San Luca testimone della fede che unisce
Presentato a Padova il volume con i risultati scientifici della ricognizione delle reliquie di san Luca
di Lorenzo Bianchi
San Luca evangelista e il suo simbolo, miniatura tratta dai Vangeli detti di sant’Agostino, fine VI secolo, Corpus Christi College Library, Cambridge
La raccolta delle indagini scientifiche è apparsa infatti lo scorso mese di settembre, ed è stata presentata ufficialmente il 21 gennaio 2004 presso il Collegio Sacro a Padova. Il volume termina con la seguente dichiarazione, firmata dal presidente della commissione scientifica professor Vito Terribile Wiel Marin, anatomopatologo, e dai componenti professori monsignor Claudio Bellinati, Gianmario Molin e Mariantonia Capitanio: "In conclusione, non esiste un solo elemento contrario al fatto che si tratti dello scheletro di san Luca Evangelista".
Si ribadisce così sostanzialmente quanto già veniva emergendo in via provvisoria nel corso della prima giornata del congresso (cfr. anche quanto pubblicato su queste stesse pagine: 30Giorni, n. 10, ottobre 2000, pp. 78-89): ma, rispetto ad allora, quelle che erano prime anticipazioni sono ora dati analitici finalmente illustrati nella loro completezza, con esplicitazione e descrizione dei procedimenti metodologici che li hanno prodotti e la cui validità scientifica è dunque ora verificabile da chiunque. In più, rispetto a quel momento, nuove indagini sono state compiute. In particolare, a seguito del dibattito scientifico sviluppatosi al termine delle relazioni presentate il 16 ottobre 2000, chi scrive è stato cooptato, insieme a Margherita Cecchelli, titolare della cattedra di Archeologia cristiana presso lUniversità di Roma "La Sapienza", nella Commissione scientifica con lincarico dello studio archeologico della cassa di piombo contenente le reliquie, e in particolare del simbolo che vi appare a rilievo su uno dei due lati corti.
Occorre però, per comprendere e valutare appieno i risultati delle analisi scientifiche, richiamare rapidamente i termini della questione.
Lo scheletro privo del capo era contenuto in una cassa parallelepipeda di piombo delle dimensioni di circa cm 180 x 48, alta circa cm 40, con un coperchio a spiovente con timpani triangolari. La cassa, forata sul fondo in tre diversi punti, conteneva anche altri resti ossei rivelatisi pertinenti ad animali. Nessun segno distintivo era presente, se non il simbolo a rilievo sullesterno di uno dei lati corti, una specie di stella ad otto bracci. Insieme alla cassa erano vari oggetti, tra i quali due tavolette attestanti la pertinenza delle ossa a Luca Evangelista.
Di Luca, "antiocheno di Siria, medico per professione, discepolo degli apostoli", scrittore del terzo Vangelo e degli Atti degli apostoli, sappiamo che visse nel I secolo, ma sembra non aver mai visto né seguito Gesù sulla terra. Fu discepolo di Paolo, lo accompagnò a Roma dove dovette incontrare Pietro e Marco. Dopo il martirio di Paolo, le notizie su Luca si fanno incerte. La tradizione più antica relativa alla morte e sepoltura di san Luca sembra doversi leggere nelle parole di un anonimo copista della fine del II secolo (un testo che però fu rivisto, e non sappiamo se integrato nella parte che ci interessa, nel IV secolo) che, in testa a un codice che conteneva i libri del Nuovo Testamento, inserì uno scritto contro leretico Marcione. Questo testo, il cosiddetto Prologo antimarcionita, parla del martirio di Luca in Beozia, e, secondo una variante, specificatamente a Tebe, capitale di quella regione greca, città dove sarebbe morto alletà di ottantaquattro anni e dove è conservato un sarcofago pagano riutilizzato, allincirca della fine del II secolo, di imitazione attica, in pietra locale, che la tradizione orientale considera il luogo della prima sepoltura dellEvangelista.
Unaltra tradizione, che potrebbe anchessa essere veritiera, testimoniata da san Girolamo, parla invece della morte di Luca in Bitinia, sempre a ottantaquattro anni. Sicuramente da scartare sono invece altre testimonianze, sempre del IV secolo, risalenti sia a Gregorio di Nazianzo che a Gaudenzio vescovo di Brescia, che parlano, equivocando, del martirio di Luca a Patrasso, in Grecia.
La data della morte di Luca, come si deduce dalle fonti, deve dunque collocarsi ai primi anni del II secolo. Ancora da Girolamo sappiamo che nella seconda metà del IV secolo, e precisamente nellanno 357, limperatore Costanzo portò i corpi di san Luca e santAndrea a Costantinopoli, nuova capitale dellImpero (De viris illustribus III, 7, 6). Questa notizia è ripetuta dal Chronicon Paschale della prima metà del VII secolo, che testimonia anche, nellanno precedente e cioè nel 356, la traslazione di Timoteo da Efeso a Costantinopoli. I corpi dei tre santi furono collocati nellApostoleion, la Basilica degli Apostoli; e quando, verso il 527, Giustiniano riedificò la Basilica, si ritrovarono, come testimonia Procopio di Cesarea (De aedificiis I, 4, 18-23), le loro bare: o meglio, furono viste, ma particolare importante non aperte (la fonte non lo specifica), le casse di legno che si era certi contenessero i corpi di Andrea, Luca e Timoteo.
La Basilica di Santa Giustina a Padova, nel complesso del monastero benedettino. All’interno di essa, in un’arca marmorea, sono conservate dal 1313 le spoglie attribuite a san Luca
Ultima nota storica da aggiungere: sappiamo con certezza che alla fine del VI secolo ad opera di Gregorio Magno, allepoca apocrisario del papa Pelagio II, giunge a Roma, prelevata dallApostoleion, la testa allora ritenuta di san Luca, e ora conservata in Vaticano. Quella testa non ha nulla a che vedere con lo scheletro di Padova, il cui capo è conservato nella cattedrale di San Vito a Praga, prelevato da Padova il 9 novembre 1354 per essere donato allimperatore Carlo IV, che laveva richiesto per valorizzare come apostolica la nuova cattedrale della sua città dorigine. Come meglio specificato oltre, le indagini scientifiche hanno dimostrato che la testa prelevata da Gregorio Magno non può, con certezza, essere appartenuta a Luca, e questo mette fortemente in dubbio anche la presenza delle reliquie di Luca a Costantinopoli allepoca della notizia di Procopio di Cesarea.
Il corpo attribuito a san Luca fu rinvenuto allinterno di una cassa di piombo nel cimitero di Santa Giustina a Padova il 14 aprile del 1177, come attesta un documento che riporta quella data. Nel racconto che descrive il momento del ritrovamento si legge che il riconoscimento del corpo come quello dellEvangelista avvenne sulla base di tre vituli (non rinvenuti nella ricognizione del 1998) e di una doppia croce impressi allesterno del contenitore, e per la presenza, allinterno di esso, di uniscrizione che recava il nome del santo. La cassa con il corpo fu poi deposta nellarca marmorea appositamente scolpita nel 1313 per volontà dellabate Gualpertino Mussato e sistemata nella cappella chiamata appunto di San Luca. Una ricognizione venne effettuata nel 1463, in seguito a un processo per stabilire se fosse questo il vero corpo di san Luca o un altro custodito a Venezia (che si rivelò essere invece il corpo di un giovane morto duecento anni prima). Unulteriore ricognizione avvenne nel 1562, quando, essendo già a buon punto la costruzione dellattuale Basilica, larca fu spostata nel transetto di sinistra, dove ancora oggi si trova. Infine, si arriva direttamente alla ricognizione avviata nel 1998, con la successiva rideposizione nel maggio del 2001.
Particolare della cassa di piombo contenente le reliquie attribuite a san Luca. Si nota il disegno a rilievo della doppia croce a stella
- lo scheletro risulta maschile, appartenente ad un uomo anziano, di statura di circa cm 163, normale per lepoca romana antica, nella quale visse san Luca (Mariantonia Capitanio), sofferente in particolare di artrosi per invecchiamento (Terribile Wiel Marin), con episodi ciclici di deficienza nutrizionale durante la crescita (Raffaele Scapinelli - Luigi Capasso);
- le analisi del radiocarbonio 14C, condotte separatamente in due diversi laboratori (Tucson e Oxford), forniscono per lo scheletro una datazione probabile tra la seconda metà del I secolo d.C e linizio del V secolo d.C., con la massima probabilità tra il II e il IV secolo (Gianmario Molin et alii);
- il cranio conservato nella cattedrale di Praga corrisponde senza alcun dubbio allo scheletro di Padova, vista la perfetta articolazione con latlante (Emanuel Vlcek); il cranio portato a Roma da Gregorio Magno, viceversa, appartiene a un altro corpo ed è stato datato dalle analisi del radiocarbonio 14C al V-VI secolo d.C. (Gianmario Molin). Questo significa con certezza, ripetiamo, che questo cranio non è quello di san Luca; che a Gregorio Magno fu dato un cranio diverso o perché non ci si volle privare del vero cranio di san Luca oppure (cosa che a noi sembra molto più probabile) perché alla fine del VI secolo il corpo di san Luca non era più sepolto nellApostoleion di Costantinopoli; e questo perché era stato traslato altrove, o forse addirittura (ma meno probabilmente) perché a Costantinopoli non era mai arrivato il vero san Luca;
Monastero di Santa Giustina, 22 maggio 2001. La cassa di piombo con le reliquie di san Luca viene sigillata dopo tre anni di indagini per essere riposta in Basilica
- lo studio del Dna mitocondriale estratto da due denti permette di escludere che il corpo appartenesse a un individuo di origine greca, mentre lappartenenza a un individuo di origine siriana, anche se non lunica ad essere possibile, tuttavia risulta essere la maggiormente probabile (Guido Barbujani et alii);
- il ritrovamento di numerosi scheletri di colubridi (serpenti) tipici dellarea padana, datati dalle analisi del radiocarbonio 14C al periodo tra il 410 e il 545 d.C., allinterno della cassa di piombo, probabilmente entrativi attraverso i tre fori presenti sul fondo e lì morti durante il periodo di letargo a causa di un allagamento (la cassa era posta in una zona soggetta a inondazioni), dà la certezza che verso il V secolo la cassa medesima con le reliquie allinterno già si trovava a Padova (Benedetto Sala). Tre livelli di allagamento, da attribuirsi al periodo di permanenza della cassa a Padova, risultano ancora visibili allinterno della cassa (Eliana Fornaciari Pier Paolo Vergerio); i fori riteniamo sono stati provocati probabilmente da un processo di naturale corrosione del piombo. Queste risultanze permettono di escludere come veritiera la tradizione della traslazione di san Luca a Padova nel periodo iconoclasta (VIII secolo);
- le analisi palinologiche dei reperti rinvenuti allesterno della cassa di piombo evidenziano una palinoflora rappresentata da piante indigene del Padovano, ovvero da piante esotiche storicamente introdotte nel Padovano; al contrario, le analisi dei reperti rinvenuti allinterno della cassa di piombo evidenziano anche la presenza di specie tipiche dellarea del bacino del Mediterraneo, ma assenti nel Padovano. In particolare, la presenza di foglie e di polline di abete greco, il cui areale è circoscritto alla sola Grecia, dimostra oggettivamente che quello è il luogo di provenienza delle reliquie e molto probabilmente della cassa (Arturo Paganelli). La natura dei reperti dellabete greco rinvenuti esclude che la loro presenza possa essere dovuta a una contaminazione occasionale e successiva alla deposizione;
- nella cassa di piombo è stata accertata la presenza di alcuni residui di graminacee e di larve di insetti che si nutrono di granaglie (Sergio Zangheri - Paolo Fontana). Questo potrebbe anche fare ipotizzare, tra le varie possibilità, una temporanea collocazione della cassa in un ambiente utilizzato per la conservazione o il trasporto del grano, come ad esempio una nave oneraria;
L’epigrafe rinvenuta nell’arca marmorea di Santa Giustina. La scritta, in latino e in greco, recita: “Ossa di Luca Evangelista”. Le caratteristiche formali della scrittura nonché la terminologia usata attestano che si tratta di copia di un originale antico, forse di epoca imperiale e certamente antecedente al VI secolo, redatto in Occidente
- anche se di fattura tarda, una delle iscrizioni relative a san Luca e unaltra, relativa alle reliquie di san Mattia, conservate anchesse a Santa Giustina in una cassetta di piombo, hanno dato indicazioni interessanti. Le due iscrizioni sono entrambe incise su tavolette di piombo. Quella relativa a san Luca, bilingue, riporta una scritta rinascimentale corsiva in greco (Iesous Christos Parthenos Maria), e poi, in capitale: OSSA LVCAE EVANGELISTAE, in latino, e: OSTA TOU LOUKA EUAGGELHSTOU, in greco. Sebbene lanalisi isotopica del piombo situi la tavoletta in epoca rinascimentale (Molin et alii), lanalisi del testo e la terminologia richiamano con certezza una sua composizione di periodo anteriore al VI secolo (Franco Ghinatti). La superficie originaria su cui era inciso il testo andò dunque, per un motivo che ci sfugge, perduta, e il testo fu evidentemente ricopiato in occasione di una delle ricognizioni delle reliquie. Delliscrizione relativa a san Mattia è invece da sottolineare che il piombo della tavoletta, evidentemente riutilizzata (tracce di lettere al di sotto dellattuale scritta), appare essere dello stesso tipo di quello della cassa di san Luca (Molin et alii; Ghinatti). Potrebbe forse trattarsi di un frammento delloriginario coperchio della cassa?
- i rilievi fotogrammetrici della cassa, il calco del simbolo, la ripetizione sperimentale del suo procedimento di realizzazione e dunque lindividuazione e lo studio di una tipologia, quella della croce a stella (Lorenzo Bianchi Paolo Salonia Margherita Cecchelli) hanno permesso di stabilire che la cassa di piombo, di tipologia classica ma priva di particolari decorazioni ornamentali, e di per sé indatabile con precisione, è tuttavia ampiamente compatibile con lambito cronologico, geografico e culturale di san Luca. Il simbolo è la combinazione di una croce greca con una croce decussata, impostate esattamente (anche se limpressione ottica è diversa) sul medesimo centro, e richiama la forma di una stella a otto terminazioni, simbologia giudeo-cristiana che appare già negli ossuari della Palestina del I-II secolo. Quelle che per qualcuno potrebbero sembrare delle punte di freccia sono probabilmente invece, come lo studio analitico della tecnica di impressione ha indicato, lesito di rudimentali ritocchi operati dallartigiano durante la preparazione della cassa per tentare di correggere imperfezioni nel disegno. Cadono dunque così a nostro avviso tutti i tentativi di paragone con ben diverse iconografie richiamanti dardi, frecce o quantaltro, che altri, isolatamente e in polemica concorrenza con gli Atti del Congresso (ma utilizzandone sorprendentemente a piene mani le bozze, senza alcuna autorizzazione degli autori), presentano come risolutivi per giustificare a tutti i costi una tesi precostituita (datazione del reperto al IV secolo e significato pagano del segno). Una tesi argomentata con metodo di discutibilissimo valore scientifico, laddove ci si dimentica di citare quei dati oggettivi che si rivelano contrastanti e non funzionali. Al contrario, lanalisi archeologica della cassa non consente in nessun modo di smentire le risultanze di compatibilità date dalle altre analisi scientifiche, anzi le rafforza;
Tebe in Beozia. Sarcofago pagano riutilizzato, della fine del II secolo, da dove proverrebbe la cassa di piombo contenente le reliquie attribuite a san Luca Evangelista
Di fronte alla serie disparata di testimonianze della tradizione relativamente alla traslazione di san Luca a Padova, i dati escludono il periodo medievale; ci riportano piuttosto al IV secolo, ma resta incerta la provenienza (Costantinopoli o forse direttamente Tebe) e ipotetica loccasione (le persecuzioni di Giuliano lApostata), anche se naturalmente non esclusa. Certamente nuovi dati potranno venire dallo studio analitico della tomba che si conserva a Tebe, dalla quale sarebbe stata traslata la cassa di piombo ora a Padova. Ed altri chiarimenti potrebbero emergere da un nuovo studio sulla storia e la tradizione relative alle sepolture dellApostoleion di Costantinopoli, sia per quanto riguarda Luca stesso, sia per quanto riguarda Andrea e Timoteo, che la tradizione vuole giunti in Italia per altre vie e in altro momento, successivamente al sacco della città operato dai combattenti della IV crociata nel 1204.