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IL NATALE E I BAMBINI
tratto dal n. 11 - 2010

Una visita alla casa di Nazareth!



uno scritto inedito di Cecilia Eusepi


Cecilia Eusepi

Cecilia Eusepi

Questa mattina, fatto animo risoluto, sono entrata in quella cara casetta di Nazareth. Piano piano mi sono avvicinata alla porta e ho fatto capolino. Credevo non ci fosse nessuno per il gran silenzio che vi regnava, ma, avvicinandomi ancor più, ho sentito il rumore della sega: era san Giuseppe il quale, sebbene fosse ancora molto presto, pure era di già al lavoro.
Senza chiedere tanti permessi (poiché i pagliacci non usano queste cerimonie) sono entrata.
La Madonna, solerte massaia, stava mettendo in ordine la casa; appena mi ha veduta mi si è avvicinata con molta grazia e mi ha domandato cosa volessi, e io ho detto che ero un piccolo pagliaccio amico di Gesù, venuto appunto per divertirlo. La Madonna ha sorriso, mi ha invitato a seguirla, e io l’ho seguita.
Siamo andati in camera da letto, e… avesse visto! Nel candido lettino Gesù bambino dormiva saporitamente. Com’era carino! Teneva le mani incrociate sul petto e la testolina, coperta da riccioli d’oro, piegata leggermente a sinistra. La Madonna, trattenendo il respiro, si è avvicinata e si è curvata verso il piccolo re per contemplarlo.
Quanti pensieri in quel momento si sono affollati nella mente di Maria! Pensieri che scendevano al cuore e si convertivano in sentimenti di riverenza, di amore e di dolore. Di riverenza: quello era il suo Dio, il padrone del Cielo e della terra, il Creatore dell’Universo. D’amore: non altro che l’amore l’aveva spinto a farsi debole bambino, bisognoso di tutto, egli che era tutto si era degnato di sceglierla per sua Madre, abbandonarsi nelle sue mani, affidarsi alle sue cure. Di dolore: quel caro Gesù che ora dorme così bello, un giorno lo rivedrò dormire, ma ahimé che sonno, il sonno della morte, non più bambino, ma adulto, non più così bello e grazioso, ma tutto una piaga.
E qui, dagli occhi di Maria cadono due lagrimoni che vanno a posarsi sulle rosee gote del bimbo. Questo si sveglia, sorride alla Madre, la quale lo bacia, se lo stringe al cuore, poi con somma riverenza lo solleva, lo veste, lo lava e lo pettina.
Gesù si inginocchia, piega le mani, alza gli occhi al Cielo, prega, poi corre a dare il buongiorno al buon san Giuseppe, che, animato dagli stessi sentimenti della sposa, lo prende fra le sue braccia, se lo stringe al cuore e lo bacia; Gesù contraccambia il bacio. I due sposi rimangono estatici a contemplarlo, quali pensieri tumultuano nelle loro menti! Quali affetti invadono i loro cuori! Il loro Dio è con loro, sotto le umane spoglie di un bambino, debole, bisognoso del loro aiuto. Lo vedono prendere i pezzetti di legno che san Giuseppe non adopera, formare con quelli una croce e poi stringersela al cuore, baciarla, metterla in terra e stendervisi sopra. Mistero d’amore e di dolore!
I volti dei due sposi sono infuocati dall’amore che trabocca dai loro cuori, si guardano, si comprendono a vicenda, e una nube viene a offuscare i loro volti, le lagrime a imperlare le loro gote. Perché mai?
Ecco, guardo Gesù ed egli in un momento mi fa comprendere ciò che passa nei cuori di quei suoi santi genitori. Oh, come lo amano quel dolce Gesù, egli li ha creati, ricolmati di doni, e adesso se lo vedono fatto uomo, per aprire agli uomini le porte del Paradiso, ma quanto deve costare a Gesù questo! Alla loro immaginazione si presenta il Calvario sormontato dalla croce, dove crocifisso agonizza il loro Gesù, non più grazioso fanciullino, ma uomo adulto, uomo dei dolori!
San Giuseppe non si troverà presente a quella scena che gli si dipinge davanti, così straziante, no, ma egli vede la sua sposa ai piedi della croce agonizzare in un mare di dolore.
Non basta. Perché tante sofferenze? Per la salvezza degli uomini! Si salveranno poi tutti? Oh, dolore dei dolori! Quanti, quanti calpesteranno quel sangue divino, quanti ingrati a tanto amore si abbandoneranno in balìa della più nera ingratitudine, quanti ancora si danneranno! Questo pensiero è il più straziante, è quello che fa sgorgare lagrime dagli occhi di quei santi personaggi.
Nella casetta di Nazareth non si parla, non ce n’è bisogno! Si comprendono a vicenda, soltanto l’amore e il dolore vi regnano inseparabili, è questo che li distingue dalle altre famiglie. La vita che qui si mena è semplice. San Giuseppe lavora dalla mattina alla sera per guadagnare di che vivere. La Madonna accudisce alle faccende di casa. Gesù bambino li aiuta fin dove può, poi si diverte con giochi innocenti, come gli altri bambini della sua età.
Volevo andarmene, ma poi, visto che il pranzo era pronto, un po’ ficcanaso, come del resto sono tutti i pagliacci, rimasi per vedere ciò che mangiavano. (Se non mi sbaglio, erano fagioli). Si sedettero a mensa, Gesù bambino stava fra la Madonna e san Giuseppe (mostrava di non saper tenere bene il cucchiaio e la Madonna, con somma riverenza, gli insegnò a tenerlo). Anche il pranzo si svolse nel silenzio. Finito, la Madonna rigovernò, Gesù asciugò i piatti e le stoviglie, san Giuseppe ritornò al suo lavoro. Finalmente giunse l’ora di cena, e anche questa, frugale come il pranzo, si svolse nel raccoglimento e nel silenzio. (A un certo punto il piccolo Gesù, rivolto alla Madonna le disse: permetti che io digiuni? E questa con voce dolce e sommessa: sei ancora troppo piccino. Il digiuno potrebbe nuocerti. E Gesù umile obbedisce senza replica). Finito e rigovernato, san Giuseppe intona una preghiera che gli altri seguono. Poi la Madonna, preso fra le sue braccia Gesù, lo addormentava col canto dolce della ninna nanna. Il Re del Cielo e della terra chiuse i suoi cerulei occhietti al sonno, ma il cuore vegliava sempre e batteva, palpitava d’amore. La Madonna, piano piano, se lo prese fra le braccia, lo spogliò e lo pose nel lettino. Il buon san Giuseppe venne a contemplarlo, lo baciò, poi tutti e due si inginocchiarono di fianco al letto, assorti nella più profonda contemplazione. Così passarono gran parte della notte, forse anche tutta.
Prima di uscire volli anch’io deporre un caldo bacio sulla fronte di Gesù e – oh, meraviglia! – fra le sue piccole mani stringeva un minuscolo pagliaccio, lo guardai bene e lo riconobbi, ero io!... Guardai ancora, sul cuore egli teneva un foglio dove, a grandi caratteri, erano scritti i nomi della nostra congregazione. Immagini la mia gioia! Non potei trattenermi dallo stampare un secondo bacio su quella fronte divina e fare due sgambetti così ridicoli da far sorridere la Madonna, san Giuseppe e tutti gli angioletti che svolazzavano attorno a quel lettino, semplice lettino, divenuto il più splendido trono del Cielo, perché vi riposava il sommo Re.

Cecilia Eusepi Nepi, località La Massa, febbraio 1927


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