Rubriche
tratto dal n.09 - 1998

Lettere al direttore



La posta del direttore


caso giordano

Cardinali e non

Caro direttore, lei non ha torto sottolineando, come ha fatto sul Tempo, che la pubblicità data agli atti processuali preliminari è ignobile, anche se riguarda persone umili e sconosciute. E ha fatto bene a ricordare l’irriguardosa notizia filtrata – faccio per dire – dal Consiglio superiore circa un imminente dibattito sul procuratore generale della Corte d’Appello di Roma. Ma forse qualcosa di più sull’offesa all’arcivescovo di Napoli poteva dirla. Tra l’altro, se non ricordo male, lei era ministro degli Esteri con Craxi quando fu stipulato l’aggiornamento del Concordato. Mi scusi il rilievo.

Goffredo Clerici
Firenze, Italia


A me è sembrata prevalente la protesta contro la scandalosa prassi, verso la quale nessuno ormai reagisce, di violazioni quotidiane del segreto istruttorio. Il costume si è degradato a tal punto che non ci si fa quasi più caso.
Questo non vuol dire affatto che io non partecipi alla solidarietà verso il cardinale Giordano; né che sia disattento sul grado di maggiore rispetto che si dovrebbe comunque avere per gli uomini di Chiesa, anzi delle Chiese; perché così vuole la civiltà in cui continuo a credere.
Oremus.

G. A.


cuba

Preghiera per Castro

Signor direttore, ho letto che lei è stato a L’Avana. Non so se la stampa italiana abbia riportato una dichiarazione di Fidel Castro Ruz, che ho letto con piacere e che sono certo darà gioia anche a lei. In risposta ad un giornalista di qui, il leader cubano ha detto che rimarrà al governo dei cubani «fino a che Dio lo vorrà. Dio è la volontà suprema; poi viene il popolo che è l’unico a poter dire se è stanco di me».
Dopo la visita del Papa nell’isola io prego tutti i giorni perché le cose in quell’area si aggiustino e tutti comprendano che bisogna convivere.
Mille auguri,

Raul Pineiro
Rio de Janeiro, Brasile


Non avevo letto questa bella frase-programma. E mi auguro che Dio lo voglia.

G. A.


la nato in kosovo

Le vacanze

Caro direttore, il periodo estivo è curioso. Da un lato si ha più tempo per dedicarsi ai giornali e ai telegiornali e quindi si conoscono di più anche i fatti dell’estero. Nello stesso tempo, salvo qualche isolata dichiarazione di qualche notabile tra un bagno e l’altro, la politica tace.
Persino Bertinotti è rimasto silenzioso, prima sul criminoso attentato simultaneo ad ambasciate americane e poi sulla reazione contro i centri ritenuti responsabili di questi misfatti.
E, poiché ci sono, mi permetta di porre un quesito sulla notizia, letta l’altro giorno, di una dichiarazione dei presidenti Clinton e Blair sul probabile intervento della Nato nel Kosovo, se i serbi continueranno a fare i cattivi. Le sembra serio e corretto tutto questo?
Un caldo (in tutti i sensi) saluto.

Antonino Rizzo
Firenze, Italia


Potrei dire che, a richiesta, io ho rilasciato una intervista simultanea al giornale e al telegiornale della Conferenza episcopale.
Ma questo rientra nelle voci individuali. Il Parlamento è in ferie e non si è ritenuto di convocarlo, forse in attesa di notizie più precise e per evitare prese di posizioni emotive e prive di effetti.
Tra tanta enfasi di globalizzazione dei problemi provo anch’io un certo disagio quando constato dinanzi ad avvenimenti clamorosi la difficoltà di tempestive reazioni dell’Onu, dell’Unione europea e di altre sedi collettive. Siamo ancora sotto l’impressione di un progresso di civiltà, dopo la Conferenza romana sul Tribunale contro i crimini internazionali. Speriamo che i tempi di attuazione non siano troppo lunghi.
In quanto a dichiarazioni singole sulle decisioni che spettano alla Alleanza, comprendo la perplessità. Ma ricordo il dum Romae consulitur Saguntum expugnatum. Allora, però, non esistevano i fax e altri mezzi celeri di consultazione.

G. A.


LATINISMI E POLITICHESE

Attenti al “coeso”

Onorevole senatore, conoscendo il suo amore per il latino, chiedo il suo aiuto contro due fastidiosi e purtroppo diffusi errori linguistici.
1) Molti credono che l’espressione latina “pro tempore” significhi “provvisorio”. Sarebbe possibile spiegare su 30Giorni il giusto significato di queste due paroline?
2) Da qualche tempo un intruso pseudolatinismo è entrato nel linguaggio dei nostri politici: l’aggettivo “coeso”. Ricordo che per primo lo adoperò in un discorso in Parlamento l’onorevole Arnaldo Forlani, allora presidente del Consiglio. Il termine piacque e giù tanti a usarlo: Manca, Fini, Prodi, anche lui da presidente del Consiglio. Ultimamente l’onorevole Folena, nella sua risposta a Panebianco, sul Corriere della Sera del 23 luglio. Sarebbe possibile spiegare su 30Giorni che il verbo latino “cohaerere”, da cui malamente dovrebbe discendere la parola “coeso”, è intransitivo e perciò non può avere forma passiva; e tale sarebbe invece questa pretesa italianizzazione di un participio passato inesistente? Dicano “saldo”, “omogeneo”, “unito”, “forte”, “coerente”: ma non avallino col loro nome errori grossolani come questo.
Mi perdoni per la inconsueta richiesta; ma credo in verità che tra gli obiettivi di 30Giorni possa ben rientrare la difesa del buon latino. Con molti saluti e auguri.

Giovanni de Luca
Roma, Italia


Che in tesi generale siano in corso spiacevoli manipolazioni della lingua italiana (anche con adattamenti di vocaboli stranieri come premierato e simili) è verissimo. Ma l’aggettivo coeso figura nei vocabolari (vedi Garzanti) e va quindi accettato.
Grazie e saluti.

G. A.


EUROPA E OCCUPAZIONE

Soluzioni da trovare

Egregio senatore, ho ricevuto con piacere la pubblicazione riguardante sant’Agostino col rinnovo dell’abbonamento e la ritengo uno strumento molto utile e attuale nel presente momento caratterizzato da leggi imperfette: leggasi proposta di legge sulla fecondazione assistita o sulle coppie di fatto.
Non è forse eccessiva la prudenza di quei parlamentari per evitare chissà quali danni maggiori delle leggi che si intendono approvare?
Complimenti altresì per l’editoriale di maggio di 30Giorni e per il ricordo di Werner, padre del Trattato di Maastricht.
Tempo addietro lessi uno scritto del compianto Carli, il quale a tal proposito rammentava che egli non era riuscito a inserire nel piano Werner «il livello di occupazione come uno dei criteri che entrano nel giudizio globale sull’adeguatezza di un Paese ai fini del suo ingresso nell’Unione monetaria» (cfr. Guido Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Laterza, p. 221) per cui soffriamo oggi di tale «problema principale dell’Europa», comprese le immigrazioni degli extracomunitari di ogni Paese africano. Serviranno i miliardi a porre un freno alle ondate irrefrenabili di profughi, extracomunitari, ecc.? Non è un problema comunitario di enorme portata che deve affrontarsi con misure eccezionali?
Distintamente,

Antonio Pètrina
Brescia, Italia


Secondo la filosofia comunitaria le opportunità di lavoro si creano con lo sviluppo armonico dell’intero modello. Fattori di acceleramento tecnologico – e quindi di maggiori spese per impianti e minore impiego di mano d’opera – non hanno sortito l’effetto “umano” auspicato. L’Unione per me è dato certo e sta cercando soluzioni collettive, che purtroppo ritardano.

G. A.




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