La grande seccatura
Con questa espressione lapidaria Pio IX definì il potere temporale della Chiesa. E nel vivere gioiosamente la glorificazione di papa Mastai e di Giovanni XXIII un pensiero è dovuto ad altri papi moderni come Pio XII
di Giulio Andreotti
In un crescendo di
intensità spirituale la Chiesa inizia l’ultima parte
dell’anno giubilare con un solenne rito di beatificazioni. Salgono
insieme sugli altari due papi, uniti nel riconosciuto eroismo delle
virtù, ma tanto diversi nelle esperienze vissute e nelle stesse
caratteristiche umane. A Pio IX toccò di bere il calice amaro della
liquidazione coatta dello Stato Pontificio. Chi è abituato a
giudicare i fatti storici ora per allora rivolge al suo indirizzo critiche
aspre, ma contraddittorie. Alcuni intransigenti lo accusano di non aver
tenuto duro cercando valide alleanze per difendere almeno un minimo di
sovranità territoriale della Chiesa. Tra i cattolici francesi e di
altri Paesi che avevano fornito milizie al Vaticano serpeggiavano ancora
negli anni Trenta nostalgia e malumore. I pellegrini in San Pietro
continuavano a gridare forte: «Vive le Pape Roi».
Viceversa, circoli italiani poco benevoli stigmatizzavano il potere
temporale dei papi e criticavano la resistenza opposta anche quando il
movimento unitario nazionale era ormai trionfante.
Con una espressione lapidaria, il Mastai definì il potere temporale: «Una grande seccatura» da cui peraltro gli era lecito liberarsi solo dovendo cedere alla violenza. Chi, comunque, vede Pio IX come un sovrano che aveva anche la guida della Chiesa è in totale errore. Egli si sentiva come il capo religioso dei cattolici, che doveva per di più far fronte alla grande seccatura.
Le giornate più fulgide della sua vita furono quella della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione della Madonna e quella della santificazione dei martiri giapponesi della collina di Nagasaki. Ma c’è di più. Per comprendere la vera figura non sono tanto importanti i trentadue anni di pontificato, quanto giova la memoria dell’apostolato sociale svolto da sacerdote tra i giovani romani e la ricostruzione della sua azione vescovile prima a Spoleto e poi a Imola.
Aveva – e giustamente – fama di essere
aperto alle cose nuove. Quando Gregorio XVI lo nominò cardinale,
dovette disattendere il parere del segretario di Stato Lambruschini,
secondo cui «in casa Mastai anche i gatti sono liberali».
Era certamente una esagerazione, ma sta di fatto che la porta del
vescovo non venne mai chiusa, anche verso avversari della Chiesa militanti
ed incalliti e persino verso i disertori. Il tutto in un quadro di sviluppo
religioso molto costruttivo. Non a caso, tiepido nel far reclutare
volontari per l’esercito, dichiarava che le munizioni per le sue
battaglie le trovava nelle suore di clausura.
La persona di Giovanni Maria Mastai mi ha sempre attratto e, alla vigilia del 3 settembre, ho dato alle stampe una terza monografia dopo i due studi sul momento drammatico del 1848 e sul conclusivo settembre del 1870. Mi premeva aiutare a documentare il primato religioso dell’uomo e i veri rapporti con Vittorio Emanuele II che, pur essendo più giovane di ventotto anni, lo precedette di qualche giorno nella tomba.
Sono poi da respingere le petulanti pretese di interferenza da parte di estranei alla Chiesa (o anche di certi teologi che si autodefiniscono di avanguardia). Fino a che si esprimono giudizi cronistorici nessuna obiezione, se non con la riserva di quando si confondono fatti e interpretazioni. Poteva Pio IX, alleandosi in una guerra contro l’Austria – o, viceversa, con un patto imperiale di ferro –, salvare il suo trono? Poteva ottenere lo stesso risultato accettando le profferte di Garibaldi e di Mazzini? Di tutto questo si può discutere con ampia libertà. Ma confondere i campi non è accettabile. Sul resto, che è poi quello che conta, non ammettiamo invasioni. Meglio se non si scherza neppure con i fanti; per i santi comunque lasciamo stare.
Nel vivere gioiosamente la glorificazione di Pio IX e di Giovanni XXIII non solo è lecito ma direi che è dovuto un “pensierino” ad altri papi moderni di cui sarebbe bizzarro mettersi a fare graduatorie e pagelle. La certificazione canonica della santità per alcuni non significa affatto che altri non lo siano.
Bersaglio tutto particolare di certi ambienti è Pio XII al quale si vorrebbero imputare peccati di omissione nello scongiurare i massacri nazisti degli ebrei. Con perfidia si cerca di accreditare questa censura con il rilievo che in molti casi intervenne e con risultati positivi. Personalmente non ho bisogno di testimoni e di archivi per sapere cosa fece a difesa dei perseguitati Pio XII durante la guerra e l’occupazione hitleriana. Circa il rifiuto a prendere posizione sul conflitto, era scontata l’impossibilità. Vi è una neutralità intrinseca nella Chiesa da cui non può deflettere. La liberazione dal potere temporale l’ha tolta in proposito da posizioni delicatissime. Senza dire che la contingenza specifica di questa guerra comportava, almeno per una parte dell’Europa, il dilemma di cadere nella tirannide sovietica o permanere in quella di Hitler. Si dice da fonte degna di credito che Pio XII dichiarasse paradossale lo scegliere tra la peste e il colera.
Con una espressione lapidaria, il Mastai definì il potere temporale: «Una grande seccatura» da cui peraltro gli era lecito liberarsi solo dovendo cedere alla violenza. Chi, comunque, vede Pio IX come un sovrano che aveva anche la guida della Chiesa è in totale errore. Egli si sentiva come il capo religioso dei cattolici, che doveva per di più far fronte alla grande seccatura.
Le giornate più fulgide della sua vita furono quella della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione della Madonna e quella della santificazione dei martiri giapponesi della collina di Nagasaki. Ma c’è di più. Per comprendere la vera figura non sono tanto importanti i trentadue anni di pontificato, quanto giova la memoria dell’apostolato sociale svolto da sacerdote tra i giovani romani e la ricostruzione della sua azione vescovile prima a Spoleto e poi a Imola.
Pio IX promulga il dogma dell’Immacolata Concezione, particolare dell’affresco di Francesco Podesti, Sala dell’Immacolata, Vaticano
La persona di Giovanni Maria Mastai mi ha sempre attratto e, alla vigilia del 3 settembre, ho dato alle stampe una terza monografia dopo i due studi sul momento drammatico del 1848 e sul conclusivo settembre del 1870. Mi premeva aiutare a documentare il primato religioso dell’uomo e i veri rapporti con Vittorio Emanuele II che, pur essendo più giovane di ventotto anni, lo precedette di qualche giorno nella tomba.
Sono poi da respingere le petulanti pretese di interferenza da parte di estranei alla Chiesa (o anche di certi teologi che si autodefiniscono di avanguardia). Fino a che si esprimono giudizi cronistorici nessuna obiezione, se non con la riserva di quando si confondono fatti e interpretazioni. Poteva Pio IX, alleandosi in una guerra contro l’Austria – o, viceversa, con un patto imperiale di ferro –, salvare il suo trono? Poteva ottenere lo stesso risultato accettando le profferte di Garibaldi e di Mazzini? Di tutto questo si può discutere con ampia libertà. Ma confondere i campi non è accettabile. Sul resto, che è poi quello che conta, non ammettiamo invasioni. Meglio se non si scherza neppure con i fanti; per i santi comunque lasciamo stare.
Nel vivere gioiosamente la glorificazione di Pio IX e di Giovanni XXIII non solo è lecito ma direi che è dovuto un “pensierino” ad altri papi moderni di cui sarebbe bizzarro mettersi a fare graduatorie e pagelle. La certificazione canonica della santità per alcuni non significa affatto che altri non lo siano.
Bersaglio tutto particolare di certi ambienti è Pio XII al quale si vorrebbero imputare peccati di omissione nello scongiurare i massacri nazisti degli ebrei. Con perfidia si cerca di accreditare questa censura con il rilievo che in molti casi intervenne e con risultati positivi. Personalmente non ho bisogno di testimoni e di archivi per sapere cosa fece a difesa dei perseguitati Pio XII durante la guerra e l’occupazione hitleriana. Circa il rifiuto a prendere posizione sul conflitto, era scontata l’impossibilità. Vi è una neutralità intrinseca nella Chiesa da cui non può deflettere. La liberazione dal potere temporale l’ha tolta in proposito da posizioni delicatissime. Senza dire che la contingenza specifica di questa guerra comportava, almeno per una parte dell’Europa, il dilemma di cadere nella tirannide sovietica o permanere in quella di Hitler. Si dice da fonte degna di credito che Pio XII dichiarasse paradossale lo scegliere tra la peste e il colera.