SACRA ROTA. Analisi dei dati sulle cause di nullità matrimoniale divisi per nazione
Finché Rota non vi separi
Scorrendo i nuovi dati sui tribunali di primo grado, si scopre che in tutto il mondo le richieste di riconoscimento di nullità matrimoniale, nella stragrande maggioranza dei casi, finiscono per essere accolte. E quasi sempre per un vizio nel consenso degli sposi
di Gianni Cardinale
Ogni anno
quando il Papa riceve in udienza i prelati della Rota romana pronuncia parole
forti in difesa dell’istituto matrimoniale e sembra dare una tirata d’orecchie
ai tribunali della Chiesa cattolica per un certo lassismo nel riconoscerne la
nullità. Quest’anno ad esempio, il 29 gennaio, in quella che è la cerimonia di
apertura dell’anno giudiziario del Tribunale apostolico, Giovanni Paolo II ha
denunciato come «la tendenza ad ampliare strumentalmente la nullità,
dimenticando l’orizzonte della verità oggettiva», comporti «la distorsione
strutturale dell’intero processo».Il solenne rimprovero non è rivolto ai giudici della
Rota, che, come vedremo, è piuttosto restrittiva nel riconoscere la nullità dei
matrimoni, quanto piuttosto ai tribunali diocesani o regionali di prima e
seconda istanza dove viene trattata la stragrande maggioranza di questo tipo di
cause.Per
comprendere meglio le dimensioni del fenomeno e sapere quali sono i Paesi dove
esso è particolarmente diffuso, basta analizzare i dati contenuti nell’ultima
parte dell’Annuario statistico della Chiesa cattolica,
pubblicazione annuale curata dall’Ufficio centrale di statistica della Santa
Sede coordinato da monsignor Vittorio Formenti. L’ultima edizione, che si
riferisce al 2002, è stata da poco pubblicata dalla Libreria Editrice
Vaticana. Da essa prendiamo i dati
che seguono.
Una causa di
nullità ogni 62 matrimoni
Per avere una idea delle dimensioni globali del fenomeno, innanzitutto bisogna dire che nel corso del 2002 nei tribunali diocesani e regionali di tutto il mondo sono state introdotte 54.247 cause di nullità in prima istanza (cfr. tabella a p. 31). Tenendo conto che nello stesso periodo sono stati celebrati 3.384.730 matrimoni canonici si può notare che due anni fa, complessivamente, è stata introdotta una causa di nullità ogni 62 matrimoni canonici celebrati. Analizzando l’Annuario statistico del 1978 si può verificare che in quell’anno il rapporto fu di un processo iniziato ogni 73 nozze. A fronte infatti di una piccola diminuzione di cause di nullità introdotte (nel 1978 erano 56.875) in 24 anni si è assistito ad un vero e proprio tracollo di matrimoni canonici che sono drasticamente diminuiti in termini assoluti (nel 1978 erano 4.125.264), ma soprattutto in rapporto al numero dei battezzati. Nel 1978 infatti ci furono 54 matrimoni ogni 10mila cattolici, nel 2002 sono stati appena 32 (con flessioni ancora più accentuate in Nord America e Oceania, cfr. tabelle in questa pagina).
Sempre nel 2002 sono state introdotte 0,5 cause di nullità ogni 10mila battezzati. Questo il dato generale. Se poi si scompongono i dati per continente e per singolo Paese si può notare come ci siano grandi differenze tra le varie Chiese locali.
Stati Uniti: cause
in diminuzione ma sempre da record
Quello che balza immediatamente agli occhi è il dato riguardante gli Stati Uniti. La Chiesa a stelle e strisce conta poco più del 6% della popolazione cattolica mondiale, ma nei suoi tribunali diocesani nel corso del 2002 sono iniziate oltre la metà – il 57% – delle cause di nullità matrimoniale introdotte in prima istanza in tutto il mondo: 30.835 su 54.247 (cfr. tabella p. 31). A grande distanza seguono l’Italia (2.817), la Polonia (2.400), il Canada (1.907) e la Spagna (1.762). Certo, ventiquattro anni prima, nel 1978, l’incidenza delle cause statunitensi sul totale era ancora maggiore (38.608 su 56.875, pari a circa il 68%) ma ancora oggi il primato Usa è schiacciante. Ed è un primato sia, come abbiamo visto, in termini assoluti, ma anche in rapporto al numero dei fedeli (cfr. tabella p. 31). In questo caso però dietro gli Stati Uniti, che conta 4,7 cause di nullità introdotte ogni 10mila battezzati, si trovano altri Paesi come Malta (3,7), Giappone (2,7) e Nuova Zelanda (2,0). In questa speciale “classifica” si situano ai primi posti anche il Libano (1,5), la Siria (1,3) e l’Irlanda (0,9).
Tribunali locali
pro nullità al 94%, Sacra Rota al 46%
Un dato eclatante, che forse giustifica in modo particolare il richiamo pontificio di gennaio, è quello delle sentenze emanate dai tribunali ecclesiastici. Prendendo in esame quelle di primo grado emesse sempre nel 2002 si scopre che il verdetto dei giudici è favorevole alla nullità dei matrimoni nel 94% per cento dei casi. Andando a spulciare i dati scomposti per continente (cfr. tabella p. 31) si può inoltre verificare che i tribunali relativamente più severi sono quelli europei con sentenze pro nullità “solo” all’85%, sentenze che invece raggiungono quota 97% in America del Nord e Oceania. Analizzando poi la situazione nei singoli Paesi (cfr. tabella p. 31) si può notare la, sempre molto relativa, “restrittività” dei giudici in Polonia (verdetti pro nullità al 75%) e in Germania (82%), e l’estrema “liberalità” dei colleghi di Messico (99%), Canada (98%), Stati Uniti e Corea (97%), Ucraina e Australia (96%).
Da notare che questa “larghezza” nel riconoscere la nullità dei matrimoni contrasta con le cifre che riguardano il tribunale del Papa, la Sacra Rota, che funziona come una corte di cassazione che va interpellata nei casi in cui i primi due gradi di giudizio non siano conformi e a cui si può ricorrere dopo la sentenza di primo grado in forza del principio per cui ciascun fedele può sempre appellarsi alla Santa Sede. Sempre nel 2002 la Rota ha emesso 135 sentenze riguardo a cause di nullità matrimoniale. E in quello che è – o dovrebbe essere – il tribunale con giurisprudenza esemplare per tutta la Chiesa, la maggioranza delle sentenze – 73, pari al 54% del totale – sono state pro vinculo e quindi contro la nullità. Un dato diametralmente opposto a quello della stragrande maggioranza dei tribunali diocesani e regionali dell’orbe cattolico. A questo proposito si può notare – come curiosità – che nel 2002 solo in quattro Paesi le sentenze dei giudici ecclesiastici locali sono state – come è avvenuto nella Rota – in maggioranza contrarie al riconoscimento di nullità: Zambia (5 sentenze di primo grado pro nullitate, 18 pro vinculo), Belize (1 a 4), Singapore (4 a 5) e Bielorussia (7 a 8). Ma si tratta – come si evince dalle cifre – di casi statisticamente marginali.
Nullità quasi
sempre per «vizio di consenso», ovvero per «immaturità»
Per quanto riguarda le motivazioni con cui vengono riconosciuti nulli i matrimoni si può affermare che nella stragrande maggioranza dei casi (98,7%) si tratta di «vizio di consenso» (cfr. tabella p. 32). E in questa categoria è compreso il «grave difetto di discrezione di giudizio»: così viene definita in termini canonici l’immaturità, che ad esempio – come ha denunciato Avvenire lo scorso 6 maggio – costituisce da sola l’83% dei motivi di nullità nei tribunali regionali italiani.
In questo caso non ci sono grandi differenze tra le diverse aree geografiche. Il «vizio di consenso» la fa da padrone ovunque. Sono numericamente marginali i casi di nullità per «vizio di forma» (0,2%), di «altri impedimenti» (0,6%) o di «impotenza» (0,5%). Una curiosità su questa ultima causa. Dei 244 casi riscontrati nei tribunali ecclesiastici di tutto il mondo, ben 204 si sono registrati proprio in Italia.
Per avere una idea delle dimensioni globali del fenomeno, innanzitutto bisogna dire che nel corso del 2002 nei tribunali diocesani e regionali di tutto il mondo sono state introdotte 54.247 cause di nullità in prima istanza (cfr. tabella a p. 31). Tenendo conto che nello stesso periodo sono stati celebrati 3.384.730 matrimoni canonici si può notare che due anni fa, complessivamente, è stata introdotta una causa di nullità ogni 62 matrimoni canonici celebrati. Analizzando l’Annuario statistico del 1978 si può verificare che in quell’anno il rapporto fu di un processo iniziato ogni 73 nozze. A fronte infatti di una piccola diminuzione di cause di nullità introdotte (nel 1978 erano 56.875) in 24 anni si è assistito ad un vero e proprio tracollo di matrimoni canonici che sono drasticamente diminuiti in termini assoluti (nel 1978 erano 4.125.264), ma soprattutto in rapporto al numero dei battezzati. Nel 1978 infatti ci furono 54 matrimoni ogni 10mila cattolici, nel 2002 sono stati appena 32 (con flessioni ancora più accentuate in Nord America e Oceania, cfr. tabelle in questa pagina).
Sempre nel 2002 sono state introdotte 0,5 cause di nullità ogni 10mila battezzati. Questo il dato generale. Se poi si scompongono i dati per continente e per singolo Paese si può notare come ci siano grandi differenze tra le varie Chiese locali.
Quello che balza immediatamente agli occhi è il dato riguardante gli Stati Uniti. La Chiesa a stelle e strisce conta poco più del 6% della popolazione cattolica mondiale, ma nei suoi tribunali diocesani nel corso del 2002 sono iniziate oltre la metà – il 57% – delle cause di nullità matrimoniale introdotte in prima istanza in tutto il mondo: 30.835 su 54.247 (cfr. tabella p. 31). A grande distanza seguono l’Italia (2.817), la Polonia (2.400), il Canada (1.907) e la Spagna (1.762). Certo, ventiquattro anni prima, nel 1978, l’incidenza delle cause statunitensi sul totale era ancora maggiore (38.608 su 56.875, pari a circa il 68%) ma ancora oggi il primato Usa è schiacciante. Ed è un primato sia, come abbiamo visto, in termini assoluti, ma anche in rapporto al numero dei fedeli (cfr. tabella p. 31). In questo caso però dietro gli Stati Uniti, che conta 4,7 cause di nullità introdotte ogni 10mila battezzati, si trovano altri Paesi come Malta (3,7), Giappone (2,7) e Nuova Zelanda (2,0). In questa speciale “classifica” si situano ai primi posti anche il Libano (1,5), la Siria (1,3) e l’Irlanda (0,9).
Un dato eclatante, che forse giustifica in modo particolare il richiamo pontificio di gennaio, è quello delle sentenze emanate dai tribunali ecclesiastici. Prendendo in esame quelle di primo grado emesse sempre nel 2002 si scopre che il verdetto dei giudici è favorevole alla nullità dei matrimoni nel 94% per cento dei casi. Andando a spulciare i dati scomposti per continente (cfr. tabella p. 31) si può inoltre verificare che i tribunali relativamente più severi sono quelli europei con sentenze pro nullità “solo” all’85%, sentenze che invece raggiungono quota 97% in America del Nord e Oceania. Analizzando poi la situazione nei singoli Paesi (cfr. tabella p. 31) si può notare la, sempre molto relativa, “restrittività” dei giudici in Polonia (verdetti pro nullità al 75%) e in Germania (82%), e l’estrema “liberalità” dei colleghi di Messico (99%), Canada (98%), Stati Uniti e Corea (97%), Ucraina e Australia (96%).
Da notare che questa “larghezza” nel riconoscere la nullità dei matrimoni contrasta con le cifre che riguardano il tribunale del Papa, la Sacra Rota, che funziona come una corte di cassazione che va interpellata nei casi in cui i primi due gradi di giudizio non siano conformi e a cui si può ricorrere dopo la sentenza di primo grado in forza del principio per cui ciascun fedele può sempre appellarsi alla Santa Sede. Sempre nel 2002 la Rota ha emesso 135 sentenze riguardo a cause di nullità matrimoniale. E in quello che è – o dovrebbe essere – il tribunale con giurisprudenza esemplare per tutta la Chiesa, la maggioranza delle sentenze – 73, pari al 54% del totale – sono state pro vinculo e quindi contro la nullità. Un dato diametralmente opposto a quello della stragrande maggioranza dei tribunali diocesani e regionali dell’orbe cattolico. A questo proposito si può notare – come curiosità – che nel 2002 solo in quattro Paesi le sentenze dei giudici ecclesiastici locali sono state – come è avvenuto nella Rota – in maggioranza contrarie al riconoscimento di nullità: Zambia (5 sentenze di primo grado pro nullitate, 18 pro vinculo), Belize (1 a 4), Singapore (4 a 5) e Bielorussia (7 a 8). Ma si tratta – come si evince dalle cifre – di casi statisticamente marginali.
Per quanto riguarda le motivazioni con cui vengono riconosciuti nulli i matrimoni si può affermare che nella stragrande maggioranza dei casi (98,7%) si tratta di «vizio di consenso» (cfr. tabella p. 32). E in questa categoria è compreso il «grave difetto di discrezione di giudizio»: così viene definita in termini canonici l’immaturità, che ad esempio – come ha denunciato Avvenire lo scorso 6 maggio – costituisce da sola l’83% dei motivi di nullità nei tribunali regionali italiani.
In questo caso non ci sono grandi differenze tra le diverse aree geografiche. Il «vizio di consenso» la fa da padrone ovunque. Sono numericamente marginali i casi di nullità per «vizio di forma» (0,2%), di «altri impedimenti» (0,6%) o di «impotenza» (0,5%). Una curiosità su questa ultima causa. Dei 244 casi riscontrati nei tribunali ecclesiastici di tutto il mondo, ben 204 si sono registrati proprio in Italia.