La scomparsa del cardinale Franz König
Un costruttore di ponti
«Questo grande cardinale ci ha dimostrato che una fede ancorata in Gesù Cristo apre e allarga il cuore e la mente». Pubblichiamo l’omelia dell’attuale arcivescovo di Vienna ai funerali di König
del cardinale Christoph Schönborn
Sia lodato Gesù Cristo! Cari fratelli e sorelle nel
Signore! Il 17 giugno 1956 il nuovo arcivescovo di Vienna, Franz König,
terminando la sua prima predica nel Duomo di Santo Stefano, disse: «Lo
splendore solenne del primo ingresso non mi ha impedito d’immaginare
contemporaneamente anche la mia ultima uscita da morto, quando dovrò presentare il rendiconto
del mio governo».
Da allora sono passati quasi cinquant’anni
ricchi di lavoro fino alla fine. Oggi accompagnamo le sue spoglie mortali
all’estrema dimora, nella cripta dei vescovi nel Duomo. Oggi, come già nei
giorni trascorsi dal 13 marzo, preghiamo per il defunto affinché Dio voglia
benevolmente accettare il suo ultimo rendiconto e regalargli la vita eterna
nella patria del cielo.
Nelle ultime due settimane abbiamo letto tanti ricordi sul cardinale König, tante commoventi testimonianze, di persone provenienti da tutti i settori del nostro Paese, da tutto il mondo.
Non è mia intenzione, oggi, a queste già numerose necrologie aggiungerne un’altra. In quest’ora, piuttosto, bisogna guardare avanti. Credo che il cardinale König sarebbe completamente d’accordo.
Non ho mai incontrato una persona anziana che vivesse così tanto nell’oggi, nell’adesso, come il cardinale König. Data la sua lunga esperienza di vita, avrebbe veramente potuto raccontare molte cose, e lo faceva quando gli si ponevano domande sul suo passato, ma senza mai soffermarcisi troppo a lungo. Il suo interesse era concentrato sull’oggi e sul domani.
Fino alle ultime ore della sua vita terrena, il cardinale König ha sempre manifestato un attento, vivo interesse per il presente, per gli uomini, per i quali si preoccupava, per i quali s’interessava, per le vicende della Chiesa e del mondo.
Per questo vorrei concentrarmi oggi su ciò che la sua eredità significa per noi in termini di compito. In questi giorni abbiamo parlato molto della costruzione di ponti. Ponti che s’inarcano in modo molto ardito hanno bisogno di pilastri che siano solidamente ancorati nel letto del fiume. L’apertura del cardinale König, il suo costruire ponti in modo audace, poggiava su pilastri solidi. Somigliava all’uomo nel racconto evangelico, di cui Gesù dice che aveva costruito la sua casa sulla roccia, e che né il soffiare dei venti né lo straripare dei fiumi potevano farla crollare (Mt 7,24-25).
Faccia a faccia con la morte emergono
quali siano le fondamenta portanti della vita. Il cardinale König non ha mai
ostentato la sua pietà. Era una pietà semplice e profonda. Annemarie Fenzl, che
vorrei ringraziare di cuore per aver assistito il cardinale König così
devotamente per tanti anni e fino alla sua ultima ora, ha scritto: «Quando i
suoi giorni si fecero più faticosi, divenne sempre più chiaro da dove il
cardinale prendeva la sua forza. Dopo una messa, celebrata da un giovane prete
nella sua stanza, il cardinale disse: “Questo è ciò di cui io vivo!”».
L’ampiezza del suo cuore, l’apertura della sua mente, il suo vivo interesse per tutto ciò che riguarda gli uomini, sgorgavano dalla sua profonda, leale adesione a Dio.
La prima, la più importante eredità – che per noi è un compito – del cardinale König sta, a mio parere, nella cura del solido fondamento della fede. Questo grande cardinale “costruttore di ponti” ci ha dimostrato che una fede ancorata in Gesù Cristo apre e allarga il cuore e la mente. «Ritengo importante l’impegno per la verità, per la Parola di Dio, ma unito alla forza e alla potenza dell’amore per gli uomini». Era così che il cardinale König interpretava il suo motto episcopale Veritatem facientes in caritate, «Fare la verità nella carità».
Vorrei indicare in particolare tre costruzioni di ponti che – sulla base del solido pilastro della fede – ritengo eredità e compito.
La prima eredità è la costruzione di ponti nell’ecumene. I numerosi rappresentanti delle altre Chiese cristiane, oggi presenti, sono a testimoniare quanto fossero solidi i ponti costruiti dal cardinale König. Non si è mai fatto scoraggiare dalle difficoltà. Continueremo a percorrere questa via, fedeli al motto del cardinale König. La sua apertura verso gli altri cristiani e le altre religioni è stata sempre caratterizzata dal suo saldo e fedele amore per la Chiesa, un amore che anche nelle ore difficili non ha mai vacillato.
La seconda eredità è la costruzione di ponti nell’ambito sociale. Lui, che è vissuto nel periodo tra le due guerre mondiali, un periodo pieno di sofferenze, sapeva bene quanto siano preziosi i ponti tra le forze sociali nel nostro Paese. Il mandato che ci ha lasciato in eredità non è un semplice «andate d’accordo!», ma la difficile, eppure necessaria esigenza di anteporre ciò che unisce a ciò che separa, il bene comune agli interessi individuali. E come si fa, il cardinale König ce lo ha dimostrato con l’esempio della sua vita, non solo per quanto riguarda il dialogo sociale in Austria, ma anche a livello europeo. I tanti partecipanti al funerale e le tante persone addolorate provenienti dai Paesi confinanti lo testimoniano.
La terza eredità, che è un compito per noi, gli è stata molto a cuore fino alla fine dei suoi giorni: la tutela della vita umana. Il suo ultimo grosso impegno politico-sociale riguardava l’assistenza ai morenti in Austria. Il 16 gennaio scorso scrisse una commovente lettera al presidente della Convenzione costituzionale, l’Österreich-Konvent: «Come cittadino di questo Paese sono fiero che in Austria ci sia un largo consenso politico – al di là di tutti gli schieramenti partitici – su questo: ogni uomo dovrebbe morire tenendo per mano un altro uomo, e non per mano di un altro uomo». E cito ancora una frase di tale lettera: «In questo contesto vorrei sottolineare l’idea dell’ospizio. Essa, al di là dei limiti della medicina, mette di nuovo in risalto l’uomo». Per questo, il cardinale König chiedeva alla Convenzione costituzionale: «L’eutanasia dovrebbe essere proibita in Austria anche costituzionalmente, in modo da indicare e confessare una “cultura della vita” e dare un segnale all’Europa».
Siano, queste parole, per il nostro Paese,
un’eredità e un compito! Lo siano anche le parole che il cardinale König, più
di trent’anni fa, nell’ambito del dibattito sulla tutela del nascituro, disse
dinanzi al Consiglio federale della Confederazione austriaca del lavoro:
«Vorrei farvi notare che, una volta venuto meno il principio che nessun uomo ha
il diritto di disporre della vita di un altro uomo, qualsiasi tipo di vita sia,
niente ci proteggerà più dalla totale violabilità dell’uomo... Allora si potrà
fare di noi tutto ciò che si vuole».
Anche questo è un compito lasciato a noi da questo amico della vita, per il quale siamo in lutto e preghiamo.
Il mio ultimo sguardo va a Nostra Signora di Mariazell, che fu tanto amata dal cardinale König. In vista del grande “Pellegrinaggio dei popoli”, a conclusione del Katholikentag della Mitteleuropa del prossimo 22 maggio, il cardinale König scrisse all’inizio dell’anno: «Se Dio vuole, sarò felice e grato di essere a Mariazell in maggio; di esserci nella consapevolezza della mia corresponsabilità in qualità di arcivescovo emerito di Vienna e di uno che ha vissuto la tragedia di un’Europa distrutta dalla guerra e dall’odio. Sono anche fermamente convinto che Mariazell riuscirà a risolvere tutti i problemi di organizzazione. La gioia di una tale forma di incontro completamente nuova e piena di speranza, al di là di tutte le frontiere che, soltanto poco tempo fa, sembravano ancora insuperabili, risolverà tutte le difficoltà».
Caro cardinale König! Dio ha deciso diversamente. Non potrai più essere a Mariazell. Ma no, invece, tu ci sarai! Chi è con Dio, è anche con gli uomini. Attraverso lo stretto ponte della morte sei ritornato a casa presso Dio. Confido che tu sia un costruttore di ponti ancora adesso, e che, con Dio dall’aldilà, sarai un buon soccorso per noi. E quando sarà arrivata la nostra ultima ora, aiutaci affinché, con l’aiuto di Dio, riusciamo anche noi nella costruzione del ponte più importante. Quello che porta, attraversando la morte, alla riva della vita eterna. Amen.
Il cardinale Franz König, scomparso, all’età di 98 anni, il 13 marzo 2004
Nelle ultime due settimane abbiamo letto tanti ricordi sul cardinale König, tante commoventi testimonianze, di persone provenienti da tutti i settori del nostro Paese, da tutto il mondo.
Non è mia intenzione, oggi, a queste già numerose necrologie aggiungerne un’altra. In quest’ora, piuttosto, bisogna guardare avanti. Credo che il cardinale König sarebbe completamente d’accordo.
Non ho mai incontrato una persona anziana che vivesse così tanto nell’oggi, nell’adesso, come il cardinale König. Data la sua lunga esperienza di vita, avrebbe veramente potuto raccontare molte cose, e lo faceva quando gli si ponevano domande sul suo passato, ma senza mai soffermarcisi troppo a lungo. Il suo interesse era concentrato sull’oggi e sul domani.
Fino alle ultime ore della sua vita terrena, il cardinale König ha sempre manifestato un attento, vivo interesse per il presente, per gli uomini, per i quali si preoccupava, per i quali s’interessava, per le vicende della Chiesa e del mondo.
Per questo vorrei concentrarmi oggi su ciò che la sua eredità significa per noi in termini di compito. In questi giorni abbiamo parlato molto della costruzione di ponti. Ponti che s’inarcano in modo molto ardito hanno bisogno di pilastri che siano solidamente ancorati nel letto del fiume. L’apertura del cardinale König, il suo costruire ponti in modo audace, poggiava su pilastri solidi. Somigliava all’uomo nel racconto evangelico, di cui Gesù dice che aveva costruito la sua casa sulla roccia, e che né il soffiare dei venti né lo straripare dei fiumi potevano farla crollare (Mt 7,24-25).
Sopra, la folla ai funerali dell’arcivescovo emerito di Vienna il 27 marzo 2004; sotto, un momento della cerimonia funebre
L’ampiezza del suo cuore, l’apertura della sua mente, il suo vivo interesse per tutto ciò che riguarda gli uomini, sgorgavano dalla sua profonda, leale adesione a Dio.
La prima, la più importante eredità – che per noi è un compito – del cardinale König sta, a mio parere, nella cura del solido fondamento della fede. Questo grande cardinale “costruttore di ponti” ci ha dimostrato che una fede ancorata in Gesù Cristo apre e allarga il cuore e la mente. «Ritengo importante l’impegno per la verità, per la Parola di Dio, ma unito alla forza e alla potenza dell’amore per gli uomini». Era così che il cardinale König interpretava il suo motto episcopale Veritatem facientes in caritate, «Fare la verità nella carità».
Vorrei indicare in particolare tre costruzioni di ponti che – sulla base del solido pilastro della fede – ritengo eredità e compito.
La prima eredità è la costruzione di ponti nell’ecumene. I numerosi rappresentanti delle altre Chiese cristiane, oggi presenti, sono a testimoniare quanto fossero solidi i ponti costruiti dal cardinale König. Non si è mai fatto scoraggiare dalle difficoltà. Continueremo a percorrere questa via, fedeli al motto del cardinale König. La sua apertura verso gli altri cristiani e le altre religioni è stata sempre caratterizzata dal suo saldo e fedele amore per la Chiesa, un amore che anche nelle ore difficili non ha mai vacillato.
La seconda eredità è la costruzione di ponti nell’ambito sociale. Lui, che è vissuto nel periodo tra le due guerre mondiali, un periodo pieno di sofferenze, sapeva bene quanto siano preziosi i ponti tra le forze sociali nel nostro Paese. Il mandato che ci ha lasciato in eredità non è un semplice «andate d’accordo!», ma la difficile, eppure necessaria esigenza di anteporre ciò che unisce a ciò che separa, il bene comune agli interessi individuali. E come si fa, il cardinale König ce lo ha dimostrato con l’esempio della sua vita, non solo per quanto riguarda il dialogo sociale in Austria, ma anche a livello europeo. I tanti partecipanti al funerale e le tante persone addolorate provenienti dai Paesi confinanti lo testimoniano.
La terza eredità, che è un compito per noi, gli è stata molto a cuore fino alla fine dei suoi giorni: la tutela della vita umana. Il suo ultimo grosso impegno politico-sociale riguardava l’assistenza ai morenti in Austria. Il 16 gennaio scorso scrisse una commovente lettera al presidente della Convenzione costituzionale, l’Österreich-Konvent: «Come cittadino di questo Paese sono fiero che in Austria ci sia un largo consenso politico – al di là di tutti gli schieramenti partitici – su questo: ogni uomo dovrebbe morire tenendo per mano un altro uomo, e non per mano di un altro uomo». E cito ancora una frase di tale lettera: «In questo contesto vorrei sottolineare l’idea dell’ospizio. Essa, al di là dei limiti della medicina, mette di nuovo in risalto l’uomo». Per questo, il cardinale König chiedeva alla Convenzione costituzionale: «L’eutanasia dovrebbe essere proibita in Austria anche costituzionalmente, in modo da indicare e confessare una “cultura della vita” e dare un segnale all’Europa».
Il cardinale König mentre riceve la porpora cardinalizia da Giovanni XXIII il 15 dicembre 1958
Anche questo è un compito lasciato a noi da questo amico della vita, per il quale siamo in lutto e preghiamo.
Il mio ultimo sguardo va a Nostra Signora di Mariazell, che fu tanto amata dal cardinale König. In vista del grande “Pellegrinaggio dei popoli”, a conclusione del Katholikentag della Mitteleuropa del prossimo 22 maggio, il cardinale König scrisse all’inizio dell’anno: «Se Dio vuole, sarò felice e grato di essere a Mariazell in maggio; di esserci nella consapevolezza della mia corresponsabilità in qualità di arcivescovo emerito di Vienna e di uno che ha vissuto la tragedia di un’Europa distrutta dalla guerra e dall’odio. Sono anche fermamente convinto che Mariazell riuscirà a risolvere tutti i problemi di organizzazione. La gioia di una tale forma di incontro completamente nuova e piena di speranza, al di là di tutte le frontiere che, soltanto poco tempo fa, sembravano ancora insuperabili, risolverà tutte le difficoltà».
Caro cardinale König! Dio ha deciso diversamente. Non potrai più essere a Mariazell. Ma no, invece, tu ci sarai! Chi è con Dio, è anche con gli uomini. Attraverso lo stretto ponte della morte sei ritornato a casa presso Dio. Confido che tu sia un costruttore di ponti ancora adesso, e che, con Dio dall’aldilà, sarai un buon soccorso per noi. E quando sarà arrivata la nostra ultima ora, aiutaci affinché, con l’aiuto di Dio, riusciamo anche noi nella costruzione del ponte più importante. Quello che porta, attraversando la morte, alla riva della vita eterna. Amen.