Rubriche
tratto dal n.09 - 2007


Quando la religione vuole fare politica


Fabio Petito e Pavlos Hatzopoulos (a cura di), IRitorno dall’esilio. 
La religione nelle relazioni 
internazionali/I, Vita e Pensiero,
Milano 2006, 350 pp., 
euro 20,00

Fabio Petito e Pavlos Hatzopoulos (a cura di), IRitorno dall’esilio. La religione nelle relazioni internazionali/I, Vita e Pensiero, Milano 2006, 350 pp., euro 20,00

Il volume curato da Fabio Petito e Pavlos Hatzopoulos raccoglie una serie di saggi particolarmente adatti a chi voglia formarsi una fondata opinione su un tema di assoluto rilievo, dal quale oggi è impensabile prescindere: il ritorno dall’esilio delle religioni sulla scena delle relazioni internazionali. Gli esperti europei e americani che hanno contribuito all’opera hanno, con estrema cura, esaminato questo “ritorno”, in un percorso che parte da una disamina di teoria delle relazioni internazionali, sino ad affrontarne gli aspetti più concretamente attuali, attraverso un griglia che mette in relazione guerra, sicurezza e religione e infine fornendo ipotesi di estremo interesse sugli scenari prossimi (e già in via di realizzazione) dell’avvento di un “ethos globale”, in cui si specchiano, soprattutto, spiritualità cristiana e spiritualità islamica (si veda a tale proposito il saggio di Fred Dallmayr). In questa sezione finale si segnala lo studio di John Esposito e John Voll, dedicato alle voci islamiche contemporanee più presenti nel dialogo con l’Occidente, rammentando, a titolo esemplificativo ed eloquente, gli sforzi fatti da intellettuali e leader politici come il malese Anwar Ibrahim, l’iraniano Mohammad Khatami e l’indonesiano Abdurraham Wahid. Nomi da ricordare, che hanno dato un contributo concreto alla riformulazione delle relazioni internazionali, coniando un vocabolario nuovo che possa essere condiviso dai più, in Oriente come in Occidente, e che hanno reso più accettabile e governabile il fallimento della cosiddetta “teoria della secolarizzazione” (secondo cui il processo di modernizzazione del XX secolo avrebbe fatto scomparire definitivamente la religione dall’orizzonte della politica internazionale). È oggi evidente, invece, che le relazioni internazionale vedono la crescente partecipazione attiva di enti che non sono solo Stati e nazioni, e che la rinascita dell’islam politico innesca situazioni prima inedite. Merita infine ricordare l’accostamento che il testo fa tra il padre del jihad militante, l’islamista egiziano Sayyd Qutb – “pietra miliare” per quei professori islamisti a cui si era abbeverato anche Bin Laden – e il celebre creatore della nota tesi dello scontro tra civiltà, Samuel Huntington. Ritorno dall’esilio è un testo che cerca seriamente di fornire nuovi strumenti analitici a chi s’interessa di politica internazionale.

Giovanni Cubeddu




La Chiesa tra Medioevo ed epoca dei Lumi


Thomas E. Woods  jr, 
ICome la Chiesa cattolica 
ha costruito la civiltà occidentale/I, Cantagalli, Siena 2007, 272  pp., euro 18,50

Thomas E. Woods jr, ICome la Chiesa cattolica ha costruito la civiltà occidentale/I, Cantagalli, Siena 2007, 272 pp., euro 18,50

Certo coloro che negano le radici cristiane dell’Europa, come pure gli scettici nella fase conclusiva della discussione sulla Costituzione che doveva preparare il futuro del Vecchio Continente, non conoscono i contenuti del libro di Thomas E. Woods, Come la Chiesa cattolica ha costruito la civiltà occidentale. Diversamente, avrebbero posto più attenzione a chi sosteneva che il riferimento alle nostre radici cristiane era un fatto culturale dovuto, senza bisogno di dare vita a discussioni piuttosto insignificanti e sterili. In un momento storico come quello attuale, di laicismo imperante, in cui in ogni disciplina i cultori cercano anche di far dimenticare i legami con la tradizione cristiana, questo libro è una fonte preziosa cui attingere per capire l’importanza della Chiesa nella costruzione della civiltà occidentale in Europa e non solo.
L’autore traccia un profilo storico molto accurato del ruolo della Chiesa dal Medioevo fino al Settecento, cercando di analizzare il rapporto che questa istituzione ha instaurato con la cultura e il sapere lungo l’arco dei secoli. Emerge così a gran forza che il sapere è stato conservato e tramandato nel tempo grazie soprattutto alle istituzioni monastiche che con i loro scriptoria hanno copiato e salvato dall’oblio molti testi classici e hanno inoltre permesso lo studio delle lingue antiche al punto che spesso ogni monastero acquisiva la sua specializzazione. Un capitolo molto interessante è dedicato al rapporto tra Chiesa e scienza. Su questo argomento spesso si sono avute discussioni tendenziose che hanno tentato di sminuire l’opera di salvaguardia e innovazione svolto dalla Chiesa, e di demonizzare l’istituzione ecclesiastica come freno alla scienza. Ogni capitolo del volume è dedicato all’analisi del rapporto che lega i vari campi del sapere con la fede cristiana, mettendo in luce di volta in volta gli aspetti salienti di questo legame: l’arte, l’economia, il diritto, l’agricoltura, la scienza, l’etica, la morale, la musica, l’istituzione delle scuole e la creazione del sistema universitario.
Il libro di Woods è dunque un valido aiuto per capire e collocare nella giusta posizione il ruolo della Chiesa nella nascita della cultura moderna occidentale.




Memorie di un sovversivo


Adriano Ossicini, 
IMemorie di un «sovversivo»/I, Studium, Roma 2007, 
136 pp., euro 10,50

Adriano Ossicini, IMemorie di un «sovversivo»/I, Studium, Roma 2007, 136 pp., euro 10,50

L’itinerario politico di Adriano Ossicini, la sua esperienza culturale che ha attraversato realtà storiche e politiche complesse di oltre mezzo secolo, vengono offerti in un libro edito dalla Studium di Roma, Memorie di un sovversivo. Scrive Francesco Malgeri nell’introduzione: «Ossicini ripercorre, in questo libro, il suo itinerario culturale e politico, che si intreccia con la storia politica, sociale e religiosa del nostro Paese, nella quale si misurano, nel quadro di momenti intensi e drammatici, ideologie, culture, uomini, partiti e movimenti. La riflessione sul passato e sui processi della storia è sempre accompagnata da un’attenzione particolare al ruolo dei cristiani nella società e nella vita politica, nel confronto e nel rapporto con le altre ideologie e con le altre culture, ma soprattutto nel confronto con la propria coscienza e con la propria fede. In questo libro è possibile cogliere interamente questa dimensione dell’impegno politico che ha accompagnato la biografia politica e intellettuale di Adriano Ossicini».
Antifascista, dopo lo scioglimento della Sinistra cristiana nel dicembre 1945 Ossicini non entrò, come fecero molti suoi amici, nel Pci, ma non aderì nemmeno alla Dc di De Gasperi. Non fu mai comunista; aveva assorbito sin da giovane la lezione sturziana ispirata alla laicità della politica e al rifiuto della unità dei cattolici in un unico partito. Colpisce l’onestà intellettuale di un uomo inquieto ma coerente, rigorosamente ancorato ai valori propri della democrazia, pur nella differente lettura degli accadimenti e degli scenari internazionali in grande mutamento. Bella la lettera che da Cremona nel giugno 1948 scrive a don Giuseppe De Luca per spiegare il «momentaneo» disimpegno politico (p.127). Il suo impegno nella Sinistra indipendente, poi, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ha la dimensione di un paziente lavoro di confronto e di dibattito nella nuova cultura politica italiana. Il ritorno all’impegno politico viene spiegato in una lettera a Ferruccio Parri nel dicembre 1967 (p.131).
Il documento che oggi trova pubblicazione in effetti è datato 1967; si tratta del testo di un intervento fatto da Ossicini in occasione della nascita dei Circoli di iniziativa politica intitolati a Francesco Luigi Ferrari in provincia di Messina.




E il naufragar m’è amaro


Anna Manna, IMaree amare. Mare e amare/I, Pagine, Roma 2007, 96 pp., euro 10,00

Anna Manna, IMaree amare. Mare e amare/I, Pagine, Roma 2007, 96 pp., euro 10,00

Il rischio di una raccolta di poesie è spesso quello della ripetitività; dopo aver letto le prime tre o quattro composizioni, hai la sensazione di non provare più particolari emozioni e ti viene voglia di abbandonare la lettura, salvo poi riprenderla e continuare. Non è così per questa raccolta di poesie di Anna Manna, Maree amare / mare e amare, uscita per i tipi di Pagine.
Credo che i poeti vivano in una dimensione diversa, altra, spesso al di là dello spazio e del tempo; in Giri di valzer Anna li incontra «rattrappiti alle porte della televisione / chiedevano un po’ di spazio / li invitarono in massa / non riuscirono a farsi capire / e furono inghiottiti da isole volgari / dove le donne sputavano banalità / e insulti da galera» (p. 23). Fuori dal tempo e dallo spazio, appunto.
Non è una raccolta facile quella che la Manna ci presenta. Anna è un personaggio in sospeso, sempre in balìa delle onde del mare; è un naufrago nel mare dell’oggi; basta leggere La conquista dell’orizzonte, la più bella poesia della raccolta secondo me (p. 52), per comprendere come la poesia sia sempre compagna della vita della poetessa. In tutte le composizioni c’è la solarità di Anna donna-donna, ma anche le sue incertezze, le sue paure, spesso mascherate, i dubbi, i ripensamenti, ecco, la condizione di sospensione: «forse la poesia è questa guarigione / e viceversa. / Questo miracolo / che avviene all’improvviso / in quel lasso brevissimo di tempo / che precede le stelle» (p. 65).




Verso un’etica dei mass media


Silvia Costantini – Andrea Scorzoni – Fabio Silvestri, IVerso un’etica dei mass media/I, Edizioni Art, Roma 2007, 140 pp., euro 11,00

Silvia Costantini – Andrea Scorzoni – Fabio Silvestri, IVerso un’etica dei mass media/I, Edizioni Art, Roma 2007, 140 pp., euro 11,00

Con grande autorevolezza e forte impatto etico la pubblicazione a più mani di Silvia Costantini, Andrea Scorzoni e Fabio Silvestri, Verso un’etica dei mass media, si inserisce nel dibattito, più che mai attuale, sul ruolo dei mezzi di comunicazione sociale e degli operatori nella società moderna, soprattutto dal punto di vista della responsabilità etica e morale. «Se è vero che i mezzi di comunicazione di massa rappresentano dei potenti strumenti in grado di soddisfare le necessità umane di educazione, accrescimento culturale, comprensione e partecipazione politica [...], è anche vero che i mezzi della comunicazione sociale sono chiamati (e in qualche modo anche tenuti sul piano della loro ispirazione) a effettuare un ulteriore passo in avanti, e a fare in modo che tutti gli individui si facciano sempre più consapevoli dei gravi problemi e dei drammi anche epocali con i quali la società nel suo complesso, così come ogni singolo individuo, è quotidianamente chiamata a confrontarsi».
La Chiesa non è seconda a nessuno. I cattolici sono abituati ad accettare le sfide ed essere in prima linea. Basta riflettere sul magistero di Giovanni Paolo II, molto ricco e fecondo, per ribadire «la consapevolezza che i mezzi della comunicazione sociale, così come tutti i mezzi di comunicazione di massa, debbono essere utilizzati alla luce di principi etici chiari e condivisi, poiché quegli stessi strumenti che possono avere un ruolo determinante nell’instillare nelle persone il senso della comunità e del bene comune, possono al tempo stesso diventare mezzi di corruzione, di sfruttamento, di dominio e di manipolazione dell’uomo sull’uomo, così come alimentare il pregiudizio e il disprezzo tra gli individui ed i popoli». L’interesse del volume sono soprattutto le comunicazioni sociali, cioè i media di ispirazione cristiana, che hanno conosciuto uno straordinario sviluppo nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II (il primo capitolo è dedicato al più grande evento mediatico che la storia ricordi: la morte di Giovanni Paolo II). Gli autori analizzano l’interesse della Chiesa nei confronti del mondo dei media – una riflessione che abbraccia mezzo secolo – e, più in generale, nei confronti di tutti gli strumenti di comunicazione, adottando un approccio metodologicamente rigoroso, fondato su una amplissima ricostruzione e contestualizzazione storica del problema, sulla base dei documenti ufficiali della Chiesa cattolica e di interviste ad alcuni dei principali esponenti del mondo dei mass media e della cultura: Emmanuele Milano, Gianfranco Noferi, Francesco Ceriotti, Jesús Colina (pp. 94-128).




Il testamento biologico


Maurizio De Tilla, Lucio Militerni, Umberto Veronesi, 
IIl testamento biologico. 
Verso una proposta di legge/I, Sperling & Kupfer, 
Milano 2007, 350 pp., s.i.p.

Maurizio De Tilla, Lucio Militerni, Umberto Veronesi, IIl testamento biologico. Verso una proposta di legge/I, Sperling & Kupfer, Milano 2007, 350 pp., s.i.p.

L’argomento è senza dubbio di difficile, oserei dire storica, attualità. È il tema della scelta del come morire, che chiama in ballo il rapporto medico-paziente, i diritti del malato, gli obblighi del medico, le rispettive responsabilità. Il diritto a fare testamento... Non un testamento qualunque, ma il proprio testamento biologico: quello con cui decidiamo cosa fare di noi nel caso ci trovassimo in condizioni fisiche tali da non poter esprimere la nostra volontà: per un incidente o una malattia grave, o in una sorta di coma in cui la nostra vita sembra sfuggire al controllo intenzionale e dobbiamo affidarci ad altri perché interpretino in quel momento le nostre volontà. Non a caso si parla di direttive anticipate di trattamento. Una questione bioetica delicatissima, senza dubbio. Il principio che sul piano bioetico entra in gioco è quello dell’autodeterminazione e il testamento biologico ne costituisce la formalizzazione.
Molti i contributi scientifici apparsi sull’argomento, condotti su differenti versanti. Il taglio del volume edito dalla Fondazione Umberto Veronesi, Il testamento biologico, è essenzialmente giuridico: due dei curatori del volume, Maurizio De Tilla e Lucio Militerni, sono magistrati, uomini di legge, e pertanto danno una valutazione dell’argomento di natura essenzialmente giuridica.
Ci sono però dei punti fermi dai quali non si può prescindere: la non disponibilità della vita umana innanzitutto; nessuno, neppure in casi molto gravi, ha diritto a sopprimere la propria vita. In secondo luogo, i progressi della scienza e della tecnica ci rendono partecipi degli enormi sviluppi che l’intelligenza umana mette a disposizione dei malati: se decido oggi quali possono essere le direttive anticipate di trattamento a cui dovranno attenersi i medici domani, lo faccio a partire dalle conoscenze tecnico-scientifiche che sono disponibili oggi, senza sapere quali saranno i futuri sviluppi della scienza e della tecnica e i possibili vantaggi su cui potrei contare domani. Ancora: lo stato d’animo con cui oggi, in buone condizioni fisiche e di vita, assumo determinate decisioni, domani potrebbe cambiare di fronte a una malattia e a una situazione più o meno invalidante, o comunque in circostanze diverse.
Il problema dunque è e rimane aperto e quello della Fondazione Veronesi costituisce un apporto alla sua conoscenza.




Il primato della politica estera


Achille Albonetti, IL’Italia, 
la politica estera e l’unità dell’Europa/I, Edizioni Lavoro, Roma 2005, 220 pp., euro 12,50

Achille Albonetti, IL’Italia, la politica estera e l’unità dell’Europa/I, Edizioni Lavoro, Roma 2005, 220 pp., euro 12,50

Achille Albonetti è stato consigliere della rappresentanza italiana all’Oece, membro delle delegazioni che hanno negoziato i Trattati europei degli anni Cinquanta, capo di gabinetto del vicepresidente della Commissione e rappresentante italiano nell’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite (istituzione di cui ha parlato anche il Papa da Castel Gandolfo nell’Angelus dell’ultima domenica di luglio). Fa parte dunque della generazione che ha fatto l’Europa. Un’Europa oggi pericolosamente in declino per molteplici ragioni, peraltro più volte presentate e analizzate anche dalle colonne di questa rivista; un’Europa i cui Stati membri non intendono rinunciare a quel tanto di sovranità che ancora rimane nelle loro mani, dopo i progressi unitari degli anni Novanta; un’Europa che non ha una politica estera, un luogo cioè in cui possano confluire tutti i poteri dello Stato, facendone un nodo che stringa insieme tutte le politiche. Senza la sintesi di una politica estera e di difesa comune che dia identità politica all’Europa, i singoli attributi della sovranità statale sono ombre, fantasmi…
Il primato della politica estera, dunque: ruota attorno a questo concetto, più che mai ancora attuale, il libro di Achille Albonetti, L’Italia, la politica estera e l’unità dell’Europa. L’autore non tralascia di soffermarsi anche sulle sfide che l’Europa e gli Stati Uniti, in un rapporto oggi squilibrato, dovranno affrontare nei prossimi decenni. In una ventina di pagine finali (179-200) propone la sintesi dei principali avvenimenti di interesse italiano intercorsi nel contesto della politica estera dal 1870 al 2005, dalla breccia di Porta Pia alla ratifica del Trattato costituzionale dell’Unione europea da parte del Senato.


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