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GIOVANNI PAOLO I
tratto dal n. 07/08 - 1998

Anche il “mostrare” ha il suo significato



del cardinale Joseph Ratzinger


Incontrai la prima volta il cardinale Luciani nell’agosto del 1977 al seminario di Bressanone. Il 25 maggio ero stato ordinato vescovo e il giorno consacrato a Pietro e Paolo ero entrato a far parte del collegio cardinalizio. A quell’epoca trascorrevo una parte della villeggiatura con i miei familiari nell’antica sede vescovile sulle sponde dell’Isarco, come mi era accaduto di fare già alcuni anni addietro. In gioventù, il cardinale Luciani si era recato spesso con la madre in pellegrinaggio a Pietralba, per questo conosceva bene quella regione. Non so come, gli era giunta all’orecchio la notizia che il nuovo arcivescovo di Monaco si trovava al seminario di Bressanone; fu così che si accinse a farmi visita. Questo nobile gesto mi fece una profonda impressione, ma ancor più di esso mi colpirono la cordialità spontanea e la grande bontà umana che trasparivano da lui. Lo vedo ancora seduto di fronte a me, vestito del suo semplice abito talare nero e con le scarpe alquanto consumate, raccontarmi della sua giovinezza e aprirmi completamente il suo cuore. Allorché, un anno dopo, lo rividi in conclave, mi venne spontaneo il pensiero che un uomo che possedeva tali doti di cuore e una mente illuminata dal cuore, doveva per forza essere un buon papa, e fui contento di poter notare che molti altri la pensavano come me.
Un’ultima conversazione, molto cordiale, la ebbi con lui in occasione del suo insediamento. L’arcidiocesi di Monaco e Frisinga è gemellata con le diocesi dell’Ecuador. Per ottobre era previsto in quel Paese un importante congresso mariano, al quale mi era stato chiesto di partecipare in qualità di legato pontificio. Il Pontefice nel frattempo aveva letto la richiesta e aveva deciso positivamente in merito; così, durante il tradizionale omaggio dei cardinali, egli si intrattenne brevemente con me sulla questione e invocò su di me molte benedizioni per la mia missione. La notizia della sua morte improvvisa mi sorprese a Quito. Alloggiavo presso un istituto di suore; una notte, all’improvviso, la porta della mia stanza da letto si aprì e, con mia grande sorpresa, entrò un carmelitano vestito del suo abito che, non senza fatica, potei identificare come uno dei vescovi ausiliari di Quito. Mi comunicò che il Papa era morto. A tutta prima mi sembrò un’apparizione irreale, poi, a poco a poco mi resi conto che questo incontro inatteso non era un sogno, bensì era triste realtà. Questa morte allora fu per me un duro colpo al cuore: non riuscivo a comprendere perché quella persona buona ci fosse stata sottratta così presto dal trono pontificio. Mi tornò in mente la frase coniata una volta per il pontefice Marcello II, anche lui morto improvvisamente: «Mostrato, non dato». Nel frattempo però mi si è fatto via via sempre più evidente che anche il “mostrare” ha il suo significato. Papa Luciani resta nel mio ricordo, e in quello di tutti coloro che lo hanno conosciuto, l’immagine del buon pastore; egli ha trasformato le sue sofferenze in un sorriso di bontà, e questo è un messaggio che, specialmente oggi, per noi è salutare.


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