Un dossier per ricordare l’Assemblea in Vaticano dei politici arrivati da tutto il mondo
L’ombra di Pilato ci inquieta nei secoli
di Giulio Andreotti
Il tavolo della presidenza dell’Assemblea dei parlamentari del mondo riunita nell’Aula Paolo VI in Vaticano il 4 novembre scorso. Da sinistra, il cardinale Roger Etchegaray, la senatrice Ombretta Fumagalli Carulli e il senatore Giulio Andreotti
Sia nel 1975 che nell’Anno Santo straordinario del 1983 l’evento religioso non ebbe giornate riservate ai politici. Forse perché solo una personalità eccezionale come De Gasperi poteva mettere in campo una sintesi tanto limpida di sacro e di profano.
Cinquant’anni dopo, uomini delle istituzioni provenienti da novantadue nazioni si sono uniti ai rappresentanti dell’Italia in una singolare assemblea pregiubilare, voluta con decisione dal Papa che vi ha dedicato preziose ore del suo tempo, così carico di impegni in queste settimane di fine 2000.
Volando alto, in un orizzonte spesso ingrigito da vecchi rancori e da anacronistiche incomunicabilità, il dibattito nell’Aula Paolo VI ha messo in luce le grandi possibilità di convergenza solo che si abbiano veramente di mira gli interessi fondamentali dei popoli.
Un momento dei lavori dell’Assemblea
L’appartenenza a differenti orientamenti, anche religiosi, non solo non ha ostacolato la riflessione comune di ieri, ma la arricchiva e ne esaltava il significato. È stato pertinente richiamare a tutti l’insegnamento del Vangelo delle Beatitudini che definisce «figli di Dio» gli «operatori di pace».
Pio XII nel suo stemma ammoniva che la pace è «opera della giustizia». C’è un gran parlare, anche nelle assemblee rappresentative di tutto il mondo, della “globalizzazione”. Ed era giusto dedicarvi adeguato spazio nelle meditazioni di questo costruttivo sabato: per gridare alto che questa messa a fattore comune di tante aspirazioni se si limitasse solo a traguardi economico-mercantili costituirebbe una deludente illusione di pace.
Il politico è definito uomo di «potere». Ma cattolici e non cattolici avvertiamo – magari nel subcosciente – che nessun potere avremmo se non ci fosse stato dato da Dio. Risuona alta la fiera risposta di Gesù a Pilato, che ostentava la sua possibilità di condannarlo alla morte. Ed in effetti Pilato ebbe il sopravvento. Ma duemila anni dopo lo si ricorda solo come simbolo di viltà e di paura. Gesù invece vive, anche nel cuore di chi non lo sa.
(Tratto da Avvenire
di domenica 5 novembre 2000)