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FAME NEL MONDO
tratto dal n. 09 - 2000

Date da mangiare agli affamati. È nel vostro interesse


Intervista con Manfredo Incisa di Camerana, vicedirettore generale della Fao: è evidente che le cose non vanno secondo quanto previsto al summit del ’96. Serve un impegno maggiore da parte dei Paesi ricchi


Intervista con Manfredo Incisa di Camerana di Stefano Maria Paci


«E pensare che lo avevamo ritenuto un obiettivo modesto!», sbotta il vicedirettore generale della Fao, Manfredo Incisa di Camerana, ripensando a quel solenne impegno che i leader del mondo presero quattro anni fa proprio qui, nel palazzo che sorge accanto al Circo Massimo, a Roma. «L’auspicio di tutti era di eliminarla, la fame nel mondo. Ma decidemmo di darci un obiettivo più piccolo, un obiettivo realizzabile. E invece…».
Testimonianza della drammatica realtà quotidiana della popolazione del Sudan

Testimonianza della drammatica realtà quotidiana della popolazione del Sudan

Invece?
MANFREDO INCISA DI CAMERANA: Invece, se si continua così, l’obiettivo non sarà raggiunto. È sconfortante, ma è così.
Di chi è la colpa? Solo dei Paesi ricchi? O anche della Fao?
INCISA DI CAMERANA: Non parlerei di colpe. Sono subentrati fatti straordinari, non previsti e non prevedibili, come i disastri naturali che hanno colpito l’America centrale e l’Africa australe. In più ci sono le guerre provocate dall’uomo. Il piano d’azione ha trovato degli intralci.
Tutto qui?
INCISA DI CAMERANA: C’è anche da dire che l’obiettivo di dimezzare gli affamati entro il 2015, visto che era realizzabile, ha creato serenità. Ma poi si è visto che occorre uno sforzo maggiore. Ed è questa la responsabilità della Fao: deve ricordare continuamente che la situazione non sta andando come previsto.
Che tipi di modifiche sono possibili?
INCISA DI CAMERANA: A livello nazionale riteniamo indispensabile che il settore agricolo – un settore che oltre all’agricoltura riguarda anche le foreste, la pesca, ecc. – abbia nel bilancio degli Stati una priorità che spesso non gli viene data.
E a livello internazionale?
INCISA DI CAMERANA: Chiediamo che tutte le organizzazioni che raccolgono gruppi di nazioni considerino prioritario lo sviluppo dell’agricoltura. Solo se c’è la sicurezza alimentare, tutto il resto può essere sostenuto. Questa è la precondizione per poter avviare successivamente altri programmi di sviluppo, come quelli che riguardano sanità, istruzione, industrializzazione.
Se questo cambiamento di rotta non è stato fatto in questi quattro anni, perché dovrebbe avvenire adesso?
INCISA DI CAMERANA: Il dramma della fame è un dramma che pesa, e non soltanto sulla situazione delle aree colpite da questo fenomeno. Ridurre l’instabilità sociale che la fame provoca è interesse anche dei Paesi ricchi, vista la globalizzazione nella quale viviamo. Basti pensare al problema dell’emigrazione.
Sembrerebbe un discorso facile da comprendere. Come mai i Paesi ricchi faticano ad accettarlo?
INCISA DI CAMERANA: I governi hanno altre priorità. Non c’è una visione unitaria. Alcuni Paesi, come l’Italia, considerano l’eliminazione della povertà una priorità assoluta, altri sono ripiegati sulle loro posizioni nazionali. Preoccupati dei propri problemi interni, provano disaffezione verso questo problema. Anche perché dalle aree dei Paesi poveri arrivano notizie decisamente scoraggianti: instabilità, guerre tra nazioni, guerre civili.
E forse, a volte, gli aiuti internazionali vengono utilizzati anche per acquistare armi…
INCISA DI CAMERANA: Noi non abbiamo prove certe di tutto questo. Ma certamente c’è qualcosa che non va. Anche nei cosiddetti aiuti d’emergenza. Abbiamo avuto segnali che questi aiuti non arrivano alle persone davvero bisognose, ma che vengono distorti. È un meccanismo che dobbiamo rivedere.
Sta pensando al Kosovo e all’Albania?
INCISA DI CAMERANA: No. Ad aiuti che arrivano in altri continenti. Aiuti che vengono bloccati dalle autorità locali. È giusto che queste possano controllare ma, di fatto, una parte degli aiuti viene distorta. Noi non abbiamo una polizia che svolge indagini, e tra l’altro la Fao non è fornitrice di beni. Ma sono notizie alle quali dobbiamo dare credito. Si tratta di situazioni che vengono denunciate continuamente…
E allora?
INCISA DI CAMERANA: Occorre trovare un meccanismo per cui, oltre agli aiuti in beni, si forniscano servizi. Non è sufficiente soddisfare i bisogni alimentari per un giorno o una settimana: per arrivare alla sicurezza alimentare, occorre che una certa parte della produzione agricola sia locale. Altrimenti si dipenderà sempre dall’esterno.
E molti Paesi non hanno nemmeno le risorse finanziarie per acquistare questi prodotti…
INCISA DI CAMERANA: Già. E così si ricorre al debito estero, e si mette in moto un meccanismo perverso, una catena che soffoca le nazioni, invece di risolvere i problemi. In questo momento noi stiamo dando forti stimoli ai Paesi sviluppati per fargli comprendere che è loro interesse eliminare la fame in aree anche distanti. E che il risultato di questa azione sarà visibile nella loro economia interna.
Oltre a questa azione di stimolo, la Fao compie anche azioni concrete?
INCISA DI CAMERANA: Dove mancano quadri locali in grado di gestire opere di ristrutturazione e riforma dei sistemi produttivi, noi, grazie ai contributi che ci vengono dati dai Paesi donatori, finanziamo dei veri e propri progetti. E questi possono riguardare sia i sistemi d’irrigazione sia nuovi sistemi di coltivazione oppure la lotta contro le malattie delle piante e degli animali. Eseguiamo progetti, e cerchiamo di dar loro un carattere sovranazionale, come accade per esempio nella lotta alle cavallette, che affrontiamo in un’area geografica molto vasta. Ma tutto questo dipende dall’entità dei contributi che ci arrivano dai Paesi donatori, tra i quali l’Italia è uno dei principali.
Nel quadro globale del problema della fame, quanto incide l’azione concreta compiuta dalla Fao?
INCISA DI CAMERANA: I risultati che si sono conseguiti, otto milioni l’anno di “salvati” dalla fame, sono in gran parte dovuti all’azione della Fao. E questo è accaduto nonostante il fatto che in questi quattro anni noi non abbiamo registrato aumenti di risorse finanziarie e umane, ma, al contrario, una diminuzione. Noi, come tutti gli organismi delle Nazioni Unite, abbiamo avuto una forte contrazione del bilancio, e abbiamo compiuto una ristrutturazione delle nostre attività e strutture per concentrare tutte le nostre risorse su questo obiettivo. E siamo riusciti ad ottenere questa riduzione degli affamati nel mondo. Ma ci rendiamo conto che non è sufficiente. Però non abbiamo i mezzi necessari per poter arrivare al ritmo richiesto dagli obiettivi fissati nel summit. Per questo stiamo compiendo un’azione di fortissima sensibilizzazione della comunità internazionale, perché ci dia i mezzi e le possibilità di intervenire.
Eppure la Fao è spesso criticata: la si accusa di assorbire troppe risorse, che potrebbero essere invece distribuite al terzo mondo. Lei, che è ai vertici della Fao, come risponde?
INCISA DI CAMERANA: Contesto queste considerazioni: nascono da una scarsa conoscenza del nostro lavoro. La Fao è la più grande organizzazione delle Nazione Unite, anzi è addirittura nata prima dell’Onu. Abbiamo uffici in tutti i Paesi in via di sviluppo, e il nostro personale è altamente specializzato: si tratta di esperti del settore che sopperiscono alle carenze dei Paesi in cui siamo presenti, e che sono consiglieri dei vari ministri. Abbiamo una struttura diversificata che prevede esperti in tutti i settori, dall’agricoltura alla pesca, alle foreste. Abbiamo bisogno di personale in grado di poter affrontare seriamente e scientificamente problematiche estremamente varie, che spaziano dai crostacei, agli ortofrutticoli, agli eucalipti.
C’è un minimo che deve essere mantenuto: il nostro budget biennale, che è di 650 milioni di dollari, non ci consente nemmeno di far fronte a tutte le richieste che ci vengono dai governi. Certamente, siamo criticati come è criticato tutto il sistema, perché non vengono conseguiti i risultati che auspichiamo. E fino a quando persiste la fame, occorre trovare un responsabile: il più facile è l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa del problema.
Come sarebbe il mondo senza la Fao?
INCISA DI CAMERANA: Per carità, non siamo essenziali. Ma il problema della fame resterebbe nascosto, se mancasse questo gruppo di esperti internazionali, super partes, dedito alla sua missione, in grado di fornire valutazioni oneste di quello che sarebbe opportuno fare.
Lei ha un osservatorio assolutamente privilegiato. Rispetto ai segnali odierni, e alle indicazioni che può trarne, cosa prevede che possa cambiare? Non mi dia una risposta ottimista, ma realista.
INCISA DI CAMERANA: Credo che molto possa fare la società civile, ancor prima che i capi di Stato. Solo se i governi sentono la pressione della società civile si sentono motivati. È interesse di tutti ridurre gli affamati del nostro pianeta. Senza questa presa di coscienza, l’incubo della fame continuerà a perseguitarci ancora a lungo, nel futuro.


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