Rubriche
tratto dal n.01 - 2000


Santità

La Civiltà Cattolica ricorda Antonietta Meo


La tomba di Antonietta Meo 
nella Basilica di Santa Croce 
in Gerusalemme, a Roma

La tomba di Antonietta Meo nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma

Antonietta Meo, detta Nennolina: una mistica di sei anni. Con questo titolo La Civiltà Cattolica (n. 3587, 4 dicembre 1999) ha ricordato la bambina romana di cui è in corso il processo di beatificazione.





Il neoeletto presidente del Cile, il socialista Ricardo Lagos

Il neoeletto presidente del Cile, il socialista Ricardo Lagos

Cile
Vittoria di Lagos. Massoneria e Opus

Il 16 gennaio il socialista Ricardo Lagos, espressione di una Concertación di centro-sinistra, è stato eletto presidente del Cile. Con il 51,3% dei voti ha sconfitto Joaquín Lavin (48,7%) dell’Alianza di destra. Il 15 gennaio il Corriere della Sera aveva presentato la sfida presidenziale col titolo Massoneria e Opus Dei nelle urne del Cile, spiegando che Lavin dichiarava di appartenere all’Opus mentre Lagos era appoggiato dalla massoneria. Pronta la lettera di Giuseppe Corigliano, direttore dell’ufficio informazioni della prelatura dell’Opus Dei a Roma, pubblicata sul Corriere del 16 gennaio in cui si spiegava che: «Tra i fedeli della Prelatura si trovano sostenitori di entrambe le coalizioni in ballottaggio (la Concertación, che presenta Lagos, e l’Alianza che presenta Lavin). E vi sono altri che non sono sostenitori né dell’uno né dell’altro».


Pellegrinaggi
Sì ai viaggi in Egitto e Terra Santa. Probabili in Siria e Turchia. Difficile in Grecia. E l’Iraq?

Nella Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi santi legati alla storia della salvezza del 29 giugno dello scorso anno, Giovanni Paolo II ha pianificato per l’Anno Santo del 2000 una serie di “pellegrinaggi giubilari” (non si tratta quindi di “viaggi apostolici” propriamente detti) in Medio Oriente e in Grecia sulle orme di san Paolo. In alcuni luoghi il desiderio del Papa potrà compiersi e già sono state fissate le date, in altri ci sono buone probabilità che si rechi, in altri ancora no. Vediamo caso per caso.
Iraq. L’antica Ur doveva essere la prima tappa. Il viaggio era previsto per dicembre, poi per gennaio e alla fine è stato rinviato sine die. In un comunicato del 10 dicembre il portavoce vaticano Joaquín Navarro-Valls ha affermato che: «Le autorità irachene hanno fatto sapere alla Segreteria di Stato che le condizioni anormali in cui versa il Paese a motivo dell’embargo e della no-fly zone, come anche la situazione esistente nella regione, non consentono di organizzare adeguatamente una visita del Santo Padre a Ur dei Caldei». Per ora quindi niente Iraq, ma non si tratta di una cancellazione definitiva. «Il dettato del comunicato ufficiale sembra lasciar trasparire la speranza che in futuro si possa realizzare il senso dell’asserto latino: quod differtur non aufertur (ciò che è rinviato non è annullato)». Così ha scritto La Civiltà Cattolica (1 gennaio 2000). È possibile che dopo qualche altro pellegrinaggio giubilare sia possibile per il Papa andare anche ad Ur, magari dopo che sarà passata da quelle parti una delegazione della Conferenza episcopale statunitense (il governo di Washington ha sempre manifestato la sua contrarietà ad un viaggio papale in Iraq, ma ha anche sempre dichiarato che avrebbe rispettato l’eventuale decisione di farlo).
Egitto. Il 20 gennaio è stato diffuso il programma. Il Papa sarà in Egitto dal 24 al 26 febbraio e visiterà Il Cairo e il monastero di Santa Caterina del Sinai.
Terra Santa. Il 12 gennaio è stato pubblicato il programma ufficiale della visita in Giordania, Israele e nel Territorio autonomo palestinese. Il Papa visiterà il Monte Nebo e Amman in Giordania. Andrà inoltre a Betlemme, Nazareth, Gerusalemme (Cenacolo, Santo Sepolcro, più visita di cortesia al Muro del Pianto e alla moschea El Aqsa).
Damasco. Il desiderio del Papa di andare c’è, ma ancora non ci sono stati passi ufficiali. Al viaggio in Siria potrebbe essere associata anche una tappa in Turchia, ad Antakya, l’antica Antiochia.
Atene. È la tappa più improbabile. Lo scorso settembre il Santo Sinodo ortodosso di Grecia ha deciso che il Papa può andare ad Atene «come capo di Stato, non come capo religioso». «Il Papa» ha spiegato il Sinodo «non potrà venire in Grecia come capo della Chiesa cattolica prima di aver chiesto perdono e fatto penitenza per gli interventi fatti dalla Chiesa cattolica nel mondo ortodosso fin dall’epoca dei crociati ad oggi». In Grecia continuano ad apparire poi articoli ingiuriosi nei confronti della Chiesa di Roma. Il 22 novembre scorso, ad esempio, il quotidiano To Ethnos ha scritto: «[Giovanni Paolo II] malgrado i suoi 80 anni e il non buono stato di salute, conduce una dura battaglia a livello internazionale per promuovere il “dominium” della Chiesa cattolica nel terzo millennio». E in quest’opera, secondo il giornale, il Pontefice si avvale «del suo luogotenente, cardinale Camillo Ruini, che si muove nei palazzi vaticani come il cardinale Richelieu nella reggia di Versailles del Re Sole», e di nove «delfini», e cioè i cardinali: Giacomo Biffi, Dionigi Tettamanzi, Carlo Maria Martini, Angelo Sodano, Godfried Danneels, Antonio María Rouco Varela, Christoph Schönborn, Lucas Moreira Neves e Francis Arinze.


Avvenire
Gantin: «Col 2000 si compie la “profezia” di Wyszynski»

Gantin: «Col 2000 si compie la “profezia” di Wyszynski»: con questo titolo Avvenire del 22 dicembre ha sintetizzato l’indirizzo di saluto che il cardinale Bernardin Gantin, decano del Sacro Collegio, ha rivolto al Papa in occasione del tradizionale scambio di auguri natalizi. «Ventuno anni fa» riporta il quotidiano della Cei «“iniziò verso il futuro un pellegrinaggio di fede e di speranza”, che giunge oggi “al traguardo tanto desiderato”. […] Gantin ha ricordato come, in occasione dell’elezione di Giovanni Paolo II al soglio di Pietro, il cardinale primate di Polonia, Wyszynski, “esprimeva l’augurio a Vostra Santità di condurre la Chiesa al terzo millennio”».


Papa debole/1
«È in forza della potenza di Cristo che egli può sorreggere i fratelli nonostante la sua personale debolezza»

«È necessario soffermarsi su tutto il contesto, per capire appieno il senso della vocazione di Pietro nella Chiesa. Nel racconto dell’Evangelista [Luca 22, 32-34, citato in precedenza, ndr], Pietro emerge in tutta la sua fragilità. Non deriva dunque dalle sue capacità il “confermare”: viene dalla potenza di Cristo, che prega per lui. È in forza della potenza di Cristo che egli può sorreggere i fratelli nonostante la sua personale debolezza. È necessario avere ben presente questa verità sul ministerium petrinum. Non può mai dimenticarla colui che, come successore di Pietro, esercita tale ministerium e non devono dimenticarla coloro che, a qualunque titolo, partecipano ad esso. In occasione dell’odierno incontro desidero abbracciare con la memoria i sommi pontefici succedutisi nell’arco di questo millennio e tutti coloro che, nei più diversi modi, con essi hanno collaborato. “Bene, servo buono e fedele..., sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25, 23). Confidiamo che abbiano udito queste parole di Cristo quanti hanno partecipato al ministerium petrinum. Confidiamo di ascoltarle anche noi, quando saremo chiamati a presentarci davanti al tribunale supremo. Questa odierna meditazione varchi la soglia del terzo millennio e sia accolta da coloro che verranno dopo di noi, che assumeranno dopo di noi, come successori di Pietro e come loro collaboratori, il ministerium petrinum, per esercitarlo secondo la volontà di Cristo». Parole pronunciate dal Papa il 21 dicembre nel discorso dell’udienza concessa ai cardinali e ai membri della curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.


Papa debole/2
Wojtyla si arrende alla pedana mobile

«Alla fine Papa Coraggio ha dovuto arrendersi. Forte è la sua determinazione nel guidare la Chiesa nel nuovo millennio, ma altrettanto forte è la presa ferrea della malattia. E allora i suoi collaboratori più stretti hanno detto basta. Basta con lo spettacolo del tormento continuo, che perseguita il Papa quando deve spostarsi a piedi. Basta con l’inutile sovraccarico di fatica per un Pontefice, che si spende fino allo spasimo. E Wojtyla si è rassegnato. Ieri mattina, per la prima volta, ha accettato di usare una pedana mobile per attraversare la Basilica di San Pietro». Così la Repubblica del 30 dicembre. Il giorno prima il Papa aveva usato per spostarsi una specie di carrello semovente con due gradini che portano ad una pedana rialzata su cui sta il Papa reggendosi ad una sbarra. È stata la prima volta. Wojtyla ha sempre rifiutato la sedia gestatoria che venne usata da Paolo VI e anche da Giovanni Paolo I.


Papa debole/3
Cosa ha detto realmente Lehmann. Le reazioni di Ruini, Küng e Messori

Vaticano: vescovo Lehmann, Papa deve avere coraggio di ritirarsi. Il dispaccio Ansa da Berlino del 9 gennaio così titolato ha provocato in Italia titoli di testa nei tg serali e titoloni nelle prime pagine dei quotidiani del giorno dopo. In realtà la frase realmente pronunciata da monsignor Karl Lehmann, vescovo di Magonza e presidente della Conferenza episcopale tedesca, nel corso di una lunga intervista radiofonica alla Deutschlandfunk era diversa. Pur accettando di parlare del delicato argomento della salute del Papa e del suo possibile successore, il presule tedesco non ne ha chiesto affatto le dimissioni. Come si può evincere dalla traduzione (presa dal quotidiano della Cei Avvenire l’11 gennaio) delle due risposte di Lehmann che hanno suscitato la bagarre massmediatica, che pubblichiamo di seguito:
«D.: Monsignor Lehmann, Anno Santo duemila: il Papa è chiaramente malato. Non sarebbe forse la data tonda – come già è stato detto e si è anche letto –, un momento adatto per le dimissioni?
R.: Nelle ultime settimane e mesi – grazie alle tre settimane del Sinodo europeo a Roma in ottobre e le visite di una settimana che ogni cinque anni compiono i vescovi tedeschi – ho avuto più del solito l’occasione di incontrare il Papa. Egli è stato presente a tutte le sedute pubbliche del Sinodo con una incredibile resistenza, pazienza e disciplina. Forse si è allontanato una sola volta per un’ora, altrimenti è stato sempre presente. Io stesso – altri possono pensarla diversamente – l’ho trovato sempre di una sorprendente presenza di spirito nel capire le cose nei diversi colloqui e nelle esperienze comuni. Come poi l’evidente morbo di Parkinson si rifletterà sulla conduzione e le decisioni, eccetera – giacché al di là del capire c’è bisogno anche di un’energia propria –, non me ne intendo proprio e non azzardo alcun giudizio. Comunque, ho da anni l’impressione che egli abbia rivolto la sua intera energia vitale in direzione di questo Anno Santo. Ed è pure incredibile quanti appuntamenti e uscite pubbliche egli si sia accollato. E credo che uno degli apici segreti di questa intera attività sia quest’anno la visita a Gerusalemme e in Israele. In questo si vede, io credo, come il culmine decisivo del suo stesso pontificato. Ritengo che il Papa in persona, se avesse semplicemente la sensazione di non essere più adeguato a guidare responsabilmente la Chiesa, credo avrebbe la forza e il coraggio di dire: “Non posso più adempiere [il compito, ndt] come sarebbe necessario”. Naturalmente non è semplice pensare a una cosa del genere. Nessuno è abituato all’idea che ci possa essere un Papa dimissionario. Del resto, però, si è avuto con Celestino V qualcuno che lo ha fatto. Ma se il Papa lo volesse, non so come si metterebbe, se la sua cerchia e tutti coloro che normalmente lo consigliano, sarebbero d’accordo e crederebbero che è meglio che egli si ritiri.
Per la Chiesa è sempre un periodo delicato, quando i papi l’hanno guidata piuttosto a lungo, arrivando poi comprensibilmente a mostrare le loro debolezze fisiche. Per la Chiesa, tuttavia, e forse anche per le società, non è affatto male vedere che ci possono anche essere papi malati. Altrimenti siamo fatti così che noi queste persone le escludiamo. Normale e importante per noi finisce con l’essere solo ciò che è sano e giovane e ciò che, per così dire, funziona. E per di più siamo spinti, da una parte, a fare il paragone con il ricordo ancora vivo di un uomo carismatico, che ha conquistato i media di tutto il mondo con la sua forza magnetica, se penso all’inizio, nel 1978.
Dall’altra si vede, però, anche: l’arco di una vita si avvicina lentamente al suo epilogo, ma nonostante ciò l’uomo resta fedele. Se adesso ci penso, io stesso sono rimasto personalmente molto impressionato con quale fedeltà e puntualità egli abbia seguito tutte le sedute del Sinodo. È stato di incredibile esempio per il lavoro sinodale. E a questo riguardo, devo dire che io stesso proprio da questa situazione ho maturato piuttosto un maggiore rispetto e una diversa valutazione, giudicando adesso un po’ diversamente di quanto forse io stesso l’avevo visto prima.
D.: Quanto al successore, dovrebbe venire da un altro continente più che dal nostro, forse dall’Africa o dall’America Latina?
R.: Non parlo volentieri di un successore del Papa. Ora ho semplicemente rispetto di colui che c’è e che svolge il suo ministero a Roma. Ma naturalmente molto anche la Chiesa nel Terzo Mondo... Ho sempre la sensazione che lo sguardo di Roma vada a questo gigantesco continente, l’America Latina, dove vivono davvero così tanti cattolici, – quasi un miliardo, una parte molto grande – e dove si decide molto del futuro. Ma credo anche che si sia ovunque imparato ad apprezzare allo stesso tempo che cosa la Chiesa in Italia significa per la Chiesa nel mondo. Un papa che fosse extraeuropeo, non dev’essere solo un simbolo svuotato. Egli a suo modo, deve per l’appunto essere guida: naturalmente questo non lo sanno fare solo gli europei. Ma un papa che si presentasse debole per la Chiesa di questo continente sarebbe una sciagura. A tale riguardo penso allora che la questione debba rimanere aperta. Toccherà al collegio cardinalizio rompersi il capo per risolvere la questione».
Avvenire (11 gennaio) ha pubblicato questo testo con un breve commento del cardinale Camillo Ruini: «Aggiungo volentieri la mia voce a quanto ha già ben precisato monsignor Lehmann. Posso testimoniare infatti, sulla base della personale consuetudine che ho col Santo Padre come suo vicario per Roma e come presidente della Cei, che egli si mostra pienamente in grado, ora come nel passato, di svolgere con piena responsabilità personale il suo ufficio di Pastore universale della Chiesa».
Polemico Hans Küng su La Stampa (11 gennaio): «Sono contrario a un ritiro di Karol Wojtyla: la gestione autoritaria del Papa polacco fa temere che lui stesso e i suoi faranno tutto il possibile per scegliere fra i cardinali il candidato “giusto” (di nuovo qualcuno vicino all’Opus Dei), e manipolare l’elezione del papa nonostante tutte le cautele legislative. I cardinali del prossimo conclave si sentiranno liberi di fare la propria scelta soltanto quando l’attuale Pontefice sarà morto. Il caso Eltsin, per molti aspetti analogo, fa riflettere! Anche il Vaticano, e non soltanto il Cremlino, ha bisogno di un vero “nuovo inizio” per superare la profonda crisi strutturale della Chiesa cattolica».
Lo scrittore Vittorio Messori, con un articolo di prima pagina sul Corriere della Sera del 16 gennaio titolato Ma il Papa non è un manager, ha ricordato: «Di fronte a chi, magari anche nella Chiesa, sostiene che questa “ha bisogno di un Papa forte, vigoroso, fisicamente gagliardo”, il credente sente levarsi la voce di Paolo di Tarso. Questi, rivolgendosi ai Corinti, confida di aver più volte pregato il Cristo di liberarlo dalla malattia. Ma, prosegue, “Egli m’ha detto: ‘Ti basta la mia grazia; la mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza’”. Dunque, ne conclude l’apostolo, “mi vanterò volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo”».


Camillo Ruini
«...pensando che nel 2000 avrei avuto “solo” 69 anni»

«Molti anni fa, quando ero ancora un bambino, il pensiero del 2000 mi si affacciava abbastanza spesso alla mente, perché nella mia famiglia qualcuno ne parlava, esprimendo il dubbio che l’umanità potesse mai arrivare a quel lontano traguardo. Personalmente reagivo pensando che nel 2000 avrei avuto “solo” 69 anni». Incipit dell’articolo firmato dal cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per Roma e presidente della Conferenza episcopale italiana, e pubblicato dal Messaggero il 24 dicembre in prima pagina. L’intervento del porporato emiliano, di solito poco propenso a intervenire direttamente sui mass media, è stato il terzo, in pochi giorni, sui principali quotidiani italiani. Ruini infatti aveva pubblicato un articolo in prima pagina sul Corriere della Sera (12 dicembre) e aveva concesso una intervista di due pagine a Gad Lerner su la Repubblica (21 dicembre). Quest’ultimo intervento è stato ampiamente valorizzato sia dal quotidiano romano, con editoriali del direttore Ezio Mauro (22 dicembre) e del fondatore Eugenio Scalfari (27 dicembre), sia dal quotidiano della Cei Avvenire.


Bossi
Wojtyla il picconatore

«Concordo con chi reputa basilare l’azione di Giovanni Paolo II. Questo Papa ha dato una picconata decisiva all’imperialismo comunista che agisce all’interno degli Stati e nel contempo ha cercato di salvare la Chiesa dalle infiltrazioni della massoneria. Inoltre ha richiamato e rivitalizzato i luoghi dell’affetto contro l’imperialismo attuale, quello della globalizzazione». Così Umberto Bossi sulla Padania del 31 dicembre.


Sacro Collegio/1
La morte di Dezza. Gli ottant’anni di O’Connor

Il 17 dicembre si è spento, a 98 anni, il cardinale gesuita Paolo Dezza, rettore dell’Università Gregoriana e confessore di Paolo VI e Giovanni Paolo I. Nell’ottobre 81, vista la grave malattia che aveva colpito il padre generale Pedro Arrupe, il Papa gli diede l’incarico di governare la Compagnia di Gesù e di preparare la Congregazione generale che avrebbe dovuto riportare la stessa Compagnia al governo ordinario. Dezza, aiutato dall’attuale arcivescovo Giuseppe Pittau, operò in questo senso e il 13 settembre ’83 venne eletto l’attuale preposito generale, Peter Hans Kolvenbach. Con la scomparsa di Dezza il numero dei gesuiti presenti nel Sacro Collegio scende a sei, di cui cinque elettori.
Il 15 gennaio ha compiuto ottant’anni il cardinale John Joseph O’Connor, dall’84 arcivescovo di New York.
Con la scomparsa di Dezza e il genetliaco di O’Connor il Sacro Collegio risulta composto da 153 cardinali, di cui 105 elettori. Gli statunitensi con diritto di voto in un eventuale conclave scendono a 10 e rimangono il secondo blocco nazionale dopo gli italiani (17) e davanti ai brasiliani (6).


Sacro Collegio/2
Nuovo concistoro verso la chiusura dell’Anno Santo

«Nessun concistoro in vista nei primi sei mesi del Duemila: fonti vaticane hanno smentito le voci registrate oggi dal Messaggero, secondo cui Giovanni Paolo II si appresterebbe a nominare un nuovo drappello di cardinali entro giugno 2000. “In questa ipotesi non c’è assolutamente alcun fondamento”, hanno spiegato le fonti della Santa Sede. La decisione di convocare un concistoro per la creazione di nuove porpore spetta esclusivamente al Papa ed è anche una valutazione molto personale: è difficile fare pertanto una previsione su quando ciò potrà avvenire. Tuttavia, a quanto si è appreso, Giovanni Paolo II aveva fatto capire ai suoi collaboratori di avere intenzione di procedere ad un nuovo giro di nomine cardinalizie verso la chiusura dell’Anno Santo». Così un lancio Ansa del 28 dicembre, ispirato da fonti accreditate, a commento dell’articolo del Messaggero, Un concistoro anticipato per venti nuovi cardinali.
In sette concistori Giovanni Paolo II ha finora creato 157 nuovi cardinali; di questi, 143 al momento della nomina avevano meno di ottant’anni e quindi erano elettori. Papa Wojtyla nell’ultimo concistoro del febbraio ’98 ha inoltre creato due cardinali in pectore di cui non ha ancora reso pubblico il nome.
Mantenendo valide le prescrizioni di Paolo VI che prevedono il tetto massimo di 120 cardinali elettori, a fine anno saranno 21 i posti disponibili in un eventuale concistoro (tre cardinali compiranno ottant’anni nel febbraio 2001).


Parcheggi/1
Gianicolo: la benedizione di Confindustria

«Bene ha fatto il sindaco di Roma a investire il governo del problema e bene ha fatto il governo a prendere la decisione di procedere nei lavori (ormai arrivati al 90% dell’opera) e di spostare i reperti archeologici: questa decisione ha consentito anche di salvare la faccia di quei ministri che hanno potuto affermare il loro disaccordo, senza per questo doversi assumere il rischio di bloccare un’opera necessaria. Grazie ai lavori realizzati per il Giubileo, Roma sarà più bella e un po’ più funzionale: il parcheggio del Gianicolo, presso il Vaticano, non servirà solo per le folle dei pellegrini del Giubileo, ma per tutti i turisti che legittimamente verranno a Roma anche dopo il 2000». Così Innocenzo Cipolletta, dirigente di Confindustria, sul Sole 24-Ore del 15 dicembre, all’indomani del via libera del governo al completamento della rampa di accesso al parcheggio del Gianicolo.


Parcheggi/2
Gianicolo: la benedizione di Tomko

Il 23 dicembre è stato ufficialmente presentato il parcheggio sul Gianicolo. Hanno partecipato il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e il “padrone di casa”, il cardinale Jozef Tomko, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Quest’ultimo ha formulato l’indirizzo di saluto alle autorità presenti in cui ha ricordato che «una speciale convenzione tra la Santa Sede e lo Stato italiano regola l’uso del parcheggio: pur rimanendo proprietà della Propaganda Fide, la Santa Sede rinuncerà all’uso dei diritti di extraterritorialità nel parcheggio». L’affermazione del porporato slovacco ha suscitato qualche perplessità. Affermare che «la Santa Sede rinuncerà all’uso dei diritti di extraterritorialità nel parcheggio» può risultare ambiguo. Non si capisce infatti se l’extraterritorialità riguarda solo i cinque piani di parcheggio propriamente detto per 93 pullman e 732 vetture, oppure riguarda anche il sesto piano che ospiterà un centro di accoglienza con servizi vari (ristorante vip, tavola calda self service, area shopping, sportello bancario...). La differenza non è di poco conto... Forse non è un caso che L’Osservatore Romano nell’offrire la cronaca dall’avvenimento (25 dicembre, p. 7) conclude l’articolo con la frase del cardinale Tomko sulla rinuncia dell’extraterritorialità, omettendo però le ultime due parole, e certo non per motivi di spazio...


Giubileo/1
Martini: i raduni di massa non vanno moltiplicati all’eccesso

Le cerimonie del Giubileo «sono molto belle» e quindi «alcuni raduni di massa hanno un vero significato. Però vanno preparati bene e non vanno moltiplicati all’eccesso». Lo ha dichiarato il cardinale Carlo Maria Martini ai microfoni del Tg3 del 6 gennaio. Luigi Accattoli sul Corriere della Sera (9 gennaio), citando Martini, ha ricordato la frase pronunciata dal cardinale Joseph Ratzinger nel maggio ’98: «Ho sentito al telegiornale che saranno centoquaranta le celebrazioni del Grande Giubileo e devo dire che anch’io sono una di quelle persone che hanno difficoltà a trovarsi in una struttura celebrativa permanente».


Giubileo/2
Proteste di commercianti in via della Conciliazione

«Rappresentiamo un gruppo di commercianti che dispongono di circa 120 licenze, molte delle quali sono state concesse da 100 anni e passate di padre in figlio, e non riusciamo a capire perché siamo stati esclusi dall’Anno Santo». Dichiarazione di Giacomo di Nepi, riportata su la Repubblica (28 dicembre), rilasciata durante una manifestazione organizzata da una decina di venditori ambulanti, in gran parte ebrei, in via della Conciliazione per protestare contro il ritiro delle loro licenze per esercitare il commercio nelle aree basilicali.


Sfide
Tettamanzi: moratoria nella produzione di documenti ecclesiastici. Eccetto il Papa?

Il cardinal Tettamanzi: una sfida al mondo moderno. Con questo sottotitolo il Corriere della Sera del 24 dicembre ha lanciato in prima pagina una intervista con l’arcivescovo di Genova, Dionigi Tettamanzi. Il porporato, tra l’altro, ha ribadito la sua “provocazione” di una moratoria giubilare della produzione di documenti da parte delle varie fonti ecclesiastiche, un «invito a fare più spazio al silenzio come via all’interiorità e all’incontro con Dio. L’idea della moratoria Tettamanzi l’aveva già lanciata nell’introduzione firmata per un libro sul Giubileo del giornalista Saverio Gaeta, ma con una eccezione. “Per tutto l’Anno Santo – aveva scritto – si potrebbe evitare di proporre qualsiasi nuovo documento, lasciando spazio unicamente all’autorevole parola di Giovanni Paolo II”».


Sinodo generale
Causa Giubileo rinviato nel 2001

Nel corso del 2000 non ci sarà, come previsto, l’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi. A causa dei pressanti impegni del Giubileo l’incontro è stato rinviato al 2001. Tema sarà: «Il vescovo, ministro del Vangelo di Cristo per la speranza del mondo».


Memorie
Mea culpa personale del cardinale Kim

«Un giorno un gesuita mi offrì di risiedere in una stanza in mezzo a dei poveri contadini sfollati. Non fui capace di rimanervi neppure una notte, soprattutto dopo aver scoperto che avrei dovuto usare i servizi igienici comuni». Mea culpa personale del cardinale Stephen Kim Sou-hwan, 78 anni, fino al maggio ’98 arcivescovo di Seoul, personalità tra le più stimate della Corea del Sud. Lo rivela in un libro di memorie (Amiamoci gli uni gli altri) di cui dà notizia il mensile Mondo e Missione di dicembre.


Udienze
Il Papa riceve l’arcivescovo Quinn

Il 6 dicembre John R. Quinn, arcivescovo emerito di San Francisco ed ex presidente della Conferenza episcopale statunitense, è stato ricevuto in udienza dal Papa. Nell’occasione Quinn ha regalato al Pontefice una copia del suo ultimo libro: The Reform of the Papacy: the costly call to christian unity. Si tratta di un volume che prende spunto da una conferenza tenuta dallo stesso arcivescovo a Oxford nel ’96 in cui si auspica un profondo ripensamento dell’esercizio del primato papale e quindi anche una profonda riforma della curia romana. Quinn durante la sua permanenza romana ha regalato una copia del suo libro anche al cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.


Messori
Progetto culturale “oggetto misterioso”

«Quale giudizio dà del progetto culturale della Cei? “È un oggetto misterioso e Ruini stesso ne è consapevole: nessuno ha capito cosa sia. Io avrei proposto un progetto religioso, non culturale. La crisi della Chiesa non è istituzionale. È una crisi di fede, diciamocelo chiaro. Invece si continua a fare della morale e del moralismo dando per scontata una fede che non è affatto scontata”». Botta e risposta tra Famiglia Cristiana (9 gennaio) e lo scrittore Vittorio Messori.


Buttiglione
Diceva Croce: la liberazione può venire solo dai poeti e dai santi

«In un saggio contenuto nel libro L’epoca della secolarizzazione Del Noce ci parla di Croce in termini che fanno pensare che egli se ne considerasse in qualche modo l’erede spirituale. Del Noce fa riferimento all’ultimo Croce, quello dell’Anticristo che è in noi, dove Croce capovolge l’interpretazione usuale della sua filosofia per dire che la liberazione dal morbo del totalitarismo e del vitalismo può venire solo dai poeti e dai santi, da una rinascita religiosa e da un ritorno alla trascendenza». Lo ha scritto Rocco Buttiglione sulla Stampa del 14 dicembre alla fine del breve articolo Un filosofo per Alcide. De Gasperi tra Croce e Del Noce.


Incontri
Il ministro Bianco in udienza da Ruini

Il 4 gennaio la redazione vaticana dell’Ansa ha dato la notizia dell’incontro tra il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei, e il ministro degli Interni Enzo Bianco. «Le fonti della Cei» ha scritto l’Ansa «non hanno diffuso alcuna informazione sull’incontro, di carattere privato, avvenuto stamattina alle 12 nell’appartamento del cardinale in Vaticano». Paradossalmente lo stesso giorno l’Ansa ha dato notizia del fatto che uno psicolabile di cinquant’anni, ubriaco, era stato fermato dalla polizia mentre tentava di entrare armato di coltello nella sede del Vicariato: la sua intenzione sarebbe stata quella di minacciare di morte il cardinal Ruini.


Bianco
Non ho baciato neppure l’anello del Papa

«Neppure quando ho avuto la fortuna di incontrare il Papa ho baciato l’anello. Io non ho mai baciato l’anello di nessuno». Così il 17 gennaio Enzo Bianco, ministro degli Interni, ha replicato, senza citarla, a Tiziana Maiolo che lo aveva accusato di essere andato a Palazzo di Giustizia a Milano «per baciare l’anello alle santità Francesco Saverio Borrelli e Gerardo D’Ambrosio».


Riabilitazioni
Wojtyla cita a sorpresa il convegno su Hus

«Significativo è stato pure, come passo verso una chiarificazione dei rapporti con la tradizione hussita, il congresso celebrato nella scorsa settimana su Jan Hus proprio qui, in Vaticano, con larga partecipazione di eminenti studiosi di ogni provenienza». Questa frase, non presente nel discorso originale, è stata pronunciata a sorpresa dal Papa durante il discorso alla curia romana per gli auguri natalizi del 21 dicembre. Il Pontefice faceva riferimento al convegno, fortemente voluto dal cardinale ceco Miloslav Vlk, che è stato interpretato dai mass media come una specie di riabilitazione di Jan Hus, bruciato come eretico nel 1415 durante il Concilio di Costanza. Nel discorso originale il Papa aveva indicato come passi importanti svolti nel 1999 in campo ecumenico i suoi viaggi in Romania e Georgia e l’accordo sulla giustificazione firmato con i luterani.


Gran Bretagna
Blair: non è ancora tempo di discutere la norma che impedisce un re cattolico

«Realisticamente non può essere una priorità nell’immediato futuro». Così ha risposto un portavoce di Tony Blair al voto unanime del Parlamento scozzese con cui si chiedeva al governo di Londra di iniziare le procedure per annullare l’Act of settlement del 1701 in base al quale è proibito ad un erede cattolico, o che ha sposato una cattolica, di accedere al trono. Blair si è dichiarato d’accordo in linea di principio con l’iniziativa, ma per ora non se ne parla proprio di trasformare questo principio in realtà. Commento di lord James Douglas Hamilton: «L’erede al trono può diventare re se sposa una musulmana, una buddista, una seguace di Scientology, una fedele di Moonie o una adoratrice del sole, ma non se sposa una cattolica».


Arcivescovo di Atene
Contrari a manifestazioni per «essere visti dagli uomini» e per la presentazione di «one man show»

«Per i 2000 anni di cristianesimo abbiamo programmato come Chiesa di Grecia molte iniziative spirituali. […] Quanto alle iniziative interconfessionali, abbiamo recentemente ribadito che siamo contrari a ogni manifestazione che non sia risultato di verità e di vera carità, ma solo per “essere visti dagli uomini” e per la presentazione di “one man show”». Il Giubileo visto da Christodoulos Paraskevadis, 60 anni, dal ’98 arcivescovo ortodosso di Atene, in una intervista concessa al Regno (n. 22, 15 dicembre 1999).


Diplomazia/1
Nuovo nunzio in Gambia, Guinea, Liberia e Sierra Leone

Il 18 dicembre il neoarcivescovo Alberto Bottari de Castello, veneto, 57 anni, è stato nominato nunzio apostolico in Gambia, Guinea, Liberia e Sierra Leone. Nel servizio diplomatico dal ’73, Bottari de Castello ha prestato servizio in Ecuador, Siria, Zaire, Stati Uniti. Dall’87 era missionario in Camerun.


Diplomazia/2
Nuovo ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede

Il 20 dicembre ha presentato le credenziali in Vaticano il nuovo ambasciatore di Svezia, Bo Henrikson, 59 anni, diplomatico di carriera, già consigliere di ambasciata a Roma presso il Quirinale (1976-1981), e ambasciatore in Iran (’85-88) e Messico (’92-96).


Diplomazia/3
Rapporti diplomatici Santa Sede-Barhein. Buoni segnali dall’Arabia Saudita

Il 12 gennaio è stata data la notizia che Santa Sede e Stato di Bahrein (Golfo Persico) hanno stabilito di allacciare i rapporti diplomatici. Sembra vicino l’allaccio dei rapporti diplomatici anche con il Sultanato dell’Oman e con gli Emirati Arabi Uniti. Dopo la nomina del 13 dicembre di un incaricato d’affari per le nunziature di Kuwait e Yemen, si rafforza quindi la presenza diplomatica della Santa Sede nella penisola arabica. Manca all’appello ancora il gigante della zona, l’Arabia Saudita, con cui non ci sono rapporti diplomatici, dove non è ancora ammesso il culto cristiano neanche in forma privata. Nel Palazzo Apostolico comunque si è guardato con interesse all’atteggiamento di Ryadh riguardo alla controversa costruzione della moschea di Nazareth (il regno saudita ha proposto di finanziarne la costruzione a patto che venisse edificata lontano dalla Basilica dell’Annunciazione). E continuano i colloqui, discreti, con l’ambasciatore saudita presso il Quirinale che ha avuto pure una formazione in Occidente, dove ha studiato anche dai Gesuiti.
Con il Bahrein, sono 174 i Paesi che intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Con 171 si tratta di relazioni diplomatiche piene, a queste si aggiungono due missioni speciali (Federazione Russa e Olp) e le relazioni diplomatiche con il Sovrano Militare Ordine di Malta.


Curia
Due nuovi capi ufficio in Segreteria di Stato

Il 4 gennaio monsignor Gianfranco Rota Graziosi, 56 anni, bergamasco, e monsignor Luigi Cavaliere, 60 anni, friulano, sono stati nominati capi ufficio della seconda sezione della Segreteria di Stato.


Svolte
Neocatecumenali a Brescia insieme al vescovo

Il cordiale incontro del vescovo di Brescia con Kiko Argüello. Con questo titolo La Voce del popolo (7 gennaio), settimanale della diocesi lombarda, ha dato notizia dell’incontro delle comunità neocatecumenali lombarde con il loro cofondatore, Kiko Argüello, avvenuto al palazzo dello sport di San Filippo, a Brescia, il 19 dicembre. L’incontro è stato introdotto con la preghiera e con «parole di incoraggiamento» del vescovo Giulio Sanguineti, che il 19 dicembre 1998 era stato trasferito alla guida della diocesi lombarda. I neocatecumenali hanno salutato il vescovo con un «caloroso applauso».
Tutt’altra musica rispetto ai tempi del predecessore di Sanguineti, monsignor Bruno Foresti, apertamente critico nei confronti del movimento neocatecumenale.


Nomine
Romano il nuovo vescovo di Sabina-Poggio Mirteto

Il 31 dicembre monsignor Lino Fumagalli, nato a Roma nel ’47, è stato nominato vescovo della diocesi suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto. Proveniente dalla diocesi di Porto-Santa Rufina, è stato rettore del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni (1984-1993) di cui era stato allievo. Sarà consacrato il 20 febbraio nella cattedrale di Porto-Santa Rufina, da Lucas Moreira Neves, prefetto della Congregazione per i vescovi e cardinale del Titolo delle diocesi suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto.




Siro-malabaresi

Nominato il nuovo arcivescovo maggiore


Una cerimonia siro-malabarese

Una cerimonia siro-malabarese

Il 23 dicembre Varkey Vithayathil, 73 anni, redentorista, è stato nominato arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei siro-malabaresi (India). Era amministratore apostolico “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” della medesima diocesi dal novembre ’96, quando vennero accolte le dimissioni del cardinale Antony Padiyara, ancora vivente, che aveva compiuto 75 anni.




Preferenze

Democratici di sinistra: meglio Giovanni XXIII


Giovanni XXIII

Giovanni XXIII

«Sarà perché è diventato il chiodo fisso di Giuliano Amato, che l’ha da poco proposto a modello per la sinistra. Fatto sta che la platea del Lingotto ha dimostrato di preferire al Pontefice attuale Giovanni XXIII, il “Papa buono” della carezza ai bambini. Battimani insistiti quando appare sugli schermi il suo volto». Umori del primo Congresso dei Democratici di sinistra celebrato a metà gennaio a Torino (Corriere della Sera, 17 gennaio).




Norberto Bobbio

Ragione, senso religioso e mistero


Norberto Bobbio

Norberto Bobbio

«“Io – uno che non si è mai sentito mortale come adesso, praticamente sono già morto – mi sono sempre sentito un seguace della ragione, non un uomo di fede. Ma proprio in quanto uomo della ragione conosco i limiti della ragione, che può illuminare solo una piccola parte dell’oscurità che ci circonda”. L’isola della ragione di Kant, che è circondata da un “vasto e tempestoso oceano”... “Un’isola circondata dal mistero. Io so che noi siamo circondati dal mistero. E questo chiamo il senso religioso dell’uomo, il sentimento di essere avvolti da un mistero impenetrabile”». Brano dell’intervista concessa da Norberto Bobbio alla Stampa del 30 dicembre.




Cina

Roma-Pechino. Speranza di dialogo


L’arcivescovo Liu Yuanren si reca alla cattedrale di Pechino per presiedere la cerimonia di ordinazione di cinque nuovi vescovi il 6 gennaio scorso

L’arcivescovo Liu Yuanren si reca alla cattedrale di Pechino per presiedere la cerimonia di ordinazione di cinque nuovi vescovi il 6 gennaio scorso

Un’ennesima tornata di voci e di relative smentite sull’eventuale ripresa dei rapporti tra Cina e Santa Sede, insieme alla ordinazione di cinque nuovi vescovi celebrata il 6 gennaio a Pechino senza l’approvazione della Sede Apostolica, hanno riportato sotto i riflettori dei media la situazione della Chiesa cinese.
I recenti interventi di due accreditati conoscitori della Chiesa cinese, nel riportare anche giudizi personali, aiutano a fare il punto sulla reale situazione, descrivendo dettagli solitamente ignorati dal pressappochismo giornalistico. 30Giorni ne ripropone alcuni passaggi significativi.
Anthony Lam, segretario del Centro studi Santo Spirito, un organismo della diocesi di Hong Kong che raccoglie documentazione sulla Chiesa della madrepatria, espone il suo punto di vista in un breve saggio dal titolo I cambiamenti d’attitudine del governo cinese nei confronti della Chiesa cattolica. Nell’articolo, pubblicato in Europa sul numero del 1° gennaio di Églises d’Asie, il bollettino d’informazioni delle Missions étrangères de Paris, Lam sostiene tra l’altro che «la campagna di repressione che si è abbattuta sul movimento Falungong non è dovuta tanto al fenomeno religioso connesso al movimento, quanto al fatto che numerosissimi quadri del partito vi hanno aderito. Così, sia detto per inciso, se la Chiesa cattolica desidera evitare problemi, essa non deve tentare di attirare a se stessa dei membri del partito, almeno per il momento». Lam prosegue analizzando quelli che interpreta come segnali di una recente restrizione dell’intervento governativo in materia religiosa: «Il governo ha fatto in modo di regolare i conflitti con le istituzioni religiose in materia fondiaria riguardo ai terreni e alle proprietà immobiliari. Sono stati stipulati degli accordi con la Chiesa, o per programmare il ritorno di questi beni in seno alla Chiesa, o per indennizzarla. […]. Il governo non paga più il salario di membri della Chiesa. Salvo rare eccezioni al più alto livello a Pechino, la maggior parte dei membri salariati delle sezioni locali dell’Associazione patriottica [l’organismo che il regime comunista ha fomentato a partire dal ’57 per dirigere e controllare dall’interno la Chiesa cinese, rompendo i vincoli giurisdizionali con la Santa Sede, ndr] non sono più stipendiati dal governo. Il governo ha cessato di sovvenzionare la Chiesa. I seminari regionali non ricevono più fondi da diversi anni, e anche il seminario nazionale a Pechino non ha ricevuto alcun finanziamento dal governo negli ultimi due anni».
Lam, che è anche responsabile della sezione cinese della rivista Tripod, pubblicata dal Centro studi Santo Spirito, legge in questa chiave anche la recente inflazione di disposizioni legali volte a regolare la vita delle comunità religiose: «Secondo alcuni, questi regolamenti significano che il governo cerca di rafforzare il suo controllo sulle religioni. Io non lo credo. Le autorità potrebbero fare in ogni caso tutto quello che vogliono, con o senza regolamenti. I regolamenti pubblicati riguardo alle religioni mirano piuttosto a ridefinire l’estensione degli ambiti entro cui il governo deve essere coinvolto, rispetto alle sue relazioni con le religioni». Sulla base di alcuni recenti viaggi in diverse province cinesi, Lam propone anche alcune riflessioni originali sui rapporti tra governo, gruppi clandestini e comunità ufficiali: «È interessante notare che l’atteggiamento del governo verso i dirigenti della Chiesa “ufficiale” e quello nei confronti della Chiesa “clandestina” sono più o meno simili. Il governo non si preoccupa troppo di sapere se i dirigenti della Chiesa sono o non sono clandestini, purché accettino di cooperare con esso. […] In alcuni casi, sia la Chiesa “ufficiale” che la Chiesa “clandestina” sono registrate presso le autorità cinesi. Ad esempio, nello Shaanxi, nel Gansou, nella Mongolia interna, nello Hebei e nel Nord-Est, la maggior parte delle Chiese “clandestine” sono registrate. Esse sono registrate presso l’ufficio locale degli affari religiosi e l’ufficio degli affari civili e non presso l’Associazione patriottica. Il governo è già a conoscenza del fatto che la maggior parte dei dirigenti della Chiesa “clandestina” sono pronti a cooperare con esso, a patto di non essere forzati ad unirsi all’Associazione patriottica. […] In realtà, non soltanto i dirigenti della Chiesa “clandestina” ma anche alcuni dirigenti della Chiesa “ufficiale” fanno il loro possibile per sbarazzarsi dell’Associazione patriottica. In questo senso, i dirigenti della Chiesa “clandestina” e quelli della Chiesa “ufficiale” combattono la medesima battaglia contro un nemico comune». Infine Lam fornisce un ritratto dei rapporti tra comunità clandestine e comunità ufficiali che spazza via molti luoghi comuni: «Di fatto, quasi dappertutto, i dirigenti della Chiesa “ufficiale” e quelli della Chiesa “clandestina” cooperano insieme. Per la generazione più giovane, il conflitto che li separa non è così grave. A volte, addirittura, i conflitti all’interno della Chiesa “ufficiale” sono più pesanti. La gran parte dei giovani preti possono collaborare con i loro confratelli dell’altra sponda».
Riflessioni analoghe a quelle di Lam si ritrovano in un recente saggio di Jeroom Heyndrickx, della congregazione dei Missionari di Scheut, dal titolo bene augurante: Il Papa, un amico della Cina nell’anno duemila? Sui rapporti tra Cina e Vaticano, il religioso belga, direttore della Verbiest Foundation presso l’Università di Lovanio ed esperto conoscitore della Chiesa cinese, sostiene che la svolta probabilmente avverrà nel corso dell’anno 2000, ma aggiunge: «La normalizzazione delle relazioni diplomatiche può contribuire a restaurare l’unità interna e l’unità con Roma. […] Ma, d’altro canto, le relazioni diplomatiche non sono una necessità assoluta. […] L’unità nella fede all’interno della Chiesa cinese non deriva in maniera meccanica dalla normalizzazione di relazioni diplomatiche, né può essere imposta da alcuna decisione governativa mirante a costringere la comunità clandestina a fondersi con la comunità ufficiale. […] Favorire l’unità che germoglia dalla riconciliazione nella fede è per la Chiesa più importante che non l’allacciamento di relazioni diplomatiche. La responsabilità di ritrovare l’unità della Chiesa è soprattutto nelle mani della comunità ufficiale e di quella non ufficiale».
La parte centrale del saggio di Heyndrickx prende le mosse da un interrogativo: «Supponiamo che la svolta avvenga domani, la Chiesa cattolica universale è pronta a accogliere la Chiesa cinese locale – con le sue due comunità (la patriottica e la clandestina) senza pregiudizi contro ciascuna di esse?». Secondo Heyndrickx, nonostante i passi della Santa Sede per preparare l’evento, «Chiese locali all’interno della Chiesa universale rimangono generalmente prevenute e poco informate sulla Chiesa cinese e le sue due comunità». Ad esempio, non si tiene conto che «durante gli ultimi quindici anni la larga maggioranza di vescovi cinesi ufficiali (nominati dalla Cina senza approvazione di Roma) hanno preso l’iniziativa di chiedere al Papa di riconoscerli come vescovi». Né si dà il giusto peso al fatto che «negli anni recenti la Santa Sede ha lasciato i vescovi clandestini liberi di accettare l’invito delle autorità civili che li incoraggiavano a diventare vescovi ufficiali (patriottici). La decisione è lasciata ai vescovi, benché il Vaticano non nasconda di essere piuttosto favorevole all’accettazione». Padre Heyndrickx espone un caso esemplare della disinformazione alimentata in Occidente riguardo alla Chiesa cinese: «Nel luglio 1999 Fides [l’agenzia stampa legata alla Congregazione vaticana di Propaganda Fide, ndr] pubblicò la notizia che padre Peter Yan, un sacerdote clandestino della provincia dell’Hebei, era stato picchiato dalla polizia a Pechino e poi era stato gettato da una finestra del quarto piano, trovando la morte. Tre mesi dopo, è stato accertato che il sacerdote non era stato picchiato, e che non era stato gettato dalla finestra. Era solo caduto, non si sa bene come, ma di certo non c’erano agenti di polizia nei paraggi. Fides aveva preso la notizia dalla Kung Foundation, che negli Stati Uniti ha spesso pubblicato notizie inattendibili di tal fatta, cercando di condizionare anche il Congresso e il Senato americani. Comportandosi in questo modo, i nostri media cattolici decadono a un livello di ordinaria propaganda politica che danneggia la Chiesa invece di farla crescere». Le conclusioni di Heyndrickx sono paradossali: se continueranno a prevalere pregiudizi e disinformazione, «sono certo che una mattina svegliandoci sentiremo la notizia che il Papa e Pechino si sono ufficialmente riconciliati, mentre noi, dentro la Chiesa, stiamo ancora alzando contese tra cattolici ufficiali e clandestini».


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