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PERSONAGGI
tratto dal n. 07/08 - 2000

La Chiesa che ho conosciuto


Incontro con Indro Montanelli. La fede della madre, l’intervista con Roncalli, il ventennio di Wojtyla


Intervista con Indro Montanelli di Giovanni Cubeddu


Indro Montanelli. A destra, Giovanni XXIII con il clero romano nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio, nel gennaio 1959

Indro Montanelli. A destra, Giovanni XXIII con il clero romano nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio, nel gennaio 1959

Era il 29 marzo del ’59, e sul Corriere della Sera, a pagina tre, apparve un lungo articolo che circondava una foto di Giovanni XXIII benedicente: era il resoconto del suo incontro con papa Roncalli. Montanelli diventava il primo giornalista che avesse mai intervistato un papa…

INDRO MONTANELLI: E fu un fatto che il Corriere non sfruttò minimamente, e le spiego il perché. Io non mi sarei mai aspettato di essere convocato da un papa per un’intervista: era la prima volta che un pontefice dava un’intervista, almeno per un giornale laico. Questo fu merito, iniziativa di monsignor Capovilla, segretario di Roncalli e depositario delle memorie di quel Papa. Capovilla che non mi conosceva, intendiamoci bene… E poi mi spiegò che ambedue avevano pensato, dando un’intervista ad un laico, che questi fosse laico davvero, che non avesse avuto rapporti col Vaticano e le questioni di Chiesa, proprio per rompere un “tabù”… Ora, al Corriere c’era il più grande vaticanista di tutti i tempi, Silvio Negro, che era veramente un’autorità in campo internazionale e mio carissimo amico. Io mi sentii perso; pensai: «Silvio crederà che io ho intrallazzato», mentre invece mi era capitata proprio come una specie di masso sulla testa. E spaventato come me era il direttore Missiroli, il quale anzitutto non amò affatto che un papa desse un’intervista, eh, neppure al Corriere. Per lui il papa doveva parlare in latino… Quindi non capì l’importanza della cosa, da una parte, e dell’altra non volle offendere Silvio Negro. Da cui io mi ero precipitato a dire: «Che faccio, se vuoi io rinunzio». «No, perché? Devi…» disse lui, però era arrabbiato, con Capovilla soprattutto. Perché sapeva del ruolo che Capovilla svolgeva presso il Pontefice.
Io feci questa intervista e il Corriere la mise in terza pagina, quasi come fosse una cosa di secondo piano. Io non protestai, anche perché certe cose mi lasciano indifferente, però nello stesso tempo feci capire a Missiroli che non aveva minimamente sfruttato l’occasione, perché temeva di offendere Negro. Di tutto questo Capovilla non aveva tenuto conto…
Il 3 settembre papa Wojtyla beatificherà Roncalli. Che impressione le fa aver intervistato un beato?
MONTANELLI: Beh, oddio, la strada a papa Wojtyla l’ha aperta lui. Il Papa che per primo volle, non dico togliere, ma scalfire il carattere autoritario della Chiesa espresso dalla curia romana fu certamente Roncalli. Lui non è che mi disse cose sconvolgenti, assolutamente non me le poteva dire, però mi fece capire, molto ma molto bene, che lui in Vaticano si sentiva come un corpo estraneo. Sensazione che papa Wojtyla mi ha dato elevata al cubo. Né l’uno né l’altro amavano la curia, si sentivano stranieri, si sentivano fors’anche invisi alla millenaria struttura della Chiesa. In questo li trovo molto simili. Quindi, se Wojtyla non beatifica Roncalli… come fa? È una scelta, e su questa scelta io non so pronunziarmi. E non riesco bene a capire come si possa beatificare insieme Pio IX e Roncalli… è una par condicio! Ma dopo duemila anni di storia queste cose il Vaticano le sa.
Papa Giovanni XXIII

Papa Giovanni XXIII

Roncalli è il primo papa che ha conosciuto?
MONTANELLI: Sì, avevo visto una volta Pio XII, ma da lontano. A Roncalli poterono “rimediare”, perché trovarono l’uomo che poteva stare a metà strada, Montini. Oggi però anche un laico come me è rimasto impressionato da questa svolta della Chiesa, cui è stata obbligata, veramente obbligata. E adesso dopo Wojtyla voglio vedere che cosa succede…
Aveva simpatia per Roncalli?
MONTANELLI: Provavo grande simpatia per Roncalli, questo sì. Perché Roncalli veramente aveva una capacità di comunicazione straordinaria, un calore umano che ti avvolgeva. E poi fu in grado di farmi capire certe cose, perché ad un certo momento mi raccontò un po’ la sua vita: mi diceva che lui con Roma aveva poca dimestichezza. La prima volta che c’era venuto era stato per portare a papa Sarto il prodotto di una sottoscrizione indetta dal vescovo di Bergamo, Radini Tedeschi, per non so quale opera caritativa. Allora, quando lui mi disse «in quell’occasione venni a Roma e fui ricevuto da papa Sarto», io feci quasi automaticamente: «È un santo…», e lui, mi ricordo, replicò e di scatto dette un colpo sul bracciolo della sua sedia: «Ma quale santo!». Però si riprese subito, e disse: «No, no, naturalmente era un santo, ma un santo anomalo». «Perché anomalo?» incalzai io. «Perché era un uomo triste, malinconico. I santi non possono essere tristi e malinconici: hanno Dio». Poi seppi perché lui ce l’aveva tanto con papa Sarto. Perché papa Sarto a sua volta ce l’aveva tanto con Radini Tedeschi di cui Roncalli era stato segretario, e ce l’aveva con lui per via della protezione concessa ai modernisti: Ernesto Buonaiuti e gli altri. Ma questo lo sapevo e lì trovai conferma. E per farmelo confermare dissi: «Santità, non si viene da lei, da un papa, per fare raccomandazioni, ma io ho trovato a Bologna un mio vecchio professore di filosofia, che ora è stato restituito al suo abito talare, che è un santo, un santo per quello che fa, per una comunità di ragazzi che lui ha organizzato…». Dice: «E chi è?». «Don Marella». «Eh, come no?! Il caro don Marella…». Marella era stato privato dell’abito talare per l’aiuto dato a Buonaiuti. Allora io cominciai a capire questo ingranaggio che prima ignoravo, capii perché papa Sarto non gli andava giù. Ma sono cose a cui bisognerebbe dedicare la vita, mentre questi sono solo piccoli lampi che ho potuto percepire e che poi mi spiegò lo stesso Negro, quando mi disse: «Hai visto giusto». Ovviamente di questo non c’è traccia nella mia intervista.
Prima accennava l’impressione che le provoca la svolta della Chiesa.
MONTANELLI: Io credo veramente che la Chiesa sia a una grande svolta, ma non so che cosa… Come cattolico – sono laico, ma sono cattolico nel sangue, nelle mie radici, nella mia cultura – non so che cosa farà… Veramente la Chiesa di Wojtyla è la Chiesa che disdice tutto quello che nei secoli la Chiesa ha fatto. Eccetto la parte missionaria della cura dei poveri, perché la Chiesa ha avuto sempre anche questo.
C’e un deposito della fede che non cambia…
MONTANELLI: …ma appunto! Appunto… io che un po’ credo di avere il senso della storia, la storia della Chiesa mi avrebbe fatto suo prigioniero, non avrei mai osato toccarne l’edificio. Io ho un grandissimo rispetto umano per questo Papa, veramente è un eroe, per il modo in cui vive: non so come lo giudicherà la storia della Chiesa, ecco. Lì son perplesso, son perplesso, e credo che molti uomini di Chiesa lo siano, perché io vedo che questi discorsi lievitano. Wojtyla ha toccato l’essenza della Chiesa. Ma lui la voleva toccare o no? Perché questo è il punto. Non vorrei che tutto questo gli fosse, come dire, sgorgato inconsciamente. Sulla sua vocazione missionaria – sulla quale non si possono avanzare dubbi, questa è reale – non c’è dubbio: lui vuole morire in missione, su questo non ho dubbi. A modo suo lui è un eroe della Chiesa, che però, certo, si lascia dietro un mucchio di macerie. Mi piacerebbe molto sapere cosa si dicono tra loro i grandi depositari della Tradizione, i cardinali… Forse non capirei nemmeno quello che dicono, ma mi piacerebbe molto sapere quali sono le reazioni di questa Chiesa che sempre riesce a restare impassibile di fronte a tutto, e non può non sentire la gravità di questa situazione. Questa Chiesa o si rifà daccapo, o…?
Dice Montanelli della mamma Maddalena: «Io vorrei avere la fede 
di mia madre»

Dice Montanelli della mamma Maddalena: «Io vorrei avere la fede di mia madre»

Pio XI avrebbe desiderato vivere più a lungo per vedere come il Signore avrebbe salvato la Chiesa.
MONTANELLI: Io veramente ho una simpatia umana per questo Papa, perché ho proprio l’impressione di un uomo che ascolta delle voci di dentro e che crede, crede, crede in quello che fa. Ma non so nemmeno se quello che fa sia conciliabile con duemila anni di storia… Mi pare che la Chiesa si trovi di fronte ad una scelta di cui forse cominceremo a capire qualcosa al prossimo conclave. Perché lì forse vedremo quale cammino vuole imboccare. Cercherà una conciliazione, senza dubbio, perché questo rientra nella tattica, nella strategia della Chiesa. Io non posso assolutamente dire se ci fu uno che salvò la Chiesa nei momenti drammatici. Ma questo è uno di quei momenti drammatici, sicuramente. Se mi chiede più di questo ha sbagliato indirizzo…
Il suo giudizio sulla Chiesa è condiviso da altri laici. Ha letto l’intervista di Pintor sul Corriere della Sera? Parlava di «crisi profondissima, tragica della Chiesa cattolica e della religiosità»…
MONTANELLI: …ma ha ragione Pintor. Ha ragione Pintor! E simpatizza, perché è la stessa tragedia che è capitata ai comunisti e che lui sente come tale. Lui ci vede una parentela, è per questo che lui sente il dramma della Chiesa, perché, eh, ci vede una proiezione “in grande”, nell’eternità, della crisi comunista…
Dice ancora Pintor: «E nel comportamento del Papa, pure in questi rituali barocchi e pomposi, non ho avuto l’impressione di una recita, ma di un dramma. Forse anche personale. Forse il Papa ha paura di andare all’inferno».
MONTANELLI: Questo non lo so… può anche darsi, che ci mescoli un sentimento di paura, è possibile. Ma non mi pronuncio, perché… come si fa a calarsi nella coscienza di un papa?
Però che lui tema molto di più il consumismo del comunismo, questo non c’è dubbio. Proprio ne dà l’impressione tattile di questo. E lo capisco: l’arcivescovo di Cracovia aveva con sé tutta una popolazione che veniva in chiesa per consolarsi: la Chiesa è anche un grande rifugio. La Polonia era portata a questo perché secolarmente la Chiesa cattolica, trovandosi da una parte i greco-ortodossi e dall’altra i protestanti, ha rappresentato una bandiera dell’indipendenza nazionale. Quindi, anche stavolta era la Chiesa cattolica il grande rifugio delle anime in pena. Ed ora, invece di venire in chiesa, questi polacchi preferiscono andare al grande magazzino del mondo “materialista capitalista”. Lo capisco, Wojtyla.
Quando Indro Montanelli dice che è cattolico per le sue «radici», ricorda come queste gli sono “nate”?
MONTANELLI: No, perché non me ne sono accorto. Come posso ricordare? Io sono nato e cresciuto cattolico. Mio padre era un laico, anche lui, era un preside di liceo, profondamente cattolico e non lo sapeva. Io avevo una madre molto pia, osservante, e un padre che era cattolico come lei ma non lo sapeva, non osservava niente (non ne parlava), ma cattolico: il modo di ragionare che m’ha insegnato era cattolico, ma non lo sapeva. Come anch’io per molti anni non l’ho saputo, poi me ne sono reso conto a furia di vivere in mezzo, per esempio, ai protestanti. Allora ho capito da cosa veniva che la mia logica non aveva niente a che fare con la loro: veniva da qui. Ma gli italiani non si rendono conto di essere cattolici, eppure lo sono, sono proprio condizionati dalla mentalità cattolica.
Giovanni Paolo II in ginocchio davanti alla tomba di Gandhi a Nuova Delhi nel 1986

Giovanni Paolo II in ginocchio davanti alla tomba di Gandhi a Nuova Delhi nel 1986

E la mamma da piccolino la portava a messa?
MONTANELLI: Non mi forzava, no. Beh, naturalmente la prima comunione e la cresima, le cose necessarie… Ma lei non insisteva molto, perché era convinta di rappresentarmi presso il Signore. Quindi io avevo in lei lo scudo, potevo fare di tutto. Mia madre… Io fui arrestato nel ’43 e condannato a morte dai tedeschi. C’erano poche speranze per la mia salvezza: mia madre piombò da Roma, era già anziana, malata, e fece delle cose incredibili, perché non era possibile che suo figlio venisse fucilato, per lei non era possibile. Quindi lei andava all’Hotel Regina, sede delle SS, in cui io ero inquilino, e la cacciavano via, lei ritornava, la cacciavano via e lei ritornava ancora. Perché non credette mai alla mia fucilazione che tutti davano per sicura, perché non era possibile. Lei era una creatura solare, bellissima mia madre, donna semplicissima come allora usavano le donne. Ma questa sua fede senza incrinature di dubbio… lei era garante presso il Signore, era garante! Questa era la fede di mia madre. Io vorrei aver quella fede lì, mia madre non ha mai avuto dubbi: io ero suo figlio, lei credeva nel Signore. È morta a novantasei anni ancora credendo in Gesù: pensi che bellezza, pensi che bellezza! Quella è la fede che io vorrei. Lo dica a padre Cantalamessa.
Per inciso, il gran mistero del fatto che questa mia condanna a morte non fu eseguita, è stato scoperto tre anni fa nella curia: fu il cardinale Schuster che a mia insaputa e senza mai dirmelo scrisse una lettera, credo al cognato di Kesserling per dirgli: «Se fucilate Montanelli fucilate un galantuomo», galantuomo si fa per dire…
Insomma, questa lettera non provocò la revoca della cosa, ma il rinvio sine die, finché scappai.
Una soluzione di compromesso, molto cattolica…
MONTANELLI: Una soluzione di compromesso.
Comunque, io sono un laico, laicone, laicaccio, mi chiami come vuole, ma molto, molto interessato a questa faccenda della Chiesa. Che io sento, pur restando con tutti i miei dubbi laici, come una mamma che mi allatta, al cui latte io sono cresciuto. Quindi, questa crisi esistenziale – che è una crisi esistenziale – mi tocca. Crisi esistenziale di cui io non vedrò la soluzione – già, poi le crisi non hanno mai soluzione ma trovano i compromessi – anche perché son troppo vecchio. E mi dispiace di non vedere come la Chiesa ce la farà. Ma ne ha passate tante e passerà anche questa. Però è dura, è dura.
Mi dispiace di non averle potuto offrire materia un po’ più sostanziosa…
Scherza? Sono cose delle quali nessuno può dirsi padrone.
MONTANELLI: No, nessuno! Siamo tutti così, credo… tranne mia madre! Ma per essere così certa aveva avuto degli indizi, l’aveva con sé, l’aveva con sé…


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