Tratto da Piccola vita di Bernadette

Capitolo 1




La scuola della povertà

Un matrimonio d’amore inconfessato

Bernadette Soubirous nacque il 7 gennaio 1844 a Boly, il penultimo dei cinque mulini distribuiti a qualche passo gli uni dagli altri sul magro ruscello del Lapaca, tra l’enorme rocca che sovrasta il castello e le colline di prati e boschi che salgono dolcemente verso Bartrés.
C’è gioia al mulino: Bernadette fu una bambina desiderata; la sua nascita corona un matrimonio d’amore la cui storia è nata da una disgrazia.
Il l° luglio 1841, Justin Castérot, il mugnaio di Boly, muore in un incidente con il carretto, sulla strada di Pouyferé. La sua vedova, Claire, è là, davanti al grande corpo infarinato che sta per essere deposto nella terra. Riflette sulla sua disgrazia. Necessità preme: quattro figlie adulte ed un mulino!... che si è fermato in un silenzio di morte.
Bisogna sposare la primogenita, Bernarde, di 19 anni, a un ragazzo del loro mestiere. Non ce n’è che uno disponibile: François Soubirous, del mulino Latour, ancora scapolo a 34 anni. Egli non si fa pregare, viene volentieri al mulino, sorridente, premuroso. Cercano di avvicinarlo a Bernarde, ma rimane di marmo. Nulla procede verso il matrimonio. Che cosa succede dietro a quella grande fronte cortese ma cocciuta? Non c’è verso di farglielo rivelare.
Finiscono per indovinarlo: colei che interessa a François non è Bernarde ma la sua sorella minore, Louise, bionda con gli occhi azzurri. Quando arrivano a fargli riconoscere questa stranezza, François evita le ragioni del cuore che non hanno alcun credito presso i mugnai lourdesi del XIX secolo: Louise è una massaia migliore, argomenta.
È vero il contrario ma bisogna arrendersi all’evidenza: sposerà lei o nessuna. Gli cedono, ed eccolo felice e mugnaio. Il matrimonio si celebra il 9 gennaio 1843.
Bernadette nasce due giorni prima dell’anniversario, il 7 gennaio 1844: la neonata è circondata di attenzioni, vezzeggiata.
La madre, la nonna e le tre zie rivaleggiano, Bernarde, la fidanzata mancata, è madrina. Compensazione... trionfante, del resto: «Mi conosce quanto sua madre» diceva con fierezza. Ed è l’appuntamento con la disgrazia per questa bimba che udrà presto le paradossali parole: «Io non vi prometto di rendervi felici in questo mondo ma nell’altro».
Una sera del novembre 1844, l’anno della nascita, Louise, sua madre, è in attesa del secondo figlio. È seduta accanto al fuoco. Sonnecchia. La candela di resina sospesa al camino cade su di lei. Il corsetto prende fuoco. Non c’è più modo di allattare Bernadette a questa piaga.
Cosa fare? A Bartrés, Marie Laguës ha appena perso il primogenito, Jean, di 18 giorni. Acconsente a prendere Bernadette a balia per 5 franchi al mese. Una disgrazia ne aggiusta un’altra.
Da questo momento tutto va in rovina: cattivo raccolto, cattivi affari, cattivi debitori. I Soubirous sono affabili, troppo accomodanti con i clienti in difficoltà.
Nel 1854, l’anno in cui Pio IX definisce l’origine immacolata di Maria, essi non possono pagare l’affitto del mulino. Vengono cacciati. Da padrone, François diventa manovale a 1,20 franchi al giorno.
Nel 1855 il colera miete più di 30 vittime a Lourdes, tra le quali la nonna Castérot. Bernadette ne è colpita e subisce la cura dell’epoca: le strofinano la schiena con della paglia fino a farla sanguinare. Riesce a scampare alla malattia, ma la sua salute ne risulta indebolita.
Ancora una disgrazia che ne aggiusta un’altra. Con i 900 franchi dell’eredità, i Soubirous affittano un mulino ad Arcizac, vicino a Lourdes. Ma ancora una volta, lo sfratto non tarda ad arrivare.
Nel 1856 il raccolto è disastroso. È carestia. Il prezzo del pane è più che raddoppiato: da 30 a 70 centesimi al chilo. I Soubirous sono ributtati da una casa in una catapecchia.
All’inizio dell’inverno 1857 sono sul lastrico. Dove andare? Nessuno è così folle da affittare a questi insolventi mulino o casa. A malincuore il cugino Sajous finisce per affittare loro la peggiore abitazione di Lourdes: il fetido piano terra della vecchia prigione, inutilizzata dal 1854 a causa della sua insalubrità: «la segreta».
Disgrazia attira disgrazia. Il 27 marzo 1857 le guardie vengono a cercare François Soubirous. È stato commesso un furto di farina. Il panettiere Maisongrosse lo sospetta e lo denuncia per questo motivo soltanto, riportato agli atti del procedimento: «È il suo stesso stato di povertà che mi fa credere che potrebbe essere l’autore del furto».
Le guardie sequestrano gli scarponi di François per verificare le impronte. Ci sono delle «differenze», annota il verbale del processo. Lo dichiarano ugualmente colpevole e lo arrestano. La sua stessa miseria lo accusa. Bernadette lo vede partire, nell’onta, tra due guardie.
Ci metteranno otto giorni per accorgersi che è innocente.
La fame raddoppia alla «segreta». La mancanza di lavoro imperversa. Neanche da pensare che Bernadette possa andare al catechismo o a scuola. Lavora come bambinaia, cameriera nella bettola della zia Bernarde, come pastorella senza salario a Bartrés, dalla sua nutrice, presso la quale è mandata nuovamente nel settembre 1857. Così c’è una bocca in meno da sfamare alla «segreta».
Per Bernadette, Bartrés non è l’idillio incantevole che sognò Zola, né la leggenda dorata che fiorì a Lourdes fin dal marzo 1858: il suo gregge avrebbe attraversato miracolosamente il torrente gonfio per il temporale, e la pioggia non l’avrebbe bagnata affatto tra la meraviglia di tutti. Bernadette ha smentito questa leggenda: per il disinganno dei suoi ammiratori.
Per lei, Bartrés non è il santo Trianon di cui sognano i turisti. È cibo frugale. A casa dei Laguës la carne non compare che due volte all’anno: a Natale e a San Giovanni. Il pasto, mattina e sera, è la pasta di granturco che lo stomaco di Bernadette rifiuta da lungo tempo. A casa sua le si acquistava la sua porzione di pane di frumento. A Bartrés è «il privilegio dei vecchi padroni».
Inoltre Marie Laguës è rude con la bimba che aveva allattato. Le vuole bene a suo modo, ma non le ha mai perdonato di aver succhiato il latte del suo bimbo morto: il suo piccolo Jean. In più ha perso un secondo piccino, Jean, seppellito a due anni, il 1° marzo 1850. E il terzo (sempre Jean), la sorveglianza del quale è affidata a Bernadette, deperisce. Non supererà l’autunno...
L’ovile è una lunga solitudine, ma al contempo un rifugio amichevole. Bernadette ama molto il suo cane Pigou, i suoi agnelli, «soprattutto il più piccolo». Quando costruisce degli altari fioriti nei campi, secondo l’uso locale, l’agnello preferito si diverte a rovesciarglieli. Ma Bernadette non riesce a volergliene. «Per punirlo, gli davo del sale, del quale era golosissimo».
Bernadette aspira al catechismo: porta austera di una speranza, dato che desidera fare la prima comunione. È tempo. Ha quasi 14 anni! Ma il lavoro non le ha mai permesso di andare al catechismo. A Bartrés, le era stato promesso. Ma qui, di nuovo, il lavoro lo impedisce. I montoni mangiano anche il giovedì! «Te lo insegno io il catechismo!», ha detto la nutrice.
È una dura prova per Bernadette. La sua memoria non è mai stata esercitata non essendo andata a scuola. Marie Laguës recita frasi che la sua pastorella non comprende: «Ripeti!». Tutto sfugge.
La nutrice scandisce le sillabe, come se entrassero più facilmente urlandole forte. Ma Bernadette non ne ricava che un blocco ancora maggiore.
Marie Laguës non è affatto un buon pedagogo. Bernadette, che non è mai andata a scuola, né ha mai esercitato la sua memoria, non ricorda le parole astratte. La nutrice finisce per arrabbiarsi.
Alla terza o quarta volta, al colmo dell’irritazione, le dice: «Sei troppo stupida, non potrai mai fare la prima comunione».
L’abate Aravent rimproverò per questo sua sorella.
«Ella cambiava atteggiamento per un po’ di tempo... dopo, riprendeva le sue abitudini», confidava un giorno Bernadette a Jeanne Védère.
L’infanzia di Bernadette è una lunga notte: fame, privazioni, malattie, disprezzo. È la sua prima notte. Non è l’ultima.
Ma è una notte seminata di stelle? Sì, perché Bernadette percepiva già, nella sua umana infelicità, una profonda evidenza: «Quando il buon Dio lo permette, non ci si lamenta», confida a sua cugina Jeanne Védère; non dice «Dio lo vuole», ma «Dio lo permette». E precisa: «Il buon Dio».
«Bernadette aveva, fin dalla più giovane età, una pronunciata tendenza alla pietà», testimonia sua madre. Aveva un rosario da due soldi, che Toinette le aveva comperato, nel 1856, a Bétharam.
Lo recitava in francese: questa lingua che non comprendeva e della quale non sapeva null’altro. Non una parola di catechismo. «Nemmeno il Mistero della Trinità!» constaterà ben presto, con stupore, l’abate Pomian, vicario di Lourdes.
Ella sapeva anche questa invocazione che recitavano durante la preghiera della sera alla cella: «O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi».
L’infanzia di Bernadette, non è il misticismo scapigliato che ha immaginato Zola. È la pazienza dei poveri, la preghiera dei poveri, che sale dalla fatica e dalla sofferenza stessa.
Alla «segreta» si recitava ogni giorno la preghiera della sera, e la voce ferma di Bernadette si udiva attraverso il soffitto. Il cugino Sajous, che abitava al piano superiore, lo testimonia.
Bernadette viveva già, nell’austerità, una profonda unione con Dio, senza bagaglio di istruzione religiosa, in una grande povertà di linguaggio e di mezzi.
L’infanzia di Bernadette è la notte dei poveri, ma anche la santità dei poveri.


Ritorno a Lourdes

È per fare la prima comunione che Bernadette organizza il suo ritorno alla «segreta». Il 17 gennaio, scende a Lourdes, come ogni domenica, portando con sé alcune patate che sono una benedizione alla «segreta» dove regna sempre la fame. La nutrice ripete, come al solito, «Stasera devi ritornare!».
Bernadette si chiude nel suo guscio per non rispondere. Il suo piano è stabilito.
Non ricompare né quel giorno, né il giorno successivo, né il martedì, soltanto il mercoledì 20, con una risposta netta e ben preparata: «Il signor curato mi vuol far fare la prima comunione».
«Il curato», «la comunione»: due parole incontestabili alle quali la nutrice non può ribattere nulla.
K Bernadette ci crede a queste due parole! Addio, amiche pastorelle, Jeanne-Marie Caudeban e Jeanne-Marie Garros, addio, fratelli di latte, Zéphirin, Joseph e Justin. Addio, papà Laguës, bontà della casa, e addio, nutrice, il cui affetto riaffiora alle partenze come agli arrivi. Bernadette lascia la casa Burg. Dal fondo del vallone sale il pendio, emerge davanti all’orizzonte delle montagne, saluta la Croce del crocevia e gira a sinistra. La strada carreggiabile, scavata da profondi solchi, costeggia il bordo del pianoro prima di scendere verso il Gave alla sua destra. I pendii scuri rivolti a nord non attirano lo sguardo. Su questo versante, che non vede il sole durante l’inverno, Bernadette non distingue la falesia scoscesa dell’antica rocca: Massevieille o Massabielle, come si dice in dialetto. Bernadette non conosce nemmeno il nome di questo recesso, poco accessibile e malfamato, che serve da pascolo per i greggi di maiali del comune. Conosce soltanto il detto poco lusinghiero: «Sei stato allevato a Massabielle?».
Non è mai stata là.
Ritrova l’affetto e la miseria della cella.



È il 23 febbraio, al termine di 12 giorni di apparizioni, che la notizia esplode al «Café Français», grande centro dove l’intellighenzia lourdese si apriva al mondo leggendo i giornali di Parigi: Le Siècle, La Presse, che erano sparsi davanti alle poltrone imbottite, sui tavoli da gioco illuminati dal cono giallo delle lampade a petrolio.
Il giornale
Lavedan aveva pubblicato soltanto un articolo, sprezzante e leggero, il cui inchiostro era ancora freschissimo: «Una ragazza, che tutto fa supporre affetta da catalessi, richiama da qualche giorno l’attenzione e stuzzica la curiosità della popolazione di Lourdes. Non si tratta di niente di meno che dell’apparizione della Santa Vergine».
Questo articolo (anonimo) dell’avvocato Bibé, rifletteva e confermava l’opinione generale.
Soltanto le persone del «ceto basso» andavano alla grotta; ma ecco che quella sera, Jean-Baptiste Estrade, ispettore fiscale dei tributi indiretti, trentasettenne, vi è andato, da scettico, per accompagnare la sorella.
È
ritornato trasformato e trasformerà l’opinione del «ceto alto».
Per Bernadette tutto era iniziato 12 giorni prima, giovedì 11 febbraio, alla fine della mattinata, sotto una pioggerellina leggera, di fronte a questa grotta buia che si illuminò a lei per prima.



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