Le scelte di Benedetto XVI
A piccoli passi
L’analisi del vaticanista della Stampa: le scelte di papa Ratzinger sono state comunicate il 22 febbraio al termine dell’udienza generale del mercoledì, con l’atteggiamento sorridente, e quasi lievemente autoironico, che gli piace assumere a tratti, quasi a dire: guardate qua che cosa mi tocca fare!
di Marco Tosatti
Benedetto XVI
Creata una griglia, cerchiamo adesso di decifrare le scelte di papa Ratzinger, comunicate il 22 febbraio scorso al termine dell’udienza generale del mercoledì, con l’atteggiamento sorridente, e quasi lievemente autoironico, che gli piace assumere a tratti, quasi a dire: guardate qua che cosa mi tocca fare! Un Concistoro piccolo: quindici porporati in tutto, di cui dodici votanti, a completare il “tetto” (ha detto chiaramente di non volerlo superare) di centoventi cardinali per un futuro e speriamo lontano conclave. Ma è interessante notare che dal 24 marzo – giorno della celebrazione del Concistoro – al 29 maggio 2007 compiranno ottant’anni ben quattordici porporati. In Curia è opinione diffusa che Benedetto XVI, che compie 79 anni il prossimo 16 aprile, voglia abbandonare la scadenza triennale, introdotta dal “giovane” Wojtyla, per la creazione dei cardinali, e tappare le falle che si aprono nel Collegio cardinalizio con frequenza più alta, e numeri più piccoli. Tutto lascia supporre che prima dell’estate 2007 possa aver luogo un’altra “infornata” di porpore. Così, fra l’altro, si placheranno ansie e tristezze per le esclusioni, importanti e relativamente numerose, di questo primo appuntamento ratzingeriano con il Sacro Collegio. O, se non altro, le perplessità. Perché infatti non era così scontato lasciare senza porpora cardinalizia i titolari di diocesi importanti come Parigi, Barcellona e Dublino. È vero che Parigi ha Lustiger, ma comunque lasciare la capitale della “fille aînée”, della figlia maggiore della Chiesa senza berretta per il suo arcivescovo in carica… Per non parlare della cattolicissima (una volta) Irlanda, o dell’orgoglio catalano. E non facciamo cenno alle aspettative di Curia. Ma qui il discorso si farebbe veramente complesso; perché il fatto che solo tre persone – William Joseph Levada, Agostino Vallini e Franc Rodé – all’interno dei palazzi pontifici siano state onorate del titolo cardinalizio autorizza a pensare che realmente dopo Pasqua («come un buon parroco tedesco» aveva detto il cardinal Lehmann) Benedetto XVI abbia intenzione di mettere mano a un’accurata revisione del governo centrale della Chiesa.
William J. Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede
L’Asia, come abbiamo detto, appare privilegiata. Anche se non sono certo i numeri assoluti ad aver motivato la scelta; i cattolici a Hong Kong sono una minoranza, il 3,5%; così come in Corea del Sud (il 6,6%). Anche nelle Filippine, dove invece sono maggioranza (83%, unico Paese a maggioranza cattolica in Asia, insieme alla piccola Timor Est), le cifre assolute non sono comparabili con quelle del Vecchio continente. Ma Benedetto XVI ha guardato al futuro. E il cattolicesimo asiatico sembra molto più tonico di quello europeo. Almeno la metà dei fedeli a Roma in quelle terre sterminate va a messa la domenica; i nuovi battezzati (in maggioranza adulti) crescono del cinque per cento all’anno. Le statistiche sui “quadri” dimostrano che in Asia si registra una crescita del clero e del personale religioso (più 1.422 nel 2004), mentre nello stesso periodo in Europa vi è un calo di 1.876 unità. Infine è necessario sottolineare che l’Asia rappresenta per la Chiesa il continente del futuro anche dal punto di vista del gregge, e non solo dei pastori: quasi metà della popolazione asiatica (che complessivamente conta 3,9 miliardi di persone, i due terzi della popolazione mondiale) è costituita da giovani al di sotto dei 25 anni; in quel continente vive l’80% dei non cristiani del mondo. Giovanni Paolo II diceva: «L’Asia è il nostro comune compito per il terzo millennio»; una convinzione che evidentemente Benedetto XVI condivide.
Joseph Ratzinger con Paolo VI in occasione della prima messa da cardinale, il 29 giugno 1977
Anche la scelta del nome di Nicholas Cheong, arcivescovo di Seoul, è nel segno del futuro; è uno sguardo rivolto al Nord, dove un regime dalla crudeltà quasi irreale ricorda un’epoca passata, quella della guerra fredda. Mentre la decisione di dare una porpora a Manila (in un certo senso “dovuta”, per ragioni storiche e di geopolitica ecclesiastica) assume un valore particolare nell’ottica dell’evangelizzazione, di tutto il continente. Le Filippine, come ben sappiamo, sono un Paese di emigranti; ci sono milioni di lavoratori filippini nel mondo, e anche in Asia; e questo fa di loro una forza missionaria laica di grande penetrazione ed efficacia, anche e persino in Paesi – quelli arabi del Golfo, o addirittura in Arabia Saudita – dove la semplice testimonianza della propria fede può tingersi di eroismo.
Che cosa pensa Benedetto XVI dell’Europa, e dell’Occidente in genere, dal punto di vista della fede, non è un segreto per nessuno. Ma pensiamo che sia importante vedere che cosa diceva il cardinale Joseph Ratzinger nel 2002, in un incontro riportato dall’agenzia Zenit. «La Chiesa sostanzialmente non può riconoscersi nella categoria “Occidente”. Sarebbe sbagliato storicamente, empiricamente, teologicamente. Storicamente, sappiamo che il cristianesimo è nato nell’incrocio di Europa, Asia e Africa, e questo indica anche qualcosa della sua essenza interna. È nato in un incontro delle culture come capacità, possibilità e sfida di una sintesi delle culture e come possibilità di trascendere le culture in qualcosa che è l’essere umano come tale e che precede e trascende le culture. Ai suoi inizi, l’espansione del cristianesimo andava ugualmente a Oriente, verso Cina, India, Persia, Arabia, e a Occidente. Purtroppo, dopo la nascita dell’islam, gran parte di questa cristianità orientale è scomparsa. Ma non del tutto, perché esistono elementi di queste cristianità storiche che testimoniano la sua universalità, e anche la cristianità europea si divide in occidentale e orientale. Quindi l’estensione della Chiesa riferita alla nostra cultura è molto grande e si dettaglia in diverse culture. Empiricamente, non solo abbiamo questa grande eredità storica, ma il cristianesimo è presente, con minoranze di forza spirituale riconosciuta, in tutti i continenti. Sempre più l’asse della cristianità si sposta verso i nuovi continenti, verso Africa, Asia, America Latina. L’Europa è ancora una fonte essenziale per lo sviluppo del cristianesimo, tuttavia comincia a emarginarsi proprio con la discussione sulla sua identità… Non è un comportamento politico dettato dal bisogno di non perdere la simpatia per la Chiesa in Africa, Asia o America Latina, ma è un comportamento teologico. La Chiesa non può riconoscersi semplicemente come Occidente, ma deve sempre di nuovo trascendere la sua definizione occidentale e estendersi realmente verso l’universalità, soprattutto trascendendo sé stessa verso il divino, che è l’unica realtà che può creare una comunicazione delle culture». È una lettura storica, se fatta da cardinale e studioso; ma si trasforma immediatamente in una base per una strategia, se la persona che la formula diventa il responsabile principale della Chiesa cattolica. E forse può far intuire in quale direzione vorrà muoversi Benedetto XVI.
A sinistra nella foto, Nicholas Cheong Jin-suk, arcivescovo di Seoul, con il cardinale Stephen Kim Sou-hwan, arcivescovo emerito di Seoul