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RICORDANDO IL GIUBILEO DEI...
tratto dal n. 09 - 2000

L’attrattiva è Gesù


Cosa ha mosso i ragazzi di Tor Vergata. Un cronista del Tg2 racconta…


di Lucio Brunelli


Alcune immagini del Giubileo dei giovani svoltosi a Roma dal 15 al 20 di agosto

Alcune immagini del Giubileo dei giovani svoltosi a Roma dal 15 al 20 di agosto

Confessioni di un cronista: il pensiero di dover seguire per il telegiornale il Giubileo dei giovani non suscitava in me alcun mistico entusiasmo. Non solo per le immaginabili difficoltà meteorologico-ambientali in cui si sarebbe operato (e la calura ha superato ogni previsione). Ma anche per scetticismo nei confronti di una certa “politica” giubilare che punta tutto sui grandi eventi costruiti a tavolino: scenografie fantasmagoriche e mega-adunate ad uso e consumo dei mass media.
Con questo pre-giudizio, sono andato incontro ai primi drappelli di giovani, soprattutto volontari, che dall’8 agosto hanno cominciato a riempire le strade di Roma. Ho visitato un paio di centri dove erano alloggiati in tutto oltre un migliaio di ragazzi e ragazze: una scuola comunale e un grande accampamento di tende, entrambi nella zona di Tor Vergata. Non facevano parte, perlopiù, di movimenti organizzati: venivano da sparpagliate realtà parrocchiali. Mi hanno colpito la loro simpatia e la loro normalità (modo di vestire, gusti musicali, abitudini in tutto simili ai loro coetanei). Potranno sembrare virtù minori, considerazioni banali, eppure nel cattolicesimo “militante” proprio simpatia e normalità di vita sono spesso tratti umani rari. Anche nelle intervistine volanti e non preparate, mi colpiva lo spontaneo buon umore, ma anche il fatto che nessuno sembrava sforzarsi di ripetere a memoria il discorso “giusto”, nemmeno sulle cose più profonde. Ognuno aveva una “sua” parola da dire, semplice, personale per spiegare perché aveva deciso di rinunciare al mare e ai monti per la torrida spianata di Tor Vergata. Suonavano alla chitarra l’ultimo successo dei Lunapop e recitavano la preghiera della compieta, alle 23 e 45, con la stessa semplicità.
Così non riuscii a non sentire snob il giudizio di Vittorio Messori comparso sul Corriere della Sera del 15 agosto, giorno inaugurale del Giubileo dei giovani. Lo scrittore cattolico esternava distacco e scetticismo verso il «cattolicesimo alla chitarra», sosteneva che le «adunanze oceaniche» evocavano alla sua memoria metodi stalinisti, denunciava il rischio del «culto della personalità» nei confronti di papa Wojtyla. Come non dargli ragione? Eppure quei giudizi non rendevano giustizia alla realtà, a tutta la realtà. Pensavo ad Andrea, Alessandro e Simone, i tre ragazzi di Pisa estratti a sorte come ospiti di Giovanni Paolo II nella residenza estiva dei papi. Ho passato con loro la mattinata del 15, festa dell’Assunta, a Castelgandolfo. Li ho visti come seguivano la messa, come pregavano. Alessandro, capelli colorati di giallo, conduttore in una radio privata (non cattolica) di Pisa, di Wojtyla diceva «è un mito», ma col sorriso sulle labbra, con l’affetto di un nipote verso il nonno buono. Penso anche a quel ragazzo indiano, che in diretta tv dice: «Una persona ci unisce al di là di tutto» e Fabrizio Del Noce che commenta: «Sì, certamente il Papa...». E l’indiano che lo corregge: «Gesù, prima del Papa...».
«Che cosa siete venuti a cercare... Anzi, chi siete venuti a cercare?». La domanda di Giovanni Paolo II è quasi urlata, con voce forte e chiara come non si udiva da tempo. Conclusione della lunga e festosa cerimonia di accoglienza, la sera di Ferragosto, in piazza San Pietro. Un accento che tutti sentono vero, dopo ore di danze e coreografie fin troppo artificiosamente spettacolari, pensate quasi esclusivamente in funzione del pubblico televisivo. Cosa sono venuti a cercare, i papaboys e le papagirls? Sono mossi dall’attrattiva di Gesù, come spera il successore di Pietro, o solo dalla ricerca di un’esperienza diversa, lo stare insieme a coetanei di tutto il mondo, una vacanza romana libera e senza genitori al modico prezzo di 240mila lire? Qualche collega giornalista, ispirato, ma non dallo Spirito Santo, profetizza: la mattina del 21 agosto i netturbini avranno il loro daffare a raccogliere palate di condom sul grande prato di Tor Vergata.
In attesa di verificare, eccoci sotto il sole, il 16 agosto, a riprendere, con cineoperatori recalcitranti per il gran caldo, la più lunga coda mai formatasi in Vaticano per accedere alla Porta Santa. Nessuno li ha deportati fin qui, nessuno è obbligato. La colonnina di mercurio al sole supera i 40 gradi. O sono masochisti (alcuni cattolici sentono un’attrazione fatale per la sofferenza, come se i dolori che la vita ci infligge nel suo corso non bastassero già a saggiare la nostra fede) oppure un po’ ci credono. La scena si ripete tale e quale per tre giorni: 16, 17 e 18. L’unica variante, dal punto di vista delle immagini, è il ricorso agli idranti. E l’apertura di una seconda porta “santa” accanto all’unica autentica, per velocizzare il flusso e ridurre l’esposizione al sole. La mattina del 17, a un certo punto, la situazione a San Pietro appare drammatica. Decine e decine di malori, le sirene delle autoambulanze, andirivieni di lettighe militari: era come stare in un campo di battaglia. Qualcuno deve aver temuto il peggio. Mai acqua dei pompieri fu così benedetta...

Chi non è a soffrire a San Pietro, è in fila per confessarsi al Circo Massimo. Trecento confessionali bianchi, 2mila preti per assicurare ai penitenti l’orario continuato al sacramento del perdono: dalle 7 del mattino alle 23 di sera. Altra ghiotta occasione per stampa e tv. Il sesso, già... Il sesso e i papaboys: come la mettiamo col sesto comandamento? Fra i colleghi c’è chi cerca solo pruderie e chi conferme a uno schema ideologico (certi peccati sono antiquati, la Chiesa dovrebbe abolirli; oppure: i giovani, ovviamente di sinistra, dissentono dall’insegnamento ufficiale del magistero, ovviamente di destra). Proviamo, con discrezione, a interpellare i ragazzi che si sono confessati. L’impressione finale è che siano più sessuofobi i giornalisti che i ragazzi. Certo, non occorreva la Doxa o il signor Hans Küng per intuire che le indicazioni ecclesiastiche nel campo della morale sessuale (divieto di rapporti prematrimoniali, ecc.) sono sempre più disattese dai giovani, anche da quella minoranza di giovani che frequenta la Chiesa. Ma chiudere tutta la morale in camera da letto è una deformazione che accomuna tanto il moralismo clericale che il vaticanismo laicista.
Giovanni Paolo II comunque non dà alle sue parole il tono del rimprovero o dell’esortazione doveristica. Nella veglia del 19 agosto accenna con grande comprensione alla “difficoltà” di essere giovani e credenti nell’era del disincanto. Cerca di presentare Gesù non innanzitutto come un maestro di morale ma come l’unico che realizza il sogno della felicità, vero cuore della giovinezza (fisica e spirituale). «In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae... è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita...». Lo stesso tono, così distante dall’immagine di un “wojtylismo” severo e intransigente, torna anche nell’omelia della messa che il 20 agosto conclude la quindicesima Giornata mondiale della gioventù. «Cristo ci ama, ci ama anche quando lo deludiamo, quando non corrispondiamo alle sue attese nei nostri confronti. Egli non ci chiude mai le braccia della sua misericordia». Chissà se e quali immagini di vita, quali incontri, quale storia avranno evocato queste parole in ciascuno di quei giovani. Chissà se e cosa rimarrà delle giornate romane, quando quella moltitudine colorata sarà dispersa e ognuno sarà tornato a casa, da mamma e papà.
Domande vere, non porsele sarebbe da ingenui. Ma uno può porsele dall’alto della propria sicumera, come i saccentoni che dai loro pulpiti di carta (e televisivi) hanno pontificato con aristocratico disprezzo verso le “masse” giovanili cattoliche. Oppure può affidare quelle stesse realistiche domande al buon Dio. E pensando a qualcuno di quei volti simpatici, pregare perché il sogno della felicità per loro si avveri davvero. E, nelle forme che Dio vuole, non resti solo nostalgia di un’età già passata.


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