Rubriche
tratto dal n.05 - 1998

30Giorni in breve



Persone che hanno difficoltà a trovarsi in una struttura celebrativa permanente


Il cardinale Joseph Ratzinger

Il cardinale Joseph Ratzinger

Il cardinale Joseph Ratzinger ha tenuto la conferenza di apertura del Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, organizzato dal Pontificio Consiglio per i laici e svoltosi a Roma, presso la Domus Pacis, dal 27 al 29 maggio. Al termine della lezione, il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ha accettato di incontrare i giornalisti per una breve conferenza stampa. Riportiamo di seguito la trascrizione delle risposte più interessanti rilasciate da Ratzinger in quell’occasione.

Vorrei chiederle cosa bisogna fare in Italia con la legge sull’aborto e se lei crede, come ha detto L’Osservatore Romano, che i cattolici siano in una situazione di sudditanza nel nostro Paese.
JOSEPH RATZINGER: Lei sa che non sono italiano e non vorrei dare delle ricette agli italiani. Mi sembra non spetti a me adesso entrare nei dibattiti politici dell’Italia! Posso sottolineare solo l’essenza del messaggio comune permanente che la Chiesa cattolica ha espresso con grande forza ed evidenza nell’enciclica Evangelium vitae, cioè che l’uomo dal primo momento del suo concepimento è uomo e deve essere rispettato come tale. Altrimenti, se non rispettiamo i diritti umani dall’inizio, anche tutti gli altri momenti sono a disposizione. Perciò questo è il principio. Gli italiani troveranno con il loro dinamismo e la loro creatività la possibilità di tradurre questi principi in vita politica e in ogni caso, anche se forse non possono cambiare subito la legislazione, di dare una testimonianza forte e di fare tutto per proteggere realmente la vita fin dal primo momento.
Volevo chiedere se capisco bene a ritenere che il suo intervento di oggi sui movimenti è anche un contributo teologico nuovo. E se può dire qualcosa sul Giubileo.
RATZINGER: Al primo punto: è vero che solo nel corso degli anni è maturata in questa forma la concezione che ho proposto oggi, ma io penso che realmente risponda ai fondamenti della tradizione della Chiesa ed esprima i due aspetti che devono sempre completarsi, che hanno il loro centro di unità nella successione di Pietro e nella sacramentalità della successione apostolica, ma che devono realmente apparire con questi due aspetti: la struttura locale che ha sempre bisogno di essere vivificata e dinamizzata da una forma apostolica che adesso chiamerei struttura, ma il suo è proprio un essere non una struttura permanente ma un dono sempre nuovo nel quale si aggiunge e realizza l’universalismo vivo della vocazione apostolica. Quanto alla sua domanda sul Giubileo, io distinguerei tra nemici e persone che hanno delle riserve, dei dubbi. Non caratterizzerei come nemiche persone che forse non hanno il dono di essere sempre in atmosfera festosa e di amare una celebrazione dopo l’altra. Ieri ho sentito al telegiornale che le celebrazioni saranno 240; devo dire che anche io sono una di quelle persone che hanno difficoltà a trovarsi in una struttura celebrativa permanente; ma in realtà non tutto è indirizzato a tutti, si diversifica per diversi, naturalmente. Quindi distinguerei tra persone che hanno indirizzi diversi pur acconsentendo all’idea fondamentale. Io penso che tutti i cattolici praticanti che condividono la fede della Chiesa condividono dal profondo del cuore l’intuizione fondamentale che questo momento ci fa di nuovo pensare alla presenza di un avvenimento solo apparentemente passato, l’incarnazione di Dio nel mondo, e ritrovare la presenza del passato e la forza del futuro che porta in sé. Quindi, l’intuizione fondamentale mi sembra condivisa dai credenti, poi la partecipazione e l’entusiasmo delle diverse manifestazioni possono essere diversi. Che poi ci siano anche avversari che non condividono la fede cristiana e che quindi trovano inadeguato adesso festeggiare questa memoria, che trovano qui un accento sbagliato in un mondo che si muove in un’altra direzione, questo esiste naturalmente, è il dibattito permanente necessario proprio oggi tra la fede che vede in Cristo il centro vivificante permanente della storia e altri che pensano che il progresso nel quale ci troviamo sarebbe un progresso che ha già superato il fenomeno cristologico. Penso che proprio il Giubileo sarà un invito a un approfondito dialogo tra queste due posizioni.




Le buone letture del gran maestro


Virgilio Gaito

Virgilio Gaito

Virgilio Gaito, gran maestro della massoneria del Grande Oriente d’Italia, non disdegna di farsi fotografare avendo tra le mani il volume La Massoneria, scritto dal frate conventuale polacco Zbigniew Suchecki, docente di Diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense, e pubblicato alla fine dello scorso anno dalla Libreria editrice vaticana.




Il sì di Castro alla riunione del Celam a Cuba nel 1999


Castro e Giovanni Paolo II a Cuba

Castro e Giovanni Paolo II a Cuba

Il presidente cubano Fidel Castro ha accettato pubblicamente l’ipotesi che nel gennaio 1999 si svolga all’Avana una riunione del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Lo ha fatto nel corso di una conversazione con i giornalisti al termine della visita del primo ministro canadese, Jean Chrétien, che si è svolta a fine aprile. L’idea di tenere nella Perla dei Caraibi questa riunione è venuta dalla presidenza dell’organismo (tenuta dall’arcivescovo honduregno Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, salesiano) col proposito di celebrare il primo anniversario della visita nell’isola di Giovanni Paolo II.





Il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I

Il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I

Ortodossi
Presa di distanza dagli organismi ecumenici

Cresce l’insofferenza delle Chiese ortodosse verso l’ecumenismo e i documenti dei meeting interconfessionali. A farne le spese è il Consiglio ecumenico delle Chiese, l’organismo ecumenico che riunisce 332 Chiese e denominazioni protestanti, anglicane e ortodosse, e che celebrerà la sua prossima assemblea generale ad Harare, nello Zimbabwe, il prossimo dicembre. I rappresentanti delle 15 Chiese ortodosse autocefale (una delle quali, quella georgiana, è già uscita dagli organismi ecumenici lo scorso anno) si sono incontrati a Salonicco, in Grecia, dal 29 aprile al 2 maggio proprio per discutere il problema della partecipazione ortodossa all’assemblea di Harare. Al termine dell’incontro, i partecipanti hanno approvato un comunicato in cui si invitano tutte le Chiese ad inviare delegati ufficiali all’assemblea, ma allo stesso tempo si propone che questi delegati «non partecipino alle celebrazioni ecumeniche, alle preghiere comuni, ai culti e alle altre cerimonie religiose dell’assemblea» e «non prendano parte alle procedure di voto, eccetto che in casi di particolare interesse».
La conclusione del vertice di Salonicco ha rappresentato un compromesso rispetto alle posizioni estreme di chi chiedeva di non inviare ad Harare delegati ufficiali, ma semplici osservatori. Il comunicato finale ha fatto anche riferimento alla radice dottrinale del disagio ortodosso verso gli organismi ecumenici, accusati di essersi trasformati in casse di risonanza del punto di vista protestante. Tra i motivi di insofferenza nei confronti dei raduni ecumenici vengono citati l’uso del «linguaggio inclusivo», la presenza delle donne-prete durante le celebrazioni, l’introduzione nell’agenda dei lavori di temi come l’omosessualità e le «tendenze connesse al sincretismo religioso». Nel comunicato i rappresentanti ortodossi chiedono anche di precisare i criteri ecclesiologici per accettare le adesioni di nuove denominazioni, stigmatizzando che «non è chiaro nel Consiglio ecumenico delle Chiese cosa sia una Chiesa», visto che all’organismo ecumenico avrebbero aderito anche gruppi «che non condividono la fede delle Chiese tradizionali, per esempio il Credo trinitario». I rappresentanti ortodossi inoltre hanno proposto che dopo l’assemblea di Harare si formi una commissione mista per definire «forme accettabili di partecipazione degli ortodossi al movimento ecumenico e la radicale ristrutturazione del Consiglio ecumenico delle Chiese».


Sinodi
A fine anno quello d’Oceania, nel 1999 il secondo d’Europa

Il Sinodo speciale dei vescovi per l’Oceania si svolgerà a Roma alla fine del 1998. Lo ha deciso, a fine marzo, il Consiglio presinodale che, nel corso della sua terza riunione, ha anche stilato il titolo dell’assemblea vescovile di fine anno: «Gesù Cristo: seguire la sua via, proclamare la sua verità, vivere la sua vita: una chiamata per tutti i popoli dell’Oceania».
Intanto ai vescovi che nel 1999 si riuniranno nella seconda Assemblea speciale del Sinodo episcopale per l’Europa, sono stati inviati i Lineamenta, il primo documento destinato alla preparazione del Sinodo stesso. Si tratta di un breve testo diviso in due sezioni distinte. La seconda sezione è un Repertorio che raccoglie soltanto alcuni tra i numerosissimi pronunciamenti del Papa sull’Europa.


Sindone
Piace anche ai telepredicatori protestanti

Lunedì 20 aprile, durante l’ostensione della Sindone c’erano tra i visitatori anche due noti predicatori evangelical americani, Benny Hinn e Paul Crouch. Secondo l’agenzia evangelica Nev, che ne dà notizia, proprio Crouch – che è presidente del Trinity Broadcasting Network, con centinaia di emittenti televisive in tutto il mondo – avrebbe dichiarato di essere rimasto profondamente toccato dalla Sindone, e avrebbe promesso di raccogliere un milione di dollari da consegnare al cardinale Giovanni Saldarini per la ricostruzione della cappella della Sindone nel Duomo torinese, distrutta da un incendio lo scorso anno. L’offerta del telepredicatore è stata criticata dai rappresentanti evangelici italiani e, a detta della Nev, ha messo in imbarazzo anche la Curia torinese.


Nomine
In Algeria e Tunisia il primo nunzio di colore

Il 26 maggio l’ugandese Augustine Kasujja, 52 anni, è stato nominato nunzio apostolico in Algeria e Tunisia e contestualmente è stato elevato alla dignità arciepiscopale. Si tratta del primo rappresentante pontificio di colore nella storia della diplomazia della Santa Sede. Kasujja da due anni ricopriva l’incarico di consigliere presso le nunziature di Algeri e Tunisi (è molto raro che il numero due di una “ambasciata” pontificia ne diventi titolare senza soluzione di continuità). Il neopresule prende il posto dell’italiano Antonio Sozzo, 56 anni, il quale, dopo tre anni di permanenza in Nord Africa, il 23 maggio è stato chiamato a rappresentare la Santa Sede in Costa Rica. A sua volta Sozzo sostituisce il pugliese Giacinto Berloco, 57 anni, che il 5 maggio è stato inviato in El Salvador e Belize (la nunziatura di quest’ultimo Paese, che si trova sulla terraferma centroamericana, era precedentemente accorpata a quelle di alcune isole caraibiche).


Tragedia 1
Trucidato il vescovo ausiliare di Guatemala

Nella notte tra il 26 e il 27 aprile è stato trucidato nella sua casa il vescovo ausiliare di Guatemala, Juan Gerardi Conedera, 75 anni, grande difensore dei diritti umani nel suo Paese. Due giorni prima aveva presentato un rapporto di circa 1.400 pagine sulle atrocità commesse durante i 36 anni di guerra civile tra dittature di destra e guerriglia di sinistra; conflitto che ha flagellato il Guatemala fino al ’96 e che è terminato formalmente con la firma degli accordi di pace tra governo e opposizione. Le cifre fornite dal rapporto, titolato Guatemala: mai più, sono terrificanti: 150mila vittime (il 90 per cento civili e l’80 per cento uccise dalle forze armate), 50mila desaparecidos, 40mila vedove, 200mila orfani, un milione di rifugiati. Una delle zone più martoriate del Guatemala è stata quella del Quiché dove si sono verificati 263 massacri di civili. E proprio di Santa Cruz del Quiché è stato vescovo Gerardi dal ’74 all’80 quando è stato costretto ad abbandonare il Paese perché espulso dal dittatore di turno, per poter tornare poi solo quattro anni dopo, ma come ausiliare della capitale. L’attuale presidente del Guatemala, Alvaro Arzú, ha dichiarato: «I responsabili dell’omicidio di monsignor Gerardi dovranno essere identificati». Il responsabile della missione Onu in Guatemala, il francese Jean Arnault, ha espresso la propria costernazione per l’arretramento importante sulla via della riconciliazione e ha definito il messaggio lanciato dagli assassini «una sfida violenta».


Tragedia 2
Tre morti in Vaticano

La sera del 4 maggio il nuovo comandante della guardia svizzera, nominato poche ore prima, Alois Estermann, 43 anni, è stato trovato ucciso nel suo appartamento insieme alla moglie, la venezuelana Gladys Meza Romero, 49 anni, e a un suo sottoposto, il vicecaporale Cedric Tornay, 23 anni. Secondo la ricostruzione dei fatti fornita dal direttore della sala stampa vaticana, Joaquín Navarro-Valls, Tornay avrebbe dapprima ucciso i coniugi Estermann e poi si sarebbe suicidato. Navarro-Valls ha parlato di «gesto di follia», «raptus», e ha riferito un episodio per cercare di spiegare il fatto: il 12 febbraio Estermann (allora “reggente”) aveva ammonito per iscritto il vicecaporale Tornay, colpevole di essersi assentato per l’intera notte senza permesso, e per questo motivo lo aveva escluso dall’elenco di quelli che avrebbero ricevuto una onorificenza nel corso del giuramento delle nuove reclute previsto, come tradizione, per il 6 maggio. Il settimanale statunitense Time, per la penna del suo corrispondente da Roma, Greg Burke, ha poi rivelato che a Tornay sarebbe stato negato «un incarico eccellente»: il vicecaporale infatti era inserito nell’elenco delle guardie svizzere che avrebbero accompagnato il Papa nelle vacanze estive sulle Dolomiti, ma Estermann lo avrebbe cancellato dopo che Tornay aveva avuto un violento diverbio con un collega. È comunque ancora in corso l’indagine della magistratura interna dello Stato della Città del Vaticano, incaricata di far luce sulla dinamica dei fatti.
Estermann tra il momento della nomina e quello della sua uccisione aveva concesso alcune interviste in cui aveva illustrato il significato che aveva per lui l’incarico cui era stato chiamato: «Significa far fronte ogni giorno a una sfida dalla quale dipende l’incolumità del Santo Padre, ma anche il buon andamento della vita all’interno della Città del Vaticano».


Tragedia 3
Il suicidio del vescovo pakistano Joseph

La mattina del 7 maggio, nei piani alti dei Sacri Palazzi fino all’ultimo si è sperato che si trattasse di un omicidio camuffato. Quando invece è stato confermato che si è trattato di un suicidio, al dolore si è associato un grande sconcerto. Così è stata accolta in Vaticano la terribile notizia che il vescovo cattolico di Faisalabad, John Joseph, 66 anni a novembre, si era tolto la vita come gesto di estrema protesta contro la condanna a morte comminata a un suo fedele, in base ad una iniqua legge contro la blasfemia in vigore in Pakistan dall’86. Poche settimane prima, il 21 aprile, il Papa aveva ricevuto in udienza il primo ministro di Islamabad, Muhammad Nawaz Sharif. Nel corso dei colloqui avuti con vertici della Segreteria di Stato vaticana, il premier aveva garantito gli sforzi del governo per cercare di frenare le spinte fondamentaliste presenti nell’islam pakistano. Ma questo non aveva impedito, pochi giorni dopo, a un tribunale di condannare a morte per blasfemia un giovane cattolico, Ayub Massih. È questo l’episodio che ha fatto scatenare la reazione di Joseph. Lo sconcerto vaticano per l’accaduto si è manifestato anche nel modo in cui L’Osservatore Romano ha dato notizia del dramma: nessun articolo, ma solo un necrologio di diciassette righe in cui si informava della «morte» (e non della «pia morte») del «compianto presule». Totalmente diverso (e poco apprezzato nei Sacri Palazzi), invece, l’atteggiamento del quotidiano della Cei Avvenire, che ha dedicato alla tragedia un lungo commento in prima pagina a firma di Enzo Bianchi. Il priore della Comunità di Bose ha visto nella tragica scomparsa del vescovo pakistano «una modalità rarissima nel martirio cristiano». Bianchi ha poi ricordato che Joseph era atteso a Roma dove avrebbe dovuto partecipare ad una conferenza con una relazione su «Le sfide del fondamentalismo religioso e della violenza all’armonia sociale».


Nuove comunità
I neocatecumenali preparano gli statuti

Anche il Cammino neocatecumenale avrà una sua forma giuridica all’interno della Chiesa cattolica e avrà anche un proprio statuto. Dopo mesi di lavoro i vertici del movimento ecclesiale hanno consegnato ai competenti uffici vaticani una ipotesi di statuto. Questa stesura comunque non è stata approvata. Il giudizio negativo è stato formulato durante un incontro cui hanno partecipato i segretari di cinque dicasteri vaticani (Congregazione per la dottrina della fede, del culto divino, del clero, dell’educazione e Consiglio per i laici), e che si è svolto la settimana precedente al primo Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, svoltosi a Roma dal 27 al 29 maggio. Ai dicasteri della Santa Sede non è piaciuto, tra l’altro, il desiderio del Cammino neocatecumenale di costituirsi come “Opera missionaria” ovvero “Pontificia opera missionaria”, una figura giuridica che non è presente nell’attuale Codice di diritto canonico.


Politica
Prodi amico dei movimenti

Laurea honoris causa con testimoni di eccezione per Chiara Lubich, fondatrice del Movimento focolarino, in Argentina. Ne ha dato notizia con grande risalto Cittànuova, il quindicinale del movimento, nel suo numero del 25 aprile scorso. «Ad ascoltare con grande attenzione» ha sottolineato Cittànuova «c’era, accanto al rettore Oscar Julio Shuberoff e al ministro italiano della Pubblica istruzione, il presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi, che aveva desiderato far coincidere la data del conferimento della laurea con la sua visita in Argentina, proprio per essere presente e portare un saluto».
Ampio risalto sui mass media ha avuto poi un intervento firmato da Prodi e pubblicato dalla rivista Nuntium (marzo 1998) edita dalla Pontificia Università Lateranense, il cui rettore è monsignor Angelo Scola, vescovo proveniente dal movimento di Comunione e liberazione. L’articolo, titolato Una nuova sfida per il cattolicesimo democratico, è stato dapprima riprodotto dal quotidiano La Stampa e rilanciato, a fine maggio, dalle agenzie di stampa.


Polemiche
Padre Esposito: l’intercomunione? Già fatto...

Il padre paolino Rosario Esposito, apostolo della conciliazione fra Chiesa cattolica e massoneria, interviene sull’episodio che ha visto i coniugi Clinton fare la comunione in una chiesa cattolica in Sud Africa (cfr. 30Giorni, n. 4, aprile 1998, p. 24). E ricorda un episodio di “intercomunione”, meno noto, di cui è stato testimone. Lo fa nella rubrica “Asterischi” del mensile Vita pastorale (maggio 1998, pp. 16-17). «L’8 ottobre 1983» scrive Esposito «ho vissuto un’esperienza scioccante. Mi trovavo nella sede dell’Accademia cattolica Josef Pieper, nell’episcopio di Aachen. Col discreto, ma recidivo consenso del vescovo monsignor Klaus Hemmerle, ben noto a Chiara Lubich, vi si svolgeva l’incontro cattolico-massonico, che quell’anno aveva per tema “L’uomo e la morte”, studiato sotto i due punti di vista. Sull’albo pretorio venne affisso l’orario dell’ultimo giorno con la messa concelebrata dal sottoscritto e presieduta dal padre verbita Alois Kehl [...]. La cappella risultò piena come la sala delle conferenze. Ci servirono all’altare i coniugi Dorsch. Lui era gran segretario delle Logge riunite di Berlino: [...] di religione evangelica, animato da severo spirito liturgico; lei era pia né più né meno che le nostre pie donne. Al momento della comunione la coppia si mise in fila per ricevere l’eucarestia: l’unione dei cristiani l’avevano già ratificata».


Consigli
Sodano a Sant’Egidio: dedicatevi alle opere di carità

È stato il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato vaticano, a presiedere la celebrazione eucaristica per il trentesimo anniversario della fondazione della Comunità di Sant’Egidio. Il porporato piemontese non ha saputo resistere ai pressanti inviti pervenuti dal fondatore Andrea Riccardi. La cerimonia si è svolta nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, il cui parroco, don Vincenzo Paglia, è assistente spirituale del movimento ecclesiale. Hanno concelebrato sette cardinali (Paul Poupard, Roger Etchegaray, Achille Silvestrini, Edward Idris Cassidy, Vincenzo Fagiolo, Francesco Colasuonno e Salvatore De Giorgi) e trenta arcivescovi e vescovi. Presente anche il porporato Opilio Rossi, mentre i cardinali Giovanni Canestri e Francis James Stafford hanno partecipato al ricevimento successivo. Assenti i cardinali Carlo Maria Martini e Silvano Piovanelli, grandi amici della Comunità, anche se in quei giorni erano a Roma per l’assemblea annuale della Cei. Nella sua omelia, interamente pubblicata sull’Osservatore Romano, il segretario di Stato non ha fatto alcun cenno alla attività internazionale della Comunità, né alle sue iniziative di pace intraprese in varie parti dello scacchiere mondiale e che pure sono apprezzate da diverse cancellerie, in primis da quella statunitense (cfr. 30Giorni, n. 4, aprile 1994, pp. 26-27). Il cardinale astigiano ha certo ricordato che esistono «associazioni, comunità, movimenti, cammini, che sono chiamati a lavorare nel campo prepolitico, anche se alcuni, come cittadini, sotto la loro responsabilità, potranno poi agire anche in campo politico...». Ma subito dopo ha aggiunto un preciso richiamo: «Giustamente però nota il Concilio Vaticano II: “Le associazioni non sono fini a se stesse, ma devono servire a compiere la missione della Chiesa nei riguardi del mondo, la loro incidenza apostolica dipende dalla conformità con le finalità della Chiesa, nonché dalla testimonianza cristiana e dallo spirito evangelico dei singoli membri e di tutta la associazione” (Apostolicam actuositatem, n. 19)».
Sodano ha ringraziato invece il Signore «per aver soffiato sulle vele della Comunità di Sant’Egidio, spingendola soprattutto verso le opere di carità, che sono così diventate una delle sue precipue preoccupazioni». Successivamente il porporato ha fatto una piccola storia della attività caritativa della Chiesa, soffermandosi in particolare su Roma, e ha fatto questo invito: «Cari amici della Comunità di Sant’Egidio, è questo il contesto in cui siete chiamati oggi ad operare».


Papi
Cassidy: su Pio XII la storia dirà l’ultima parola

«Noi non diciamo che questa sia l’ultima parola sui vescovi tedeschi e neanche su Pio XII [...]. Quello che noi diciamo [di Pio XII] è che non fu lui “il cattivo”. Toccherà alla storia giudicare se abbia fatto o no tutto quello che avrebbe dovuto fare». Parole pronunciate del cardinale Edward Idris Cassidy, presidente della Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo (l’organo che ha redatto il documento vaticano sulla Shoah: noi ricordiamo), nel corso di una conferenza stampa tenuta e Londra. E pubblicate dal quotidiano della Cei Avvenire.


Nomine
Nelle diocesi cardinalizie di São Paulo e Santiago del Cile

Doppia nomina “cardinalizia” in America Latina. Il 15 aprile il francescano Cláudio Hummes, 64 anni, è succeduto al suo confratello, il cardinale Paulo Evaristo Arns, 77 anni a settembre, alla guida della più grande diocesi brasiliana: São Paulo (oltre otto milioni di cattolici). Due settimane dopo, il 24, Francisco Javier Errázuriz Ossa (dei Padri di Schönstatt, 65 anni) è stato nominato arcivescovo di Santiago del Cile in sostituzione del cardinale Carlos Oviedo Cavada (dell’ordine dei Mercedari, 71 anni) che ha dato le dimissioni per motivi di salute. Così nella capitale cilena risiedono attualmente ben tre porporati emeriti, un record.
La nomina del successore di Arns era la più attesa. L’anziano porporato aveva minacciato di lasciare la sua città se la scelta del Papa fosse caduta su un candidato “di rottura”. Appresa la nomina di Hummes, Arns ha dichiarato che non si trattava del suo preferito, ma non ha fatto le valige per andarsene da São Paulo. «Un passato da progressista e un presente da conservatore, o tutt’al più da moderato», così sintetizza la personalità di Hummes l’agenzia cattolico-progressista Adista. E ricorda che venti anni fa, durante il regime militare, Hummes, allora vescovo di Santo André (dove è rimasto dal ’75 al ’96), «appoggiò gli scioperi del sindacato metallurgico nella regione industriale attorno a São Paulo». «Durante uno di quegli scioperi» ricorda sempre Adista «rifiutò la richiesta avanzatagli dalla Federazione delle industrie dello Stato di São Paulo di fare da mediatore con il sindacato dei metallurgici [presieduto da Luíz Inácio da Silva, il futuro Lula del Partito dei lavoratori], sostenendo che “la Chiesa non può svolgere il ruolo di mediatrice, perché è fermamente al lato di una delle parti, i lavoratori». Nel ’96 Hummes è stato promosso arcivescovo di Fortaleza dove è succeduto ad un altro cardinale brasiliano, francescano e di tendenze progressiste: Aloísio Lorscheider. Obiettivo di questa nomina, sottolinea maliziosamente Adista, è «rimettere ordine nel lavoro svolto dal suo illustre predecessore. Avendo svolto il compito alla perfezione, dom Cláudio sarebbe stato premiato con l’incarico di rimettere ordine anche nella diocesi, più impegnativa, di São Paulo».
Errázuriz Ossa prima di arrivare alla prestigiosa sede di Santiago ha lavorato per sei anni nella Curia romana. Nel ’90 infatti è stato nominato segretario della Congregazione per i religiosi, nel settembre ’96 viene rimandato in patria a guidare la diocesi di Valparaiso dove sostituisce Jorge Arturo Medina Estévez, che tre mesi prima era stato chiamato a Roma come proprefetto per la Congregazione per il culto divino.


Donne diacono
Quando Sodano cita la «celebre diaconessa Olimpia»

Non è usuale che un cardinale di santa romana Chiesa, per di più di Curia, parli di “diaconesse”, specialmente dopo che un recente documento ha ribadito il “no” vaticano al diaconato femminile (cfr. 30Giorni, n. 4 aprile 1998, p. 25). Eppure un riferimento storico alla «celebre diaconessa Olimpia» lo ha fatto il cardinale Angelo Sodano nell’omelia pronunciata nel corso della messa per i trent’anni di Sant’Egidio (cfr. notizia a pagina 37). «Nella Chiesa di Costantinopoli ai tempi del patriarca san Giovanni Crisostomo, verso la fine del secolo IV, fioriva già tutta una rete di iniziative caritative, a opera della celebre diaconessa Olimpia. Sono commoventi le lettere che il santo Patriarca le scriveva dal suo esilio, in Armenia, ove l’imperatore l’aveva relegato, per raccomandarle di non dimenticarsi mai dei poveri di quella città. E ogni giorno la Chiesa di Costantinopoli dava una refezione a più di mille poveri del luogo. Quand’ero giovane sacerdote avevo letto con piacere la traduzione di tale corrispondenza fra san Giovanni Crisostomo e la diaconessa Olimpia nella nota collana “Sources chrétiennes” [A. M. Malingrey, Introduction et traduction des Lettres à Olympias de S. Jean Chrysostome, Paris 1947]».


Pakistan
Vescovo di Islamabad: “moralismo inaccettabile” le critiche alle bombe

«Dicono agli altri di abbandonare il nucleare. Loro invece continuano a tenerselo. Questo scandalo moralista è inaccettabile». È questa la risposta di Anthony Theodore Lobo, vescovo di Islamabad, alle grandi potenze pronte a dare «buoni consigli, ma non l’esempio». Lo ha fatto con alcune dichiarazioni rilasciate all’agenzia Fides, collegata a Propaganda Fide, a commento dei test nucleari effettuati dal Pakistan a fine maggio. «Non appena l’India ha lanciato gli esperimenti nucleari ha cominciato a fare pressioni o minacce per il possesso del Kashmir. Per il Pakistan si tratta allora di una questione di sovranità e dignità: è possibile pensare che d’ora in poi il Pakistan si debba piegare ad ogni volere dell’India?». «È comprensibile» ha aggiunto il vescovo «che il Pakistan si lanci a fare esperimenti nucleari per bilanciare il potere indiano. Per questo, sebbene noi vescovi siamo preoccupati, la gente di qui è super contenta dei test».


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