione si evince, tra l’altro, che il Paese con il maggior numero di cattolici in assoluto è il Brasile (137.570.000), seguono: il Messico (89.091.000), le Filippine (61.109.000), gli Stati Uniti (58.078.000) e l’Italia (55.916.000). Una curiosità: andando a vedere quanti sono i cardinali elettori di questi cinque Paesi ne viene fuori una graduatoria in larga parte rovesciata, e cioè: Italia 18, Usa 11, Brasile 6, Messico 3, Filippine 3.


Unione europea
E la Finlandia adottò il latino

Nel secondo semestre ’99 la presidenza dell’Unione europea spetta alla Finlandia. Per l’occasione Helsinki come lingua di comunicazione interministeriale ha deciso di scegliere il latino. Così, sotto il titolo Conspectus rerum latinus, nel sito http://presidency. Finland.fi (alla rubrica news) si può trovare il riassunto, in lingua latina, dei primi passi della presidenza finlandese.


Città del Vaticano
Nuovo parcheggio sotterraneo: proteste per chiedere l’abolizione delle recenti norme sulla viabilità

Il 2 giugno il Papa ha inaugurato un nuovo parcheggio sotterraneo dentro le Mura Leonine. Costruito in corrispondenza del piazzale della stazione su tre piani interrati, ha richiesto lo scavo di 30mila metri cubi di terra.
Pochi giorni dopo sono entrate in vigore le nuove norme che disciplinano l’uso dei parcheggi e la viabilità dentro la Città del Vaticano. Le ha emanate – quando il Papa e il cardinale segretario di Stato erano in Polonia – la Pontificia Commissione per la Città del Vaticano, guidata dal cardinale americano-polacco Edmund Casimir Szoka e dal segretario, il vescovo italo-svizzero Gianni Danzi. Le nuove norme, molto restrittive, hanno suscitato una ondata di proteste con tanto di insolita – per il Vaticano – raccolta di firme per chiederne l’abolizione.


Nuovi santi
Concistoro per la canonizzazione di quattordici beati

Il 2 luglio si è tenuto nel Palazzo Apostolico Vaticano il concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione di quattordici beati. Fra di essi «risalta per la sua particolare vicenda e la sua notorietà» come ha sottolineato Radio vaticana «suor Giuseppina Bakhita, la schiava nera detta “Madre moretta”, nata nel 1869 in Sudan e morta nel 1947 in Italia». Suor Giuseppina era stata beatificata il 17 maggio 1992, insieme al fondatore dell’Opus Dei, Josemaría Escrivá de Balaguer.
Con queste nuove canonizzazioni il numero dei santi finora proclamati da Giovanni Paolo II salirà a 298, di cui 256 martiri e 42 confessori della fede. Dal 1592 al 1978 le nuove canonizzazioni erano state 290.


Piovanelli
«Non caricare il Giubileo di eccessive aspettative»

«Il Giubileo non va caricato eccessivamente. Si deve ricordare che il duemila è solo un numero ed in questo non diverso dal 1999 e dal 2001». Lo ha detto il cardinale di Firenze, Silvano Piovanelli, nel corso della presentazione del libro Laici e cattolici, scritto dal presidente della regione Toscana, il diessino Vannino Chiti.


Etchegaray
«Ancorare le celebrazioni romane nelle acque più limpide e più calme: quelle della fede degli apostoli»

«È ovvio che per voi, abituati a cercare la notizia sensazionale, l’annuncio della nascita di Cristo non fa notizia, poiché la Chiesa lo va ripetendo da duemila anni! In realtà, l’esistenza della Chiesa in tutte le sue molteplici strutture ed attività sarebbe peritura, se non vi fosse la celebrazione della vittoria di Cristo sulla morte. La celebrazione del Grande Giubileo in questo momento della storia dell’umanità, segnato tragicamente da tante guerre, assume un significato ed un rilievo forti, in particolare per i pellegrini che giungeranno a Roma. I due sussidi presentati oggi si propongono di ancorare le celebrazioni romane nelle acque più limpide e più calme: quelle della fede degli apostoli. Grazie a queste pagine così bene illustrate, che attraversano la storia e la devozione di tutti i secoli, il pellegrino si sentirà ancor più, allo stesso tempo, contemporaneo di Cristo e cittadino del mondo odierno. La parola “giubileo” ha in sé il richiamo al giubilo. Possa ogni pellegrino approdare alle rive romane nella gioia di meglio beneficiare delle grazie di misericordia che la Chiesa si adopera a rivificare su questa terra fecondata dal sangue di Pietro e di Paolo e dalla testimonianza di tanti santi, di tanti “romei” nel corso di duemila anni!». Lo ha detto il 6 luglio il cardinale Roger Etchegaray, presidente del Comitato centrale del Grande Giubileo dell’anno 2000, durante la presentazione dei volumi Pellegrini in preghiera e Pellegrini a Roma, due guide curate dal Comitato centrale e edite dalla Mondadori.


Nomine/1
Poletto nuovo arcivescovo di Torino

Il 19 giugno il Papa ha accettato le dimissioni del cardinale Giovanni Saldarini, malato da tempo, da arcivescovo di Torino. Al suo posto è stato nominato Severino Poletto, nato in Veneto 66 anni fa ed emigrato giovanissimo insieme alla famiglia in Piemonte. Dopo essere stato parroco (ed anche prete operaio), dall’80 all’89 è stato vescovo di Fossano, e dall’89 ad oggi vescovo di Asti (la diocesi del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano).


Nomine/2
Oliveri membro della Congregazione per il culto

Dopo le nomine di altri membri, rese note il 29 maggio, il 5 luglio Mario Oliveri, 55 anni, ligure della diocesi di Acqui (Al), dal ’90 vescovo di Albenga-Imperia, è stato nominato membro della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Proveniente dalla diplomazia vaticana, prima di diventare vescovo ha prestato il suo servizio in Segreteria di Stato e nelle nunziature di Gran Bretagna, Francia e Italia. Una curiosità: Oliveri, che pure non fa parte della Commissione liturgica della Conferenza episcopale italiana, risulta essere l’unico vescovo residenziale italiano che fa parte della Congregazione per il culto divino.


Nomine/3
A Reims il segretario di Villot

Il 20 luglio Thierry Jordan, dall’88 vescovo di Pontoise, è stato promosso arcivescovo di Reims. Jordan, nato 56 anni fa a Shanghai in Cina, prima di essere eletto vescovo aveva lavorato per otto anni (dal ’72 all’80) in Vaticano ed era stato segretario particolare del cardinale Jean Villot, segretario di Stato dal ’69 al ’79, anno in cui il cardinale morì all’età di 74 anni.


Carlo Verdone
Noi romani peccatori, sì… ma come gli altri

Il 4 luglio papa Wojtyla ha inaugurato il nuovo santuario del Divino Amore. Nell’omelia il Pontefice ha ricordato che con la costruzione della nuova chiesa è stato «sciolto parzialmente un voto che i romani, guidati da papa Pio XII, fecero alla Madonna del Divino Amore nel 1944». Parzialmente, perché «il voto dei romani comprendeva anche una promessa che non termina e che è assai più difficile da realizzare: la correzione della condotta morale, il costante impegno, cioè, di rinnovare la vita e renderla sempre più conforme a quella di Cristo». Carlo Verdone, attore romano, rispondendo al Corriere della Sera (5 luglio) così ha interpretato le parole del Papa: «Intendiamoci, Roma ha i peccati di tutti, la violenza, il materialismo, la superficialità, che sono tipici del nostro mondo contemporaneo; ma il discorso va esteso al Paese, perché Sodoma e Gomorra, tanto per essere classici e biblici, non abitano solo nella capitale».


Viaggio in Polonia
Papa al Parlamento: «Viva il re, viva la nazione, viva gli Stati sociali»

«Viva il re, viva la nazione, viva gli Stati sociali». Con questo inconsueto e non previsto saluto, Giovanni Paolo II ha risposto all’applauso con il quale i parlamentari polacchi lo hanno salutato alla fine della sua storica visita al Sejm (il Parlamento polacco) dell’11 giugno, uno dei momenti cruciali della visita del Papa nella sua patria. La frase, riportata da agenzie e quotidiani, non appare nel testo predisposto dalla Sala stampa vaticana e pubblicato sull’Osservatore Romano.


Civiltà Cattolica
Con la massoneria: dialogo sì, ma non adesione

Il «dialogo con la massoneria è possibile», ma rimane il divieto per i cattolici di aderirvi. Lo ha ribadito l’editoriale di Civiltà Cattolica del 19 giugno 1999. Proprio negli stessi giorni arrivava in edicola il volume del sacerdote paolino Rosario Esposito, titolato Chiesa e massoneria, un dna comune, edito dalla Nardini.


Rivelazioni
Quando la Cia finanziava il Dalai Lama

Durante gli anni Cinquanta e Sessanta, la Cia sostenne la causa tibetana con soldi, armi, addestramenti militari e operazioni coperte. I dettagli di tale impegno americano vengono ora portati alla luce nel libro Orphans of the Cold War (Orfani della guerra fredda) scritto da John Kennet Knaus, che a quei tempi era il responsabile delle attività segrete della Cia in Tibet. L’autore racconta che subito dopo l’occupazione cinese del Tibet, nel 1950, ad opera dell’esercito maoista, l’amministrazione americana del presidente Truman cercò di persuadere il giovane Dalai Lama ad abbandonare la sua terra, nella speranza che tale esilio potesse servire da catalizzatore dell’opposizione politica al nascente regime comunista cinese. Il Dalai Lama si rifugiò in India solo nel ’59, dopo che erano falliti i tentativi di compromesso col governo di Pechino e una rivolta dei tibetani contro l’occupazione cinese era stata soffocata. Da allora, e fino ai primi anni Settanta, i servizi americani continuarono a finanziare i centri di addestramento della guerriglia tibetana presenti in territorio nepalese. Anche il Dalai Lama era sui libri paga della Cia, che gli versava un sussidio finanziario annuo di 180mila dollari. Tale contributo fu sospeso, a detta di Knaus, nel 1974. Ma già dalla fine degli anni Sessanta il sostegno finanziario Usa all’indipendentismo tibetano era stato ridimensionato: non per ragioni geopolitiche (il disgelo di Nixon con i cinesi doveva ancora iniziare) ma semplicemente perché gli analisti americani consideravano quella tibetana una causa persa. Il volume riporta la battuta che Desmond Fitzgerald, uno dei capi della Cia di allora, rivolse ad un “gerarca” buddista che gli perorava la causa tibetana: «Per favore, nella sua prossima reincarnazione faccia in modo di diventare il primo ministro di un Paese dove possiamo fare qualcosa di più per aiutarvi».


Cardinali
La scomparsa di Hume. Gli ottanta anni di Pham, Corripio Ahumada e Felici

Il 17 giugno è deceduto il cardinale George Basil Hume, 76 anni, arcivescovo di Westminster, che ad aprile aveva pubblicamente annunciato di essere malato di cancro. Hume, benedettino, era ai vertici della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles dal ’76, anno in cui Paolo VI gli diede anche la porpora. Con la sua scomparsa rimangono solo altri due cardinali benedettini (il tedesco Paul Augustin Mayer, 88 anni, e l’austriaco Hans Hermann Groër, 80 anni il prossimo ottobre). E in Europa rimane solo un cardinale elettore creato da papa Montini (Joseph Ratzinger). Il 15 giugno ha compiuto ottant’anni il cardinale vietnamita Paul Joseph Pham Dình Tung, arcivescovo di Hanoi dal ’94. Il 29 giugno la stessa età è stata raggiunta da Ernesto Corripio Ahumada, dal ’77 al ’94 arcivescovo di Città del Messico. Il 26 luglio ha compiuto ottant’anni il cardinale Angelo Felici, il porporato segnino che nella sua lunga carriera diplomatica è stato nunzio in Olanda, Portogallo e Francia, e che, creato cardinale, dall’88 al ’95 ha ricoperto l’incarico di prefetto della Congregazione delle cause dei santi e poi quello di presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei. A fine luglio, quindi, il collegio cardinalizio è composto da 154 membri, di cui 107 con meno di ottant’anni (di questi ultimi 17 sono italiani).


Clausura
Da ora vietato l’ingresso nei monasteri di re e presidenti

«Salvo indulti particolari della Santa Sede l’ingresso in clausura è permesso […] a coloro che detengono attualmente il supremo governo delle nazioni con le consorti e il loro seguito». Così recitava la Venite seorsum (cap. VII, 8b), l’istruzione sulla vita contemplativa e la clausura delle monache emanata dalla Congregazione per i religiosi nel ’69. Ora, con la nuova istruzione Verbi sponsa (n. 18, §1), pubblicata dal medesimo dicastero nel maggio scorso, questa norma è sparita. Le porte dei monasteri di clausura continueranno a restare aperte, come già previsto nella precedente normativa, «ai cardinali, che potranno portare con sé qualcuno che li accompagni», «ai nunzi e ai delegati apostolici nei luoghi soggetti alla loro giurisdizione», «al vescovo diocesano e al superiore generale, per giusta causa». Ma non è più previsto che lo siano anche per teste coronate e presidenti della repubblica.
Altre variazioni tra le due istruzioni riguardano l’uso dei mezzi di comunicazione. La Venite seorsum (cap. VII, nn. 10 e 11) affermava: «L’uso della radio e della televisione nei monasteri di monache di vita esclusivamente contemplativa non può essere permesso se non in particolari circostanze di carattere religioso. È necessario che giornali, riviste e altri organi di informazione non siano troppi, né vengano ammessi senza discrezione. Infatti, per mezzo di tali strumenti lo spirito di questo mondo può invadere e turbare comunità anche ottime». Più articolata e tollerante la corrispettiva norma della Verbi sponsa (n. 20): «L’uso della radio e della televisione può essere permesso in particolari circostanze di carattere religioso. L’eventuale uso di altri mezzi moderni di comunicazione, quali fax, telefono cellulare, Internet, per motivo d’informazione o di lavoro, può essere consentito al monastero, con prudente discernimento, ad utilità comune, secondo le disposizioni del Capitolo conventuale. Le monache curino la doverosa informazione sulla Chiesa e sul mondo, non con la molteplicità delle notizie, ma sapendo cogliere l’essenziale alla luce di Dio, per portarle nella preghiera in sintonia con il cuore di Cristo».
L’istruzione Verbi sponsa è stata pubblicata direttamente dalla Libreria Editrice Vaticana (56 pp., £ 2.500). Non è stata infatti presentata nella Sala stampa della Santa Sede.


Wojtyla/vescovi tedeschi
Compromesso sui consultori

La querelle sui consultori cattolici tedeschi, che per quattro anni ha complicato i rapporti tra la Santa Sede e la Chiesa teutonica, nel mese di giugno è giunta ad una svolta. Con una lettera inviata il 3 giugno e resa nota dalla Sala stampa vaticana il 22 giugno, papa Wojtyla ha di nuovo sollecitato i vescovi tedeschi a prendere misure concrete per impedire che il coinvolgimento dei consultori cattolici nelle procedure previste dalla legge per l’interruzione della gravidanza potesse essere considerato come una indiretta legittimazione dell’aborto da parte di enti legati alla Chiesa cattolica. Al centro del braccio di ferro, ancora una volta, l’attestato rilasciato dal consultorio alla donna intenzionata ad abortire, che funziona di fatto come un nulla osta per l’esecuzione dell’aborto. Nella lettera ai vescovi tedeschi, il Papa ha affrontato di petto il nodo della questione: «Vi chiedo di chiarire nel testo stesso che il certificato, che attesta la consulenza ecclesiastica e dà diritto agli aiuti promessi, non può essere utilizzato per l’esecuzione depenalizzata di aborti a norma del Codice penale §218a. Questo deve avere come conseguenza che nella certificazione scritta, che viene rilasciata alle donne nel quadro dei piani d’aiuto, venga menzionato solo lo scopo della consulenza e degli aiuti e alla fine della frase venga aggiunto: “Questo certificato non può essere utilizzato per l’esecuzione depenalizzata di aborti”».
La questione era sorta dopo il 29 giugno ’95, con la nuova legge adottata dal Parlamento tedesco che ha dichiarato l’interruzione di gravidanza illecita ma non punibile entro i primi tre mesi, a condizione che la donna si sottoponga a colloquio con psicologi, medici e assistenti sociali dentro i consultori. Tali organismi rilasciano per legge un certificato di avvenuto colloquio, che le donne intenzionate ad abortire devono presentare alle strutture sanitarie pubbliche. Per decisione presa a maggioranza dai vescovi cattolici nell’autunno ’95, i consultori cattolici (circa 400 su 1700 esistenti) hanno continuato a svolgere la loro opera di assistenza, anche perché, secondo i dati raccolti, il 20 per cento delle donne in procinto di abortire rivede la propria intenzione. Il Papa già all’inizio aveva espresso le sue riserve sull’opzione dell’episcopato tedesco, e nel gennaio ’98, con una lettera, aveva richiamato i vescovi a un cambiamento di linea. Nella risposta interlocutoria allora inviata a Roma, i vescovi tedeschi già avevano suggerito, tra le opzioni per risolvere il conflitto di coscienza, la possibilità di rivedere la formulazione del certificato di avvenuto colloquio. Il Papa, nella sua lettera del 3 giugno, ha deciso di dettare parola per parola l’integrazione di testo che ritiene necessaria per sgomberare il campo dagli equivoci.


Carriere episcopali
Riboldi: «Evidentemente un malessere ci deve essere…»

Le affermazioni del cardinale Joseph Ratzinger contenute nell’intervista pubblicata nel numero scorso di 30Giorni, in cui il porporato tedesco si dichiarava «totalmente d’accordo» con il cardinale Bernardin Gantin a favore di una piccola riforma che impedisca il trasferimento di vescovi da una diocesi ad un’altra, hanno avuto ampia eco sui mass media. Ne ha parlato, nella edizione mattutina dell’11 luglio, anche il Giornale radio della Rai che sulle carriere dei vescovi ha intervistato Antonio Riboldi, da ventuno anni vescovo di Acerra. «Evidentemente» ha risposto il presule «un malessere ci deve essere. Se no, persone tanto responsabili come Gantin, certamente di indubbio valore ecclesiale, un sant’uomo, e Ratzinger, che veramente è una persona equilibrata e non dice mezza parola di più di quello che è vero, se lo dicono evidentemente vogliono mettere in guardia che questo non avvenga».


Diplomazia/1
Nuovi nunzi

Il 19 giugno sono stati annunciati i nomi dei nuovi nunzi in Francia, in India e Nepal, in Haiti. A luglio sono stati poi nominati i rappresentanti pontifici negli organismi Onu che si trovano a Roma (come la Fao), in Costa d’Avorio e Niger, in Perù.
A Parigi è stato destinato Fortunato Baldelli, 64 anni, umbro, nel servizio diplomatico dal ’66. Baldelli ha lavorato a Cuba, in Egitto, in Segreteria di Stato e a Strasburgo presso il Consiglio d’Europa. Arcivescovo dall’83, è stato delegato in Angola (’83-91), pronunzio in São Tomé e Príncipe (’85-91), Repubblica Dominicana (’91-94). Negli ultimi cinque anni era stato nunzio in Perù, dove ha curato la nomina del nuovo arcivescovo di Lima: Juan Luis Cipriani Thorne, del clero dell’Opus Dei, che lo scorso gennaio ha preso il posto del gesuita Augusto Vargas Alzamora. A Nuova Delhi andrà l’arcivescovo toscano Lorenzo Baldisseri, 59 anni, nella diplomazia vaticana dal ’73, che in precedenza aveva lavorato in Guatemala, Giappone, Brasile, Paraguay, Francia e Zimbabwe. Nominato incaricato d’affari alla nunziatura di Haiti nel gennaio ’91, un anno dopo era stato nominato nunzio nel Paese caraibico ed elevato alla dignità arciepiscopale. Dal ’95 era nunzio in Paraguay. Il 24 giugno Baldisseri è stato nominato anche nunzio in Nepal. Ad Haiti è stato nominato il neoarcivescovo Luigi Bonazzi, bergamasco, 51 anni, nel servizio diplomatico dall’80, con esperienza in Camerun, Trinidad e Tobago, Malta, Mozambico, Spagna, Stati Uniti, Italia e Canada.
L’8 luglio l’arcivescovo Agostino Marchetto, 59 anni, è stato nominato osservatore permanente presso le organizzazioni e gli organismi dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao, Ifad, Pam e Cma) al posto dell’austriaco Alois Wagner, che ha compiuto i 75 anni. Marchetto, vicentino, è nella diplomazia vaticana dal ’68, ha prestato la propria opera nelle rappresentanze pontificie in Zambia, Cuba, Algeria, Portogallo e Mozambico. Pronunzio in Madagascar e nelle isole Maurizio dall’85, in Tanzania dal ’90 e in Bielorussia dal ’94, dal ’96 era rimasto a disposizione della Segreteria di Stato per motivi di salute.
Il neoarcivescovo Mario Zenari, 53 anni di Villafranca (Vr), il 12 luglio è stato nominato nunzio in Costa d’Avorio e Niger e il 24 luglio anche in Burkina Faso. In diplomazia dall’80, aveva lavorato nelle nunziature di Senegal, Liberia, Colombia, Germania e Romania. Dal ’94 era rappresentante pontificio presso alcuni organismi internazionali con sede a Vienna, tra cui l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). In questo incarico, due giorni dopo, al posto di Zenari è stato nominato il francese Dominique Rézeau, finora consigliere presso la nunziatura di Giordania.
Il 17 luglio l’arcivescovo Rino Passigato, 55 anni, di Bovolone (Vr), è stato nominato nunzio in Perù al posto di Baldelli (vedi sopra). Dal ’96 era nunzio in Bolivia e precedentemente (dal ’91) era stato pronunzio in Burundi. Il 24 luglio l’arcivescovo Adriano Bernardini, 57 anni di San Marino è stato nominato nunzio in Thailandia, Singapore, Cambogia e delegato apostolico in Laos, Malaysia, Brunei, Myanmar. Dal ’96 Bernardini era nunzio in Madagascar, Mauritius e Seychelles, e in precedenza era stato rappresentante pontificio in Bangladesh (’92-96), ed incaricato d’affari a Taiwan (’88-92).
Sempre il 24 luglio il neoarcivescovo Orlando Antonini, 55 anni, abruzzese, è stato nominato nunzio apostolico in Zambia e Malawi. Nel servizio diplomatico dall’80, ha prestato servizio nelle nunziature di Bangladesh, Madagascar, Siria, Cile, Paesi Bassi, Francia, e, dal ’95, in Segreteria di Stato.


Diplomazia/2
Mottola nunzio apostolico in Iran

Il 16 luglio, proprio nei giorni in cui l’Iran era sotto l’attenzione dei mass media per i moti studenteschi scoppiati nella capitale, la Santa Sede ha reso nota la nomina del nuovo nunzio a Teheran, in sostituzione del comboniano Romeo Panciroli, 76 anni. Si tratta del neoarcivescovo Angelo Mottola, 64 anni, di Aversa (Ce), che dall’86 ricopriva l’incarico di delegato dell’amministrazione di Propaganda Fide, congregazione “ricca”, che, unica, costituisce da sola una delle sette amministrazioni della Santa Sede. In precedenza (dal ’63) Mottola era stato officiale, anche con incarichi amministrativi, della Congregazione per le Chiese orientali.


Diplomazia/3
Rapporti diplomatici Santa Sede-Saint Kitts and Nevis

Il 19 luglio è stato annunciato l’allacciamento dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e Saint Kitts and Nevis, due isole delle Antille, indipendenti dall’83, nell’ambito del Commonwealth britannico, con circa 45mila abitanti di cui circa cinquemila cattolici, che dipendono dalla diocesi di Saint John’s-Basseterre. Ora sono 173 i Paesi che hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede (comprendendo anche le “missioni speciali” di Russia e Olp).


Diplomazia/4
Nuovi ambasciatori del Gabon e della Repubblica Ceca presso la Santa Sede

Il 4 giugno ha presentato le proprie credenziali il nuovo ambasciatore del Gabon presso la Santa Sede, Bonaventure Ndong-Ekomie, 56 anni, dal ’94 capo di gabinetto del ministro degli Affari esteri. Due giorni prima il neoambasciatore aveva partecipato, nel Palazzo Apostolico Vaticano, allo scambio degli strumenti di ratifica dell’accordo-quadro tra Santa Sede e Repubblica Gabonese firmato nel dicembre ’97.
Il 28 giugno ha presentato le lettere credenziali il nuovo ambasciatore della Repubblica Ceca, Martin Stropnicky, 43 anni, già ambasciatore in Portogallo (’93-94), in Italia (’94-97) e ministro della Cultura (gennaio-luglio ’98).


Ricorrenze
Il cinquantesimo della “scomunica dei comunisti”

Il 15 luglio ricorreva il cinquantesimo anniversario della cosiddetta “scomunica dei comunisti” decretata dal Sant’Uffizio nel ’49. Per l’occasione la Repubblica (9 luglio) ha interpellato il cardinale Vincenzo Fagiolo, che ha detto: «Risultati concreti non mi sembra che ce ne siano stati: per molto tempo il Pci continuò a prendere gli stessi voti. Semmai il decreto aiutò a far maturare certe idee, ora condivise dagli stessi avversari di ieri. Oggi non ha più valore, poiché dal punto di vista politico chi parla di comunismo non è che, poi, professi realmente il marxismo e il materialismo ateo. Lo stesso Bertinotti non mi pare si consideri un comunista in tal senso». Lo stesso quotidiano ha pubblicato un’intervista proprio a Fausto Bertinotti, in cui il segretario di Rifondazione comunista parla dei diari del cardinale Domenico Tardini, all’epoca “ministro degli Esteri” vaticano. «Nel diario» dice Bertinotti «Tardini delinea due scenari. Scrive che se mai l’atto attecchirà, allora la Chiesa sarà riuscita in un colpo solo a scomunicare milioni di persone, un risultato senza precedenti. Ma se invece non attecchirà – questo è il dubbio che si fa strada, prepotente, nella sua testa – “allora che l’abbiamo fatto a fare?”. E trovo che questa era proprio una bella domanda».


Gli 85 anni di Bartali
Io, papa Pio XII e papa Giovanni «ventitré»

«Pio XII aveva una personalità irresistibile. Ho avuto la fortuna di incontrarmi più volte con lui, perché voleva che andassi a trovarlo ogni volta che venivo a Roma. Mi chiedeva delle corse e mi incoraggiava nella mia fede. Volle che ci dessimo del tu, lui così austero, e lo fece con tale naturalezza che vinsi presto il primo disagio. Ma Giovannone riuscì a sorprendermi con una richiesta inaspettata ma che mi rese felice. Sì, sì: Giovannone, quel Papa grosso e simpatico, Giovanni ventitré, hai capito bene. Mi disse: vorrei che lei, Bartali, mi insegnasse ad andare in bicicletta, perché qui, in Vaticano, ci sono certi vialetti che sembrano essere tracciati apposta per andare su due ruote. Ed io non avevo fatto in tempo a sentirmi orgoglioso nell’ascoltare un Papa desideroso di andare in bici, che subito aggiunse: forse è tardi per imparare a pedalare». Così Gino Bartali al Messaggero (17 luglio) in occasione degli ottantacinque anni compiuti dal campione il 18 luglio.


Libri
Barbe in Vaticano

«Un giorno il Papa [Wojtyla] ricevette monsignor Francesco Gioia, da poco eletto arcivescovo di Camerino-San Severino Marche. Sapendo che egli era cappuccino, nel vederlo senza barba, gli disse in tono faceto: “Cappuccino senza barba, macchina senza targa!”.
Sempre a proposito di barbe. Quando monsignor Gianni Danzi, segretario generale del Governatorato, fu fatto vescovo titolare di Castello, dato che, pur essendo sacerdote diocesano di rito latino, portava la barba, il Papa, parlando con lui alcuni giorni prima dell’ordinazione episcopale, che egli stesso avrebbe conferita, se ne uscì, celiando, con la frase: “Chi sa se l’ordinazione di un prete di rito latino con la barba sarà valida?”. Detto monsignore, udita l’antifona, corse subito a farsela tagliare. (Per la cronaca storica: i papi anticamente portavano la barba; l’ultimo di essi con l’onor del mento fu Innocenzo XII Pignatelli, 1724-1730 [sic!, in realtà il pontificato di Innocenzo XII va dal 1691 al 1700])».
Episodi raccontati a pagina 124 del libro, scritto da un non meglio identificato Anonymus, Anche in Vaticano… Aneddoti, curiosità, facezie sui Papi del XX secolo, edito dalla Editrice Àncora.


Mostre
I santi patroni a Napoli

«I santi patroni. Culti e patronati in Occidente». È il titolo della mostra che si tiene a Napoli (Biblioteca Nazionale) dal 3 giugno al 15 ottobre 1999. Si tratta dell’esposizione di circa un centinaio di volumi (preziosi manoscritti miniati, incunaboli e testi a stampa fino al Settecento) legati tra loro da un filo rosso: il tema della santità. Fra i “pezzi” esposti il manoscritto contenente i commenti di san Tommaso d’Aquino alle lezioni di Alberto Magno, probabilmente il più antico autografo del santo. La mostra si è avvalsa della collaborazione della Biblioteca Apostolica Vaticana.


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