Home > Archivio > 12 - 2003 > Imperfetta ma necessaria
ITALIA
tratto dal n. 12 - 2003

Imperfetta ma necessaria


La dichiarazione di voto del senatore Giulio Andreotti a favore della legge sulla procreazione assistita, l’11 dicembre 2003


di Giulio Andreotti


Signor presidente, ho ritenuto di dover fare una brevissima dichiarazione di voto, avendo seguito con attenzione non solo questo dibattito ma anche la discussione svoltasi nelle precedenti legislature, quando avevamo una chance positiva perché due colleghi appartenenti alla sinistra – Adriano Ossicini ed Ersilia Salvato – erano i corifei di tesi opposte, cosicché non vi era possibilità, almeno in chi non volesse fare una sottile speculazione, di confondere questi temi con altri orientamenti che ci riguardano.
Credo che la legge non sia perfetta, come abbiamo detto tutti; tuttavia, sono anni che si cerca di varare una legge e, in nome della perfezione, si respinge sempre l’iniziativa.
Una biologa in un centro di fecondazione assistita di Napoli

Una biologa in un centro di fecondazione assistita di Napoli

Oltretutto, non si tratta di una legge costituzionale e quindi, se la sperimentazione dimostrerà che alcune cose non vanno e altre possono essere migliorate, si potrà perseguire senza difficoltà l’eventuale modifica.
Non nascondiamoci dietro a un dito: il riformare la legge significherebbe continuare questo tran tran, arrivando fino a ulteriori legislature per poter avere una normativa.
Ho sentito che gli stessi colleghi, che hanno presentato proposte emendative e che conoscono meglio di me questo campo, sono convinti che la situazione attuale, in assenza di una normativa, si presti a tutta una serie di inconvenienti ed abusi.
Certamente, credo nessuno ignori la posizione delicatissima di madri, ma anche di padri, che non potendo avere un bambino cercano di averlo in questo modo. Non sediamoci in cattedra a dire che potrebbero ricorrere all’adozione! È cosa diversa. E poi credo non spetti a noi questo ragionamento.
Vorrei svolgere un’ultima considerazione, signor presidente. L’importanza che noi diamo all’embrione, la sua validità giuridica, ci richiamano ai dibattiti che facemmo in quest’Aula sull’aborto. Non è facile partecipare per chi non è del mestiere. Debbo anzi confessare, signor presidente, che sono molto vecchio e recepisco con disagio una certa nomenclatura: quando si chiamano “coppia” i coniugi, ad esempio, a me non piace; quando sento parlare di “guasti all’impianto” avverto una certa difficoltà letteraria; ma questo dipende dalla mia incultura e da una mia non sufficiente modernità.
Tuttavia, certamente si porrà un problema; non si porrà domani mattina, ma mi auguro che si ponga, anche se non è di facile soluzione. Mi riferisco all’auspicata armonizzazione delle legislazioni in Europa. Non dobbiamo svolgere il dibattito solo sull’obbligatorietà o meno del mandato di cattura; credo si possa auspicare, nella prospettiva, un’armonizzazione delle legislazioni europee.
Ricordo con amarezza il dibattito sull’aborto in quest’Aula. Non si volle sospendere nemmeno nelle settimane in cui eravamo in angosciante attesa di sapere cosa fosse successo a Moro, e quando egli morì si fece una brevissima interruzione. Per carità! Nemmeno un giorno intero, perché doveva portarsi assolutamente a compimento la legge sull’aborto!
Vedo veramente una certa disarmonia tra questa tutela, questo riconoscimento dell’embrione e il fatto che poi, invece, fino a quattro mesi il concepito può essere mandato al Creatore a norma di legge.
Signor presidente ho finito. Vorrei però che i colleghi non insistessero troppo su questa storia dei cattolici e dei non cattolici, dei laici e dei non laici. Noi siamo venuti da una scuola, quella di De Gasperi, la cui laicità credo sia fuori discussione. Basta leggere anche un recente libro sulla storia dei gesuiti in Italia per vedere come De Gasperi fosse veramente laico anche nelle scelte più delicate della vita politica.
Certamente, tra le giornate più brutte, anzi la giornata più brutta della mia vita fu quella nella quale dovetti controfirmare la legge sull’aborto. Lo feci perché, come ho detto, eravamo in un momento disastroso per la nostra nazione: le Brigate rosse avevano ottenuto un successo proprio in quei giorni; vi era una situazione finanziaria impossibile. Venire meno per un motivo di carattere personale sarebbe stato, a mio avviso, da un punto di vista patriottico, una diserzione e ritenni di non doverla fare.
Ogni tanto vedo qualcuno che loda il re del Belgio perché non firmò. Ebbene, egli se ne andò per una settimana; poi ritornò, e aveva firmato un suo luogotenente. Mandare all’aria il governo italiano in quel momento, credo avrebbe rappresentato il rischio di aggravare una situazione già difficile.
Dovremmo essere tutti più attenti nel parlare e nel condividere il significato della parola modernità.
Se la modernità è quella che, come in questi giorni abbiamo letto, obbliga la regina di Inghilterra a leggere il discorso della Corona in cui si profila il matrimonio tra omosessuali, io mi considero antimoderno per eccellenza.


Español English Français Deutsch Português