STATISTICHE. Urne e appartenenza confessionale
Ma il voto dei cattolici non è monolitico
di Gianni Cardinale
I cattolici costituiscono il 22% della popolazione
statunitense, solitamente circa il 25-29% degli elettori statunitensi che
vanno a votare. E sono concentrati in Stati importanti come, ad esempio,
New York, Pennsylvania e Illinois. Sono il gruppo religioso numericamente
più rilevante, poiché nessuna delle denominazioni in cui si
divide il mondo protestante, complessivamente maggioritario, supera quella
percentuale. Ma non costituiscono un blocco omogeneo. Lo rivela una serie
di studi compiuti dal professor David C. Leege, docente nel Department of
Government and international Studies della Università di Notre Dame
(Indiana). In particolare un suo saggio apparso sul periodico Commonweal prima delle elezioni di
quattro anni fa (The catholic vote in ’96:
Can it be found in Church?) e il recente studio,
firmato insieme a Paul D. Mueller, American
catholics at the Catholic moment. An analysis of catholic political
patterns, 1952-1996, presentato
all’annuale meeting dell’American Science Association celebrato
a Washington DC a inizio settembre. Per Leege il voto cattolico non
è un monolite. Ma si divide al suo interno in base a vari fattori.
Quello etnico, ad esempio. È vero che gli immigrati irlandesi erano
massicciamente democratici, tanto da avere in mano, nelle grandi
città, la struttura del Partito, ma è altrettanto vero che
nelle stesse città gli altri immigrati, come gli italiani e i
francesi, tendevano, per reazione allo strapotere irlandese, a buttarsi coi
repubblicani (una notazione curiosa che riguarda i nostri connazionali:
poiché le donne tendevano ad ubbidire ai sacerdoti cattolici, di
solito irlandesi, e votavano democratico, gli uomini, spesso anticlericali,
avevano un motivo in più per votare repubblicano). Attualmente poi
tra i cattolici di origine latinoamericana i cubani sono perlopiù
repubblicani, gli altri sono democratici. I cattolici più anziani
poi si sentono storicamente più legati al partito democratico,
mentre hanno simpatie repubblicane le ultime generazioni (soprattutto i
maschi, mentre fra le donne prevalgono sentimenti filodemocratici).
È ovvio poi che i cattolici quando appartenevano alle classi
più umili erano vicini ai democratici, ma una volta passati nelle
classi medie e medio-alte hanno spostato il proprio appoggio al Grand Old
Party. Questo voto frastagliato spiega perché la maggioranza dei
cattolici abbia alternativamente appoggiato candidati democratici (come F.
D. Rooseveelt, H. Truman, J. F. Kennedy, L. B. Johnson e B. Clinton) e
candidati repubblicani (come D. Eisenhower, R. Nixon nel ’72 e R.
Reagan). In fondo anche nel 1960 quando venne eletto, J. F. Kennedy, il
primo e unico cattolico alla Casa Bianca, guadagnò sì il 78%
del voto dei suoi correligionari, ma non fece l’en plein, come molti si aspettavano.