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EDITORIALE DI...
tratto dal n. 01 - 1999

Pio XII e il Patto


8 settembre 1948. Tarchiani, ambasciatore italiano a Washington, è ricevuto in udienza da Pio XII. La sua missione è esporre al Papa le finalità del nascente Patto Atlantico e chiedergli di evitare eventuali crociate da parte di alcuni settori del cattolicesimo contrari all'Alleanza difensiva dell'Occidente. Ecco come andò


di Giulio Andreotti


Di una udienza del Papa all'ambasciatore italiano a Washington, avente come oggetto la discussione in avanzato corso sulla nostra adesione al Patto Atlantico, ha scritto sinteticamente lo stesso Alberto Tarchiani nel suo libro Dieci anni tra Roma e Washington, nel quale riferisce anche su una visita da lui fatta in Roma a Myron Taylor, che essendo rappresentante personale di Roosevelt, poteva influire sul presidente degli Stati Uniti più efficacemente del Dipartimento e dello stesso segretario di Stato.
«Andai a trovare Myron Taylor, rappresentante personale del presidente Roosevelt presso Pio XII, in quella bella e ricca villa di via Gregoriana, che credo fosse anche stata, mezzo secolo innanzi, abitazione di Crispi. Lo trovai, nel tardo pomeriggio, a letto, perché malato di leggera influenza.
Myron Taylor aveva allora la fama di essere l'occhio e l'orecchio di Roosevelt a Roma, e di esserlo in ogni modo assai più dell'ambasciatore americano in carica, Alexander Kirk, che sembrava si dolesse di questa strana situazione cui era impossibile porre rimedio, dati i sistemi e le preferenze del presidente e il suo gusto per la politica personale e diretta. Quindi, entrando nella vastissima camera dell'inviato di Roosevelt, ebbi l'impressione di presentarmi al tribunale della divina provvidenza in terra, e di doverne uscire o reprobo o eletto.
Myron Taylor è certo un uomo d'innata autorità, che si è creato via via una personalità ufficiale sempre sull'avviso, direttamente, a viso aperto.
Gli spiegai che, se una nostra preparazione difensiva seria non poteva che essere lunga, occorreva cominciarla il più presto possibile. Consigliavo quindi:
… con conversazioni confidenziali togliere ai Cinque, a Washington, l'uso del pretesto che il governo italiano non voglia o non possa aderire all'Unione occidentale;
… esercitare sul governo americano un'adeguata pressione perché tenga in dovuto conto gli interessi – anche militari – italiani;
… illuminare, via via e sempre più, l'opinione pubblica in Italia, in modo che non sia sorpresa, ma invece progressivamente preparata a un avvicinamento che poteva divenire ineluttabile, nell'intento di provvedere alla sicurezza nazionale.
Tutti questi ragionamenti, e molti altri, che non posso citare per ragioni di spazio, facevano lentamente breccia in animi concordi, ma si stentava ancora a passare all'azione».

 

Accanto a questo complemento romano del suo lavoro diplomatico svolto a Washington, Tarchiani ebbe anche da De Gasperi un incarico preziosissimo. In qualche settore democristiano, ma molto più diffusamente in quello più vasto del cosiddetto "mondo cattolico" serpeggiava una istintiva contrarietà a impegni militari dell'Italia. Forse la sciagurata propaganda dell'Asse Roma-Berlino-Tokyo; ancor più la tragica prova dell'ostentata potenza di otto milioni di baionette; infine la stessa natura pacifica dei cristiani («Beati i costruttori di pace perché saranno chiamati figli di Dio», afferma il Vangelo) tutto portava a una accoglienza più che fredda dell'idea di un vincolo internazionale, sia pure esplicitamente difensivo. Occorreva saltare tutte le intermediazioni, compresa quella più che convinta di monsignor Montini e arrivare direttamente dal Papa.
Pochi mesi dopo, l'11 febbraio 1949, De Gasperi avrebbe potuto sperimentare di persona la stima – innanzi tutto, ma non solo morale – di cui godeva presso il Pontefice. Nell'udienza ufficiale per i venti anni dei Patti Lateranensi il Papa gli rivolse un forte indirizzo di elogio, che avremmo saputo in seguito essere stato scritto da lui personalmente (più tardi io fui in grado di pubblicarlo in fotocopia). Ma non vi era un rapporto tale tra i due personaggi – senza dire della delicatezza della questione – da consentire nel 1948 un colloquio esplicativo efficace.
Geniale fu l'intuizione del presidente, convinto che sul Papa avrebbe avuto incisività particolare una esposizione fatta da una personalità di matrice laicista e dotata di congrua autorevolezza. Tarchiani poteva chiedere di essere ricevuto per manifestare gratitudine per l'appoggio che al suo lavoro conferiva la coraggiosa e tenace azione filoitaliana del cardinale di New York, Francis Spellman.
La cronaca che dell'evento scrive Tarchiani nel libro già citato è stringata:
«In un mio viaggio in Italia – nell'estate – mi fu detto, a Palazzo Chigi, che una delle ragioni di titubanza governativa era il parere del Vaticano, contrario alla nostra entrata nel Blocco Atlantico. Pensai occorresse andare a sentire direttamente che cosa pensasse Pio XII, se fosse stato così cortese e fiducioso da lasciarmelo intendere. Fui ricevuto l'8 settembre a Castel Gandolfo e trattenuto, contro ogni consuetudine, molto benevolmente, per quaranta minuti.
Non riferisco quella conversazione ma posso attestare che il Santo Padre, pur interamente fedele alla dottrina della fratellanza e della pace nel mondo, era assolutamente avverso all'idea che l'Italia, in caso di una guerra, dovesse passare, per incapacità a difendersi, "sotto la cortina di ferro". La ripeto perché era un'aspirazione ovvia, del resto risultante da tanti atti pubblici e messaggi ufficiali e ufficiosi del Pontefice e della Santa Sede.
Quando riferii a De Gasperi dello stato d'animo del Papa, mi disse di non dubitarne, giacché sapeva quanto nutrisse opinioni nette e risolute. Cadde pertanto così l'abusiva leggenda che il Santo Padre si opponesse alle forme più adeguate ed efficaci per la difesa del Paese, ed anche, implicitamente della Chiesa».

Del "contenuto", di cui per riservatezza professionale Tarchiani non ha ritenuto di poter dare informazioni, ho cercato di sapere se negli archivi riservati della Santa Sede vi fossero tracce. Molto cortesemente il cardinale Angelo Sodano ha così risposto:

«Dal Vaticano, 12 luglio 1998
Egregio senatore,
mi do premura di dare riscontro alla sua lettera, del 30 giugno scorso, con la quale ella chiedeva di poter avere del materiale d'archivio circa un'udienza accordata da sua santità Pio XII al signor Alberto Tarchiani, ambasciatore d'Italia a Washington.
Dagli archivi risulta soltanto che l'udienza fu chiesta con lettera dell'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede indirizzata a sua eccellenza monsignor Giovanni Battista Montini in data 3 settembre 1948 (cfr. allegato) e che l'ambasciatore Tarchiani fu ricevuto da papa Pio XII l'8 settembre 1948.
Il medesimo ambasciatore fu ricevuto una seconda volta dal Santo Padre il 27 settembre 1952.
Non è stato trovato nessun appunto circa il contenuto dei due colloqui.
Auspicando ogni bene, profitto della circostanza per rinnovarle, egregio senatore, la mia stima e considerazione.
Cordialmente
Card. Sodano Segretario di Stato».

L'allegato alla lettera del segretario di Stato riguarda la richiesta formale di udienza inviata dall'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede al sostituto della Segreteria di Stato monsignor Giovanni Battista Montini.
«Eccellenza reverendissima,
sua eccellenza Alberto Tarchiani, ambasciatore d'Italia a Washington, desidererebbe poter avere l'alto onore di essere ricevuto in udienza privata dal Santo Padre.
Sarei vivamente grato a vostra eccellenza reverendissima se volesse rendersi interprete presso il Santo Padre del desiderio dell'ambasciatore Tarchiani il quale è domiciliato in via Pinciana 36 presso la famiglia Albertini.
Ringraziandola fin d'ora del suo cortese interessamento, colgo l'occasione per rinnovarle, eccellenza reverendissima, gli atti della mia più alta considerazione.
Antonio Meli Lupi di Soragna».

Ma ancor più interessante è un secondo allegato alla lettera del cardinale Sodano. L'Osservatore Romano di quel settembre 1948 non fece menzione dell'ambasciatore Tarchiani nella lista delle udienze private che quotidianamente veniva pubblicata. Ma nella "cronaca di Roma" del 5 settembre 1948 comparve stranamente una notizia di tre righe, con il relativo titoletto L'ambasciatore Tarchiani a Roma: «L'ambasciatore d'Italia a Washington, Alberto Tarchiani, è giunto a Roma dopo un breve congedo trascorso in Piemonte». Un modo singolarissimo di documentare ad perpetuam rei memoriam l'eccezionalissimo incontro che il Santo Padre stava per avere. Attenzione alle date: 3 settembre richiesta dell'ambasciatore; 5 settembre annuncio (mai fatto né prima né dopo) dell'arrivo in Italia di un ambasciatore italiano in Usa; 8 settembre udienza.

L'acquisizione della conferma che Pio XII avesse compreso il significato positivo dell'accordo che si andava perfezionando dette a De Gasperi la certezza che l"opposizione cattolica" non vi sarebbe stata.



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