Home > Archivio > 04 - 2007 > Don Bosco al Cairo
SCUOLA CATTOLICA
tratto dal n. 04 - 2007

Don Bosco al Cairo


L’Istituto salesiano Don Bosco è tra i più ambiti della capitale egiziana. Ospita seicento alunni nei due indirizzi di scuola professionale e di istituto tecnico. Senza contare i corsi di lingua e di aggiornamento professionale che vengono frequentati da tremila operai specializzati all’anno. E, senza clamori, le aziende italiane stanno assumendo centinaia di operai egiziani che si formano qui


Intervista con don Renzo Leonarduzzi di Giovanni Ricciardi


La città del Cairo

La città del Cairo

Sembra quasi incredibile. Al Cairo, nel cuore di un affollato quartiere popolare, la lingua più parlata dopo l’arabo è l’italiano. Nei caldissimi giorni di luglio e agosto, ogni anno duecento ragazzi egiziani affrontano una full immersion nella nostra lingua, con risultati di tutto rispetto. Sono gli aspiranti allievi di una scuola molto particolare: l’Istituto salesiano Don Bosco tra i più ambìti della capitale egiziana: dove l’insegnamento è svolto rigorosamente in italiano e che ospita seicento alunni nei due indirizzi di scuola professionale e di istituto tecnico. Senza contare i corsi di lingua e di aggiornamento professionale che vengono frequentati da qualcosa come tremila operai specializzati all’anno. Un esperimento che funziona molto bene: tanto che, senza troppi clamori, da qualche anno a questa parte, alcune aziende del nord Italia assumono in Egitto centinaia di operai e tecnici, a patto che a prepararli siano i figli di don Bosco. Quando arrivano da noi, hanno già in tasca un contratto e l’enorme vantaggio di conoscere bene la nostra lingua. Una realtà unica nel suo genere, forse anche un modello per il nostro Paese, che oscilla fra la paura di un’immigrazione incontrollata e la necessità di trovare manodopera in settori poco ambìti dai lavoratori italiani. 30Giorni ha incontrato don Renzo Leonarduzzi, salesiano, direttore della scuola del Cairo, in Egitto da più di trent’anni.

Che cosa spinge molte ditte italiane ad assumere operai specializzati in Egitto chiedendo la vostra collaborazione?
DON RENZO LEONARDUZZI: Il fatto che le nostre scuole – una al Cairo e l’altra ad Alessandria – uniscono la formazione professionale a diversi livelli con un’approfondita preparazione linguistica. Chi frequenta i nostri corsi arriva in Italia già in grado di parlare l’italiano.
Come avvengono le richieste di assunzione?
LEONARDUZZI: Siamo in contatto con ditte del Nordovest, in particolare la Italcementi e la Iveco, interessate ad assumere i nostri ragazzi. Ma sono ormai diversi anni che parecchie aziende del nord Italia si appoggiano al Don Bosco per la preparazione degli operai che vengono ad assumere qui in Egitto.
Come funziona questo sistema?
LEONARDUZZI: Le ditte sanno che qui è possibile formare gli operai in loco sia per quanto riguarda il perfezionamento tecnico che per l’italiano. E prendono accordi con noi tramite l’ambasciata italiana, per curare la formazione di operai da loro assunti attingendo ai database della Camera di commercio. L’anno scorso abbiamo formato un gruppo di giovani che si preparavano per andare in Italia assunti da aziende di Milano e Bergamo. Per quest’anno, siamo in trattative per la formazione in lingua italiana e il perfezionamento tecnico di duecentocinquanta ragazzi. Lavoriamo sulla lingua, sulle norme in materia di sicurezza nel lavoro, e controlliamo la preparazione professionale. È un meccanismo che funziona molto bene, anche grazie allo straordinario lavoro che fa l’ambasciatore italiano in Egitto, Antonio Badini, per sostenere la scuola. Sta seguendo e favorendo la nostra opera in modo veramente ammirevole.
È un’esperienza unica nel suo genere?
LEONARDUZZI: Credo di sì, almeno a livello di Paesi del Mediterraneo. Un centro che coniughi formazione professionale e preparazione linguistica non si può improvvisare.
I salesiani sono presenti in altre aree del Mediterraneo?
LEONARDUZZI: Abbiamo due centri di formazione professionale in Israele, uno a Betlemme, l’altro a Nazareth. Ma sono scuole inserite nel contesto locale, tenute in lingua araba e i cui allievi trovano lavoro nell’ambito del Paese d’origine. Due anni fa abbiamo iniziato una nuova scuola professionale in Libano, che attualmente è ferma, essendo diventata un centro di raccolta per rifugiati.
La presenza salesiana in Egitto è recente?
LEONARDUZZI: Al contrario. I salesiani arrivarono in Egitto dal 1896, al seguito dei tanti lavoratori italiani che emigravano per trovare lavoro nei grandi cantieri, come quello del canale di Suez, o che espatriavano per motivi politici. Oltre a garantire l’assistenza spirituale a una comunità che giunse a superare le 50mila unità, fondarono subito una prima scuola professionale ad Alessandria per i figli degli emigranti. La fondazione di quella del Cairo risale invece al 1926.
Un’esperienza pionieristica, considerati i tempi…
LEONARDUZZI: Certamente. Nelle cronache si legge che nel 1904 la scuola di Alessandria aveva addirittura noleggiato un veliero per trasportare dalla Sicilia il materiale necessario a impiantare un’officina meccanica. Col tempo, sorsero ad Alessandria, sull’esempio salesiano, diverse scuole italiane, a volte anche in concorrenza con noi, come le regie scuole commerciali, che tuttavia durarono fino a che la presenza italiana rimase significativa, cioè fino all’epoca di Nasser.
I salesiani invece sono rimasti…
LEONARDUZZI: Fino agli anni Sessanta la nostra scuola era frequentata solo da ragazzi italiani o europei, come greci e francesi; ma quando iniziarono le nazionalizzazioni e gli stranieri hanno cominciato a partire, le nostre scuole professionali decisero di aprirsi a studenti del posto. Poi, negli anni Settanta, l’Egitto chiese al governo italiano di aprire al Cairo un istituto tecnico. Allora l’Italia, invece di fondare una scuola ex novo, decise di appoggiarsi al Don Bosco. Così fu aperto anche l’istituto tecnico quinquennale, e il Don Bosco del Cairo si è trasformato a tutti gli effetti in una scuola italiana all’estero, riconosciuta tramite un protocollo tra i due governi. Da allora l’istituto della capitale è divenuto più importante di quello di Alessandria, che ne rappresenta in qualche modo una succursale.
Immagini dell’Istituto Don Bosco del Cairo

Immagini dell’Istituto Don Bosco del Cairo

Quindi siete finanziati dal nostro Ministero degli Esteri?
LEONARDUZZI: Non molto, direi. Nei primi anni Settanta la Cooperazione italiana ci forniva un sostegno in termini di personale. Poi, dagli anni Ottanta fino alla fine degli anni Novanta ci hanno aiutato inviando insegnanti pagati dal Ministero degli Esteri. Ma in questi ultimi anni gli aiuti si sono ridotti di molto e oggi abbiamo solo tre insegnanti al Cairo e due ad Alessandria che sono a carico della Farnesina, su un totale di una novantina di docenti. Al resto dobbiamo pensarci noi. E trovare in Egitto docenti che insegnino in italiano non è facile. Il 90 per cento del personale è costituito oggi da ex allievi egiziani che insegnano soprattutto le materie tecnico-professionali. I docenti di lingua italiana provengono invece dal nostro Paese. Sono signore che risiedono in Egitto per motivi di famiglia o personale a contratto, fatto venire dall’Italia per qualche anno, oltre a un insegnante in pensione che si trova da noi a titolo volontario.
Come è strutturata la scuola?
LEONARDUZZI: Al Cairo abbiamo due tipologie di scuola: un istituto professionale per l’industria e l’artigianato di durata triennale, che rilascia un diploma riconosciuto tanto dal governo italiano che da quello egiziano; e l’istituto tecnico industriale, che forma periti meccanici, meccanici ed elettrotecnici. Tutti gli studenti provengono dalla scuola media egiziana e arrivano da noi senza conoscere una parola della nostra lingua. Così, durante le vacanze, nei mesi di luglio e agosto, i nuovi iscritti frequentano un corso intensivo di italiano e in settembre iniziano la scuola fatta completamente in italiano. Solo la storia, la geografia e la religione sono insegnate in arabo.
È una scuola ambita?
LEONARDUZZI: Quest’anno, dopo due giorni e mezzo abbiamo dovuto sospendere l’accettazione delle domande. Ne avevamo già trecentocinquanta, a fronte di duecento posti disponibili.
Quanti sono in tutto gli studenti?
LEONARDUZZI: Attualmente abbiamo duecentottanta ragazzi nel professionale e trecentoventi nel tecnico. Ma la scuola non si ferma a questo. Ogni anno organizziamo altri corsi – con durata variabile dai due ai sei mesi – di formazione tecnico-professionale per adulti, per giovani che hanno abbandonato la scuola in passato o per universitari che vogliono perfezionarsi. Sono corsi tecnici che vanno dalla saldatura alla tornitura, dalla meccanica in generale fino all’elettrotecnica e all’informatica. Questi corsi, tenuti in arabo, vedono passare nel nostro istituto quasi tremila allievi all’anno.
Come si finanzia la scuola?
LEONARDUZZI: Le rette per i corsi curricolari variano dai 190 ai 300 euro all’anno. Ma le famiglie dei nostri studenti sono in gran parte di estrazione popolare e non tutti possono permettersi di pagare l’intera quota. Per questo, dopo un colloquio personale con le famiglie, ad alcuni veniamo incontro per una parte o per tutta la quota, come è nella tradizione salesiana. Le quote dei corsi per gli esterni – che sono basse, se si pensa che un corso bimestrale costa all’incirca 25 euro – riescono a coprire in parte, grazie al numero degli iscritti, questi ammanchi. Poi cerchiamo di far lavorare le officine quando la scuola è ferma.
Che cosa fanno gli studenti quando escono dalle vostre scuole?
LEONARDUZZI: Prima di tutto dobbiamo dire che è difficile trovare ragazzi senza lavoro tra gli ex allievi. Oltre che dall’Italia, sono molto richiesti anche in Egitto, benché pochi scelgano di lavorare nell’industria locale, che qui offre salari molto bassi, specie quella privata. Ma la conoscenza dell’italiano permette a molti di trovare lavoro nel settore turistico. Parecchi, inoltre, frequentano l’università in Italia.
Per un ragazzo egiziano studiare in un’università italiana deve essere difficile dal punto di vista economico…
LEONARDUZZI: Direi di sì. Infatti stiamo perfezionando un contratto con la UniNettuno, l’università italiana a distanza, le cui lezioni si svolgono tutte in rete. Questo darà la possibilità ai nostri studenti di frequentare corsi di laurea triennale, in italiano, direttamente dal Cairo e di sostenere in Egitto anche gli esami.
Che rapporto avete con le autorità egiziane?
LEONARDUZZI: A livello di Ministero dell’Istruzione e dell’Università siamo molto stimati. Vorrebbero quasi che noi “moltiplicassimo” il Don Bosco. L’anno scorso ci avevano addirittura proposto di assumere il coordinamento di tutte le scuole professionali egiziane, cosa che non possiamo permetterci per mancanza di forze. Quando invece si tratta di mandare avanti qualche pratica burocratica e mettere delle firme, a volte c’è qualcuno che, per invidia o gelosia, cerca di metterci i bastoni fra le ruote. Ma si va avanti lo stesso.
La realtà di Alessandria è diversa da quella del Cairo?
LEONARDUZZI: Ad Alessandria abbiamo solo la scuola professionale, ma anche lì l’insegnamento è impartito in italiano. La frequentano in media circa trecento ragazzi. In più gestiamo anche una scuola elementare e media con corsi in arabo.
Quanti sono i salesiani impegnati in Egitto?
LEONARDUZZI: Al Cairo siamo in nove, ad Alessandria undici. Alcuni di noi sono anziani e non tutti, anche per motivi di età, sono direttamente implicati nella scuola. Ma abbiamo confratelli di ottant’anni che ancora insegnano. Diciamo che noi salesiani non andiamo mai in pensione.
Immagini dell’Istituto Don Bosco del Cairo

Immagini dell’Istituto Don Bosco del Cairo

Siete l’unica scuola cattolica che opera in Egitto?
LEONARDUZZI: No. Ci sono i fratelli delle scuole cristiane, i gesuiti e alcuni ordini di suore, che gestiscono istituti tra i più ambìti del Paese. Ma a livello di scuola professionale, diretta ai figli del popolo, ci siamo soltanto noi.
Nella scuola convivono studenti cristiani e musulmani?
LEONARDUZZI: Al Cairo gli studenti cristiani, quasi tutti copti ortodossi, sono la maggioranza, il 68 per cento contro il 32 per cento di musulmani. Ad Alessandria le percentuali sono rovesciate: 30 per cento i cristiani, 70 i musulmani. Certamente i cristiani – che in Egitto sono stimati tra il 7 e il 10 per cento della popolazione – sono attirati dal fatto che siamo una scuola cattolica, ma purtroppo anche dai problemi che cominciano a sorgere per loro nelle scuole pubbliche. Sfortunatamente, la convivenza in questi ultimi tempi sta diventando più difficile, il clima si fa ogni giorno più pesante. Niente di paragonabile alla serenità che si respirava quando sono arrivato nel Paese, tra gli anni Sessanta e Settanta.
Di questo clima risentono anche le vostre scuole?
LEONARDUZZI: Grazie a Dio, no. Gli episodi di tensione tra studenti cristiani e musulmani sono molto rari. I ragazzi, e anche gli insegnanti musulmani che abbiamo, percepiscono il clima di rispetto e di stima che si respira al Don Bosco. Nei momenti di comune riflessione cerchiamo di sottolineare i temi che ci uniscono, il rispetto, la condivisione dello studio e del divertimento, l’amicizia sincera e disinteressata. Vivere, studiare e giocare insieme per tanti anni permette il sorgere di amicizie che si creano spontaneamente, senza badare alla provenienza, e contribuisce ad abbattere diffidenze e pregiudizi. Credo anzi che sia l’unica condizione capace di svelenire il clima e creare rapporti sereni tra tutti. Un paio d’anni fa un ragazzo musulmano, poco prima degli esami di maturità, mi confidò: «Quando sono entrato qui odiavo i cristiani, perché mi avevano insegnato così. Oggi è proprio con loro che ho stretto le mie migliori amicizie».


Español English Français Deutsch Português