Rubriche
tratto dal n.08/09 - 2003

Lettere dalle missioni




Stati Uniti
Martin Luther King: la pace per raggiungere la pace
Il 25 luglio l’agenzia Misna ha rilanciato quanto afferma il sito dell’associazione americana “Peaceful Tomorrows” (Per un domani di pace), fondata da ottanta famiglie di vittime dell’11 settembre 2001 che propongono un’alternativa nonviolenta all’escalation bellica motivata dalla lotta al terrorismo. Nella pagina iniziale di questo sito vi è una significativa e attuale citazione di Martin Luther King: «Il passato è profetico nella misura in cui afferma che le guerre sono poveri scalpelli per scolpire un domani di pace. Un giorno dovremo accorgerci che la pace non è solo un obiettivo lontano da raggiungere, ma è il mezzo per raggiungere quell’obiettivo».


Liberia
Appello dei vescovi per un intervento internazionale
«Il tempo a disposizione degli Stati Uniti e della comunità internazionale per evitare un disastro in Africa occidentale sta per scadere». Lo affermano in un appello congiunto, consegnato all’agenzia Misna il 22 luglio, l’arcivescovo di Monrovia Michael Kpakala Francis, e i vescovi sierraleonesi George Biguzzi (diocesi di Makeni) e Patrick Daniel Koroma (diocesi di Kenama). «Senza una forza d’intervento internazionale» scrivono i vescovi «temiamo che l’escalation di violenza in Liberia aumenti, trascinando ancora una volta la regione occidentale dell’Africa in una guerra. Esortiamo con forza il presidente Bush a impegnarsi totalmente nella ricostruzione della pace in Liberia e in tutta l’Africa occidentale». I vescovi concludono ribadendo la necessità del sostegno a lungo termine da parte della Casa Bianca per la ricostruzione del Paese: «Parliamo insieme, con una sola voce, a nome di milioni di vittime silenziose, vivi e morti, della guerra in Africa occidentale». All’Angelus del 27 luglio il Papa ha chiesto una «azione concertata della comunità internazionale».


Burundi
Messaggio al Papa di un missionario polacco sotto le bombe: «Lanci lei un messaggio di riconciliazione a tutte le parti»
«Padre Santo, le chiedo di rivolgere le sue preghiere alla martoriata terra burundese dove mi trovo come missionario. Domenica hanno bombardato la capitale, Bujumbura, dalle 3 del mattino alle 10.30. È stato un inferno!». Sono le parole contenute in un messaggio indirizzato il 14 luglio al Papa da padre Damiano Fedor, polacco, 43 anni, dell’ordine dei Carmelitani scalzi, originario della diocesi polacca di Plock. «Non sappiamo quanto durerà quest’offensiva delle forze ribelli, ma chiediamo a lei di lanciare un messaggio di riconciliazione a tutte le parti in conflitto perché cessino le ostilità che stanno vanificando del tutto il processo di riconciliazione. È indescrivibile quello che abbiamo sperimentato durante la battaglia. Alle 5 del mattino, assieme al mio confratello ruandese, padre Jean François Nkunzimana, ho celebrato la santa messa nel nostro convento, non lontano dalla cattedrale, convinto che fosse l’ultima eucarestia della nostra vita terrena. Se siamo ancora vivi è un miracolo! Non sappiamo quante vite innocenti siano state sacrificate in questi giorni, ma la ferocia dei combattimenti ci fa pensare a una cifra molto elevata».


Sudan
Apprezzamento del governo per la Chiesa cattolica
Il governo di Khartoum ha dato il 9 luglio la cittadinanza sudanese e un nuovo passaporto a padre Giuseppe Puttinato, preside del Comboni College a Khartoum e dal 1959 nel Paese. Prima di lui, nella storia del Sudan, una simile attestazione di riconoscenza era stata concessa solo all’arcivescovo Agostino Baroni – successore del beato Daniele Comboni alla guida della diocesi di Khartoum – e ad altri due missionari. «Io non sono arabo né musulmano, non parlo bene l’arabo e il mio stile di vita non è né arabo né musulmano. Ma ho giurato fedeltà al Sudan, non sul Corano ma sulla Bibbia», ha dichiarato padre Puttinato. L’iniziativa del governo sudanese è certamente un segno di apprezzamento del lavoro della Chiesa cattolica.


India
«La Chiesa dell’India potrà ora sentirsi alla pari con le altre religioni riguardo alla legge sulla successione»
Buone notizie dall’India per la Chiesa. Il 23 luglio la Corte suprema indiana ha accettato il ricorso depositato sei anni fa da un prete cattolico, John Vallamattom, contro l’“Indian succession act”, una legge del 1925 che limitava la possibilità dei cristiani di donare in eredità i propri beni alla Chiesa o ad organizzazioni benefiche. Tale norma si applicava soltanto ai cittadini di religione cristiana. Le principali Chiese cristiane dell’India hanno espresso il loro compiacimento per la sentenza. Donald De Souza, vicesegretario generale della Conferenza episcopale indiana, ha affermato che «la Chiesa dell’India potrà ora sentirsi alla pari con le altre religioni riguardo alla legge sulla successione». Lo stesso giorno De Souza aveva condannato l’assalto compiuto due giorni prima contro pellegrini indù diretti al tempio, condotto presumibilmente da separatisti islamici, che avevano causato sei morti e 46 feriti. «Siamo scioccati, gli attacchi rivelano la follia maligna degli assassini… La Chiesa cattolica continua a sostenere il cammino verso la pace». q








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