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GIORGIO RUMI
tratto dal n. 04 - 2006

Rumi, l’originalità e la finezza dell’indagine storica


Un ricordo dello storico cattolico scomparso il 30 marzo scorso: in un’epoca di grandi semplificatori, Giorgio Rumi ci ha richiamato alle ragioni della complessità. Tale era la sua impostazione di storico, capace di leggere gli orientamenti del nostro tempo


di Andrea Riccardi


Giorgio Rumi

Giorgio Rumi

La morte di Giorgio Rumi ha suscitato un grande cordoglio, mettendo in luce quanti amici ed estimatori avesse questo riservato storico lombardo. Rumi è stata una personalità di rilievo nella cultura italiana, anche se un uomo di grande discrezione. I suoi interventi sulla stampa erano sempre caratterizzati da un forte equilibrio e dalla volontà di vedere la realtà in modo profondo, al di là delle interpretazioni gridate e contrapposte. In un’epoca di grandi semplificatori, Giorgio Rumi ci ha richiamato alle ragioni della complessità. Tale era la sua impostazione di storico, capace di leggere con finezza gli orientamenti della storia del nostro tempo. Perché Rumi è stato un importante storico europeo, ma anche una personalità di riferimento nella cultura del nostro Paese. I suoi editoriali sull’Osservatore Romano hanno espresso una posizione evidentemente condivisa dagli ambienti vaticani ma sempre molto personale. E un editoriale di Rumi apportava sempre qualcosa di originale al dibattito.
L’originalità profonda e la finezza dell’indagine erano però nascoste, quasi con un vezzo, dal modo scherzoso di chi si presentava come un uomo del passato, interessato a vecchie cose, fuori dalla mischia aristocraticamente. Il suo vezzo in realtà manifestava l’umiltà di uno studioso affermato e di un acuto intellettuale, che non si sentiva di salir troppo in cattedra e far da maestro. Piuttosto ascoltava, discuteva, conversava.
Lombardo, cattolico ambrosiano, papalino, nostalgico… questi erano talvolta gli aggettivi con cui Rumi amava definirsi. In realtà era un uomo appassionato del presente, attento alla vita della Chiesa e del Paese. Innanzitutto è stato un credente: «La fede per Rumi è questione personale, intima, che non ha bisogno di essere sventolata come una bandiera o un’appartenenza politica» – ha scritto Marco Impagliazzo in margine a una conversazione con lo storico. Tanti studi di Rumi hanno mostrato come il cattolicesimo e la Chiesa fossero una radice profonda non solo per la sua Lombardia, ma per l’intero Paese. Era un “giobertiano” del XXI secolo, per così dire. Aveva pubblicato nel 1999 un agile e profondo volume su Gioberti. Il Risorgimento, andando nel senso contrario a quello proposto da Gioberti, non aveva chiuso però i problemi posti da questo. Primo tra tutti il rapporto tra il papa e l’Italia. Rumi vedeva rinverdito questo rapporto proprio nella speciale relazione stabilita da Giovanni Paolo II (primo papa non italiano dopo tanti secoli) con l’Italia. Il papa e il cattolicesimo sono la “grande idea”, che rappresenta una delle maggiori risorse per l’Italia.
Andrebbe ricordato il rapporto tra Rumi e Giovanni Paolo II, di cui egli aveva colto con grande intelligenza il ruolo geopolitico oltre che religioso. Ma non si può dimenticare come lo storico lombardo sia stato anche un grande studioso della figura di Paolo VI (prima come arcivescovo di Milano e poi come papa). Egli si muoveva dall’indagine sull’episcopato milanese al ruolo di papa Montini nelle relazioni internazionali. Se Montini era stato il suo papa per così dire, il pontificato di Karol Wojtyla aveva profondamente toccato il cattolico e lo storico Giorgio Rumi, facendogli apprezzare anche quei momenti di massa (come le Gmg o il rapporto con le folle), così lontani dalla sua sensibilità.
Dal punto di vista della ricerca storica, Rumi ha affermato nel mondo della storia delle relazioni internazionali il ruolo del papato. I suoi studi su Benedetto XV e la Prima guerra mondiale sono magistrali a riguardo. Attraverso di essi si coglie come il papato (spesso sconfitto sul piano politico, come avvenne nel 1914-18 e poi con la pace) abbia colto con maggiore preveggenza l’orientamento dei rapporti tra i popoli ben più delle cancellerie. L’osservatorio di Roma e della Chiesa cattolica è una specola privilegiata per cogliere la vita delle nazioni e le relazioni tra di esse. Da Roma, i papi del Novecento sono divenuti un riferimento chiaro per chi non crede nella guerra come soluzione dei problemi tra le nazioni, ma anche una fonte di ispirazione per l’impegno umanitario. Sono tutti temi che Rumi ha affrontato a partire dagli anni di Benedetto XV.
Giorgio Rumi è stato un cattolico ambrosiano. In questa prospettiva ha sentito con grande partecipazione Roma e la Roma dei papi. Quando negli anni Ottanta gli chiesi una relazione a un convegno su Pio XII e l’Italia, mi diede questo titolo: “Milano, una seconda Roma al Nord?”. È un’espressione rivelatrice del suo sentire. Amava la sua terra, Manzoni, il Lago di Como, il passato milanese. Egli conosceva Milano e la Lombardia in modo profondo: leggeva la storia di questa terra sul lungo periodo, mentre ne coglieva gli esiti contemporanei. La sua lettura non era quella del localismo, ma sapeva cogliere il locale e il particolare nella sua funzione nazionale ed europea. La Lombardia e Milano parlavano di Europa in Italia e connettevano questa alle grandi prospettive europee. Per lui la Lombardia era l’anello più forte che legava l’Italia all’Europa, non un elemento di separazione.
Giorgio Rumi, studioso cattolico, aveva una formazione laica e frequentazioni laiche. Era cresciuto alla scuola di Rosario Romeo ed Ettore Passerin d’Entrèves. Aveva sempre insegnato all’Università Statale. Nascondeva le sue convinzioni forti e il suo robusto patrimonio di conoscenze sotto un velo di ironia e di disincanto. Celava anche con molto pudore il suo forte e leale senso dell’amicizia. Le amicizie, il forte amore per la famiglia, la responsabilità civile, la sua fede, erano gli orientamenti fondamentali in una vita sempre disponibile al colloquio, all’incontro, all’incoraggiamento dei più giovani. Disincantato e ironico, capace di richiamare alla realtà, personalità di grande cortesia e signorilità, Giorgio Rumi è stato anche l’uomo delle grandi cause. Potrebbe sembrare un’affermazione infondata; ma così l’ho conosciuto in lunghi anni di amicizia, notando la sua capacità di nascondere le sue passioni sotto una ferma discrezione e un grande rispetto per gli altri. Sento che il nostro Paese e la Chiesa hanno perduto un punto di riferimento, che in questi mesi complessi avrebbe sicuramente esercitato il suo magistero.



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