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DIBATTITO
tratto dal n. 05 - 2000

Ma la “Veronica” è a Manoppello


La preziosa reliquia è stata custodita per secoli nella Basilica di San Pietro, in Vaticano, poi se ne persero le tracce. In realtà fu trasportata in segreto nella piccola città dell’Abruzzo dove si trova tutt’oggi. A questa conclusione conducono gli studi di padre Pfeiffer


di Heinrich Pfeiffer, s.j.


«Nella Basilica di San Pietro è custodita la reliquia più famosa del mondo: il “sudario di Cristo”»: così inizia l’articolo del canonico vaticano Dario Rezza (30Giorni n. 3, marzo 2000, pp. 60-64). Mi pare che una tale constatazione debba essere un po’ differenziata, se non corretta. Normalmente, infatti, è la Sindone di Torino a essere considerata come la reliquia più importante del mondo. Inoltre, dopo che io ho presentato il Volto Santo di Manoppello come la “Veronica” di San Pietro creduta perduta, ma trasportata in segreto nella piccola città in provincia di Pescara tra il 1608 e il 1618, mi sarei aspettato una discussione della mia tesi, prima di arrivare a un giudizio storico così affrettato e perentorio. Ripetiamo gli argomenti principali che l’articolo tace del tutto.
Il Volto Santo di Manoppello, in provincia di Pescara

Il Volto Santo di Manoppello, in provincia di Pescara

Sia il De Waal sia il Wilpert, scrivono chiaramente che hanno visto la cosiddetta reliquia vaticana e non hanno potuto vedere niente altro sul pezzo di stoffa che qualche macchia brunastra. Poi, prima della sua morte, monsignor Krieg mi ha fatto ancora sapere personalmente per iscritto che non c’è nessuna immagine sulla “Veronica” di San Pietro. L’anno scorso, durante un convegno sulla Sindone e su tutte le reliquie della passione di Cristo nella Pontificia Università Lateranense, il cardinale Noè si è espresso più o meno con queste parole (che cito a memoria): l’immagine è talmente appassita che non si vede più alcuna traccia.
Ci sono due fortissimi argomenti ulteriori che ci fanno dubitare che si conservi ancora a San Pietro la reliquia originale, che, in contrasto con quella che si mostra oggi, è un oggetto trasparente, un velo finissimo, e mostra un volto con occhi aperti.
Il primo argomento trova il suo supporto nel fatto che il reliquiario del 1350 è costituito da due vetri di cristallo di rocca. Inoltre, diverse rappresentazioni della santa Veronica – per esempio la tavola del maestro di Flémalle, nel Städelsches Kunstinstitut a Francoforte, viene datata intorno al 1420 – mostrano la santa con un velo del tutto trasparente.
Il secondo argomento è esclusivamente di carattere iconografico. Tutte le rappresentazioni della “Veronica” romana, prima del 1616, raffigurano il volto di Cristo (sul velo o senza il velo) sempre con gli occhi aperti.
Vediamo adesso brevemente la situazione a Manoppello. Là il velo con l’immagine del Cristo è del tutto trasparente. Il volto mostra gli occhi aperti. Sul bordo inferiore si trova ancora un pezzettino del vetro del reliquiario antico che fu tanto bene incollato che non si riuscì a staccare il velo senza distruggere il vetro del reliquiario. Il vecchio reliquiario del 1350 nel tesoro della Basilica vaticana è rotto. Che i vetri di questo reliquiario sono rotti lo sa già il Grimaldi e lo scrive nel suo elenco di tutti gli oggetti che furono trasportati dalla vecchia Basilica nell’Archivio. Questo elenco è datato 1618.
Monsignor Dario Rezza scrive anche: «Nella nuova Basilica, la “Veronica”, racchiusa in una triplice teca di argento e protetta da una reticella a velo (“crivellotto”), venne collocata solennemente il 21 marzo 1606, il martedì santo alle otto di sera (come risulta dal cod. vat. lat. 4993, pp. 513-514), in una nicchia ricavata all’interno del pilone (detto appunto “della Veronica”) della cupola». Trovare una tale nota in un documento importante, costituisce già una garanzia per poter dire che la reliquia esiste ancora oggi a San Pietro? Dal famoso tesoro della cappella del Sancta Sanctorum sparì la croce più preziosa poco tempo dopo l’apertura del tesoro, poco tempo avanti la prima guerra mondiale. Non sarebbe la prima volta, dunque, che un oggetto prezioso sparisce in una chiesa romana.
Il papa Paolo V si trovò stranamente in un grande imbarazzo quando gli fu chiesta nel 1615 una copia della “Veronica” dalla corte imperiale di Vienna. Solo nel 1616 e solo da un canonico di San Pietro fu eseguita questa “copia” che è ancora conservata nella Weltliche Schatzkammer della Hofburg a Vienna. Essa mostra per la prima volta il Gesù con gli occhi chiusi. Inoltre lo stesso Papa proibì tutte le ulteriori copie della reliquia romana. Si sa che esisteva tutto un esercito di pittori, i cosiddetti “pictores Veronicae” che prima di questa data non facevano nient’altro che tali copie.
Anche il canonico e archivista Grimaldi disegna una “Veronica”, con gli occhi aperti e simile per tutto il resto al Volto Santo di Manoppello, sul frontespizio della sua opera sulla reliquia romana del 1618 Opusculum De Sacrosancto Veronicae Sudario, Ac Lanceae, qua Salvatoris Nostri Iesu Christi Latus patuit, In Vaticana Basilica maxima ueneratione asservatis.
Penso che difficilmente si possano controbattere tutti questi argomenti, e che si debba ammettere con vera gioia che la “Veronica”, dopo che essa fu portata in Abruzzo, ci è stata salvata dai Cappuccini di Manoppello. Ai quali è auspicabile resti la custodia della preziosa reliquia.
Non sarebbe dunque opportuno riformulare la prima frase e tesi dell’articolo di monsignor Rezza? Nella Basilica di San Pietro è stata custodita per secoli la reliquia un tempo più famosa della Sindone di Torino, oggi però essa non si trova più là, ma a Manoppello, ai piedi della Maiella.


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