Il mistero e l’operazione della grazia
«È importante questa operazione della grazia. Noi siamo tutti contagiati un po’ dal deismo. Mentre Dio, facendosi uomo, entrando nella carne, unendosi alla carne, continua a operare nel mondo trasformandolo». Intervista con il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede
Intervista con il cardinale Joseph Ratzinger di Gianni Cardinale
Il cardinale Joseph Ratzinger
Eminenza, a che livello si situa questo accordo tra Chiesa cattolica e luterani? Si sottolinea più volte che si tratta di un accordo “su” verità e non “sulle” verità della dottrina della giustificazione…
JOSEPH RATZINGER: Questo è un punto importante. Entrambe le parti hanno sottolineato il fatto che non si ha semplicemente un consenso sulla dottrina della giustificazione come tale ma su verità fondamentali della dottrina della giustificazione. Quindi ci sono settori dove c’è realmente un’intesa, ma rimangono altri problemi che non sono ancora risolti.
Quali, ad esempio?
RATZINGER: Non si tratta delle formule prese in se stesse, ma considerate nel loro contesto, come nel caso di quella simul iustus et peccator. Per Lutero, perseguitato dal timore della condanna eterna, era importante sapere che, anche se era un peccatore, era tuttavia amato da Dio e giustificato. Per lui c’è questa contemporaneità: di essere vero peccatore e di essere totalmente giustificato. È una espressione della sua esperienza personale, che poi è stata approfondita anche con riflessioni teologiche. Mentre per la Chiesa cattolica è importante sottolineare che non c’è un dualismo. Se uno non è giusto non è neanche giustificato. La giustificazione, cioè la grazia che ci viene data nel sacramento, rende il peccatore nuova creatura, come dice san Paolo. Ma rimane, come afferma il Concilio di Trento, la concupiscenza, cioè una tendenza al peccato, uno stimolo che porta al peccato, ma che, come tale, non è peccato. Queste sono controversie classiche. Il problema diventa più reale se prendiamo in considerazione la presenza della Chiesa nel processo della giustificazione, la necessità del sacramento della penitenza. Qui si rivelano le vere divergenze.
Gesù Cristo in trono
RATZINGER: Sì, ma in questo momento non è possibile. Da entrambe le parti ci siamo accontentati di chiarire alcune formule classiche. Abbiamo lasciato da parte gli aspetti che nella vita cristiana seguono, diciamo così, la giustificazione.
Torniamo alla formula simul iustus et peccator. C’è una interpretazione di questa formula secondo cui la grazia non opera un cambiamento reale, rimane una mera copertura del peccato dell’uomo…
RATZINGER: Sì. In questo senso è importante notare che Dio agisce realmente nell’uomo. Lo trasforma, crea qualcosa di nuovo nell’uomo, non dà soltanto un giudizio quasi giuridico, esterno all’uomo. Ciò ha una portata molto più generale. C’è una trasformazione del cosmo e del mondo. Penso ad esempio all’Eucarestia. Noi cattolici diciamo che c’è una transustanziazione, che la materia diventa Cristo. Lutero parla invece di coesistenza: la materia rimane tale e coesiste con Cristo. Noi cattolici crediamo che la grazia è una vera trasformazione dell’uomo e una trasformazione iniziale del mondo e non è, come lei dice bene, soltanto una copertura aggiunta che non entra realmente nel vivo della realtà umana.
Il poeta francese Charles Péguy circa un secolo fa coglieva la radice della scristianizzazione nel fatto di non riconoscere l’operazione della grazia…
RATZINGER: È importante questa operazione della grazia. Noi siamo tutti contagiati un po’ dal deismo. Dio rimane un po’ fuori. Mentre la fede cattolica – questa grande fiducia, questa grande gioia che Dio, facendosi uomo, entrando nella carne, unendosi alla carne, continua a operare nel mondo trasformandolo – ha la potenza, la volontà, la radicalità dell’amore, per entrare nel nostro essere e trasformarlo.
Avvenire ha accolto la Dichiarazione ufficiale comune dell’11 giugno col titolo Cattolici-luterani, scomuniche addio. Il 22 giugno un comunicato del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha ricordato che le scomuniche mantengono «“il significato di salutari avvertimenti” di cui dobbiamo tener conto nella dottrina e nella prassi». Insomma, che fine hanno fatto le scomuniche di Trento?
RATZINGER: Il documento dice che le scomuniche di Trento in questo settore non toccano la dottrina così come è esposta oggi. Nello stesso tempo il valore veritativo delle scomuniche, comunque, rimane quello. Chi si oppone alla dottrina esposta a Trento si oppone alla dottrina, alla fede della Chiesa.
Eppure nella Risposta della Chiesa cattolica dello scorso anno si affermava: «…rimane quindi difficile vedere come si possa affermare che questa dottrina sul simul iustus et peccator, allo stato attuale della presentazione che se ne fa nella Dichiarazione congiunta, non sia toccata dagli anatemi dei decreti tridentini sul peccato originale e sulla giustificazione».
La cacciata dal Paradiso
Non è preoccupante che non solo nel mondo protestante, ma anche nel mondo cattolico, questo tema della giustificazione sia considerato lontano o non considerato affatto?
RATZINGER: Questo è il vero problema. Nella Risposta della Chiesa cattolica dello scorso anno stava scritto: «Dovrebbe essere preoccupazione comune di luterani e cattolici trovare un linguaggio capace di rendere la dottrina della giustificazione più comprensibile anche agli uomini del nostro tempo». Penso che la quasi assenza di questa dottrina è causata da un indebolimento del senso di Dio. Se Dio è preso sul serio, il peccato è una cosa seria. E così era per Lutero. Adesso Dio è abbastanza lontano, il senso di Dio è molto attenuato e perciò anche il senso della grazia è attenuato. Adesso dobbiamo trovare insieme in questo contesto attuale il modo di annunciare Dio, Cristo, di annunciare così la bellezza della grazia. Perché se non c’è senso di Dio, se non c’è senso del peccato, la grazia non dice niente. E mi sembra questo il nuovo compito ecumenico: che insieme possiamo capire e interpretare in un modo accessibile, che tocca il cuore dell’uomo di oggi, cosa vuol dire che il Signore ci ha redenti, ci ha dato la grazia.
Eminenza, permette alcune “domande extra”, al di fuori del tema trattato finora?
RATZINGER: Prego.
Nel numero di aprile 30Giorni ha pubblicato un’intervista al cardinale Bernardin Gantin, nella quale il decano del Sacro Collegio auspicava un ritorno alla prassi antica che proibiva il trasferimento di un vescovo da una diocesi all’altra. Cosa pensa a riguardo?
RATZINGER: Sono totalmente d’accordo con il cardinale Gantin. Soprattutto nella Chiesa non dovrebbe esistere alcun senso di carrierismo. Essere vescovo non deve essere considerato una carriera con diversi gradini, da una sede all’altra, ma un servizio molto umile. Penso che anche la discussione sull’accesso al ministero sarebbe molto più serena se si vedesse nell’episcopato non una carriera ma un servizio. Anche una sede umile, con pochi fedeli, è un servizio importante nella Chiesa di Dio. Certo, ci possono essere casi eccezionali: una grandissima sede in cui è necessario avere esperienza del ministero episcopale, in questo caso può darsi… Ma non dovrebbe essere una prassi normale; solo in casi eccezionalissimi. Rimane valida questa visione del rapporto vescovo-diocesi come un matrimonio che implica una fedeltà. Anche il popolo cristiano pensa così: se un vescovo viene nominato in una diocesi, giustamente si vede questo come una promessa di fedeltà. Purtroppo anche io non sono rimasto fedele essendo stato convocato qui…
L’annunciazione
RATZINGER: È pensabile, benché difficile. Difficilmente si cambia il Codice a solo sedici anni dalla pubblicazione. In futuro vedrei anch’io bene che fosse aggiunta una frase su questa unicità e fedeltà di un impegno diocesano.
Cambiamo argomento. Non molto tempo fa hanno fatto un certo scalpore alcune frasi scritte da lei nell’introduzione di un libretto della Congregazione per la dottrina della fede Sulla pastorale dei divorziati risposati pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. In particolare ha colpito l’affermazione che il dicastero che lei presiede sta studiando la questione se «veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale» vista la scristianizzazione dilagante di oggi…
RATZINGER: Forse era imprudente dirlo. Ma il problema è molto reale, perché abbiamo una situazione sconosciuta fino a cento anni fa. Ci sono tanti battezzati non credenti. Questa è una realtà nuova, da studiare. Non oso adesso fare una previsione su cosa uscirà da questo studio. Volevo solo dire che noi abbiamo percepito questa nuova situazione, ne siamo consapevoli, e vogliamo approfondire il tema per vedere, per verificare se ci sono delle conseguenze giuridiche, sacramentali, teologiche, oppure no.
Un ultimo quesito. È di questi giorni la notizia della citazione presso la Rota romana del presunto autore del volume Via col vento in Vaticano. Alcuni organi di informazione hanno paventato un intervento anche della Congregazione da lei presieduta. Le risulta qualcosa?
RATZINGER: Niente. Non mi occupo di pettegolezzi. È un mondo che mi è totalmente estraneo. Ho sentito solo da lontano. A me comunque non risulta niente.
Duccio e le formelle in bronzo di San Zeno
Qui soprasi alternano alcuni particolari della Maestà di Duccio di Buoninsegna (la vocazione di Pietro e Andrea, conservato alla National Gallery of Art di Washington; la guarigione del cieco, conservato alla National Gallery di Londra; Gesù risorto tra gli apostoli nel cenacolo, conservato nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena) e alcune formelle di bronzo del portale della chiesa di San Zeno, a Verona (le due foto a destra), eretta nel XII secolo su precedenti costruzioni del IV secolo. Le formelle sono opera di più autori e sono state realizzate a partire dal secolo X.