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ECUMENISMO
tratto dal n. 09 - 2000

Grazia della fede e credenza religiosa


Brani da Dominus Iesus. Dichiarazione circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa


Brani dalla dichiarazione Dominus Iesus


Dalla Introduzione

Il Signore Gesù, prima di ascendere al cielo, affidò ai suoi discepoli il mandato di annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le nazioni: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16, 15-16); «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 18-20; cfr. anche Lc 24, 46-48; Gv 17, 18; 20, 21; At 1, 8).
Alcuni degli affreschi della cupola 
del Battistero di Parma (XIII secolo). 
Qui sopra, Gesù Cristo in trono

Alcuni degli affreschi della cupola del Battistero di Parma (XIII secolo). Qui sopra, Gesù Cristo in trono

La missione universale della Chiesa nasce dal mandato di Gesù Cristo e si adempie nel corso dei secoli nella proclamazione del mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e del mistero dell’incarnazione del Figlio, come evento di salvezza per tutta l’umanità. Sono questi i contenuti fondamentali della professione di fede cristiana.
[…]
Il perenne annuncio missionario della Chiesa viene oggi messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio). Di conseguenza, si ritengono superate verità come, ad esempio, il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo, la natura della fede cristiana rispetto alla credenza nelle altre religioni, il carattere ispirato dei libri della Sacra Scrittura, l’unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth, l’unità dell’economia del Verbo incarnato e dello Spirito Santo, l’unicità e l’universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo, la mediazione salvifica universale della Chiesa, l’inseparabilità, pur nella distinzione, tra il regno di Dio, regno di Cristo e la Chiesa, la sussistenza nella Chiesa cattolica dell’unica Chiesa di Cristo.
[…]


Dal capitolo I

PIENEZZA E DEFINITIVITÀ DELLA RIVELAZIONE DI GESÙ CRISTO

Per porre rimedio a questa mentalità relativistica, che si sta sempre più diffondendo, occorre ribadire anzitutto il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo. Deve essere, infatti, fermamente creduta l’affermazione che nel mistero di Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, il quale è «la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6), si dà la rivelazione della pienezza della verità divina: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11, 27); «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1, 18); «È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avete in lui parte alla sua pienezza» (Col 2, 9-10).
[…]
Pertanto, le parole, le opere e l’intero evento storico di Gesù, pur essendo limitati in quanto realtà umane, tuttavia, hanno come soggetto la Persona divina del Verbo incarnato, «vero Dio e vero uomo»13, e perciò portano in sé la definitività e la completezza della rivelazione delle vie salvifiche di Dio, anche se la profondità del mistero divino in se stesso rimane trascendente e inesauribile. La verità su Dio non viene abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa, invece, resta unica, piena e completa perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio incarnato. Per questo la fede esige che si professi che il Verbo fatto carne, in tutto il suo mistero, che va dall’incarnazione alla glorificazione, è la fonte, partecipata, ma reale, e il compimento di ogni rivelazione salvifica di Dio all’umanità14, e che lo Spirito Santo, che è lo Spirito di Cristo, insegnerà agli apostoli, e, tramite essi, all’intera Chiesa di tutti i tempi, questa «verità tutta intera» (Gv 16, 13).
La risposta adeguata alla rivelazione di Dio è «l’obbedienza della fede (cfr. Rm 1, 5; Rm 16, 26; 2Cor 10, 5-6), per la quale l’uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente, prestando il “pieno ossequio dell’intelletto e della volontà a Dio che rivela” e dando il proprio assenso volontario alla rivelazione fatta da lui»15. La fede è un dono di grazia: «Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia “a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità”»16.
L’obbedienza della fede comporta l’accoglienza della verità della rivelazione di Cristo, garantita da Dio, che è la Verità stessa17: «La fede è innanzi tutto una adesione personale dell’uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l’assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato»18. La fede, quindi, «dono di Dio» e «virtù soprannaturale da lui infusa»19, comporta una duplice adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia che si accorda alla persona che l’afferma. Per questo «non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo»20.
Deve essere, quindi, fermamente ritenuta la distinzione tra la fede teologale e la credenza nelle altre religioni. Se la fede è l’accoglienza nella grazia della verità rivelata, «che permette di entrare all’interno del mistero, favorendone la coerente intelligenza»21, la credenza nelle altre religioni è quell’insieme di esperienza e di pensiero, che costituiscono i tesori umani di saggezza e di religiosità, che l’uomo nella sua ricerca della verità ha ideato e messo in atto nel suo riferimento al Divino e all’Assoluto22.
[…]


Dal capitolo II

IL LOGOS INCARNATO E LO SPIRITO SANTO NELL’OPERA DI SALVEZZA

[…]
Deve essere, infatti, fermamente creduta la dottrina di fede che proclama che Gesù di Nazareth, figlio di Maria, e solamente lui, è il Figlio e il Verbo del Padre. Il Verbo, che «era in principio presso Dio» (Gv 1, 2), è lo stesso «che si è fatto carne» (Gv 1, 14). In Gesù «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16) «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9). Egli è «il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre» (Gv 1, 18), il suo «Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione […]. Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, pacificando col sangue della sua croce le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1, 13-14. 19-20).
Fedele alla Sacra Scrittura e refutando interpretazioni erronee e riduttive, il primo Concilio di Nicea definì solennemente la propria fede in «Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato unigenito dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra. Egli per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso e si è incarnato, si è fatto uomo, ha patito ed è risorto il terzo giorno, è risalito al cielo e verrà a giudicare i vivi e i morti»28. Seguendo gli insegnamenti dei Padri, anche il Concilio di Calcedonia professò «che l’unico e identico Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, è egli stesso perfetto in divinità e perfetto in umanità, Dio veramente e uomo veramente […], consustanziale al Padre secondo la divinità e consustanziale a noi secondo l’umanità […], generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità e, negli ultimi giorni, egli stesso per noi e per la nostra salvezza, da Maria, la vergine Madre di Dio, secondo l’umanità»29.
Per questo, il Concilio Vaticano II afferma che Cristo, «nuovo Adamo», «immagine dell’invisibile Dio» (Col 1, 15), «è l’uomo perfetto, che ha restituito ai figli d’Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato […]. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita, e in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’apostolo: il Figlio di Dio “ha amato me e ha sacrificato se stesso per me” (Gal 2, 20)»30.
[…]


Dal capitolo III

Balaam

Balaam

UNICITÀ E UNIVERSALITÀ DEL MISTERO SALVIFICO DI GESÙ CRISTO

È anche ricorrente la tesi che nega l’unicità e l’universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo. Questa posizione non ha alcun fondamento biblico. Infatti, deve essere fermamente creduta, come dato perenne della fede della Chiesa, la verità di Gesù Cristo, Figlio di Dio, Signore e unico salvatore, che nel suo evento di incarnazione, morte e risurrezione ha portato a compimento la storia della salvezza, che ha in lui la sua pienezza e il suo centro.
Le testimonianze neotestamentarie lo attestano con chiarezza: «Il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo» (1Gv 4, 14); «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1, 29). Nel suo discorso davanti al sinedrio, Pietro, per giustificare la guarigione dell’uomo storpio fin dalla nascita, avvenuta nel nome di Gesù (cfr. At 3, 1-8), proclama: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale dobbiamo essere salvati» (At 4, 12). Lo stesso apostolo aggiunge inoltre che Gesù Cristo «è il Signore di tutti»; «è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio»; per cui «chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome» (At 10, 36. 42. 43).
Paolo, rivolgendosi alla comunità di Corinto, scrive: «In realtà anche se ci sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e signori, per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui» (1Cor 8, 5-6). Anche l’apostolo Giovanni afferma: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3, 16-17). Nel Nuovo Testamento, la volontà salvifica universale di Dio viene strettamente collegata all’unica mediazione di Cristo: «[Dio] vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2, 4- 6).
È su questa coscienza del dono di salvezza unico e universale offerto dal Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito (cfr. Ef 1, 3-14), che i primi cristiani si rivolsero a Israele, mostrando il compimento della salvezza che andava oltre la Legge, e affrontarono poi il mondo pagano di allora, che aspirava alla salvezza attraverso una pluralità di dèi salvatori. Questo patrimonio di fede è stato riproposto dal recente Magistero della Chiesa: «Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto (cfr. 2Cor 5, 15), dà all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché egli possa rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cui possano salvarsi (cfr. At 4, 12). Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana»42.
[…]


Dal capitolo IV

UNICITÀ E UNITÀ DELLA CHIESA

Il Signore Gesù, unico Salvatore, non stabilì una semplice comunità di discepoli, ma costituì la Chiesa come mistero salvifico: Egli stesso è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui (cfr. Gv 15, 1ss.; Gal 3, 28; Ef 4, 15-16; At 9, 5); perciò, la pienezza del mistero salvifico di Cristo appartiene anche alla Chiesa, inseparabilmente unita al suo Signore. Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa (cfr. Col 1, 24-27)47, che è suo Corpo (cfr. 1Cor 12, 12-13. 27; Col 1, 18)48. E così come il capo e le membra di un corpo vivo pur non identificandosi sono inseparabili, Cristo e la Chiesa non possono essere confusi ma neanche separati, e costituiscono un unico «Cristo totale»49. Questa stessa inseparabilità viene espressa nel Nuovo Testamento anche mediante l’analogia della Chiesa come Sposa di Cristo (cfr. 2Cor 11, 2; Ef 5, 25-29; Ap 21, 2. 9)50.
Perciò, in connessione con l’unicità e l’universalità della mediazione salvifica di Gesù Cristo, deve essere fermamente creduta come verità di fede cattolica l’unicità della Chiesa da lui fondata. Così come c’è un solo Cristo, esiste un solo suo Corpo, una sola sua Sposa: «una sola Chiesa cattolica e apostolica»51. Inoltre, le promesse del Signore di non abbandonare mai la sua Chiesa (cfr. Mt 16, 18; 28, 20) e di guidarla con il suo Spirito (cfr. Gv 16, 13) comportano che, secondo la fede cattolica, l’unicità e l’unità, come tutto quanto appartiene all’integrità della Chiesa, non verranno mai a mancare52.
I fedeli sono tenuti a professare che esiste una continuità storica – radicata nella successione apostolica53 – tra la Chiesa fondata da Cristo e la Chiesa cattolica: «È questa l’unica Chiesa di Cristo […] che il Salvatore nostro, dopo la risurrezione (cfr. Gv 21, 17), diede da pascere a Pietro, affidandone a lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida (cfr. Mt 28, 18ss.); egli l’ha eretta per sempre come colonna e fondamento della verità (cfr. 1Tm 3, 15). Questa Chiesa, costituita e organizzata in questo mondo come società, sussiste [subsistit in] nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui»54. Con l’espressione «subsistit in», il Concilio Vaticano II volle armonizzare due affermazioni dottrinali: da un lato che la Chiesa di Cristo, malgrado le divisioni dei cristiani, continua ad esistere pienamente soltanto nella Chiesa cattolica, e dall’altro lato «l’esistenza di numerosi elementi di santificazione e di verità al di fuori della sua compagine»55 ovvero nelle Chiese e comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica56. Ma riguardo a queste ultime, bisogna affermare che «il loro valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica»57.
[…]


Dal capitolo V

CHIESA, REGNO DI DIO E REGNO DI CRISTO

La missione della Chiesa è «di annunciare il regno di Cristo e di Dio e di instaurarlo tra tutte le genti; di questo regno essa costituisce sulla terra il germe e l’inizio»68. Da un lato, la Chiesa è «sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità del genere umano»69; essa è quindi segno e strumento del regno: chiamata ad annunciarlo e ad instaurarlo. Dall’altro lato, la Chiesa è il «popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»70; essa è dunque «il regno di Cristo già presente in mistero»71, costituendone perciò il germe e l’inizio. Il regno di Dio ha infatti una dimensione escatologica: è una realtà presente nel tempo, ma la sua piena realizzazione arriverà soltanto col finire o compimento della storia72.
[…]


Dal capitolo VI

Mosè

Mosè

LA CHIESA E LE RELIGIONI IN RAPPORTO ALLA SALVEZZA

Da quanto è stato sopra ricordato, derivano anche alcuni punti necessari per il tracciato che la riflessione teologica deve percorrere per approfondire il rapporto della Chiesa e delle religioni con la salvezza.
Innanzitutto, deve essere fermamente creduto che la «Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza; ed egli si rende presente a noi nel suo Corpo che è la Chiesa. Ora Cristo, sottolineando a parole esplicite la necessità della fede e del battesimo (cfr. Mc 16, 16; Gv 3, 5), ha insieme confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta»77. Questa dottrina non va contrapposta alla volontà salvifica universale di Dio (cfr. 1Tm 2, 4); perciò «è necessario tener congiunte queste due verità, cioè la reale possibilità della salvezza in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in ordine a tale salvezza»78.
La Chiesa è «sacramento universale di salvezza»79 perché, sempre unita in modo misterioso e subordinata a Gesù Cristo Salvatore, suo Capo, nel disegno di Dio ha un’imprescindibile relazione con la salvezza di ogni uomo80. Per coloro i quali non sono formalmente e visibilmente membri della Chiesa, «la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo»81. Essa ha un rapporto con la Chiesa, la quale «trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre»82.

Circa il modo in cui la grazia salvifica di Dio, che è sempre donata per mezzo di Cristo nello Spirito ed ha un misterioso rapporto con la Chiesa, arriva ai singoli non cristiani, il Concilio Vaticano II si limitò ad affermare che Dio la dona «attraverso vie a lui note»83.
[…]
Con la venuta di Gesù Cristo salvatore, Dio ha voluto che la Chiesa da Lui fondata fosse lo strumento per la salvezza di tutta l’umanità (cfr. At 17, 30-31)90. Questa verità di fede niente toglie al fatto che la Chiesa consideri le religioni del mondo con sincero rispetto, ma nel contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista «improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che “una religione vale l’altra”»91. Se è vero che i seguaci delle altre religioni possono ricevere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici92. Tuttavia occorre ricordare «a tutti i figli della Chiesa che la loro particolare condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati»93. Si comprende quindi che, seguendo il mandato del Signore (cfr. Mt 28, 19-20) e come esigenza dell’amore a tutti gli uomini, la Chiesa «annuncia, ed è tenuta ad annunciare, incessantemente Cristo che è “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a sé tutte le cose»94.
La missione ad gentes anche nel dialogo interreligioso «conserva in pieno, oggi come sempre, la sua validità e necessità»95. In effetti, «Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 2, 4): vuole la salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si trova nella verità. Coloro che obbediscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sul cammino della salvezza; ma la Chiesa, alla quale questa verità è stata affidata, deve andare incontro al loro desiderio offrendola loro. Proprio perché crede al disegno universale di salvezza, la Chiesa deve essere missionaria»96. Il dialogo perciò, pur facendo parte della missione evangelizzatrice, è solo una delle azioni della Chiesa nella sua missione ad gentes97. La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni. La Chiesa infatti, guidata dalla carità e dal rispetto della libertà98, dev’essere impegnata primariamente ad annunciare a tutti gli uomini la verità, definitivamente rivelata dal Signore, ed a proclamare la necessità della conversione a Gesù Cristo e dell’adesione alla Chiesa attraverso il battesimo e gli altri sacramenti, per partecipare in modo pieno alla comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. D’altronde la certezza della volontà salvifica universale di Dio non allenta, ma aumenta il dovere e l’urgenza dell’annuncio della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo.



NOTE

13 Concilio di Calcedonia, Symbolum Chalcedonense: Denz., n. 301. Cfr. sant’Atanasio di Alessandria, De Incarnatione, 54, 3: SC 199, 458.
14 Cfr. Concilio Vaticano II, cost. dogm. Dei verbum, n. 4.
15 Ibid., n. 5.
16 Ibid.
17 Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 144.
18 Ibid., n. 150.
19 Ibid., n. 153.
20 Ibid., n. 178.
21 Giovanni Paolo II, lett. enc. Fides et ratio, n. 13.
22 Cfr. ibid., nn. 31-32.
28 Concilio di Nicea I, Symbolum Nicaenum: Denz., n.125.
29 Concilio di Calcedonia, Symbolum Chalcedonense: Denz., n. 301.
30 Concilio Vaticano II, cost. past. Gaudium et spes, n. 22.
42 Concilio Vaticano II, cost. past. Gaudium et spes, n. 10. Cfr. sant’Agostino, il quale afferma che fuori di Cristo, «via universale di salvezza che non è mai mancata al genere umano, nessuno è mai stato liberato, nessuno viene liberato, nessuno sarà liberato»: De civitate Dei 10, 32, 2: CCL 47, 312.
47 Cfr. Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 14.
48 Cfr. ibid., n. 7.
49 Cfr. sant’Agostino, Enarrat. in Psalmos, Ps. 90, Sermo 2, 1: CCL 39, 1266; san Gregorio Magno, Moralia in Iob, Praefatio, 6, 14: PL 75, 525; san Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III, q. 48, a. 2 ad 1.
50 Cfr. Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 6.
51 Symbolum fidei: Denz., n. 48. Cfr. Bonifacio VIII, bolla Unam sanctam: Denz., nn. 870-872; Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 8.
52 Cfr. Concilio Vaticano II, decr. Unitatis redintegratio, n. 4; Giovanni Paolo II, lett. enc. Ut unum sint, n. 11: AAS 87 (1995) 921-982.
53 Cfr. Concilio Vaticano II, cost.dogm. Lumen gentium, n. 20; cfr. anche sant’Ireneo, Adversus haereses, III, 3, 1-3: SC 211, 20-44; san Cipriano, Epist. 33, 1: CCL 3B, 164-165; sant’Agostino, Contra advers. legis et prophet., 1, 20, 39: CCL 49, 70.
54 Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 8.
55 Ibid.; cfr. Giovanni Paolo II, lett. enc. Ut unum sint, n. 13. Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 15 e decr. Unitatis redintegratio, n. 3.
56 È perciò contraria al significato autentico del testo conciliare l’interpretazione di coloro che dalla formula subsistit in ricavano la tesi secondo la quale l’unica Chiesa di Cristo potrebbe pure sussistere in Chiese e comunità ecclesiali non cattoliche. «Il Concilio aveva invece scelto la parola “subsistit” proprio per chiarire che esiste una sola “sussistenza” della vera Chiesa, mentre fuori della sua compagine visibile esistono solo “elementa Ecclesiae”, che – essendo elementi della stessa Chiesa – tendono e conducono verso la Chiesa cattolica» (Congregazione per la dottrina della fede, Notificazione sul volume «Chiesa: carisma e potere» del p. Leonardo Boff: AAS 77 [1985] 756-762).
57 Concilio Vaticano II, decr. Unitatis redintegratio, n. 3.

68 Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 5.
69 Ibid., n. 1.
70 Ibid., n. 4. Cfr. san Cipriano, De dominica oratione, 23: CCL 3/A, 105.
71 Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 3.
72 Cfr. ibid., n. 9. Cfr. anche la preghiera rivolta a Dio, che si legge nella Didaché 9, 4: SC 248, 176: «La tua Chiesa si raccolga dai confini della terra nel tuo regno», e ibid., 10, 5: SC 248, 180: «Ricordati, Signore, della tua Chiesa… e, santificata, raccoglila insieme dai quattro venti nel tuo regno che per lei preparasti».

77 Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 14. Cfr. decr. Ad gentes, n. 7; decr. Unitatis redintegratio, n. 3.
78 Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptoris missio, n. 9. Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, nn. 846-847.
79 Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 48.
80 Cfr. san Cipriano, De catholicae ecclesiae unitate, 6: CCL 3, 253-254; sant’Ireneo, Adversus haereses, III, 24, 1: SC 211, 472-474.
81 Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptoris missio, n. 10.
82 Concilio Vaticano II, decr. Ad gentes, n. 2. Nel senso qui spiegato deve essere interpretata la nota formula extra Ecclesiam nullus omnino salvatur (cfr. Concilio Lateranense IV, cap. 1. De fide catholica: Denz., n. 802). Cfr. anche Lettera del Sant’Offizio all’arcivescovo di Boston: Denz., nn. 3866-3872.
83 Concilio Vaticano II, decr. Ad gentes, n. 7.

90 Cfr. Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 17; Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptoris missio, n. 11.
91 Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptoris missio, n. 36.
92 Cfr. Pio XII, lett. enc. Mystici Corporis: Denz., n. 3821.
93 Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 14.
94 Concilio Vaticano II, dich. Nostra aetate, n. 2.
95 Concilio Vaticano II, decr. Ad gentes, n. 7.
96 Catechismo della Chiesa cattolica, n. 851; cfr. anche nn. 849-856.
97 Cfr. Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptoris missio, n. 55; es. apost. Ecclesia in Asia, n. 31.
98 Cfr. Concilio Vaticano II, dich. Dignitatis humanae, n. 1.

(La numerazione delle note è conforme al testo integrale)


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