Home > Archivio > 06 - 2000 > Le misure alternative
DOSSIER EMERGENZA CARCERI
tratto dal n. 06 - 2000

Le misure alternative


Breve guida alle forme che sostituiscono il carcere


di Paolo Mattei


Lammissione al lavoro esterno, l’affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà, la detenzione domiciliare, la concessione di permessi-premio rappresentano, insieme alla liberazione condizionale, le misure alternative alla detenzione di cui dispone l’Ordinamento penitenziario. Tali misure definiscono l’iter attraverso il quale il detenuto torna a godere di una relazione e di un primo riavvicinamento al mondo esterno in termini riabilitativi, purché, naturalmente, ci siano le premesse e le condizioni necessarie ad intraprendere tali percorsi. Nell’anno 1999 sono state 35.717 le persone condannate che hanno scontato la pena fuori dal carcere beneficiando di forme alternative alla detenzione. Vediamo brevemente che cosa sono e alcuni dati statistici relativi all’ultimo decennio.

Il lavoro all’esterno
È una “misura alternativa impropria” (nel senso che l’Ordinamento penitenziario, che ne parla nell’articolo 21, non lo considera una vera e propria misura alternativa alla pena, bensì un modo per esercitare il diritto al lavoro) e vi si accede su richiesta del direttore dell’istituto e dopo l’approvazione del magistrato di sorveglianza. Può usufruire del lavoro esterno anche chi sconta l’ergastolo purché abbia espiato almeno dieci anni della pena. Attualmente sono molto pochi i detenuti che usufruiscono di tale misura alternativa: al 31 dicembre 1999 erano infatti soltanto 223.

L’affidamento in prova al servizio sociale (e affidamento di tossicodipendenti e alcoldipendenti)
L’Ordinamento penitenziario ne parla nell’articolo 47. È concesso dal Tribunale di sorveglianza ai condannati la cui pena o residui di essa non superino i tre anni. Il beneficiario è affidato alle cure del servizio sociale (il cosiddetto Centro di servizio sociale per adulti, cfr. box p. 77) che «controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita». Se il periodo di prova dà esito positivo, la pena è estinta.
Il Tribunale di sorveglianza può concedere a condannati tossicodipendenti o alcoldipendenti l’affidamento in prova al servizio sociale nei casi in cui la pena o il residuo di essa non superino i quattro anni. Lo scopo è quello di seguire un programma terapeutico-riabilitativo.
Tra il 1990 e il 1999 il numero degli affidamenti in prova al servizio sociale (compresi anche gli affidamenti per tossicodipendenti e alcoldipendenti) ha avuto una grandissima crecita: nel 1990 erano 3.473 casi, nel 1999 si è arrivati a 24.485 casi (in percentuale un incremento del 605,01%). Nel 1999 (mentre i mass media lanciavano l’“allarme sociale”) le revoche degli affidamenti sul totale di 24.485 sono state 1.057 (4,32%): di queste revoche solo 49 (0,20%) sono avvenute a causa di reati commessi durante la misura alternativa.

La semilibertà
Consiste nella concessione al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. Vi accede il condannato che abbia scontato metà o due terzi della pena dovuta a reati particolarmente gravi. Normalmente chi usufruisce di questa misura trascorre una parte della giornata fuori del carcere e una parte, di norma la notte, nel carcere, in una sezione particolare, separata dal resto dell’istituto. Nel decennio 1990-1999 si è passati da 2.412 a 3.157 casi di semiliberi, un incremento del 30,89%. Nel 1999, sui 3.157 casi si sono registrate 468 revoche (14,82%) di cui: 235 per «andamento negativo», 218 per «nuova posizione giuridica» e solo 9 per «commissione di reati durante la misura» (0,29%).

La detenzione domiciliare
Possono usufruire di questa misura alternativa (nell’Ordinamento penitenziario all’articolo 47-ter) donne incinte o che allattano, madri di prole di età inferiore a dieci anni o padri di figli minori di dieci anni con essi conviventi, persone anziane, persone in gravi condizioni di salute o con comprovate esigenze di studio, lavoro o famiglia, persone con residuo di pena non superiore a due anni che non abbiano compiuto reati particolarmente gravi. La detenzione domiciliare può essere concessa dal Tribunale di sorveglianza o provvisoriamente dal magistrato di sorveglianza. Nel decennio 1990-1999 l’aumento dei casi di detenzione domiciliare è stato notevole: dai 457 casi del 1990 si è passati agli 8.075 del 1999. Nel 1999, sugli 8.075 casi di detenzione domiciliare si sono avute 768 revoche: di esse solo 27 (0,33%) per reati commessi durante la misura e 15 (0,19%) per irreperibilità; le 468 revoche (5,8%) causate dall’«andamento negativo della misura» sono quei casi in cui il soggetto ha, per esempio, contravvenuto all’uso del telefono oppure è sceso al bar sotto casa a prendersi un caffè.

Permessi-premio
Sono concessi dal magistrato di sorveglianza al detenuto che, attraverso questa misura, può uscire dal carcere per un massimo di 45 giorni l’anno e per un periodo non superiore ai 15 giorni consecutivi. Bisogna aver scontato un quarto della pena o, nel caso di condanne per reati gravi, più della metà di essa.

La liberazione condizionale
È prevista dal Codice penale ed è concessa dal Tribunale di sorveglianza, su proposta del direttore dell’istituto penitenziario, a condannati che abbiano espiato almeno 30 mesi di pena e non abbiano un residuo di pena maggiore di cinque anni. Viene concessa difficilmente perché i requisiti richiesti sono particolarmente rigidi.


Español English Français Deutsch Português