Il segreto di Fatima
Nel maggio del 2000 il Vaticano svela il terzo segreto di Fatima. Una rivelazione che sembra porre fine a decenni di polemiche e indiscrezioni. Sembra. Perché, in realtà, le cose non sono andate così…
di Davide Malacaria
La statua della Madonna di Fatima
Nell’occasione, il cardinale Sodano accenna al contenuto del segreto, ma per conoscerlo nella sua interezza occorrerà aspettare circa un mese, quando viene pubblicato a opera della Congregazione per la dottrina della fede. Il testo è accompagnato da una breve presentazione firmata dall’allora segretario della Congregazione, monsignor Tarcisio Bertone, e da un breve commento teologico del prefetto dello stesso dicastero, il cardinale Joseph Ratzinger. A seguire allegati e note. Il segreto, in estrema sintesi, consiste nella visione desolante di una città in rovina disseminata dei cadaveri di martiri, attraverso la quale cammina, afflitto, «un vescovo vestito di bianco» (di cui suor Lucia scrive: «Abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre») seguito da vescovi e religiosi. Il corteo sale sulla sommità di una collina su cui si trova una croce, ai piedi della quale il Papa viene ucciso.
Fin dall’annuncio del cardinale Sodano, il Vaticano ha identificato il «vescovo vestito di bianco» con papa Giovanni Paolo II e la sua uccisione con l’attentato subito a opera di Ali Agca nel 1981. Ma, da subito, questa rivelazione e la correlata interpretazione ufficiale hanno destato perplessità. Tra l’altro molti hanno fatto notare una difformità tra quanto aveva detto il cardinale Sodano il mese precedente a Fatima, quando aveva parlato di un papa che «cade a terra come morto», e lo scritto, nel quale si legge di un papa inequivocabilmente «ucciso».
A complicare le cose, per il Vaticano, si aggiungono le tante aggregazioni di fedeli nate attorno a Fatima, laici, sacerdoti e studiosi che conoscono vita, morte e, è il caso di dirlo, miracoli di tutto quel che è accaduto attorno a quella prodigiosa apparizione. E proprio da questi ambienti si sono levate le critiche più pungenti.
Tra il 2006 e il 2007, tali critiche si condensano in due libri-inchiesta: Il quarto segreto di Fatima, di Antonio Socci, e La profezia di Fatima, di Marco Tosatti. Di seguito accenneremo al contenuto di questi volumi.
La Madonna aveva previsto Ali Agca?
Una delle controversie più accese riguarda l’identificazione del vescovo vestito di bianco con Karol Wojtyla. In altre parole: la Madonna aveva profetizzato davvero l’attentato a Giovanni Paolo II? Nel suo libro, Socci fa notare che l’interpretazione vaticana del segreto, in realtà, non è così univoca. E ciò fin dall’annuncio del cardinale Sodano, le cui parole sono riportate nel documento dedicato al segreto di Fatima: il presule spiega che le vicende descritte nella visione «sembrano ormai appartenere al passato». «La Signora del messaggio sembra leggere con una singolare perspicacia i “segni dei tempi” [i corsivi non sono del testo, ndr]». Insomma, secondo Socci, sembra che il presule abbia un certo timore a usare espressioni troppo assertive.
Non è il solo. Nella nota teologica, il cardinale Ratzinger spiega la coincidenza tra il papa del messaggio e Wojtyla attraverso una «elegante» espressione interrogativa: «Non doveva il Santo Padre, quando dopo l’attentato del 13 maggio 1981 si fece portare il testo della terza parte del “segreto”, riconoscervi il proprio destino?».
Al di là di queste annotazioni, che possono apparire semplici sottigliezze, è ovvio che, trattandosi di rivelazioni private, non siamo di fronte a contenuti di fede. È lo stesso cardinale Ratzinger a precisare, in un’intervista rilasciata il 19 maggio del 2000 a la Repubblica, che non esistono «interpretazioni obbligatorie». D’altronde basta osservare il documento ufficiale vaticano (che si può scaricare da internet) per vedere fugato ogni dubbio in proposito. Infatti, un capitolo del commento teologico s’intitola significativamente: «Un tentativo di interpretazione del “segreto” di Fatima». Il corsivo è nostro.
In ogni caso, e a prescindere da altre considerazioni, i detrattori della versione ufficiale hanno buon gioco a chiedersi: se il segreto faceva riferimento solo alle persecuzioni subite dai cristiani in questo secolo e all’attentato al Papa avvenuto nel 1981, perché attendere tanto a renderlo pubblico?
Le copertine dei tre libri più recenti sul segreto di Fatima
Se l’interpretazione del segreto ha suscitato tante controversie, è ben poca cosa rispetto alle polemiche nate attorno al testo stesso. Per maggiore chiarezza, è meglio partire dall’inizio, da quando cioè a suor Lucia, nella clausura del carmelo di Coimbra, perviene la richiesta del suo vescovo di scrivere della rivelazione.
La suora redige diverse memorie di quanto ha visto e sentito in quel lontano 1917 alla Cueva de Iría: la prima è del 1935, la seconda del 1937, la terza è datata agosto 1941. In questo terzo scritto, spiega Socci, la suora «rivela le prime due parti del segreto [...] fa sapere che c’è anche una “terza parte” che per ora non rivela. Alcuni mesi dopo scrive la quarta memoria (datata 8 dicembre 1941), nella quale ricopia esattamente la precedente, ma quando arriva alla fine del secondo segreto [...] aggiunge una nuova frase, che non c’era nel testo dell’estate: “Em Portugal se conservará sempre o dogma da fé etc. [In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede etc., ndr]”». Infine, nel gennaio del ’44, annoterà il cosiddetto terzo segreto.
I primi due segreti, nei quali si preconizzava la Rivoluzione russa e la Seconda guerra mondiale, vennero resi pubblici negli anni Quaranta, mentre il terzo segreto, farà sapere Lucia, dovrà essere rivelato solo nel 1960. Nel 1957, però, la Santa Sede ordina che il testo sia inviato a Roma e chiede alla suora il silenzio. Che sarà mantenuto fino al 2000, ovvero fino alla pubblicazione del documento Il messaggio di Fatima a opera della Congregazione per la dottrina della fede.
Una pubblicazione invero un po’ infelice. I critici della versione ufficiale, infatti, hanno buon gioco a far notare una vistosa anomalia. Infatti, nel pubblicare il segreto nella sua interezza, il Vaticano non pubblica la quarta memoria, quella dell’8 dicembre 1941, l’ultima in ordine di tempo, ma la terza, quella dell’agosto 1941, aggiungendovi poi lo scritto del gennaio del ’44, dov’è annotato il terzo segreto. Terza e quarta memoria sono simili, abbiamo visto sopra, ma nella quarta c’è quella frasetta: «In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede etc.», che nella terza non c’è. Certo, questa espressione non viene omessa del tutto, ma è riportata in una nota a margine, senza alcuna spiegazione. Sennonché proprio quella riga è al centro di grandi controversie...
«È possibile che le parole della Madonna, date di persona dalla Madre di Dio, possano finire con un “etc.”?». È Socci a riportare questa domanda non certo banale di Paul Kramer, autore di La battaglia finale del diavolo. Cosa nasconderebbe quell’etc.? I critici fanno notare come non ci sia alcun nesso logico tra questa frase e il segreto rivelato nel 2000. E che la frase monca riporta parole della Madonna, parte di un discorso diretto, mentre il segreto consiste in una visione, senza alcuna parola della stessa.
Padre José dos Santos Valinho, salesiano, è il nipote di suor Lucia e con lei ha un rapporto preferenziale. In un’intervista, rilasciata poco prima della rivelazione del segreto, ha confidato: «Ritengo che quella parte di segreto riguardi la Chiesa, al suo interno. Forse difficoltà dottrinali, crisi di unità, lacerazioni, ribellioni, divisioni. L’ultima frase dello scritto della zia, che precede la parte ancora sconosciuta del segreto dice: “In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede”. Dopo, inizia il brano che non conosciamo. Però fa capire che il tema della parte mancante potrebbe essere legato all’ultima affermazione nota. Quindi in altre parti della Chiesa questo dogma potrebbe vacillare».
Non è il solo ad aver avanzato ipotesi simili.
Paolo VI e suor Lucia, Fatima, 13 maggio 1967
Sul segreto di Fatima, negli anni, sono circolate le voci più disparate, tra le quali la più ricorrente era quella riguardante la perdita della fede da parte di una moltitudine di cristiani. In altre parole, la Madonna avrebbe preconizzato una grande apostasia. Solo leggende?
Così sembrerebbe, alla luce della rivelazione vaticana. Il problema, però, è che tali leggende, negli anni, sono state corroborate da dichiarazioni di persone che, per la loro funzione, erano venute a conoscenza del segreto. Tosatti dedica un intero capitolo a Cinquant’anni di indiscrezioni eccellenti. Ne riportiamo qualcuna.
Monsignor Alberto do Amaral, vescovo emerito di Fatima, in una conferenza del 1984, afferma: «Il segreto di Fatima non parla né di bomba atomica, né di testate nucleari [...]. La perdita della fede di un continente è peggio che la distruzione di una nazione; ed è vero che la fede diminuisce continuamente in Europa. La perdita della fede cattolica nella Chiesa è ben più grave di una guerra nucleare» (dichiarazione smentita nel 1986, ma poi riconfermata nel marzo del ’95).
Il cardinale Alfredo Ottaviani, in una conferenza del 1967 dice: «Io ho avuto la grazia e il dono di leggere il testo del terzo segreto. [...] Vi posso dire soltanto questo: che verranno tempi molto difficili per la Chiesa e che c’è bisogno di molte preghiere perché l’apostasia non sia troppo grande».
Indiscrezioni eccellenti sono documentate anche nel libro di Socci. Monsignor Capovilla, segretario di Giovanni XXIII, anche lui sicuramente a conoscenza del segreto, nel 1978 risponde per iscritto a un’intervista. Alla domanda se il segreto faccia riferimento espressamente alle gerarchie ecclesiastiche, alla Russia o a una «crisi religiosa nel mondo», risponde negando le prime due ipotesi, ma nulla dice della terza. Ancora più esplicito il contenuto di una lettera del cardinale Luigi Ciappi, a lungo teologo della Casa pontificia, indirizzata al professor Baumgartner. Nella missiva, scritta nel 2000 ma pubblicata nel marzo 2002, il porporato rivela: «Nel terzo segreto viene predetto, fra le altre cose, che la grande apostasia nella Chiesa inizierà dalla sua sommità».
Tutti bugiardi? E se così non è, vuol dire che il Vaticano ha pubblicato un falso? Le cose sono un po’ più complesse. In base a una serie di indizi e testimonianze concordanti, molti dei critici della versione ufficiale sono convinti che il segreto consterebbe in realtà di due parti distinte. E che quella rivelata nel 2000, scritta su quattro fogli, sarebbe solo una delle due parti e sarebbe sempre stata custodita negli archivi del Sant’Uffizio. L’altra parte, quella ancora segreta, scritta su un solo foglio, sarebbe rimasta sempre nell’appartamento dei papi.
A conferma di questa ipotesi ci sarebbe anche un indizio di tipo logico. Tosatti riporta la tesi di Andrew M. Cesanek, un altro studioso che si è cimentato sul segreto di Fatima. Questi, comparando le prime due rivelazioni e quella resa pubblica nel 2000, registra come le prime due rivelazioni siano caratterizzate da una scansione del genere visione-spiegazione, mentre l’ultima è priva di spiegazione. Annota Tosatti: «Certo, è curioso che delle tre parti sia in realtà quella più bisognosa di una “guida di lettura” a mancarne».
I verbali di suor Lucia
Il Vaticano, ovviamente, non poteva mancare d’interpellare anche suor Lucia, l’ultima dei pastorinhos all’epoca ancora in vita (è morta nel febbraio 2005). A questo proposito, l’attuale segretario di Stato vaticano, cardinale Bertone, si è recato due volte a Coimbra: una prima volta il 27 aprile del 2000 e una seconda il 17 novembre 2001 (in realtà il prelato ha rivelato di aver incontrato la suora anche il 9 dicembre 2003, ma di aver approfondito vicende riguardanti Albino Luciani). Di questi due incontri abbiamo dei resoconti, qualcosa di simile a dei verbali, uno dei quali, il secondo, sottoscritto dalla stessa suor Lucia. In entrambi, in effetti, esce avvalorata la linea del Vaticano: anche per la suora il segreto sarebbe stato rivelato nella sua interezza e la scena del papa ucciso rappresenterebbe l’attentato del 1981. Ma questi “verbali”, frutto di ore di conversazione, secondo i critici, sarebbero eccessivamente sintetici, al limite della laconicità e davvero troppo generici.
Per brevità riportiamo solo l’osservazione di padre Paul Kramer, contenuta nel libro di Socci, il quale ha calcolato che dal secondo colloquio, durato circa due ore, il cardinale Bertone «è riuscito a ricavare solo quarantadue parole importanti (quarantadue) da attribuire tra virgolette alla suora». E, sempre a proposito di questo secondo verbale, Socci, premettendo che la suora parla solo portoghese, si domanda: «Perché dunque non esiste un testo in portoghese? E se esiste e – come appare ovvio – suor Lucia ha firmato solo quello, perché il testo in portoghese non è stato pubblicato? E perché la versione in inglese non ha la firma della suora?». Né è valso a fugare i dubbi il libro che la suora ha pubblicato poco prima di morire, Gli Appelli del Messaggio di Fatima, nel quale l’autrice evita di addentrarsi in questioni riguardanti il segreto.
Di questo libro, però, Tosatti segnala una frase particolarmente significativa: «Lascio interamente alla Santa Chiesa la libertà di interpretare il senso del messaggio perché le appartiene e le compete; perciò umilmente e volentieri mi sottometto a tutto ciò che essa dirà o vorrà correggere, modificare o dichiarare».
In effetti, colpisce che la suora abbia usato verbi come «modificare» e «correggere».
Giovanni Paolo II a Fatima, in occasione della beatificazione di Giacinta e Francesco Marto, il 13 maggio 2000
Poco dopo l’uscita del libro di Tosatti, la Rizzoli ha pubblicato un altro volume su Fatima, questa volta un libro-intervista col cardinale Bertone, a cura del vaticanista Giuseppe De Carli. Nel volume, il porporato ribadisce la versione ufficiale, arricchendola di particolari inediti, ma evita di rispondere alle domande sollevate dai critici.
Per parte nostra, ci limitiamo a evidenziare un passaggio del libro di De Carli che, in un lettore ordinario, potrebbe far sorgere ulteriori domande.
Il cardinale Bertone è interpellato sul rapporto tra Fatima e Albino Luciani. La questione è nota: l’allora patriarca di Venezia, poco prima di essere eletto Papa, andò a far visita a suor Lucia. Questa, è stato ipotizzato da alcuni, gli avrebbe profetizzato il pontificato e la morte a breve. Il cardinale Bertone risponde negando che la suora abbia mai fatto una simile profezia. E, a tale proposito, produce uno scritto dello stesso Luciani, datato gennaio ’78, nel quale si riporta sinteticamente il contenuto del colloquio.
Suor Lucia, annota il patriarca di Venezia, gli aveva parlato della necessità di avere «cristiani e specialmente seminaristi, novizi e novizie decisi sul serio a essere di Dio senza riserve» e via dicendo. Poi Luciani, dopo aver raccontato di aver chiesto della danza del sole (spettacolare miracolo di Fatima), s’interroga: «[...] qualcuno chiederà: un cardinale s’interessa di rivelazioni private?». Sì, risponde, spiegando che il «Vangelo contiene tutto», ma che ai cristiani è necessario anche «scrutare i segni dei tempi». «E, dietro al segno, è opportuno badare alle cose sottolineate da quel segno. Quali?», si chiede ancora con quel suo stile semplice e lineare. Ed elenca le quattro cose che, a suo dire, sono state indicate dalla Madonna in quel lontano 1917, spiegandole una a una: pentirsi, pregare, recitare il rosario e, da ultimo, tenere a mente che l’inferno esiste.
Nelle righe che il patriarca dedica alla preghiera, però, c’è un accenno che colpisce. Luciani annota la difficoltà che questa pratica incontra presso i suoi contemporanei. E conclude: «Non sono io, ma Karl Rahner che ha scritto: “È in atto anche all’interno della Chiesa un impegno esclusivo dell’uomo per le realtà temporali, che non è più una scelta legittima, ma apostasia e caduta totale della fede”». Apostasia?
Insomma, nonostante il disvelamento del 2000, sul segreto di Fatima continua ad aleggiare un alone di mistero. Parola densa di enigmi minacciosi, per tanti. Non così per il semplice fedele, al quale invece appare carica di conforto e di speranza, laddove la parola mistero scandisce e accompagna la recita del rosario. Una preghiera che, proprio in quel luogo, si è arricchita di quella giaculatoria di dolce misericordia che la Madonna ha voluto consegnare ai tre fanciulli e, attraverso loro, alla Chiesa tutta. Ed è proprio per questo, crediamo, che l’apparizione di Fatima, negli anni, si è fatta cara al popolo cristiano. Al termine di questo articolo, piace ricordarlo.