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UN ANNO SANTO CON AGOSTINO
tratto dal n. 12 - 1999

«Il Padre Nostro basterebbe da solo alla causa della grazia che noi sosteniamo»


Alle fonti dell’ecumenismo


Brani dal De dono perseverantiae di sant’Agostino


DAL DE DONO PERSEVERANTIAE
7, 15 «[…] Prorsus in hac re non operosas disputationes exspectet Ecclesia: sed attendat quotidianas orationes suas. Orat, ut increduli credant: Deus ergo convertit ad fidem. Orat, ut credentes perseverent: Deus ergo donat perseverantiam usque in finem. Haec Deus facturum se esse praescivit: Ipsa est praedestinatio sanctorum, quos elegit in Christo […]».
Ambrogio battezza Agostino
e il figlio Adeodato, gruppo statuario 
di pietra dipinta (1549), Cattedrale di San Pietro e San Paolo, Troyes, Francia

Ambrogio battezza Agostino e il figlio Adeodato, gruppo statuario di pietra dipinta (1549), Cattedrale di San Pietro e San Paolo, Troyes, Francia

7, 15 «[…] Dunque su questo argomento la Chiesa non deve indugiare in laboriose dispute, ma solo essere attenta alle sue preghiere quotidiane. Essa prega affinché coloro che non hanno la fede credano: dunque è Dio che converte alla fede. Essa prega perché i credenti perseverino: dunque è Dio che dona la perseveranza fino alla fine. Dio ebbe prescienza che Egli avrebbe fatto ciò. Questa prescienza è appunto la predestinazione dei santi, i quali Egli ha eletto in Cristo […]».

22, 60 «[…] Cur enim non potius ita dicitur: Et si qui sunt nondum vocati, pro eis ut vocentur oremus? Fortassis enim sic praedestinati sunt, ut nostris orationibus concedantur, et accipiant eamdem gratiam, qua velint atque efficiantur electi. Deus enim qui omnia quae praedestinavit implevit, ideo et pro inimicis fidei orare nos voluit; ut hinc intellegeremus, quod ipse etiam infidelibus donet ut credant, et volentes ex nolentibus faciat».
22, 60 «[…] Perché infatti non dire piuttosto: E se alcuni non sono stati ancora chiamati, preghiamo per loro affinché vengano chiamati? Può darsi che essi siano predestinati in questo modo: che la loro salvezza sia stata affidata alle nostre preghiere e che essi attraverso le preghiere ricevano la grazia, quella stessa grazia per la quale potranno voler essere eletti e saranno eletti. Dio, infatti, che dà compimento a tutto quello che ha predestinato, ha voluto che noi pregassimo anche per i nemici della fede per questo motivo, per farci comprendere da qui che è proprio Lui a concedere di credere anche a coloro che ancora non credono e a renderli volenti da non volenti».
6, 12-7, 13 «Tutiores vivimus, si totum Deo damus, non autem nos illi ex parte, et nobis ex parte committimus: quod vidit iste venerabilis martyr. Nam cum eumdem locum orationis exponeret, ait post cetera: Quando autem rogamus, ne in tentationem veniamus, admonemur infirmitatis et imbecillitatis nostrae, dum sic rogamus, ne quis se insolenter extollat, ne quis sibi superbe et arroganter aliquid assumat, ne quis aut confessionis aut passionis gloriam suam ducat: cum Dominus ipse humilitatem docens, dixerit: “Vigilate et orate, ne veniatis in tentationem; spiritus quidem promptus est, caro autem infirma” ut dum praecedit humilis et submissa confessio, et datur totum Deo, quidquid suppliciter cum timore Dei petitur, ipsius pietate praestetur (Cipriano, De oratione dominica, 26). Si ergo alia documenta non essent, haec dominica oratio nobis ad causam gratiae, quam defendimus, sola sufficeret: quia nihil nobis reliquit, in quo tamquam in nostro gloriemur. Siquidem et ut non discedamus a Deo, non ostendit dandum esse nisi a Deo, cum poscendum ostendit a Deo. Qui enim non infertur in tentationem, non discedit a Deo».
6, 12-7, 13 «Viviamo più sicuri se diamo tutto a Dio, invece di affidarci in parte a lui e in parte a noi stessi; come vide questo venerabile martire. Infatti, spiegando lo stesso passo della preghiera, dice in seguito: Quando preghiamo di non venire in tentazione, ci viene ricordata la nostra debolezza e insufficienza, mentre preghiamo perché nessuno insuperbisca con insolenza, nessuno, con superbia e arroganza, attribuisca alcunché a se stesso, nessuno consideri come sua propria la gloria della confessione di fede o della passione. Infatti il Signore stesso, insegnando l’umiltà ha detto: “Vegliate e pregate per non venire in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”; questo vuol dire che se viene prima un’umile e sottomessa confessione e tutto viene dato a Dio, tutto ciò che viene chiesto pregando nel timore del Signore viene donato dalla sua pietà (Cipriano, De oratione dominica, 26). Se anche non ci fossero altre testimonianze, questa orazione del Signore basterebbe da sola alla causa della grazia che noi sosteniamo, perché non ci lascia niente in cui ci possiamo gloriare come se fosse nostro. Anzi, l’orazione dimostra che anche il fatto di non allontanarci dal Signore non viene concesso se non da Dio, proprio col dichiarare che a Dio dev’essere chiesto. Chi infatti non è abbandonato alla tentazione non si allontana da Dio […]».


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